Discorsi sul Nuovo Testamento

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Dal Vangelo di Giovanni

Gv 20,26-28. Passo in cui Tommaso toccò le cicatrici del Signore

Tenuto la Domenica dell'ottava di Pasqua

1 - L'apostolo Tommaso tocca la carne di Cristo, proclama la divinità

Avete ascoltato come ricevano maggior lode dal Signore coloro che non vedono e credono, di quelli che vedono e credono, ed ebbero anche la possibilità di toccare.

L'apostolo Tommaso era infatti assente quando il Signore si era mostrato ai suoi discepoli; e, sentendo dire da loro che Cristo era risorto, disse: Se non avrò messo la mia mano nel suo costato, non crederò. ( Gv 20,26 )

Che si potrebbe dire allora se il Signore fosse risorto senza le cicatrici?

Non poteva infatti risuscitare la propria carne in modo che non vi restasse alcuna traccia di ferite?

Lo poteva: ma se non avesse conservato le cicatrici nel proprio corpo, non avrebbe risanato le ferite nel nostro cuore.

Venne toccato, e fu riconosciuto.

Era poco vedere con i suoi occhi [ per Tommaso ], voleva credere con le sue dita.

Vieni - disse - metti qui le tue dita; non ha tolto ogni traccia, ha conservato di che tu possa credere: e guarda il mio costato, e non essere incredulo, ma credente.

Ma appena quello si rese conto dell'evidenza di ciò che gli era rimasto dubbio, esclamò: Signore mio, e Dio mio. ( Gv 20,28 )

Toccava la carne, proclamava la divinità. Che toccò?

Il corpo di Cristo? il corpo di Cristo era forse la divinità di Cristo?

La divinità di Cristo era il Verbo; l'umanità di Cristo era l'anima e la carne.

Quello non poteva infatti toccare l'anima ma poteva capire che il corpo che era stato esanime si muoveva vivo.

Quel Verbo, invece, né si muta, né si tocca, né diminuisce, né si accresce; perché in principio era li Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.

Questo proclamò Tommaso: toccava la carne, invocava il Verbo, perché il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. ( Gv 1,14 )

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