Il consenso degli Evangelisti

Indice

Libro III

7.27 - La riunione mattutina del sinedrio

Continua Matteo: Al mattino tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire.

Poi messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato. ( Mt 27,1-2 )

Lo stesso scrive Marco: E al mattino presto i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. ( Mc 15,1 )

Quanto a Luca, terminato il racconto della negazione di Pietro riassume quel che accadde al Signore, quando - precisa - era ormai giunta la mattina del nuovo giorno, e così stila il racconto: Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, lo bendavano e gli dicevano: " Indovina: chi ti ha colpito? ".

E molti altri insulti dicevano contro di lui. Appena fu giorno si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: " Se tu sei il Cristo, diccelo ".

Gesù rispose: " Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete, né mi lascerete andare.

Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio ".

Allora tutti esclamarono: " Tu dunque sei il Figlio di Dio? ". Ed egli disse loro: " Lo dite voi stessi, io lo sono ".

Risposero: " Che bisogno abbiamo ancora di testimonianze? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca ".

Tutta l'assemblea si alzò e lo condussero da Pilato. ( Lc 22,63-71; Lc 23,1 )

Tutto questo è narrato da Luca e nel suo racconto deve includersi anche quel che riportano Matteo e Marco, ( Mt 26,63; Mc 14,61 ) e cioè che al Signore fu chiesto se fosse il Figlio di Dio, al che egli rispose: Vi dico che in seguito vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra dell'Onnipotente venire sulle nubi del cielo.

Questo particolare dovette accadere sul fare del giorno, se Luca può dire: Appena fu giorno. ( Mt 26,64 )

L'evangelista poi riferisce parole simili a queste e a sua volta narra dei particolari omessi dagli altri.

Dobbiamo pertanto collocare nella notte le deposizioni dei falsi testimoni contro il Signore di cui parlano brevemente Matteo e Marco, ( Lc 22,66 ) mentre Luca le omette, interessato com'è a raccontarci quanto accadde sul far del mattino.

Veramente, anche gli altri, cioè Matteo e Marco, ( Mt 26,60-61; Mc 14,56-59 ) stesero un racconto continuato di quel che accadde al Signore finché non si giunse al mattino; ( Mt 26,59-75; Mc 14,55-72 ) ma al temine di questo racconto ecco che tornano a parlarci della negazione di Pietro, dopo la quale passano alle ore del mattino e aggiungono la serie degli eventi vissuti dal Signore fino allo spuntare del giorno, ( Mt 27,1; Mc 15,1 ) circostanza che essi non avevano ancora ricordato.

Giovanni da parte sua racconta, per quel tanto che ritiene opportuno, ciò che accadde al Signore e riferisce per esteso la negazione di Pietro; quindi prosegue: Conducono pertanto Gesù da Caifa nel pretorio.

Era già mattino. ( Gv 18,28 ) La cosa può essere intesa in più modi: o che ci fu un motivo per cui Caifa fu costretto a trovarsi nel pretorio, sicché egli non era presente quando gli altri sommi sacerdoti intentarono la causa al Signore, ovvero che il pretorio si trovava in casa sua.

Comunque, è detto bene che il Signore fin dalla cattura veniva condotto presso di lui, anche se da lui arrivò solo alla fine.

Siccome poi lo si portava da lui in qualità di reo confesso e d'altra parte Caifa aveva già manifestato la sua convinzione che Gesù dovesse morire, non si dovette frapporre alcun indugio nell'inviare Gesù a Pilato per la condanna a morte.

Quel che accadde a Gesù quando si trovò dinanzi a Pilato è così raccontato da Matteo.

7.28. Questo evangelista si allontana dai fatti della passione per narrarci la fine di Giuda traditore.

Egli è il solo a raccontarla, e la sua narrazione è la seguente: Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani, dicendo: " Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente ".

Ma quelli dissero: " Che ci riguarda? Veditela tu! ".

Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.

Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: " Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue ".

E, tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.

Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue " fino al giorno d'oggi.

Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: " E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore ". ( Mt 21,3-10 )

7.29 Qualcuno potrebbe rimanere turbato per il fatto che questa testimonianza non si trova negli scritti del profeta Geremia, concludendo da ciò che, almeno in qualche affermazione, è da negarsi l'attendibilità degli evangelisti.

Costui però deve sapere in primo luogo che non tutti i codici dei Vangeli leggono: " Da Geremia profeta " ma solo: " Dal profeta "; e noi riteniamo che si debba prestare più fede a quei codici dove il nome di Geremia non compare.

In effetti l'espressione la troviamo in un profeta, ma questo profeta è Zaccaria.

Da cui si deduce che i codici recanti il nome di Geremia sono inesatti, o perché avrebbero dovuto menzionare Zaccaria ovvero, tralasciando ogni nome, limitarsi a dire: Dal profeta che afferma così e così.

In tal caso noi avremmo sottinteso ovviamente il profeta Zaccaria.

Ma ad una simile scappatoia difensiva ricorra pure chiunque la gradisce; quanto a me, essa non piace.

Ed eccone i motivi: primo perché la maggior parte dei codici reca il nome di Geremia, anzi quelli che hanno esaminato con maggiore accuratezza il Vangelo nel testo greco affermano che così leggono i codici greci più antichi.

Inoltre nessun motivo può addursi per giustificare l'introduzione nel testo di un nome che lo rende inesatto.

Si può viceversa trovare il motivo per cui un tale nome sia stato cancellato in alcuni codici: ciò ha potuto fare l'ignoranza e la temerità di un copista sconcertato per non trovare questa testimonianza in nessuno degli scritti di Geremia.

7.30 Come intendere dunque il fatto, se non come un intervento della divina Provvidenza che reggeva la mente degli evangelisti e qui volle agire secondo un piano più misterioso del solito?

Poté infatti accadere che a Matteo mentre scriveva il Vangelo venisse in mente, come spesso accade, il nome di Geremia invece di quello di Zaccaria; ma egli avrebbe certamente rettificato la sua espressione, almeno dietro il richiamo di coloro che, mentre egli era ancora in vita, poterono leggere il suo scritto.

Se non lo fece, fu perché era persuaso che, se alla sua memoria guidata dallo Spirito Santo venne indicato il nome di un profeta in luogo di un altro, ciò non accadeva senza un motivo ma era volontà del Signore che si scrivesse così.

A ricercare poi perché il Signore si sia comportato in tal modo, il primo e più ovvio motivo che si possa pensare - e questo pensiero è quanto mai utile! - è che anche da fatti come questo si inculca la verità che tutti i santi Profeti hanno parlato mossi dall'unico e identico Spirito e per questo esiste fra loro un mirabile accordo.

Ora questa constatazione vale molto di più che se tutte le cose riferite da tutti i Profeti fossero state dette dall'unica bocca di un unico profeta.

In conseguenza di ciò si può ritenere senza alcuna esitazione che tutte le cose dette dallo Spirito Santo per mezzo dei Profeti appartengono ciascuna a tutti e tutte a ciascuno.

Ad esempio, le cose dette da Geremia sono alla fine delle fini e di Zaccaria e di Geremia, e quelle dette da Zaccaria sono e di Zaccaria e di Geremia.

E se ciò è vero, che bisogno c'era che Matteo, rileggendo il testo che aveva scritto e accorgendosi d'aver messo un nome a posto di un altro, lo correggesse?

Non doveva piuttosto rispettare l'autorità dello Spirito Santo che, com'egli avvertiva in maniera certo superiore alla nostra, guidava la sua mente?

In vista di ciò lasciò scritto quanto gli aveva ordinato il Signore che lo istruiva interiormente.

Comportandosi in tal modo diede a noi una profonda lezione sulla meravigliosa concordia, anche verbale, che esiste tra i Profeti, a tal segno che, pur incontrando una frase detta da Zaccaria, non ritenessero un assurdo ma un tratto di perfetta convergenza il vederla attribuita anche a Geremia.

Sono cose che capitano anche oggi. Ecco, ad esempio, uno che volendo riferire le parole di una certa persona, gli venga sulla lingua il nome di un'altra che non le abbia pronunziate ma sia legata da strettissima amicizia e familiarità con l'autore di quelle parole.

Non appena s'accorge d'aver usato un nome a posto di un altro subito ci ripensa e si corregge; ma, nonostante tutto, potrebbe anche dire: Ho detto bene, considerando la comunanza di idee esistente fra i due.

Se effettivamente fra colui del quale si volevano riferire le parole e l'altro a cui in base ai dati della memoria sono state attribuite esiste un perfetto accordo, non è lo stesso far dire a uno quelle parole che anche l'altro avrebbe detto?

Questo stesso fenomeno è comprensibile sia avvenuto, e a maggior ragione, nei santi Profeti, e lo si deve vigorosamente inculcare al fine di creare la convinzione che tutti i libri da loro scritti sono come un unico libro composto da un unico autore.

In tale libro - così è da credersi e così risulta in effetti - non esiste contrapposizione nella sostanza dei racconti; anzi la verità resta più assodata che se a stendere la narrazione di tutte le cose fosse stato un solo autore, dotto quanto si voglia.

Con che diritto dunque certi uomini, o miscredenti o ignoranti, vorrebbero da questo particolare trarre argomento per dimostrare l'esistenza di contrasti fra i santi evangelisti?

Del testo scritturale in esame possono invece, e a buon diritto, servirsi tutti quegli studiosi credenti e istruiti che vogliano dimostrare l'unità esistente fra i diversi santi Profeti.

7.31 C'è un altro motivo che spiega come mai dall'autorità dello Spirito Santo sia stato non solo consentito ma anche ordinato che il nome di Geremia rimanesse, com'è accaduto, in una testimonianza di Zaccaria.

Mi sembra però che la trattazione di questo problema, perché sia davvero esauriente, debba essere rimandata ad un altro tempo, non volendo protrarre il presente lavoro al di là di quanto richiede la necessità di portarlo a temine.

Comunque, in Geremia troviamo che egli comprò un campo dal figlio di un suo fratello e gli diede del denaro, senza però precisare il prezzo dato, cioè i trenta denari di cui si parla in Zaccaria: ( Ger 32,9-44 ) il quale Zaccaria però non fa menzione dell'acquisto del campo.

È pertanto manifesto che quella profezia riguardante i trenta denari l'evangelista l'ha presa e applicata a quel che accadde al Signore durante la passione, considerando quella somma il prezzo sborsato per lui.

Alla stessa passione poteva peraltro riferirsi anche il fatto dell'acquisto del campo di cui Geremia; e tale riferimento poté essere misticamente significato dall'avere l'evangelista indicato nel suo racconto non il nome di Zaccaria, cioè di colui che ci dà notizia dei trenta denari, ma di Geremia, che c'informa dell'acquisto del campo.

Se uno dunque legge il Vangelo e vi trova il nome di Geremia, va senz'altro a leggere Geremia ma ecco che in quel profeta non trova la testimonianza dei trenta denari pur trovandovi la notizia dell'acquisto del campo.

In tal modo viene avvertito il lettore a contemperare l'un passo con l'altro, e così sviscerare sino in fondo il senso della profezia e com'essa si sia adempiuta nella passione del Signore.

L'espressione poi che Matteo fa seguire immediatamente a questa e cioè : Così lo valutarono i figli d'Israele, i quali spesero quei soldi per l'acquisto del campo del vasaio, secondo l'ordine datomi dal Signore, ( Mt 27,9-10 ) non si trova né presso Zaccaria né presso Geremia; e da ciò si ricava che la citazione è stata inserita nel testo dall'evangelista di sua propria iniziativa con un procedimento tanto elegante quanto misterioso.

Si deve quindi supporre che Matteo conobbe per rivelazione divina che la profezia citata riguardava il particolare del prezzo di Cristo.

A Geremia infatti viene ordinato di riporre la scritta dell'acquisto del campo in un vaso di terracotta; nel Vangelo col prezzo del Signore si compra il campo di un vasaio e precisamente per la sepoltura dei forestieri.

Sembra quasi dovercisi vedere un'allusione alla durata del riposo che toccherà in sorte a quanti, terminata la peregrinazione nel tempo presente, sono sepolti insieme con Cristo mediante il battesimo. ( Col 2,12 )

E difatti nelle parole che il Signore rivolse a Geremia gli palesò che la compera di quel campo indicava che in quella terra ci sarebbe stata una lunga permanenza per i liberati dalla prigionia.

Queste note ho creduto opportuno stilare con una certa ampiezza per indicare cosa si richieda nel fare un'indagine veramente accurata e attenta su certe testimonianze dei Profeti prese globalmente e comparate con i racconti evangelici.

Tali cose ha inserito Matteo nel racconto di Giuda traditore.

8.32 - Gesù dinanzi a Pilato

Il racconto di Matteo continua così: Gesù stava in piedi di fronte al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: " Sei tu il re dei Giudei? ". Gesù rispose: " Tu lo dici ".

E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.

Allora Pilato gli disse: " Non senti quante cose attestano contro di te? ".

Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.

Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.

Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.

Quindi, mentre si trovavano riuniti, Pilato disse loro: " Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo? ".

Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.

Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: " Non aver nulla a che fare con quel giusto, perché oggi fui molto turbata in sogno per causa sua ".

Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù.

Allora il governatore domandò: " Chi dei due volete che vi rilasci? ". Quelli risposero: " Barabba! ".

Disse loro Pilato: " Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo? ". Tutti gli risposero: " Sia crocifisso! ".

Ed egli aggiunse: " Ma che male ha fatto? ". Essi allora urlarono: " Sia crocifisso! ".

Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: " Non sono responsabile del sangue di questo giusto; disse, di questo sangue; vedetevela voi! ".

E tutto il popolo rispose: " Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli ".

Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò loro perché fosse crocifisso. ( Mt 27,11-26 )

Tale il racconto lasciatoci da Matteo su quanto accadde al Signore dinanzi a Pilato.

8.33 Marco concorda con Matteo in maniera quasi completa tanto nelle parole quanto negli avvenimenti. ( Mc 15,2-15 )

Tuttavia nel riferire le parole dette da Pilato in risposta al popolo che chiedeva fosse loro rilasciato ufficialmente un detenuto si esprime così: Pilato rispondendo disse loro: " Volete che vi rilasci il re dei Giudei? ". ( Mc 15,9 )

Matteo al contrario aveva scritto: Quando i Giudei si furono adunati Pilato disse loro: " Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto il Cristo? ". ( Mt 27,17 )

Non fa problema l'omissione della richiesta avanzata dai Giudei che fosse messo in libertà un detenuto, ma ci si può chiedere quali parole abbia effettivamente detto Pilato: se quelle riferite da Matteo o quelle riferite da Marco.

Non sembra infatti potersi identificare l'espressione: Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto il Cristo con l'altra: Volete che vi rilasci il re dei Giudei?

Ricordando però che quella gente era solita chiamare " cristi " i loro re, qualunque termine abbia usato Pilato, è chiaro che egli intese proporre loro se volessero o meno che fosse liberato il re dei Giudei, cioè il Cristo.

Né intacca il senso della frase l'omissione di Marco su Barabba; egli infatti aveva in mente di narrare soltanto le cose che avevano pertinenza con il Signore.

Del resto attraverso la risposta data dai sommi sacerdoti anch'egli ci fa sufficientemente capire chi desideravano che fosse liberato.

Scrive: I sommi sacerdoti aizzarono la folla perché si facesse liberare Barabba, e prosegue: Pilato replicando ancora una volta chiese: " Cosa volete dunque che io faccia al re dei Giudei? ". ( Mc 15,11-12 )

Dal che appare cosa volesse indicare Marco con le parole Re dei Giudei e come ciò equivalga al termine Cristo usato da Matteo.

Il nome Cristo infatti lo si usava solo per i re dei Giudei, e ciò corrisponde a quanto scrive Matteo nel passo parallelo: Diceva loro Pilato: Cosa dunque dovrò fare di Gesù detto Cristo? ( Mt 27,22 )

Similmente è per quel che aggiunge Marco e cioè: Essi allora gridarono di nuovo: Crocifiggilo!

Le quali parole corrispondono a quelle di Matteo: Gli dicono tutti: Sia crocifisso!

Prosegue Marco: Pilato ancora chiedeva: Che male ha fatto?

Essi però gridavano sempre più forte: Crocifiggilo! ( Mc 15,13-14 ) Tali parole non sono in Matteo; egli però annota: Pilato vedendo che non approdava a nulla, anzi il tumulto andava aumentando; ( Mt 27,24 ) e continua col dirci che Pilato, volendo mostrare che si sentiva innocente a proposito del sangue di quel giusto, si lavò le mani di fronte al popolo: notizia, questa, su cui sorvolano e Marco e gli altri evangelisti ma che è molto significativa per mostrarci che anche secondo Matteo Pilato si diede da fare per ottenere dal popolo la liberazione di Gesù.

Riferendosi alla stessa cosa Marco più brevemente scrive che Pilato chiese loro: Insomma, che male ha fatto?; e avviandosi alla conclusione del racconto di ciò che era accaduto al Signore dinanzi a Pilato, scrive: Allora Pilato volendo dare soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba, e dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò loro perché fosse crocifisso. ( Mc 15,15 )

Tale infatti è il racconto di Marco su quanto accadde a Gesù in casa del preside.

8.34 Quel che avvenne in casa di Pilato è così descritto da Luca: Cominciarono allora ad accusarlo dicendo: " Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re ". ( Lc 23,2 )

Queste accuse non sono riferite dagli altri due evangelisti, sebbene essi parlino di accuse sollevate contro di lui.

Luca invece è esplicito nel riferire le colpe che falsamente gli attribuivano, senza peraltro menzionare la richiesta di Pilato: Non rispondi nulla? Vedi dei quali crimini ti incolpano! ( Mc 15,4 )

Egli continua direttamente con quanto riportano anche gli altri evangelisti, e cioè: Pilato lo interrogò: " Sei il re dei Giudei? ". Ed egli rispose: " Tu lo dici ". ( Lc 23,3 )

Questo esattamente ricordano Matteo e Marco prima di segnalare che Gesù fu interpellato sul motivo per cui non rispondeva nulla alle loro accuse. ( Mt 27,11; Mc 15,2 )

Non intacca minimamente la verità l'ordine seguito da Luca nel raccontare i fatti, come non l'intacca l'avere uno degli evangelisti omesso qualcosa che invece un altro racconta.

Ecco dunque come Luca riporta i fatti: Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: " Non trovo nessuna colpa in quest'uomo ".

Ma essi insistevano: " Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui ".

Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.

Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui.

Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla.

C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza.

Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una bianca veste e lo rimandò a Pilato.

In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro. ( Lc 23,4-12 )

Tutto questo, e cioè che il Signore fu inviato da Pilato ad Erode, con quanto gli accadde alla presenza di quest'ultimo, lo narra solo Luca; nel suo scritto però riferisce cose che possiamo trovare nel racconto degli altri evangelisti sia pure in contesti differenti.

Sembra quindi indubitato che gli altri evangelisti vollero narrare solamente quel che accadde in casa di Pilato finché questi non abbandonò il Signore nelle mani dei Giudei perché lo crocifiggessero.

Luca al contrario si concede una digressione per narrare quel che accadde nella corte di Erode ma poi, tornando ai fatti che successero in casa del preside, prosegue: Pilato allora, adunati i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, disse: " Mi avete presentato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate ". ( Lc 23,13-14 )

Constatiamo dunque che Luca sorvola sulla richiesta fatta al Signore da Pilato su quel che dovesse rispondere agli accusatori.

Egli si esprime così: Ma nemmeno Erode. Io infatti vi ho mandati da lui, ed ecco che non ha trovato in quest'uomo nulla che meriti la morte.

Perciò dopo averlo castigato, lo rilascerò. Pilato poi era solito, per il giorno di festa, lasciar libero un condannato.

Ora essi si misero a gridare tutti assieme: " A morte costui! Dacci libero Barabba! ".

Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.

Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. Ma essi urlavano: " Crocifiggilo, crocifiggilo! ".

Ed egli, per la terza volta, disse loro: " Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò ".

Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. ( Lc 23,15-23 )

Matteo attesta anche lui che Pilato fece numerosi tentativi allo scopo di liberare Gesù e spesso ne interpellò i Giudei, ma compendia il suo racconto in pochissime parole, dicendo: Pilato vedendo che non approdava a nulla, ma anzi il tumulto cresceva. ( Mt 27,24 )

L'evangelista non si sarebbe espresso in questi termini se Pilato non avesse veramente fatto molti tentativi; anche se sul numero delle volte che cercò di sottrarre Gesù alla rabbia dei nemici egli non dice nulla.

Quanto a Luca, ecco com'egli conclude il racconto dei fatti accaduti davanti al preside: Allora Pilato decise che la loro richiesta fosse eseguita.

Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà. ( Lc 23,24-25 )

8.35 Esaminiamo adesso come le stesse cose, cioè quel che fece Pilato nei confronti di Gesù, siano riportate da Giovanni.

Egli scrive: I Giudei non entrarono nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua.

Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: "Che accusa portate contro quest'uomo? ".

Gli risposero: " Se non fosse un malfattore, non te lo avremmo consegnato ". ( Gv 18,28-30 )

Queste notizie bisogna esaminarle con attenzione perché sia escluso ogni contrasto con quanto detto da Luca, e cioè che essi lo incolparono di misfatti ben precisi.

Ecco le sue parole: Cominciarono ad accusarlo dicendo: " Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re ". ( Lc 23,2 )

Secondo la narrazione di Giovanni or ora citata sembrerebbe che i Giudei si rifiutarono di indicare i suoi delitti anche dopo che Pilato ebbe loro domandato: Qual è l'accusa che portate contro quest'uomo?, e gli replicarono: Se non fosse un malfattore non te l'avremmo consegnato.

In altre parole, basandosi sull'autorità che essi rivestivano, Pilato avrebbe dovuto smettere di far ricerche sulle sue colpe: lo doveva ritenere reo per il solo fatto che aveva meritato d'esser da loro consegnato alla sua autorità.

Ragionevolmente quindi possiamo concludere che fu detto e quel che ricorda Giovanni e quel che ricorda Luca.

Ci furono infatti molte domande e molte risposte, e da questo insieme di eventi ciascuno degli evangelisti prelevò quel che ritenne opportuno e nel suo racconto pose quel tanto che gli parve sufficiente.

Così, lo stesso Giovanni parla delle obiezioni che a Gesù furono mosse in altre occasioni, come vedremo esaminando i testi relativi.

Egli continua così: Disse loro Pilato: " Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge! ".

Gli risposero i Giudei: " A noi non è consentito mettere a morte nessuno ".

Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: " Tu sei il re dei Giudei? ".

Gesù rispose: " Dici questo da te, oppure altri te lo hanno detto sul mio conto? ". ( Gv 18,31-34 )

Questa domanda a prima vista sembra contrastare con quanto riferito dagli altri evangelisti, e cioè che Gesù rispose a Pilato: Tu lo dici, ( Mt 27,11; Mc 15,2; Lc 23,3 ) ma nel seguito del racconto Giovanni ci fa sapere che anche queste parole furono dette da Gesù.

In tal modo ci mostra che anche le parole collocate nel presente contesto, sebbene omesse dagli altri evangelisti, furono ugualmente pronunciate dal Signore.

E ora bada al seguito del racconto: Pilato ribatté: " Sono forse io un Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto? ".

Rispose Gesù: " Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù ".

Allora Pilato gli disse: " Dunque tu sei re? ". Rispose Gesù: " Tu lo dici, io sono re ". ( Gv 18,35-37 )

Ecco il dialogo attraverso il quale si giunse al punto di cui si occupano gli altri evangelisti.

In Giovanni però il racconto prosegue ancora con parole dette in quell'occasione dal Signore ma omesse dagli altri: " Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità.

Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce ". Gli dice Pilato: " Che cos'è la verità? ".

E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: " Io non trovo in lui nessuna colpa.

Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua; volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei? ".

Allora essi gridarono di nuovo: " Non costui, ma Barabba! ". Barabba era un brigante. ( Gv 18,37-40 )

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.

E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: " Salve, re dei Giudei! ".

E gli davano schiaffi. Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: " Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa ".

Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: " Ecco l'uomo! ".

Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: " Crocifiggilo! Crocifiggilo! ".

Disse loro Pilato: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa ".

Gli risposero i Giudei: " Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio ". ( Gv 19,1-7 )

Questa affermazione potrebbe corrispondere a quella di cui Luca nel riferire le accuse dei Giudei: Lo abbiamo trovato a sobillare la nostra gente, ( Lc 23,2 ) purché vi si aggiunga: In quanto si è proclamato Figlio di Dio.

Continua Giovanni: Pilato, quand'ebbe udito queste parole ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: " Di dove sei? ".

Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: " Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce? ".

Rispose Gesù: " Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande ".

Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: " Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare ". ( Gv 19,8-12 )

A questa accusa potrebbe corrispondere quella riferita da Luca, che così si esprime: L'abbiamo trovato a sobillare la nostra gente.

Sono parole dei Giudei, alle quali fanno seguito queste altre: Egli proibisce di pagare il tributo a Cesare e dice di essere il Cristo re. ( Lc 23,2 )

In questa ipotesi sarebbe risolto il problema sollevato dal racconto di Giovanni dove non appare quale sia stato il delitto specifico del quale i Giudei incolparono il Signore ma che essi risposero solo in forma generica dicendo: Se costui non fosse un malfattore non te l'avremmo recato qui. ( Gv 18,30 )

Giovanni prosegue: Pilato, udendo tali parole, fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litostrotos, in ebraico Gabbatà.

Era la Parasceve della Pasqua, intorno all'ora sesta. Pilato disse ai Giudei: " Ecco il vostro re! ".

Ma quelli gridarono: " Via, crocifiggilo! ". Disse loro Pilato: " Metterò in croce il vostro re? ".

Risposero i sommi sacerdoti: " Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare ".

Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. ( Gv 19,13-16 )

Tale la relazione che ci ha lasciato Giovanni su quel che accadde a Gesù in casa di Pilato.

9.36 - Gesù schernito dai soldati

Continuiamo a esaminare il racconto della passione scorrendo le testimonianze lasciateci dai quattro evangelisti.

Matteo comincia così: Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.

Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: " Salve, re dei Giudei! ". ( Mt 27,27-29 )

Lo stesso ripete Marco collocando gli eventi nello stesso contesto: I soldati allora lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte.

Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo.

Cominciarono poi a salutarlo: " Salve, re dei Giudei! ".

E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. ( Mc 15,16-19 )

Dobbiamo al riguardo intendere che l'indumento messogli addosso chiamato da Matteo manto scarlatto è lo stesso di cui parla Marco dicendo che lo rivestirono di porpora.

Quel manto scarlatto usato dagli schernitori stava infatti a rappresentare la porpora regale, e in realtà esiste una qualità di porpora rossa che rassomiglia moltissimo allo scarlatto. Inoltre poté accadere che, se Marco menziona la porpora, lo fa perché anche di porpora si componeva il tessuto del manto, pur essendo questo prevalentemente di scarlatto.

Tutti questi particolari sono omessi da Luca; mentre Giovanni li ricorda collocandoli prima che Pilato consegnasse Gesù ai Giudei per la crocifissione.

Egli scrive: Pilato quindi prese Gesù e lo fece flagellare.

E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e dicevano: " Salve, re dei Giudei! " e gli davano schiaffi. ( Gv 19,13 )

È ovvio quindi che Matteo e Marco riferiscono i fatti come chi voglia fare un riepilogo di cose già accadute, non intendendo quindi affermare che ciò accadde quando Pilato l'aveva già condannato alla crocifissione.

Giovanni infatti è esplicito nel dire che tutte queste vicende si verificarono nel tribunale di Pilato: per cui il racconto degli altri evangelisti è da prendersi come compilato da chi intende rammentare cose omesse antecedentemente.

Di tale aggiunta fa parte anche quel che subito dopo dice Matteo: Sputandogli addosso gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.

Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo. ( Mt 27,30-31 )

Il particolare del mantello toltogli di dosso e l'altro che lo rivestirono delle sue vesti ordinarie, debbono intendersi come avvenuti alla fine, quando ormai si avviavano.

La cosa è da Marco riferita in questi termini: Dopo che l'ebbero schernito, gli tolsero di dosso la porpora e gli rimisero le sue vesti. ( Mc 15,20 )

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