Contro la menzogna |
Chi afferma che ci sono menzogne da ritenersi giuste non merita giudizio diverso da quello di chi dice che ci sono peccati giusti o, più esplicitamente, che sono giuste anche alcune delle cose ingiuste.
Ora, ci può essere cosa più assurda di questa?
Perché mai infatti una cosa è peccato se non perché è in contrasto con la giustizia?
Si dica pure, certo, che ci sono peccati gravi e peccati leggeri.
È la verità; e non si deve dar retta agli stoici che sostengono la parità fra tutti i peccati; tuttavia dire che alcuni peccati sono cosa cattiva e altri cosa buona, che significa se non dire che alcune delle azioni inique sono inique mentre altre sono giuste?
Ma l'apostolo Giovanni afferma: Chi fa il peccato fa anche iniquità e [ ogni ] peccato è iniquità. ( 1 Gv 3,4 )
Non ci può essere quindi un peccato che sia giusto, a meno che col nome di peccato non vogliamo chiamare qualche altra cosa, compiendo la quale non si pecca ma si fa o subisce qualcosa che ha riferimenti col peccato.
Ci sono, ad esempio, sacrifici detti "per il peccato" e a volte si chiamano peccati le pene subite per il peccato.
Queste cose possono, certamente, qualificarsi come peccati giusti, poiché il titolo di giusto ben si addice ai sacrifici e alle punizioni.
Quanto invece alle azioni contrarie alla legge di Dio, è impossibile che siano giuste.
Fu detto infatti a Dio: La tua legge è verità; ( Sal 119,142 ) e pertanto ogni cosa che sia in contrasto con la verità non può essere giusta.
Ora chi vorrà mettere in dubbio che ogni genere di menzogna è in contrapposizione con la verità?
È impossibile quindi che ci siano menzogne giuste.
Parimenti, chi non vede con chiarezza che tutto ciò che è giusto proviene dalla verità?
Ma Giovanni esclama: Qualsiasi menzogna non viene dalla verità; ( 1 Gv 2,21 ) e quindi non c'è menzogna che sia giusta.
Quando dunque si citano esempi di menzogna presi dalla Sacra Scrittura, o non si tratta di menzogne, ma le si ritiene tali perché non le si capisce, o, se davvero sono menzogne, non le si deve imitare, perché non possono essere azioni [ moralmente ] giuste.
Su quanto afferma la Scrittura, cioè che Dio concesse benefici alle ostetriche ebree ( Gs 2 ) e a Raab, prostituta di Gerico, ( Gs 6,25ss ) occorre tener presente che non furono loro concessi perché avevano mentito, ma perché avevano usato misericordia ad uomini di Dio.
Non si ricompensò quindi il loro inganno ma la loro larghezza di cuore, non la colpa delle loro menzogne ma la generosità della loro intenzione.
Non sarebbe stata infatti cosa sorprendente o assurda che Dio, in vista di opere buone compiute successivamente, abbia voluto loro perdonare delle azioni cattive commesse eventualmente in tempo anteriore.
Allo stesso modo non ci si deve stupire che Dio, vedendo in uno stesso tempo e in uno stesso comportamento le due cose, e cioè l'opera di misericordia e la colpa della falsità, ricompensò il bene e, in vista di quel bene, passò sopra a ciò che era male.
In effetti, se per il merito di opere di misericordia compiute in seguito vengono rimessi i peccati che si commettono non per misericordia ma per soddisfare la concupiscenza carnale, perché per il merito della misericordia non dovrebbero essere rimessi i peccati commessi proprio per essere misericordiosi?
È infatti più grave il peccato che si commette col proposito di nuocere che non quello che si commette con l'intenzione di soccorrere.
Se pertanto l'uno viene cancellato dall'opera di misericordia compiuta dopo il fatto, perché quest'altro, che è più leggero, non dovrebbe essere cancellato dalla stessa opera di misericordia compiuta dall'uomo prima di peccare o durante lo stesso peccato?
La cosa potrebbe sembrare esatta; tuttavia una cosa è dire: "Certo, non dovevo peccare, ma adesso farò delle opere di misericordia con cui cancellerò il peccato commesso", e un'altra cosa è dire: "Debbo peccare perché diversamente non potrei essere compassionevole".
Ripeto: una cosa è dire: "Siccome abbiamo peccato, ora facciamo il bene", e un'altra è dire: "Pecchiamo per fare il bene".
Nel primo caso si dice: "Siccome abbiamo fatto il male, ora facciamo il bene", nel secondo: Facciamo il male perché ce ne derivi il bene. ( Rm 3,8 )
Insomma lì si cerca di vuotare il bidone dei peccati, qui si afferma la riprovevole dottrina che induce al peccato.
È lasciato a noi il compito d'intendere come a quelle donne, in Egitto o a Gerico, in compenso della loro generosità e compassione fu dato un compenso, certamente temporale ma capace di raffigurare un qualcosa di eterno mediante un significato profetico da loro ignorato.
Infatti il problema se almeno quando ne va di mezzo la salvezza di una persona sia qualche volta lecito mentire è un problema su cui tuttora si scervellano uomini anche dottissimi senza riuscire a risolverlo.
Esso quindi superava di molto le capacità di donnicciole cresciute in quei popoli ed assuefatte a quei modi di vivere.
Questa loro ignoranza Dio tollerava nella sua pazienza, come tollerava diverse altre cose che allora la gente ignorava, ma che non possono essere ignorate da coloro che non appartengono più al mondo presente ma a quello futuro.
In tal senso Dio concedeva loro, in premio della generosità umana usata verso i suoi servi, dei premi terreni, per quanto carichi di significati celesti.
Quanto a Raab in particolare, essa fu tratta fuori da Gerico e passò nel popolo di Dio, dove, crescendo [ nella fede ], avrebbe potuto raggiungere i beni eterni e immortali.
I quali tuttavia non si debbono mai ricercare facendo ricorso alla menzogna.
Allorché Raab compì quell'opera buona e, secondo la condizione della sua vita, meritevole di elogio a favore degli esploratori israeliti non aveva raggiunto quel livello spirituale per cui si potesse pretendere da lei quanto prescritto [ nel Vangelo ]: Sulla vostra bocca il sì sia sì e il no sia no. ( Mt 5,37 )
E riguardo alle ostetriche ebree, se ebbero in cuore soltanto mire carnali, cosa giovò loro, o che gran premio fu per loro quella ricompensa per la quale potevano farsi un casato di ordine temporale?
A meno che, progredendo spiritualmente, non siano giunte a far parte di quella casa della quale si canta a Dio: Beati coloro che abitano nella tua casa, ti loderanno in eterno e per sempre. ( Sal 84,5 )
In verità si deve riconoscere che è molto vicino alla giustizia e, sebbene non nella realtà dei fatti, ma certo nella speranza e nelle disposizioni, l'animo di colui che mai ricorre alla menzogna se non quando si tratta di giovare a qualcuno e non si rechi danno ad alcuno.
Ma noi, nel porci il problema se all'uomo virtuoso qualche volta sia lecito mentire, non ce lo poniamo nei riguardi di colui che ancora fa parte dell'Egitto, o di Gerico, o di Babilonia, o magari di quella Gerusalemme terrena che è schiava insieme a tutti i suoi figli.
Noi ci riferiamo a colui che è cittadino della città superna, che è libera ed è l'eterna nostra madre nei cieli. ( Gal 4,25-26 )
Se ci mettiamo a indagare su tale questione, ci si risponde: Nessuna menzogna viene dalla verità. ( 1 Gv 2,21 )
In effetti i figli di quella città sono figli della verità; sono figli dei quali sta scritto: Sulla loro bocca non si trova menzogna. ( Ap 14,5 )
Dei figli di quella città è scritto ancora: Il figlio che accoglie la parola sarà molto lontano dalla perdizione; egli la riceve e la tiene dentro di sé; e dalla sua bocca non esce alcuna falsità. ( Pr 29,27 )
Siccome però anche questi figli della Gerusalemme celeste, della santa ed eterna città, sono uomini, se ad essi capita d'incorrere in una qualche falsità, ne chiedono umilmente perdono, non vi vanno a cercare un titolo maggiore di gloria.
Qualcuno potrebbe obiettare: Dunque quelle ostetriche e Raab avrebbero fatto meglio se, per non mentire, si fossero rifiutate d'usare misericordia? Tutt'altro!
Quelle donne ebree, se fossero state del numero di quelle a proposito delle quali ci ponevamo la questione se a volte sia lecito mentire, si sarebbero certo rifiutate di dire alcunché di falso e con loro liberissima scelta avrebbero ricusato di compiere quel detestabile servizio che era l'uccidere i bambini.
Ma dirai che sarebbero state uccise. Però osservane le conseguenze!
Esse sarebbero state messe a morte, ma si sarebbero meritate di entrare nella dimora celeste, che è una ricompensa incomparabilmente più grande che non quella di procurarsi delle case costruite qui in terra.
Affrontando la morte per l'innocenza e la verità, sarebbero morte per vivere nella beatitudine eterna.
E della donna di Gerico cosa diremo? Avrebbe forse potuto fare la stessa cosa?
Non è forse vero che, se non avesse ingannato i suoi concittadini ricorrendo alla menzogna ma avesse detto la verità, lei avrebbe denunziato gli ospiti che teneva nascosti presso di sé?
Interrogata, avrebbe potuto rispondere: So dove si trovano ma, siccome sono una timorata di Dio, non ve lo dico?
Se fosse stata già una vera israelita in cui non c'è falsità, ( Gv 1,47 ) avrebbe certo potuto rispondere così; ma ciò divenne solo più tardi, quando per l'azione di Dio misericordioso fu accolta nella città di Dio.
Dirai: In questo caso però, quei tali, insospettiti, udendo le sue parole l'avrebbero uccisa e messo a soqquadro la casa.
Ma avrebbero anche scoperto gli esploratori che lei aveva nascosto con tanta diligenza?
In effetti quella donna, quanto mai furba, aveva previsto anche questo, e li aveva sistemati in un luogo dove potevano restare nascosti anche se non si fosse creduto alla sua menzogna.
In questo modo lei, supposto che fosse stata uccisa dai suoi compatrioti per l'opera di misericordia che aveva compiuta, avrebbe concluso la vita presente, destinata di per se stessa a finire, con una morte preziosa agli occhi del Signore; ( Sal 116,15 ) e il suo intervento a vantaggio degli esploratori non sarebbe rimasto senza risultato.
Replicherai: Che dire però se i ricercatori degli israeliti, setacciando per ogni dove, fossero giunti a scoprire il posto dove la donna li aveva nascosti?
La domanda si può formulare anche così: Che dire se quella gente di fronte a una donna nota per la sua vita squallida e oltremodo turpe non avesse voluto prestar fede, non solo se lei fosse ricorsa alla menzogna ma anche se avesse spergiurato?
In effetti anche con questo espediente poteva ottenere il risultato per il quale intimorita usò la menzogna.
Ma dove intendiamo noi collocare la volontà e l'onnipotenza di Dio?
Diremo forse che Egli non aveva mezzi per sottrarre ad ogni sventura quegli uomini, che erano dei suoi, e anche quella donna che aveva deciso di non mentire ai suoi compaesani e nemmeno denunziare gli uomini di Dio?
Se egli li protesse dopo che la donna ebbe mentito, avrebbe potuto certamente difenderli anche se lei non fosse ricorsa alla menzogna.
Non dobbiamo dimenticare che un intervento di questo genere ebbe luogo a Sodoma quando uomini accesi di sfrenata lussuria omosessuale non riuscirono a trovare la porta della casa dove si trovavano i ricercati.
Fu allora che Lot, uomo giusto, trovandosi in un frangente del tutto simile, si rifiutò di mentire per la salvezza dei suoi ospiti, che egli non sapeva fossero angeli, ma temeva che dovessero subire una violenza più grave della stessa morte.
Egli certamente avrebbe potuto dire ai ricercatori le stesse cose che disse la donna di Gerico.
In effetti del tutto identica era stata la domanda da loro presentata.
Invece quell'uomo, che era giusto, non volle che per salvaguardare il corpo dei suoi ospiti, la sua anima si macchiasse di menzogna; preferì piuttosto che fossero violentati dalla malvagità di quegli accecati da libidine i corpi delle sue figlie. ( Gen 19,5-11 )
L'uomo dunque faccia tutto quel che gli è possibile per salvare anche la salute fisica dei suoi prossimi; ma se si giungesse a quell'estremo che a tale salute non si può provvedere se non attraverso il peccato, si convinca che a lui non resta nulla da fare, se veramente sente in coscienza che quanto potrebbe ancor fare non sarebbe cosa buona.
Pertanto si tributino lodi anche a Raab, la donna di Gerico, e venga imitata dagli stessi cittadini della Gerusalemme del cielo.
Essa infatti ospitò gli uomini di Dio stranieri in quella terra; per accoglierli incorse in vari pericoli, credette nel loro Dio, li nascose con diligenza dove le fu possibile, con estrema sincerità diede loro il suggerimento di tornare a casa passando per una via diversa.
Quanto al fatto della menzogna, si potrebbe, lavorando d'ingegno, rilevare un qualche contenuto profetico; non sarebbe però mai saggio proporre il fatto alla imitazione [ dei fedeli ].
Quanto a Dio, egli premiò il bene compiuto da quella donna e volle che fosse ricordato; riguardo poi al male della insincerità, egli lo perdonò con un tratto della sua clemenza.
Stando a queste premesse, poiché si andrebbe troppo per le lunghe a voler trattare tutte le cose che nella decantata Libra di Dictinio vengono addotte come esempi di menzogne da potersi imitare, io sono d'avviso che non solo in tali cose ma anche in tutte le altre simili a queste si deve stare alla norma seguente: se di una cosa si crede che realmente è avvenuta come è descritta, bisogna mostrare che non è una menzogna.
Può darsi che vi si taccia la verità ma non vi si dice il falso; può darsi che il vero significato si lasci comprendere ricavandolo da un senso diverso: in realtà di detti o di fatti che hanno valore figurativo sono pieni i libri profetici.
Se poi ci si dovrà persuadere che effettivamente si tratta di menzogne, bisogna mostrare che sono riferite non perché le imitiamo, ma se anche a noi capita di dirle, come si fa per gli altri peccati, non dobbiamo considerarle come opere di giustizia ma ne dobbiamo chiedere perdono [ a Dio ].
Questa è la mia opinione, e a concludere così mi costringono tutti gli argomenti esposti in precedenza.
Noi però siamo uomini e viviamo fra gli uomini e, quanto a me, confesso di non essere ancora fra coloro che non provano alcuna esitazione di fronte ai peccati commessi a fin di bene.
Nell'ambito delle realtà umane spesso mi vince il sentire umano, e non so cosa opporre quando mi si dice: "Guarda! C'è un malato grave: è veramente tra la vita e la morte; e se gli si andasse a dire che è morto l'unico suo figlio, da lui amato teneramente, le sue forze non reggerebbero di fronte a tale notizia".
Or ecco che questo malato ti chiede se il figlio vive, mentre tu sai che è morto.
Cosa gli risponderai? La tua risposta dovrà per forza essere una di queste tre: "È morto"; "vive"; "non lo so".
Qualunque altra risposta tu volessi dare, egli non penserà ad altro se non che è morto, notizia che, come anch'egli comprende, tu hai paura di dargli, mentre però vorresti evitare la menzogna.
Lo stesso vale per l'ipotesi che tu restassi nel più assoluto silenzio.
Orbene, delle tre risposte sopra elencate due sono false: "Egli vive" e "Non lo so"; e tu non puoi darle se non mentendo.
Se al contrario dirai quella che è l'unica notizia vera, e cioè che è morto, sconvolgendo la mente di quel malato tu ne procurerai la morte; e la gente griderà che sei stato tu ad ucciderlo.
E chi riuscirà mai a tenere a freno la gente che propensa com'è ad ingrandire il male che si fa quando per evitare una menzogna apportatrice di salvezza le si preferisce una verità apportatrice di morte?
Nel contrasto rimango profondamente turbato, ma rimarrei ugualmente sorpreso se dicessi che il mio turbamento è conforme a sapienza.
Voglio pertanto porre dinanzi agli occhi del mio cuore ( siano come siano ) l'intelligibile bellezza della verità, dalla cui bocca non emana alcuna falsità.
Sebbene la verità, quanto più splende con i suoi raggi dinanzi ai miei occhi, tanto più la mia palpitante debolezza viene respinta.
Ed ecco, io mi sento così infiammato d'amore per la sua eccezionale bellezza, che non posso non disprezzare ogni realtà umana che mi allontani da lei.
È però importante che questa attrattiva sia stabile, perché la meta conquistata non abbia a sfuggirmi all'arrivo della tentazione.
Elevato così alla contemplazione di quel bene luminoso in cui non sono tenebre di menzogna, io non rimango turbato dal fatto che a noi che ci rifiutiamo di mentire e agli uomini che muoiono per avere udito la verità, questa verità venga presentata come omicida.
Fa' il caso di una donna depravata che ti aspetti per avere con te un rapporto carnale, e che tu ricusi di consentire alle sue voglie.
Se sconvolta dalla ferocia del suo amore ella ne muore, forse che sarà omicida anche la castità?
Inoltre leggiamo le parole: Noi siamo il buon profumo di Cristo in ogni luogo.
Lo siamo in quelli che si salvano e in quelli che periscono: negli uni odore di vita che conduce alla vita, negli altri odore di morte che conduce alla morte. ( 2 Cor 2,15-16 )
Oseremo chiamare omicida anche il profumo di Cristo? Noi però siamo uomini, e in problemi e casi dibattuti come questi il più delle volte prende il sopravvento la sensibilità umana e ne usciamo affaticati.
In vista di ciò Paolo aggiunge: Ma chi è capace di tutto questo? ( 2 Cor 2,16 )
C'è da aggiungere una conseguenza molto brutta e deplorevole.
Ammettiamo un istante che per garantire la salute di quel malato noi avremmo dovuto mentirgli sulla vita del figlio.
In tal modo però il male della menzogna un po' per volta a piccoli passi aumenta; e con piccole aggiunte, che si introducono gradatamente, ne viene fuori un cumulo enorme di menzogne delittuose, né mai si riuscirà a stabilire con precisione dove si possa porre un riparo a una pestilenza così grave sviluppatasi smisuratamente con l'assommarsi di colpe insignificanti.
Al riguardo con molta preveggenza fu scritto: Chi disprezza le cose piccole, un po' alla volta va in rovina. ( Sir 19,1 )
Che dire infatti se gente di questo tipo, attaccata alla vita presente, non esitasse a preferire la stessa vita alla verità e per impedire che un uomo muoia ( meglio: per ottenere che un uomo, destinato a morire, muoia qualche tempo dopo ) ci volesse spingere non solo a mentire ma anche a spergiurare?
Se volesse, dico, che noi per non abbreviare a qualcuno la salute della vita presente, così fugace, ricorriamo con leggerezza al nome del Signore nostro Dio?
Eppure tra loro ci sono dei cervelloni che stabiliscono le norme e determinano i confini del giurare il falso e del non giurarlo.
Ahimè! Dove mai vi siete cacciate, o sorgenti delle nostre lacrime? E allora? Cosa faremo? Dove ci rifugeremo?
Dove ci nasconderemo per ripararci dalla collera della verità, se non soltanto trascureremo di evitare la menzogna, ma addirittura oseremo farci maestri di spergiuro?
Pertanto coloro che si ergono ad assertori e paladini della menzogna vedano un po' quale, o quali, specie di menzogna piaccia loro di considerare esente da colpa.
Vogliano almeno concedere che non si deve mentire quando ne va di mezzo il culto di Dio; vogliano almeno astenersi dallo spergiuro e dalla bestemmia.
Che nessuno osi mentire o lodare la menzogna o insegnarla o imporla, e nessuno ci venga a dire che giusta è la menzogna, dove c'è di mezzo il nome di Dio o il suo sacramento, dove Dio è testimone, dove si proclama o si discute una parola che riguarda la santa religione.
Quanto alle altre specie di menzogna, se a qualcuno sta proprio a cuore la causa della falsità, si scelga quella specie che ritiene la più leggera ed innocua.
Sono convinto però di una cosa, e cioè che anche chi insegna la legittimità della menzogna vuole presentarsi come uno che insegna la verità.
Supposto infatti che si vada ad insegnare la falsità, chi vorrà prendere sul serio una dottrina in sé falsa, quando colui che la insegna è un falsario e sarebbe un gabbato colui che l'apprende?
Se quindi per accalappiare un qualche discepolo il maestro afferma di dire la verità, ma nello stesso tempo insegna la liceità della menzogna, come sarà possibile che dalla verità scaturisca la menzogna, quando l'apostolo Giovanni asserisce: Nessuna menzogna deriva dalla verità? ( 1 Gv 2,21 )
Non è dunque vero che a volte è lecito mentire.
E se ciò non è vero, in nessun modo lo si può suggerire a chicchessia.
Ma la debolezza umana si fa avanti per sostenere la sua parte, e con il plauso di moltissima gente proclama che la causa, inoppugnabile, sta proprio in questi termini; e con l'intento di contraddire, afferma: "Fra gli uomini capita senza dubbio che mediante l'inganno si venga sottratti alla rovina o propria o altrui.
Ma come si può andare incontro a gente in pericolo se il nostro sentimento di umanità non ci inclina a mentire?".
Se questa moltitudine di gente schiava della mortalità e della miseria umana avrà la pazienza di ascoltarmi, io cercherò di dare una qualche risposta in difesa della verità.
Non c'è dubbio che la castità, per essere un valore religioso, autentico e degno di chi è santo, non può derivare che dalla verità: per cui chi la trasgredisce si pone evidentemente in contrasto con la verità.
Perché mai dunque, mancando qualsiasi modo di soccorrere diversamente chi è in pericolo, non commetto uno stupro, cosa che essendo contraria alla castità è anche contraria alla verità?
Come dunque, trattandosi sempre d'andare in aiuto a gente in pericolo, potrò permettermi di dire una menzogna, cosa che evidentissimamente è allo stesso modo in contrasto con la verità?
Qual è il merito che rende così pregevole la castità, e qual è la colpa per cui la verità ci è diventata così nemica?
Ogni specie di castità deriva infatti dalla verità; e la verità è castità, non del corpo ma dell'anima.
Del resto la stessa castità del corpo risiede nell'anima.
Un'ultima riflessione, che ho già espressa ma ora voglio ripetere: tutti coloro che mi contraddicono volendo difendere una qualche specie di menzogna e cercando di persuadermi [ di fare altrettanto ], che cosa dicono se non dicono la verità?
Ebbene, se io li debbo ascoltare perché dicono la verità, in che modo essi pretenderanno che io diventi menzognero dicendo la verità?
In che modo la menzogna potrà appellarsi alla verità perché le faccia da patrona?
O che forse costei vorrà riportare una vittoria che avvantaggi la sua nemica, dandosi lei stessa per vinta?
Chi oserebbe ammettere una tale assurdità?
Noi pertanto mai diremo che quanti affermano che in certi casi è lecita la menzogna, sono veridici in questa loro affermazione.
Ciò infatti equivarrebbe a dire che la verità ci insegna ad essere mentitori: conclusione la più assurda e insipiente che si possa pensare.
In effetti nessuno mai imparerà dalla castità a commettere adulteri; nessuno imparerà dalla pietà ad ingiuriare Dio; e nessuno dalla bontà imparerà a danneggiare il prossimo.
Sarà quindi mai possibile che dalla verità impariamo a mentire?
Se tale non è l'insegnamento della verità, non è cosa vera; se non è cosa vera, non la si deve imparare; se non la si deve imparare, la conclusione è che mai si deve mentire.
Qualcuno dice: Il cibo solido è per i perfetti. ( Eb 5,14 )
E in realtà molte cose vengono attenuate per condiscendenza avuto riguardo alla fragilità umana, sebbene non siano per nulla accette all'assoluta trasparenza della verità.
Dica pure cose come queste colui che non teme quali brutte conseguenze possano derivare se in qualche caso si permetterà la menzogna di qualsiasi specie essa sia.
Questa concessione poi non la si deve in alcun modo accordare alla menzogna che arrivi fino allo spergiuro e alla bestemmia; né si può nel modo più assoluto presentare una qualche ragione che consenta di spergiurare o, cosa ancor più detestabile, di bestemmiare contro Dio.
Non è vero infatti che non si bestemmi, perché si bestemmia mentendo.
Allo stesso modo, praticamente, si dovrebbe dire che non si commette spergiuro allorché mentendo si giura il falso.
Ma chi potrebbe spergiurare usando della verità?
Ugualmente nessuno può bestemmiare mosso dalla verità.
È vero tuttavia che il giurare il falso è colpa più leggera in colui che non sa nulla della falsità della cosa, anzi crede che sia vera la cosa su cui giura.
In questo senso fu più scusabile la bestemmia che Saulo diceva quand'era nell'ignoranza. ( 1 Tm 1,13 )
La bestemmia poi è peccato più grave dello spergiuro, poiché nello spergiuro si prende Dio a testimone d'una cosa falsa, nella bestemmia invece si attribuiscono a Dio dei nomi falsi.
Ogni spergiuro e ogni blasfemo è tanto più inescusabile quanto più si rende conto o sospetta che siano false le cose che afferma spergiurando o bestemmiando.
E ora torniamo a quel tale che sostiene essere doverosa la menzogna, quando ne va di mezzo la salute o la vita d'un uomo a rischio.
Chiunque ammettesse questo si allontanerebbe completamente dal sentiero della salute eterna e della vita, se dicesse, inoltre, che in tale frangente è lecito anche giurare nel nome di Dio e dire bestemmie contro Dio.
Capita a volte che l'obiezione a noi presentata venga tratta dal pericolo della stessa salvezza eterna, e ci si gridi che quando tale pericolo non può essere eliminato in altra maniera, si deve farlo con la menzogna.
Esempio: un tale, che dovrebbe ricevere il battesimo, si trova in potere di empi e infedeli, e ad amministrargli il lavacro della rigenerazione non si può giungere senza ingannare i custodi con la menzogna.
È un grido molto insidioso che vorrebbe costringerci a mentire, non per accumulare sostanze o conseguire cariche onorifiche in questo mondo che passa e nemmeno per salvare la vita temporale di qualcuno, ma proprio per ottenere la salvezza eterna di un uomo.
Di fronte a questo gridare, a chi ricorrerò se non a te, o Verità?
E tu mi rispondi ancora con un richiamo alla castità.
In effetti, supponendo che noi con la fornicazione potessimo adescare tali guardiani perché ci concedano di battezzare quell'uomo, noi tuttavia non lo faremmo perché è cosa contraria alla castità.
E faremo quanto è contrario alla verità, potendoli ingannare con la menzogna?
Eppure non c'è dubbio che nessuno può amare santamente la castità se non ce lo ordinasse la verità.
Si ingannino quindi con la menzogna quei guardiani per giungere a battezzare quell'uomo, se ciò ordina la verità.
Ma com'è possibile che la verità ci comandi di mentire per amministrare il battesimo a un uomo, se la castità per lo stesso motivo del battesimo non ci consente di fornicare?
E perché la castità non ci ordina di fare così, se non perché così non insegna la verità?
Noi dunque non potremo far nulla all'infuori di quanto insegna la verità.
Ora, se la verità ci insegna che nemmeno per battezzare una persona si può fare quanto si oppone alla castità, come potrà insegnarci, per lo stesso motivo del battezzare quella persona, a fare quanto si oppone alla verità in se stessa?
Ricordiamo tuttavia quanto succede agli occhi: essi non sono così resistenti da fissare il sole, ma fissano volentieri gli oggetti illuminati dal sole.
Ci sono cioè anime in grado di godere della bellezza della castità ma non ugualmente capaci di valutare debitamente la verità, dalla quale la castità riceve luce.
Ne segue che, se si presenta il caso di compiere un qualche atto contrario alla verità, essi non lo evitano né lo detestano come eviterebbero e detesterebbero una cosa contraria alla castità che fosse loro proposta.
Quanto però al figlio [ sapiente ] che accettando la parola [ di Dio ] vuol tenersi molto lontano dalla perdizione e non si permette che dalla sua bocca esca alcuna falsità, ( Pr 29,27 ) egli ritiene cosa vietata battezzare un uomo ricorrendo alla menzogna allo stesso modo che così lo riterrebbe se costretto a farlo commettendo un adulterio.
E il Padre celeste esaudisce chi lo prega per poter andare incontro ai bisogni di quell'uomo senza ricorrere alla menzogna: sempre che lo stesso Padre, i cui propositi sono imperscrutabili, disponga che si vada in suo aiuto.
Un tal figlio dunque si astiene dal mentire come si astiene da ogni peccato.
Non per nulla infatti nella Scrittura a volte col nome di menzogna si indica il peccato in genere, come quando si dice: Ogni uomo è mentitore, ( Sal 116,11 ) espressione che equivale a: "Ogni uomo è peccatore".
E così l'altro testo: Se con la mia menzogna ho abbandonato la verità di Dio. ( Rm 3,7 )
Pertanto, se uno per il fatto d'essere uomo mente, per questa stessa sua umanità pecca, e soggiace a quella sentenza che suona: Ogni uomo è mentitore, e ancora: Se diciamo d'essere senza peccato inganniamo noi stessi e non è in noi la verità. ( 1 Gv 1,8 )
Nell'ipotesi invece che nulla di falso esca dalla sua bocca, egli sarà conformato a quella grazia di cui è stato detto: Chi è nato da Dio non pecca. ( 1 Gv 3,9 )
Se infatti fosse in noi quest'unica nascita, nessuno peccherebbe; e quando essa sarà la sola, nessuno peccherà più.
Ma ora ci portiamo appresso il prezzo della corruttibilità in cui siamo nati, anche se, in quanto siamo rinati, con la vita buona veniamo rinnovati interiormente ogni giorno. ( 2 Cor 4,16 )
Solo quando questo nostro essere corruttibile si vestirà dell'incorruttibilità, la vita lo assorbirà tutto e non resterà più alcun pungiglione di morte.
Pungiglione di morte è il peccato. ( 1 Cor 15,53-56 )
Quanto alla menzogna dunque, o la si evita comportandoci rettamente, o la si confessa e ci si pente.
Né deve succedere che la si faccia proliferare rendendo miserabile la nostra vita e, tanto meno, che la si moltiplichi insegnandola ad altri.
Se qualcuno ritiene lecito mentire quando si tratta di soccorrere il prossimo in pericolo per la salute tanto fisica che spirituale, scelga pure qualsiasi tipo di menzogna; ma che almeno anche costoro ci concedano che per nessun motivo si può giungere fino allo spergiuro e alla bestemmia, delitti che riteniamo più gravi o certo non più leggeri della violenza carnale.
Bisogna infatti tener presente che spessissimo gli uomini esigono il giuramento dalle loro mogli, che sospettano cadute nell'adulterio: una cosa che non farebbero di sicuro se non fossero persuasi che chi non ha temuto di commettere l'adulterio potrebbe invece aver paura di cadere nello spergiuro.
In effetti, ci sono state delle donne disoneste che non esitarono ad ingannare i loro mariti concedendosi relazioni illecite, ma di fronte agli stessi mariti gabbati ebbero timore di prendere Dio a testimone della falsità.
Ci sarà dunque motivo per cui un uomo casto e religioso ricuserà di commettere l'adulterio, ritenuto necessario per battezzare una persona, mentre vorrà ricorrere allo spergiuro, cosa di cui gli stessi adulteri hanno paura?
E se è delitto fare una cosa per cui si debba ricorrere allo spergiuro, non lo sarà di più se si dovesse giungere alla bestemmia?
Non sia mai dunque che un cristiano rinneghi Cristo e lo bestemmi per poter fare cristiana una qualche persona.
Non sia mai che qualcuno, per ritrovare chi è perduto, vada in perdizione lui stesso.
Che se poi desse a lui insegnamenti come questi, manderà in perdizione anche colui che ha trovato.
Pertanto, è tuo dovere confutare e distruggere il libro intitolato Libra, ben sapendo che come primo passo bisogna tagliare quella testa in forza della quale gli eretici sentenziano che si deve mentire quando occorre per nascondere la propria religione.
Quanto poi a quei testi dei libri santi che essi tentano di sfruttare a sostegno della menzogna, tu devi dimostrare che alcuni non sono menzogne, mentre di altri, che lo fossero, devi dire che non li si deve imitare.
E se, finalmente, l'umana fragilità giungesse ad avanzare la pretesa che le siano permesse cose che la verità disapprova, tu ad ogni modo devi ritenere e difendere con incrollabile fortezza che quando si tratta di materia religiosa mai e in nessun modo è lecito ricorrere alla menzogna.
Riguardo poi agli eretici occulti, non li dobbiamo ricercare servendoci della menzogna per il fatto che essi sono mentitori, né per mezzo della bestemmia per il fatto che sono blasfemi, come non si possono indagare gli adulteri commettendo adultéri, né gli omicidi commettendo omicidi, né gli stregoni ricorrendo a malefizi.
Tutto questo, in conformità con gli argomenti che abbiamo esposti nel presente volume.
I quali sono stati tanti da render difficile arrivare alla fine dell'opera; ma noi, come programmato, finiamo qui.
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