Il consenso degli Evangelisti |
Ecco ora come prosegue la narrazione di Matteo che, rispettando come al solito l'ordine cronologico, scrive: Mentre diceva loro tali cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: " Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà ", ( Mt 9,18 ) fino alle parole: E la fanciulla si alzò.
E se ne divulgò la fama in tutta quella regione. ( Mt 9,25-26 )
Le stesse cose riferiscono Marco e Luca, ma con ordine diverso.
Riferiscono infatti l'episodio collocandolo in altro contesto: lo ricollegano cioè col ritorno di lui in barca dalla regione dei Geraseni, dopo che aveva cacciato i demoni permettendo loro di entrare nei porci.
Così Marco: al racconto di ciò che era avvenuto nel paese dei Geraseni ricollega l'episodio di cui ci stiamo occupando e scrive: Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.
Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi. ( Mc 5,21-22 )
Con ciò ci si lascia intendere che l'episodio della figlia dell'arcisinagogo accadde, sì, dopo che Gesù in barca ebbe traversato il lago ma non ci si dice quanto tempo dopo.
Ora, se non ci fosse stato alcun intervallo, non ci sarebbe spazio per collocarvi ciò che in intima connessione racconta Matteo, e cioè il banchetto in casa sua. ( Mt 9,10-17 )
In effetti egli, secondo il costume degli evangelisti, racconta come se riguardasse un altro ciò che invece accadde in casa sua e riguardava lui direttamente e poi, senza alcun'altra aggiunta, prosegue con il racconto della figlia dell'arcisinagogo.
Si tratta di un racconto continuativo in cui l'autore intenzionalmente ci fa capire, mediante il passaggio stesso, che gli avvenimenti si susseguirono l'un l'altro senza interruzione.
Dopo aver infatti riportato le parole di Gesù a proposito del panno nuovo e del vino nuovo, prosegue immediatamente: Mentre diceva queste cose, ecco avvicinarglisi un uomo ragguardevole. ( Mt 9,18 )
Se quel tale gli si avvicinò mentre egli stava ancora dicendo tali parole, non è consentito interporre fra i due episodi un altro fatto o detto del Signore.
Quanto poi al racconto di Marco, ci si indica chiaramente il punto dove gli altri avvenimenti possono essere collocati, come abbiamo indicato sopra.
Allo stesso modo è da leggersi Luca.
Egli narra il miracolo compiuto nel territorio dei Geraseni e poi quello della figlia dell'arcisinagogo, ma il passaggio fra i due episodi è da supporsi avvenuto in un modo che non sia in contrasto con quanto scrive Matteo, che colloca il fatto subito dopo le narrazioni paraboliche del panno e del vino, e ciò sottolinea affermando: Mentre egli diceva queste cose.
Luca al contrario, dopo il racconto di quel che era avvenuto nel territorio dei Geraseni, passa al racconto seguente in questa maniera: Al suo ritorno Gesù fu accolto dalla folla, poiché tutti erano in attesa di lui.
Ed ecco venne un uomo di nome Giairo, che era capo della sinagoga; e si gettò ai piedi di Gesù. ( Lc 8,40-41 )
In tal modo ci si lascia intendere che le folle subito dopo l'accaduto si misero ad aspettare il Signore, convinte del suo prossimo ritorno; ma non altrettanto è da supporsi riguardo a quel che segue: Ed ecco venne un uomo di nome Giairo.
Questo fatto non lo si deve immaginare come avvenuto subito dopo, in quanto, prima che ciò avvenisse, ci fu il banchetto in compagnia dei pubblicani raccontato da Matteo. ( Mt 9,10-17 )
Questi infatti narra i due episodi come avvenuti l'uno dopo l'altro in modo tale da farci comprendere che nulla poté accadere frammezzo.
28.65 Nel contesto del racconto che ora abbiamo cominciato a trattare s'inserisce l'episodio della donna che pativa emorragie; ma in esso vanno d'accordo tutti e tre gli evangelisti e non ci sono problemi.
Non tocca infatti la sostanziale verità del fatto se uno narra qualche particolare omesso dagli altri, e così pure se Marco dice: Chi mi ha toccato le vesti? ( Mc 5,30 ) mentre Luca: Chi mi ha toccato? ( Lc 8,45 )
L'uno ha usato il modo ordinario di esprimersi mentre l'altro un linguaggio più proprio, ma entrambi hanno detto la stessa cosa.
Anche noi infatti diciamo ordinariamente: " Tu mi stracci " piuttosto che "Tu mi stracci le vesti ", ma è noto a tutti cosa intendiamo dire con tali parole.
28.66 Proseguiamo esaminando l'espressione di Matteo, il quale narra che l'arcisinagogo riferì al Signore non che la sua figlia stava per morire ( Mt 9,18 ) o era moribonda o era agli estremi, ma addirittura che aveva cessato di vivere, ( Mc 5,23; Lc 8,42 ) mentre gli altri due evangelisti affermano che era, non morta, ma sul punto di morire.
Precisano inoltre che solo più tardi arrivò della gente con la notizia che la ragazza era morta e per questo non si doveva più importunare il Maestro: il quale sarebbe dovuto venire affinché con l'imposizione delle mani ne impedisse la morte e non per risuscitare una che era già morta.
Occorre un'indagine accurata per eliminare ogni contraddizione; e per comprendere bene la cosa, è da ritenere che Matteo, per amore di brevità, preferì asserire che al Signore fu chiesto di fare ciò che realmente fece ( e la cosa risulta all'evidenza dopo il miracolo ): cioè di risuscitare colei che era già morta.
L'evangelista quindi non si curò molto di tramandare ciò che il padre disse parlando di sua figlia ma ciò che egli voleva ( ed era la cosa più importante ), sicché usò le parole che rispecchiavano meglio questo suo desiderio.
Egli infatti disperava e desiderava che tornasse in vita colei che aveva lasciata già moribonda, mai pensando che avrebbe potuto trovarla ancora viva.
Gli altri due evangelisti espongono dunque le reali parole di Giairo, Matteo al contrario ne riferisce il desiderio e il pensiero.
Al Signore pertanto fu richiesta e l'una e l'altra cosa: che salvasse la moribonda e che risuscitasse la morta; ma essendosi Matteo proposto di raccontare il tutto in maniera compendiosa, sottolineò che il padre nella sua richiesta espose quello che evidentemente era nella sua volontà e che Cristo realmente fece.
In realtà, se gli altri due, o uno di loro, avessero affermato che fu il padre stesso a dire quello che dissero i suoi familiari venuti da casa - e cioè che Gesù non doveva essere ulteriormente infastidito essendo la fanciulla già morta -, le sue parole come le riferisce Matteo sarebbero in contrasto con il suo pensiero.
Se invece furono i familiari a recare questa notizia e a suggerire che non occorreva più far venire il Maestro, non si dice con questo che il padre fu dello stesso avviso e, anche se il Signore gli disse: Non temere; credi e sarà salvata, ( Lc 8,50 ) le parole non vanno prese come un rimprovero a uno che diffidava ma come una conferma nella fede, che doveva essere più forte.
C'era effettivamente in lui la fede, ma era simile a quella di colui che disse al Maestro: Credo, Signore, ma tu soccorrimi nella mia incredulità. ( Mc 9,33 )
28.67 Stando così le cose, dall'esame delle locuzioni usate dagli evangelisti - diverse ma non contrarie fra loro - ricaviamo un insegnamento quanto mai utile, anzi più che necessario.
Ed è questo: nelle parole adoperate dagli scrittori sacri noi non dobbiamo ricercare altro all'infuori della loro intenzione, di cui le parole debbono essere al servizio.
Non dobbiamo pertanto supporre menzogne nell'uno o nell'altro degli evangelisti se con parole differenti riferiscono la richiesta voluta da quel padre senza dire come effettivamente la espresse.
Esigendo questo litteralismo, saremmo quei meschini cacciatori di vocaboli i quali ritengono che la verità debba stare, diciamo così, aggiogata a dei segni grafici.
In effetti e nelle parole e in tutti gli altri segni con cui si esprime l'anima non si deve ricercare altro se non l'anima stessa.
28.68 Alcuni codici di Matteo leggono: Non è morta, la donna, ma dorme, ( Mt 9,24 ) mentre Marco e Luca ci attestano che la morta era una ragazza di dodici anni. ( Mc 5,42; Lc 8,42 )
Intendi l'espressione di Matteo secondo il consueto modo di parlare degli Ebrei.
Si trova infatti anche in altri passi della Scrittura che il nome " donna " viene dato non solo a persone maritate ma anche a ragazze intatte e vergini.
Così di Eva è scritto: Dio formò la donna; ( Gen 2,22 ) e nel libro dei Numeri è comandata una custodia speciale per le donne che non sono state a letto con uomini, cioè che sono vergini, ( Nm 31,18 ) affinché non vengano uccise.
Usando un'identica espressione, Paolo dice che Cristo fu fatto da donna. ( Gal 4,4 )
Questa interpretazione è più comprensibile dell'altra che c'indurrebbe a credere che una ragazzina di dodici anni fosse già sposata o avesse avuto rapporti con qualche uomo.
Continua Matteo: Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguivano urlando: " Figlio di Davide, abbi pietà di noi! ", ( Mt 9,27 ) ecc. fino alle parole: Ma i farisei dicevano: " Egli scaccia i demoni per opera del principe dei demoni ". ( Mt 9,34 )
Questo racconto dei due ciechi e del demonio muto lo ha solo Matteo.
Difatti quei due ciechi di cui parlano anche gli altri evangelisti ( Mc 10,46-52; Lc 18,35-43 ) non sono gli stessi ciechi: è un fatto a questo somigliante che lo stesso Matteo riporta altrove. ( Mt 20,29-34 )
Se non lo avesse precisato l'evangelista si sarebbe potuto pensare che quanto ora da lui narrato fosse lo stesso episodio di cui parlano gli altri due.
Dobbiamo in realtà metterci bene in testa che ci sono più fatti che si somigliano fra loro: la qual cosa appare chiaramente quando tutti e due vengono riportati dallo stesso evangelista.
Se quindi presso i singoli scrittori troviamo episodi narrati esclusivamente da uno di loro e contenenti difficoltà insolubili, dobbiamo pensare non trattarsi dello stesso fatto ma di un altro simile avvenuto con simili modalità.
Da qui in avanti non appare con chiarezza in che ordine si siano susseguiti i fatti.
Matteo, dopo i due avvenimenti - dei ciechi e del demonio muto - prosegue: Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.
Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.
Allora disse ai suoi discepoli: " La messe è molta, ma gli operai sono pochi!
Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe! ".
Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi, ( Mt 9,35-38; Mt 10,1 ) ecc. fino alle parole: In verità vi dico: Non perderà la sua ricompensa. ( Mt 10,42 )
In tutto il brano ora ricordato il Signore dà molti ammaestramenti ai discepoli, ma, come prima è stato notato, non risulta con evidenza se Matteo abbia seguito l'ordine reale dei fatti ovvero li abbia ordinati così come li ricordava.
Quanto a Marco, egli dà l'impressione d'aver voluto abbreviare e restringere la serie degli avvenimenti.
Inizia infatti dicendo: Gesù percorreva i villaggi insegnando.
Allora chiamò i Dodici ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi, ( Mc 6,6-7 ) ecc. fino alle parole: Scuotete la polvere dai vostri piedi in testimonianza contro di loro. ( Mc 6,11 )
Prima però di narrare questi fatti, appena cioè terminato il racconto della risurrezione della figlia dell'arcisinagogo, egli racconta del Signore che, recatosi nella sua città natale, vi suscitò una grande ammirazione in quanto, conoscendo la gente il suo parentado, non sapevano spiegarsi l'origine di una così eccezionale sapienza ( Mc 6,16 ) e dei suoi straordinari poteri.
Questo episodio è ricordato anche da Matteo, ( Mt 13,53-58 ) ma dopo l'istruzione che in quel tempo il Signore stava impartendo ai discepoli e numerosi altri avvenimenti.
Si rimane quindi nell'incertezza riguardo a quel che avvenne nella sua città; né è chiaro se Matteo richiami alla mente, in un secondo tempo, ciò che prima aveva omesso, ovvero se sia stato Marco ad anticipare il fatto in base a quanto conforme egli ricordava.
Rimane incerto, dico, chi dei due abbia seguito l'ordine reale dei fatti e chi si sia uniformato al ricordo che ne aveva conservato.
Ed eccoci ora a Luca. Subito dopo la risurrezione della figlia di Giairo colloca l'episodio del potere dato ai discepoli e l'ammonizione loro rivolta. ( Lc 9,16 )
Il suo racconto è breve come quello di Marco, ma dalle sue parole non appare se abbia seguito o meno l'ordine in cui avvennero i fatti.
Riguardo ai nomi degli Apostoli, Luca ce li fornisce anche con un altro nome, e cioè quando furono scelti là sul monte, e qui non si differenzia da Matteo se non riguardo al nome di Giuda di Giacomo, che Matteo chiama anche Taddeo ( Mt 10,3 ) o, come recano alcuni codici, Lebbeo.
Chi mai infatti potrebbe impedire a una persona di chiamarsi con due o anche tre nomi?
30.71 Si è soliti porre anche il problema di come mai Matteo e Luca riferiscano che il Signore disse ai discepoli di non prendere il bastone, ( Mt 10,10; Lc 9,3 ) mentre al dire di Marco, egli comandò loro di non prendere per il viaggio nient'altro se non il bastone, proseguendo poi: Né bisaccia, né pane, né denaro nella borsa. ( Mc 6,8 )
Con tali parole manifesta che il suo racconto verte sullo stesso episodio riportato dagli altri Vangeli, dove si dice che il bastone non bisogna prenderlo.
Tale problema si risolve intendendo il bastone che, secondo Marco, occorre prendere in un senso diverso da quello di cui Matteo e Luca dicono che non lo si deve prendere.
Non diversamente ci si regola a proposito di " tentazione ", che intendiamo in una maniera quando leggiamo: Dio non tenta nessuno ( Gc 1,13 ) e in un' altra quando leggiamo: Il Signore vostro Dio vi tenta per sapere se lo amate. ( Dt 13,3 )
Nel primo caso tentazione vuol dire seduzione, nel secondo prova.
Lo stesso è della parola " giudizio ". In un senso è da intenderlo nel passo: Coloro che agirono bene a risurrezione di vita, coloro che agirono male a risurrezione di giudizio; ( Gv 5,29 ) in senso diverso nell'altro: Giudicami, o Dio, e distingui la mia causa contro gente non santa. ( Sal 43,1 )
Nel primo caso significa condanna, nel secondo distinzione.
30.72 Sono molte le parole che non hanno un solo significato ma, debitamente collocate in diversi contesti, debbono intendersi in maniera diversa, e non di rado così vengono interpretate.
Tale è il passo: Non siate bambini nei sensi, ma siate bambini quanto alla malizia pur essendo perfetti nei sensi. ( 1 Cor 14,20 )
Con una frase più succinta la stessa cosa poteva dirsi in questa maniera: Non siate dei bambini ma siate bambini.
Ancora: Se uno di voi crede di esser sapiente in questo mondo, divenga stolto per essere sapiente. ( 1 Cor 3,18 )
Cosa dicono queste parole se non: " Voi non dovete essere sapienti se volete essere sapienti "?
A volte i vari significati sono espressi in maniera ingarbugliata, per cui il ricercatore è messo alla prova.
Tale il passo della Lettera ai Galati: Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo.
Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso.
Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto; ciascuno infatti porterà il proprio peso. ( Gal 6,2-5 )
Se non prendi il termine peso in significati diversi, sarai costretto a dire che l'Apostolo nel suo parlare si contraddice, e si contraddice in parole poste assai vicine l'una all'altra, trovandosi in una stessa frase.
Poco prima infatti dice: Portate i pesi l'uno dell'altro, e subito dopo: Ciascuno porterà il suo peso.
Ma una cosa sono i pesi della fragilità, che occorre portare insieme, un altro i pesi delle proprie azioni di cui si dovrà rendere conto a Dio.
Nei primi si deve solidarizzare con i fratelli per sostenerli; quanto agli altri invece, ciascuno deve portare i propri.
Così è del bastone. Lo si può intendere in senso spirituale, come quando diceva l'Apostolo: Dovrò venire a voi con la verga? ( 1 Cor 4,21 ) ma anche in senso materiale, come quando parliamo della verga usata per spronare il cavallo e in altre circostanze, per sorvolare su altri sensi figurati che ha questa parola.
30.73 Bisogna dunque ritenere che il Signore disse agli Apostoli l'una e l'altra cosa: " Non prendere il bastone " e " Prendere solo il bastone ". Secondo Matteo infatti egli disse loro: Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, e immediatamente soggiunse: L'operaio merita il suo cibo. ( Mt 10,9-10 )
Ciò dicendo mostra con sufficiente chiarezza perché vieta loro di possedere e portare con sé le cose sopra nominate.
Non intendeva dire che non fossero necessarie per sostentarsi durante la vita presente, ma, siccome li inviava ad annunziare il Vangelo, il loro sostentamento era un obbligo che ricadeva sui credenti.
Egli voleva appunto sottolineare che i credenti hanno tale debito verso gli Apostoli, come ai soldati è dovuto lo stipendio, il frutto della vigna a chi la coltiva, il latte a chi pascola il gregge.
A riguardo dice Paolo: E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto?
O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge? ( 1 Cor 9,7 )
Si riferiva alle cose necessarie a chi predica il Vangelo, e pertanto può dire più avanti: Se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccogliamo beni materiali?
Se gli altri hanno tali diritti su di voi, non l'avremo noi di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto. ( 1 Cor 9,11-12 )
Da queste parole si ricava che il Signore, nel dare quel precetto, non proibiva ai predicatori del Vangelo di vivere di risorse diverse da quelle somministrate dai popoli evangelizzati.
Altrimenti avrebbe contravvenuto a questo precetto lo stesso Apostolo, il quale, per non essere di aggravio ad alcuno, si procurava di che vivere lavorando con le sue mani. ( 1 Ts 2,9 )
Dando quel precetto il Signore aveva solo insegnato agli Apostoli che si rendessero conto di avere il diritto di esigere tali prestazioni.
Quando infatti il Signore imparte un ordine vero e proprio, se non lo si esegue si commette una colpa di disobbedienza; quando invece accorda una concessione, è lecito a ognuno non usarne o, per così dire, rinunciare al proprio diritto.
Parlando dunque ai discepoli in quella maniera, il Signore mirava ad inculcare ciò che in seguito l'Apostolo avrebbe spiegato in forma più chiara dicendo: Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare?
Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il Vangelo vivano del Vangelo.
Ma io non mi sono avvalso di nessuno di questi diritti. ( 1 Cor 9,13-15 )
Dicendo che il Signore aveva dato un tale ordine ma lui personalmente non se ne era avvalso, mostra all'evidenza che si trattava d'una facoltà che veniva concessa, non di un obbligo cui si doveva sottostare.
30.74 Quando dunque il Signore dava quei suoi ordini, non prescriveva altro se non ciò che gli fa dire l'Apostolo: " Chi predica il Vangelo deve vivere del Vangelo "; e con tali parole voleva rendere sicuri gli Apostoli nel non possedere e non portare appresso nulla di ciò che si ritiene necessario alla vita, né molto né poco.
Se quindi esclude anche la verga è per mostrare che tocca ai fedeli provvedere di tutto i servi del Signore, dato che essi non debbono ricercare nulla di superfluo.
Aggiungendo infatti: L'operaio è degno del suo cibo, ( Mt 10,10 ) manifesta in maniera assolutamente palese a che cosa si riferivano le sue parole e per quale motivo le diceva.
Questa facoltà indica dunque il Signore usando il termine verga e dicendo di non prendere nulla per il viaggio, nemmeno la verga.
Con una formula più breve avrebbe potuto dire così: Non prendete con voi nessuna cosa necessaria, nemmeno la verga; tuttavia prendete la verga.
Con le parole: Nemmeno la verga si sarebbe dovuto intendere: Nemmeno le cose più piccole; quanto poi all'aggiunta: Prendete soltanto la verga, ( Mc 6,8 ) questo ne sarebbe stato il senso: a seguito del potere accordatovi dal Signore e rappresentato figuratamente dalla verga non vi mancherà niente anche se voi non porterete niente.
Il Signore, concludendo, disse l'una e l'altra cosa ma i singoli evangelisti non intendono riportare l'una e l'altra cosa.
Se infatti si ammettesse l'ipotesi contraria, ne deriverebbe che colui il quale disse di prendere la verga sia in contrasto con colui che disse di non prenderla.
Occorre quindi accettare questa diversità di significato nelle parole dei singoli scrittori, spiegata ragionevolmente la quale svanirà ogni motivo di contrapposizione.
30.75 Lo stesso vale per il precetto, riferito da Matteo, di non portarsi i calzari durante il viaggio. ( Mt 10,10 )
È vietata l'angustia con cui ci si preoccupa di portarli temendo che abbiano a mancare.
Identica è l'interpretazione per la due tuniche: nessuno deve pensare che occorra procurarsi un'altra tunica oltre a quella che si indossa.
Non si deve cioè essere in angustia per una cosa non necessaria: il predicatore la consegue in virtù del potere stesso della evangelizzazione.
Che se Marco dice, dell'evangelizzatore, che deve andare calzato con sandali o scarpe, ciò dicendo avverte che tali calzature contengono un significato recondito, e cioè che il suo piede non deve poggiare in terra né coperto né scoperto.
Il che vuol dire che il Vangelo non va tenuto nascosto né lo si deve far poggiare su vantaggi terreni.
Se poi, riguardo alle tuniche, dice che non bisogna né portarne né averne due ma più energicamente proibisce anche di indossarle - Non indossino due tuniche -, ( Mc 6,9 ) quale richiamo intende rivolgere loro se non quello di comportarsi non con doppiezza ma con semplicità?
30.76 Non si deve parimenti dubitare in alcun modo che il Signore tutte le cose che disse le disse in parte con linguaggio proprio e in parte con linguaggio figurato; e gli evangelisti ne misero in iscritto solo una parte, scegliendo per alcune l'uno e per alcune l'altro dei modi di dire.
A volte riportarono le stesse cose in due o in tre, o magari anche tutti e quattro; tuttavia, di quello che il Maestro disse o fece, non ci è stata mai fatta una narrazione completa.
Che se poi qualcuno pensasse che il Signore in uno stesso discorso non abbia potuto usare per alcune cose il linguaggio proprio e per altre quello figurato, s'accorgerà presto come tale affermazione sia avventata e grossolana.
Basta guardare alle cose nel loro insieme.
E qui mi sia consentito dare il primo esempio che mi viene in mente e cioè l'ammonizione secondo la quale la sinistra non deve sapere ciò che fa la destra. ( Mt 6,3 )
Il ricercatore prenderà la frase in senso figurato e la riferirà o direttamente all'elemosina o anche a qualunque altro precetto contenuto in quella pagina.
30.77. Di proposito voglio ancora una volta avvertire il lettore che si ricordi di una cosa indispensabile, di modo che non abbia poi bisogno di continui richiami.
Ed è questa: il Signore, le cose che aveva già dette, le ripeteva in molte, moltissime occasioni; per cui, se per caso la successione dei fatti nel racconto di un evangelista non coincidesse con quella di un altro, non si deve pensare che ci siano per questo delle contrapposizioni fra i diversi autori.
Ci si deve solo render conto che cose narrate in un dato contesto sono ripetizioni di quanto narrato altrove; e questa osservazione vale tanto per i detti quanto per i fatti.
Nulla impedisce infatti di ritenere che uno stesso evento sia accaduto più volte; sarebbe anzi sacrilega scempiaggine se uno, per non credere alla ripetizione di un fatto, in base a motivi che in nessun modo convincono dell'impossibilità di tale ripetizione, accusasse di falsità il Vangelo.
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