Discorsi sul Nuovo Testamento |
1.1 - Contro i giudei si dimostra che Cristo è il Messia
2.2 - Gesù Cristo discendente e Signore di Davide
3.3 - Il mistero del Verbo incarnato
4.4 - Il diavolo è l'avversario calunniatore
5.5 - Dopo il quesito sul Messia, perché si tratta dei costumi
6.6 - In qual modo lo spirito diventa capace d'intendere i misteri
6.7 - Non sale al cielo se non chi è unito al Cristo
7.8 - Il Cristo e la Chiesa sono un sol uomo
7.9 - Arriviamo alla visione di Dio con la fede e le buone opere
Come abbiamo sentito poco fa dal Vangelo mentre veniva letto, i giudei non furono in grado di rispondere alla domanda come mai nostro Signore Gesù Cristo fosse figlio di Davide, mentre Davide stesso lo chiama suo Signore.
In effetti riguardo al Signore essi sapevano solo ciò che appariva ai loro occhi; in realtà ai loro occhi appariva solo il figlio dell'uomo, mentre rimaneva occulto il Figlio di Dio.
Con ciò si spiega il fatto ch'essi credevano ch'egli poteva essere vinto e lo schernirono quando, essendo inchiodato sulla croce, gli dissero: Se è Figlio di Dio, discenda dalla croce e noi gli crederemo. ( Mt 27,40 )
Vedevano in lui una natura ma non conoscevano l'altra.
Poiché se lo avessero conosciuto, non avrebbero mai crocifisso il re della gloria. ( 1 Cor 2,8 )
Sapevano tuttavia che il Cristo era figlio di Davide.
In realtà anche adesso sperano ch'egli venga.
Ignorano che sia già venuto ma lo ignorano di proposito.
Se infatti non lo riconobbero mentre era inchiodato alla croce, non per questo avrebbero dovuto misconoscerlo anche dopo che aveva stabilito il suo regno.
Orbene, nel nome di chi sono chiamati alla salvezza e ricevono la benedizione tutti i popoli, se non di colui ch'essi credono che non sia il Cristo?
Egli infatti, figlio di Davide, discendente proprio della stirpe di Davide secondo la carne, è il figlio di Abramo.
Ma se fu detto ad Abramo: Nel tuo discendente saranno benedetti tutti i popoli, ( Gen 22,18 ) e vedono che ormai nel nostro Cristo vengono benedette tutte le genti, perché aspettano ancora Colui ch'è venuto e non temono Colui che dovrà venire?
Nostro Signore Gesù Cristo in persona, per dimostrare la propria potenza, chiamò se stesso "pietra", citando il testo d'un Profeta.
Una pietra però di tal genere che, se uno cadrà su di essa, si sfracellerà e colui sul quale essa cadrà ne rimarrà schiacciato. ( Lc 20,17-18; Sal 118,22 )
Quando infatti si cade su di essa, giace in basso; rimanendo in basso sfracella chi vi cade sopra, venendo dall'alto stritola chi s'inorgoglisce.
I giudei dunque si sono già sfracellati per esservi caduti sopra; non resta altro che siano anche stritolati dalla sua venuta gloriosa, salvo che durante la loro vita lo riconoscano per evitare la morte eterna.
Dio infatti è paziente e ogni giorno l'invita alla fede.
I giudei dunque non furono in grado di rispondere al quesito posto loro dal Signore il quale chiedeva di chi asserivano fosse "figlio" il Cristo; essi avevano risposto ch'era figlio di Davide; ma il Signore proponendo il quesito soggiunse: Come si spiega allora che Davide stesso, ispirato dallo Spirito Santo, lo chiama suo Signore dicendo: Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra finché non porrò i tuoi nemici come sgabello sotto i tuoi piedi?
Se dunque Davide, guidato dallo Spirito Santo, lo chiama Signore - disse - in qual modo può essere suo figlio? ( Mt 22,42-45 )
Non disse: "Non è suo figlio", ma: In qual modo è suo figlio?
Quando dice: In qual modo, lo dice per domandare, non per negare; come se avesse detto loro così: "Va bene: voi dite che il Cristo è figlio di Davide, ma lo stesso Davide lo chiama suo Signore; se lo chiama suo Signore, in qual modo sarà suo figlio?".
Se i giudei fossero stati istruiti nella fede cristiana che noi riteniamo per vera; se non avessero chiuso i loro cuori contro il Vangelo, se avessero voluto avere in loro la vita spirituale, se fossero stati istruiti nella fede della Chiesa, avrebbero risposto a questo quesito dicendo: "In principio era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio. ( Gv 1,1 )
Ecco come il Cristo è il Signore di Davide.
Ma poiché il Verbo è divenuto carne ed è dimorato in mezzo a noi, ( Gv 1,14 ) ecco in che modo è figlio di Davide".
Ma poiché non lo sapevano, ammutolirono; rimasti con la bocca chiusa, non aprirono neppure le orecchie per essere istruiti e sapere ciò che non erano stati in grado di rispondere quando erano stati interrogati.
È dunque importante conoscere questo mistero: come mai cioè il Cristo è il Signore di Davide e figlio di questo; come egli sia uomo e Dio in un'unica persona; come sia minore del Padre a causa della natura umana e uguale al Padre in virtù della sua natura divina; come nello stesso tempo per un verso dice: Il Padre è più grande di me, ( Gv 14,28 ) ma per un altro dice: Io e il Padre siamo una cosa sola, ( Gv 10,30 ) poiché è un grande mistero e per comprenderlo dobbiamo regolare i nostri costumi.
Rimane infatti oscuro per gl'indegni mentre risulta chiaro a quelli che ne diventano degni.
Non con le pietre o con le stanghe, non con i pugni o con i calci bussiamo alla porta del Signore.
È la vita che deve bussare, è alla vita che si apre la porta.
Si chiede, si cerca, si bussa col cuore; è al cuore che si apre.
Ma se il nostro cuore vuol chiedere, bussare e cercare nella giusta maniera, dev'essere animato da spirito religioso.
Anzitutto amare Dio disinteressatamente, poiché questa è la religiosità, e non proporsi all'infuori di lui alcuna altra ricompensa, che si possa aspettare da lui.
Niente infatti vale più di lui.
E qual bene di gran pregio potrà chiedere a Dio colui per il quale Dio stesso ha poco valore?
Ti dà la terra e tu, che ami la terra e sei diventato terra, ti rallegri.
Se ti rallegri quando ti dà la terra, quanto più dovresti rallegrarti quando ti dà se stesso, lui che ha fatto il cielo e la terra?
Dio dunque si deve amare disinteressatamente.
Il diavolo infatti lanciò contro il fedele servo di Dio, Giobbe, del quale ignorava gl'intimi sentimenti, quella grave accusa dicendo: Forse che Giobbe onora Dio per nulla? ( Gb 1,9 )
Se dunque l'avversario lanciò quest'accusa, dobbiamo temere che la faccia anche a noi.
Noi infatti abbiamo a che fare con un gran calunniatore.
Se cerca d'inventare colpe inesistenti, quanto più cercherà di accusarci di colpe reali!
Dobbiamo tuttavia rallegrarci d'avere un giudice che non può essere ingannato dal nostro accusatore.
Se infatti avessimo come giudice un uomo, l'avversario gli potrebbe dare ad intendere tutte le menzogne che volesse.
Non c'è nessuno più astuto del diavolo a inventare bugie.
Anche adesso infatti è lui che inventa tutte le calunnie sul conto dei fedeli servi di Dio.
Egli sa che le sue calunnie non possono avere alcun potere davanti a Dio, ma le sparge tra gli uomini.
Questo però a che gli giova? L'Apostolo infatti dice: Il nostro vanto consiste nella testimonianza della nostra coscienza. ( 2 Cor 1,12 )
Ma voi tuttavia credete forse ch'egli inventi calunnie senza alcuna scaltrezza? No.
Egli sa bene il male che fa in questo modo, se non gli si opporrà la vigilanza della fede.
Egli infatti sparge calunnie anche sul conto dei buoni, affinché i deboli non credano che ci sono dei buoni e si lascino travolgere e lacerare nell'intimo dalle passioni, dicendo tra sé: "Ebbene, chi osserva i comandamenti di Dio, oppure chi osserva la castità?".
Pensando che nessuno è buono egli stesso diventa cattivo come crede lo siano tutti.
Ecco dunque che cosa fa il diavolo.
Giobbe però era una persona così retta che sul suo conto il diavolo non poteva inventare alcuna calunnia: la sua vita infatti era nota e assai specchiata.
Ma poiché aveva molte ricchezze, il diavolo lo accusò di una colpa che, anche ammesso ch'esistesse, sarebbe potuta essere nel cuore, ma non sarebbe potuta apparire nella condotta di Giobbe.
Egli rendeva l'onore dovuto a Dio, faceva elemosine, ma nessuno, neppure lo stesso diavolo, sapeva con qual sentimento le faceva, ma lo sapeva bene Dio.
Il Signore rende testimonianza al proprio servo: il diavolo invece calunnia il servo di Dio.
Al diavolo è permesso di tentare Giobbe; questi viene sottoposto alla prova, ma il diavolo viene ricoperto di confusione.
Si trova che Giobbe onora Dio e lo ama senza interesse, non perché gli ha dato qualcosa, ma perché non gli ha sottratto se stesso.
Poiché disse: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; è avvenuto come il Signore ha deciso; sia benedetto il nome del Signore. ( Gb 1,21 )
Gli fu addosso il fuoco della prova, ma lo trovò oro e non paglia; portò via le sozzure, non lo mutò in cenere.
Per capire dunque il mistero di Dio, come cioè il Cristo è non solo uomo, ma anche Dio, bisogna cambiare il cuore, mutarlo però nei costumi, nella vita, vivendo cioè nella castità, nella santità, nella carità e nella fede che opera mediante la carità; ( Gal 5,6 ) tutto ciò di cui parlo è come un albero, che ha la sua radice nel cuore, poiché le azioni provengono solo dalla radice del cuore; se vi pianterai la cupidigia spunteranno le spine, se invece vi pianterai la carità, ne verranno fuori i frutti.
Per il motivo suddetto il Signore, dopo aver posto quel quesito ai giudei, che non furono in grado di rispondere, fece seguire immediatamente il discorso sui costumi, per dimostrare perché erano indegni di capire la domanda rivolta loro.
Orbene, quei miserabili superbi, non essendo stati in grado di rispondere, avrebbero dovuto senz'altro dire: "Noi non lo sappiamo, o Maestro, diccelo tu".
Essi invece rimasero muti riguardo alla questione loro posta e non aprirono bocca per chiedergli la soluzione.
E subito il Signore parlando della loro superbia: Guardatevi - disse - dagli scribi, i quali vogliono avere i posti d'onore nelle sinagoghe e desiderano i primi posti nei banchetti. ( Mt 23,6; Mc 12,38 )
Non perché li ricevano, ma perché li bramano.
In questo passo infatti Gesù accusa le disposizioni del loro cuore.
Ora, non potrebbe accusarle se non Colui che scruta il cuore.
È necessario infatti che a un servo di Dio che ha una carica nella Chiesa sia concesso il primo posto, poiché qualora non gli venisse concesso, sarebbe un male per chi non glielo concedesse; ma non è un vantaggio per colui al quale è concesso.
Bisogna perciò che nell'assemblea dei cristiani coloro che sono a capo del popolo di Dio abbiano un seggio più elevato perché si distinguano mediante la stessa cattedra episcopale che dev'essere segno di distinzione per essi e dimostri sufficientemente il loro ufficio; essi tuttavia non devono inorgoglirsi della cattedra, ma devono pensare al fardello della carica di cui dovranno rendere conto.
Ma chi sa se amano ciò o non lo amano? Questo è un sentimento del cuore e non può avere a giudice se non Dio.
Ma il Signore stesso ammoniva i propri discepoli di non farsi corrompere da tale lievito, come dice in un altro passo: Tenetevi lontani dal lievito dei farisei e dei sadducei. ( Mt 16,16; Mc 8,15 )
E poiché essi pensavano ch'egli dicesse così perché non avevano portato con loro il pane, rispose loro: Non vi ricordate quante migliaia di persone si saziarono con cinque pani?
Allora - dice la Scrittura - capirono che chiamava lievito l'insegnamento di quegli individui. ( Mt 16,9.12 )
Quelli infatti amavano i beni temporali; al contrario non temevano i mali eterni e non amavano i beni eterni.
Avendo il cuore chiuso non potevano capire la domanda rivolta loro dal Signore.
Ora, che cosa dovrà fare la Chiesa di Dio per poter capire ciò che per prima ha meritato di credere?
Dovrà rendere l'animo capace di ricevere il premio che sarà concesso.
Perché ciò si avveri, cioè perché l'animo sia capace, Dio nostro Signore non ha sottratto, ma ha sospeso soltanto l'esecuzione delle promesse.
Le tiene sospese affinché noi ci protendiamo verso di esse; noi ci protendiamo verso di esse al fine di crescere e cresciamo per raggiungerle.
Osserva come si protendeva verso le promesse sospese l'Apostolo: Io non sono ancora arrivato alla mèta e non sono ancora perfetto.
Fratelli, io non penso d'aver già conquistato il premio: dimentico di ciò che sta alle mie spalle mi slancio verso ciò che mi sta davanti; continuo la corsa verso il traguardo per ricevere il premio celeste al quale Dio mi chiama per mezzo di Cristo Gesù. ( Fil 3,12-14 )
Egli correva sulla terra, la ricompensa celeste pendeva dal cielo.
Correva dunque sulla terra ma con lo spirito saliva in alto.
Osservalo dunque proteso, nell'ansia e nell'attesa del premio sospeso.
Continuo - dice - la corsa verso il premio del cielo, al quale mi chiama Dio per mezzo di Gesù Cristo.
Bisogna dunque camminare; ma non c'è bisogno di frizionare i piedi né di andare in cerca di bestie da soma o da tiro oppure di procurarsi una nave.
Devi correre col sentimento, camminare con l'amore, salire con la carità.
Perché vai in cerca della via? Sta' unito a Cristo ch'è diventato egli stesso via con la sua discesa dal cielo e la sua ascensione.
Vuoi salire? Tienti attaccato a lui che sale al cielo.
Tu infatti non potresti innalzarti da te stesso.
Poiché nessuno è mai asceso al cielo tranne Colui ch'è disceso dal cielo, cioè il Figlio dell'uomo che sta in cielo. ( Gv 3,13 )
Se nessuno è salito in cielo tranne Colui ch'è sceso dal cielo, e questo è il Figlio dell'uomo, Gesù nostro Signore, vuoi salirvi anche tu?
Cerca d'essere un membro di lui ch'è stato il solo a salirvi.
Poiché egli, quale capo con tutte le altre membra, è un unico uomo.
Dal momento dunque che nessuno può salire in cielo tranne chi sarà diventato membro dello stesso Cristo nel suo corpo, si avvera l'affermazione: Nessuno è mai asceso al cielo, tranne Colui che n'è disceso.
Non potresti infatti dire: "Perché allora vi è asceso, per esempio, Pietro, perché vi è asceso Paolo, perché vi sono ascesi gli Apostoli, se non v'è salito mai nessuno tranne Colui che n'è disceso?".
Ti si risponde: Pietro, Paolo, tutti gli altri Apostoli e tutti i fedeli, che cosa sentono dire dall'Apostolo?
Ma voi siete il corpo di Cristo e ciascuno di voi in particolare siete sue membra. ( 1 Cor 12,27 )
Se dunque il corpo di Cristo e le sue membra formano una sola persona, bada di non farne due.
Egli infatti lasciò il padre e la madre e si unì alla sposa perché i due formassero una sola carne. ( Ef 5,31; Gen 2,24 )
Lasciò il Padre perché quaggiù non si mostrò uguale al Padre, ma spogliò se stesso prendendo la natura di servo. ( Fil 2,7 )
Lasciò anche la Sinagoga, sua madre, dalla quale nacque nella carne.
Si unì alla propria sposa, cioè alla sua Chiesa.
Ricordando anch'egli quel testo sacro, dimostrò che non è lecito che i coniugi si separino.
Non avete letto - disse - che Dio fin dal principio li fece maschio e femmina?
E saranno - dice la Scrittura - due in una sola carne.
L'uomo dunque non deve separare ciò che Dio ha unito. ( Mt 19,4-6 )
E che significa: saranno due in una sola carne?
Continuando il discorso, disse: Non sono quindi più due ma una sola carne. ( Mt 19,6 )
Nessuno è mai asceso al cielo tranne Colui che n'è disceso. ( Gv 3,13 )
Sappiate dunque che secondo la natura umana del Cristo e non secondo la divinità lo sposo e la sposa formano un sol uomo; poiché secondo la divinità noi non possiamo essere quello ch'è lui, giacché egli è il Creatore, noi invece le creature, egli è l'artefice, noi l'opera fatta da lui, egli il plasmatore, noi quelli plasmati, ma perché fossimo una sola cosa insieme con lui volle essere nostro capo col prendere da noi la carne per mezzo della quale potesse morire per noi; perché dunque voi sappiate che l'unico Cristo è tutto ciò, per bocca d'Isaia disse: Come uno sposo mi ha cinto con il diadema e come una sposa mi ha fatto indossare gli ornamenti. ( Is 61,10 )
Egli è lo sposo e nello stesso tempo la sposa.
Egli è proprio lo sposo in quanto capo e sposa in quanto corpo.
Saranno - è detto - due in una sola carne, e non più due ma una carne sola. ( Mt 19,5; Gen 2,24 )
Poiché dunque, fratelli, noi tutti siamo membra del Cristo, al fine di comprendere - come ho detto - questo mistero, cerchiamo di vivere con lo spirito di fede e d'amare Dio disinteressatamente.
Ora, egli stesso a coloro che sono ancora lontani dalla patria celeste mostra la natura di servo, ma per coloro che vi arrivano riserva la sua natura divina.
Con la sua natura di servo ci ha aperta la strada, con la sua natura divina ci ha procurata la patria.
Poiché dunque è difficile per noi capire questo mistero, ma non è difficile crederlo ( Se infatti non crederete - dice Isaia - non capirete ( Is 7,9b sec. LXX ) ), finché siamo lontani dal Signore, camminiamo per mezzo della fede finché non arriveremo alla visione quando vedremo Dio faccia a faccia. ( 2 Cor 5,6-7; 1 Cor 13,12 )
Camminando per mezzo della fede, cerchiamo di compiere il bene.
Mediante le opere buone sia gratuito l'amore verso Dio, sia benefico l'amore verso il prossimo.
Noi infatti non abbiamo nulla da dare a Dio, ma poiché abbiamo di che dare al prossimo, dando a chi ha bisogno meriteremo di possedere Colui che possiede ogni bene.
Ciascuno quindi dia ad altri ciò che ha, dia generosamente al povero il superfluo dei suoi averi.
Uno ha beni di fortuna? Ebbene, dia da mangiare ai poveri, da vestire agli ignudi, edifichi la chiesa, con il denaro compia tutte le opere buone che può fare.
Se un altro ha il dono del consiglio, sia guida del prossimo, cerchi di dissolvere con la luce del suo spirito di fede le tenebre del dubbio.
Se un altro ha il dono della scienza, prelevi dalla dispensa del Signore e somministri l'alimento ai propri conservi, rianimi i fedeli, richiami gli erranti, vada in cerca degli sperduti, faccia tutto ciò che gli è possibile.
Perfino i poveri hanno la possibilità di dar qualcosa l'uno all'altro; uno presti i propri piedi allo zoppo, un altro offra al cieco i propri occhi per guidarlo; un altro visiti chi è infermo, un altro dia sepoltura a chi è morto.
Tutti possono rendere tali servizi, sicché è del tutto difficile trovare uno che non abbia qualcosa da dare a un altro.
C'è infine da osservare il grande precetto insegnato dall'Apostolo: Aiutatevi a portare i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo. ( Gal 6,2 )
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