Discorsi sul Nuovo Testamento |
1 - Il passo di Giovanni come va collegato con le parole di Luca
2 - A chi è portato dal timore si cela la bontà di Dio che si rivela a coloro che hanno speranza
3 - Il timore sotto la Legge, la speranza sotto la grazia
4 - La carità non è da noi, ma da Dio
5 - La presunzione dell'uomo è stata annullata per mezzo della Legge, la condizione di servitù per mezzo della grazia
6 - I discepoli sotto la Legge non sono ancora liberi da desideri. Un nulla chiedono se si attendono beni temporali
Durante la lettura del Vangelo abbiamo ascoltato qualcosa che in qualche modo debba veramente determinare ogni anima a farsi zelante nel cercare di ottenere, non a venir meno.
Infatti chi non riceve incitamento, neppure si cambia.
Ma c'è un muoversi che comporta pericolo; di esso è stato scritto: Non permettere passi falsi ai miei piedi. ( Sal 64,9 )
Ma ben altra è la motivazione di chi domanda, di chi bussa, di chi chiede.
Tutti, quindi, abbiamo ascoltato ciò che è stato letto: ritengo però che non tutti abbiamo capito.
Richiama alla memoria quello che insieme a me dovete domandare, che, insieme a me, dovete chiedere, per cui insieme a me dovete bussare per ottenerlo.
Intervenga infatti, come speriamo, la grazia del Signore, perché anch'io meriti di ricevere mentre sono intento a provvedere a voi.
Che significa ciò che ora abbiamo ascoltato detto dal Signore ai suoi discepoli: Finora non avete chiesto nulla nel mio nome? ( Gv 16,24 )
Non si rivolga a quei discepoli che aveva inviato con il potere da lui conferito di predicare il Vangelo e di compiere miracoli, e se ne ritornarono pieni di gioia e gli dissero: Signore, anche i dèmoni si sottomettono a noi nel mio nome? ( Lc 10,17 )
Voi riconoscete, voi ricordate quanto ho ripresentato dal Vangelo verace in ogni passo e in ogni affermazione, in nessun caso falso, in nessun caso fallace.
Come può essere vero allora sia: Finora non avete chiesto nulla nel mio nome, e sia: Signore, anche i dèmoni si sottomettono a noi nel tuo nome?
Sollecita certo lo spirito alla conoscenza del misterioso significato di tale questione.
Perciò, chiediamo, domandiamo, bussiamo.
Solleciti questo, in noi, una pietà piena di fede, non l'irrequietezza della carne, ma la sottomissione della mente, così che ci apra colui che ci vede intenti a bussare.
Perciò, state pronti, cioè, sospinti dal vivo desiderio, a ricevere quello che Dio concede da somministrarvi; senza dubbio gusterete con il palato sano del cuore quello che avrò detto, che vi si presenta dalla dispensa divina.
Il Signore Gesù sapeva di che potesse essere appagata l'anima dell'uomo, vale a dire l'anima razionale, fatta ad immagine di Dio, come di lui stesso essa si sazi.
Conosceva questo, e sapeva che quella era ancora priva di tale pienezza.
Conosceva di essere attingibile, conosceva di essere inafferrabile.
Sapeva che cosa in lui si manifestasse, che cosa fosse imperscrutabile.
Gli era noto: Quanto è grande - dice il Salmo - la profusione della tua bontà, o Signore; tu l'hai nascosta a quanti sono portati dal timore, ma ne hai ricolmato coloro che si rifugiano in te. ( Sal 31,20 )
A quanti sono portati dal timore hai nascosto la tua bontà che è grande e si effonde largamente.
Se a questi timorosi ti nascondi, a chi apri?
Hai ricolmato coloro che si rifugiano in te.
La questione nel suo affacciarsi presenta due applicazioni diverse, ma l'una delle due ha soluzione dall'altra.
La seconda se alcuno vuol saperlo; che significa questo: L'hai nascosta a quanti sono portati dal timore, ma ne hai ricolmato coloro che si rifugiano in te?
Alcuni temono, altri sperano? I timorati di Dio non sono quelli stessi che sperano in lui?
Chi è che spera in lui, chi non lo teme?
Chi è nel santo timore di Dio che, ad un tempo, non abbia speranza in lui?
Perciò sia risolta primamente questa applicazione.
Voglio dire qualcosa a proposito di chi spera e di chi teme.
La legge esige il timore, la speranza si deve alla grazia.
Ma che differenza c'è fra la legge e la grazia dal momento che è unico il datore e della legge e della grazia?
La legge incute timore in chi presume di se stesso, la grazia sostiene chi ripone la speranza in Dio.
La legge, ripeto, incute timore; non trascurare l'asserto perché è breve; soppesatelo, e risulta di grande importanza.
Fate attenzione a quello che ho detto, prendete ciò che vi presentiamo, riconoscete da chi lo assumiamo.
La legge incute timore in chi presume di se stesso, la grazia sostiene chi ripone la speranza in Dio.
Che dispone la legge? Molti precetti, e chi può enumerarli?
Ne ripresento un solo precetto, piccolo e discreto, quello che ha ricordato l'Apostolo, insignificante; vediamo chi ce la fa a sostenerlo.
Non desiderare. Come va, fratelli? Abbiamo ascoltato la legge; se non interviene la grazia, hai udito la tua condanna.
Perché mi ti fai vanto, chiunque sei in ascolto di questo e presumi di te, perché mi vanti la tua innocenza?
Come ti puoi lusingare di essa? Puoi dire: Non porto via la roba agli altri; lo sento, lo credo, fors'anche lo vedo pure, ma tu hai ascoltato: Non desiderare.
Non mi unisco alla moglie altrui: anche questo sento, lo credo, me ne accorgo. Ma tu hai ascoltato: Non desiderare.
Com'è che vai guardando in giro al di fuori di te e non ti osservi dentro?
Affonda il tuo sguardo e avvertirai un'altra legge nelle tue membra.
È dentro di te che devi scrutare; perché ti sfuggi? Scendi all'interno di te.
Scorgerai un'altra legge nelle tue membra che si oppone alla legge della tua mente e ti rende schiavo della legge del peccato che è nelle tue membra.
A ragione ti si nasconde la bontà di Dio.
Ti rende schiavo la legge posta nelle tue membra, inconciliabile con la legge della tua mente.
A quella bontà che ti è nascosta attingono i santi angeli: da schiavo non puoi assuefarti alla bontà e goderne.
Non conoscevi la concupiscenza se la legge non avesse detto: Non desiderare.
Hai ascoltato, sei stato preso dal timore; hai provato a reagire, non sei riuscito a prevalere.
Infatti, presa occasione dal comandamento, il peccato ha procurato la morte.
Sono parole dell'Apostolo, lo riconoscete di certo: Presa occasione dal comandamento, il peccato ha suscitato in me ogni sorta di desideri. ( Gv 7,11 )
Di che menavi vanto in superbia? Ecco, l'avversario ti vince con le tue stesse armi.
Tu certamente desideravi un comandamento che consolidasse la tua posizione; ecco che nel comandamento il nemico ha trovato occasione per inserirsi.
Infatti, presa occasione del comandamento, il peccato - dice - mi ha tratto in inganno e, per mezzo di esso, mi ha ucciso.
Che vuol dire ciò che è detto: Il nemico ti vince con le tue stesse armi?
Ascolta il medesimo Apostolo che prosegue dicendo: Pertanto la legge è certamente santa e santo e giusto e buono il comandamento.
Rispondi ora ai riformatori della legge; rispondi con l'autorità dell'Apostolo: La legge è santa e il comandamento è santo, è giusto, è buono.
Allora ciò che è bene è diventato morte per me?
No davvero; ma il peccato, per rivelarsi peccato, mi ha dato la morte servendosi del bene. ( Rm 7,7-13.23 )
Da che questo, se non dal fatto che, ricevuto il comandamento, è subentrato in te il timore, ti sei chiuso all'amore.
Ti ha spaventato la sanzione, ti è mancato l'amore alla giustizia.
Chi teme il castigo non si aspetta altro, se possibile, che di fare a suo piacere e di essere libero da timori.
Dio proibisce l'adulterio; hai desiderato la moglie altrui, non l'avvicini, eviti l'adulterio; ne è data l'occasione, hai il tempo, il luogo, nessuno che sia testimone, tu nondimeno ti astieni; perché?
Perché temi il castigo. Ma nessuno verrà a saperlo.
Neppure Dio, forse? Proprio così, perché Dio sa che cosa hai intenzione di fare, tu non lo fai; davanti a Dio che appunto minaccia tremi, non hai amore per lui che ti dà i suoi precetti.
Perché non commetti adulterio? Perché se lo avrai fatto sarai condannato all'inferno.
Tu temi il fuoco. O se amassi la castità, non lo faresti, benché dovessi restare comunque impunito.
Se Dio ti dicesse: Ecco, fa' pure, non ti condannerò, non ti manderò all'inferno, però non vedrai mai il mio volto.
Se non lo facessi a motivo di tale minaccia, è per amore di Dio che non lo faresti, non per timore della condanna.
Ma lo faresti, nel caso faresti appunto così, non spetta a me giudicare infatti.
Interviene il soccorso della grazia, che fa i santi; se non lo fai, perché detesti la macchia dell'adulterio, perché ami chi comanda per ottenere chi promette, non perché temi chi condanna; è già frutto della grazia non farlo tuo, non attribuirlo alle tue forze.
Ti astieni con soddisfazione, bene; lo fai per amore, bene; approvo, consento.
La carità agisce in te quando operi di tua volontà.
Se speri nel Signore, già assapori la bontà.
Ma da che ti viene codesta carità? Ammesso che tu l'abbia!
Io temo infatti che tu eviti il peccato perché sei tuttora nel timore, e che tu ti veda superiore.
Ora, se è per amore che ti astieni, sei veramente grande.
Hai la carità? La possiedo, rispondi tu. Da che cosa ti viene? Da me stesso.
Se l'hai da te stesso sei lontano dal gustare la bontà.
Amerai te stesso, perché amerai la fonte dalla quale ti viene.
Ma io ti provo che non la possiedi.
In quanto ritieni infatti che da te stesso ti viene un bene così grande, per questo non credo che la possiedi.
È certo che se tu l'avessi, sapresti da chi ti debba venire.
Ti deriva da te la carità, come un qualcosa di breve durata?
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, saresti come un cembalo che tintinna e un bronzo che risuona.
Se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la scienza, la pienezza della profezia e la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, tutte queste qualità non ti potrebbero giovare.
Se distribuissi tutti i tuoi averi ai poveri e dessi il tuo corpo ad essere bruciato, ma non avessi la carità, saresti un nulla. ( 1 Cor 13,1-3 )
Quanto è grande il valore di questa carità se, nel caso sia venuta meno, a nulla giovano tutte le cose?
Paragonala non alla tua fede, non alla tua scienza, non alla tua lingua; paragona la carità ai termini di confronto minori, all'occhio del tuo corpo, alla mano, al piede, al ventre, ad un qualche infimo membro; forse che ad un certo punto queste minime cose sono paragonabili alla carità?
Ebbene, ricevi da Dio l'occhio e il naso, ma la carità sei tu a dartela?
Se ti sei dato la carità che supera ogni cosa ti sei fatto di Dio un dappoco.
Che ti può dare di più Dio? Qualsiasi cosa ti avrà dato, vale di meno.
Supera tutto la carità che ti sei dato da te.
Ma se la possiedi, non te la sei data da te.
Che cos'hai infatti che tu non abbia ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )
Chi ha dato a me, chi ha dato a te? Dio.
Riconosci chi dona perché tu non avverta chi dà la condanna.
Per la fede, secondo le Scritture, Dio ci ha dato la carità, grande bene, la carità che supera tutte le cose.
Dio ti ha dato: perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori; forse da te?
No davvero: per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )
Tornate con me a quel tale schiavo, riferiamoci insieme al mio asserto.
La legge incute timore in chi presume di se stesso, la grazia sostiene chi ripone la speranza in Dio.
Osserva dunque quello schiavo.
Constata nelle sue membra un'altra legge che si oppone alla legge del peccato che è nelle membra di lui.
Ecco è vinto, ecco è trascinato, ecco è fatto prigioniero, ecco è assoggettato.
A che gli giova: Non desiderare? Ha ascoltato: Non desiderare, perché conoscesse il nemico, non perché lo vincesse.
Non conosceva infatti la concupiscenza, cioè il proprio nemico, se la legge non avesse detto: Non desiderare. ( Gv 7,7 )
Ora hai riconosciuto il nemico, lìberati, rivendica per te la libertà; si respinga la suggestione gradita, si soffochi il piacere illecito.
Armati, hai la legge; va' avanti, vinci, se puoi.
Com'è che già per un minimo di grazia di Dio ti compiaci della legge di Dio secondo l'uomo interiore?
Ma avverti nelle tue membra un'altra legge che si oppone alla legge della tua mente; ( Gv 7,23 ) non è che si opponga e risulti impotente, ma ti rende schiavo della legge del peccato.
Ecco perché a te, fondato nel timore, si nasconde quel confluire di soavi attrattive; a chi teme si nasconde, in chi ha speranza come si avvera pienamente?
Oppresso dal nemico, tu grida; perché puoi contare su chi ribatte contro, hai anche chi ti assiste e ti osserva mentre reagisci agli attacchi e, fiaccato, ti sostiene, purché egli trovi chi è animato dalla speranza; infatti detesta chi è portato dalla superbia.
In servitù, che gridi allora? Sono uno sventurato.
Già per aver gridato qualcosa vi si mostra.
Questo sia il vostro grido, quando durante la fatica in servitù, dite, dite nel profondo del cuore, dite con retta fede: Sono uno sventurato.
Io sventurato, sventurato per essere io.
Sono uno sventurato, e per essere uomo, e per essere io.
Si turba invano infatti. Sebbene l'uomo sia appunto come ombra che passa. ( Sal 39,7 )
Sono uno sventurato; chi mi libererà da questo corpo di morte? ( Gv 7,22 )
Tu, forse? Dove sono le tue forze, dov'è la tua presunzione?
È certo che gridi e ti astieni [ dal male ]; ti astieni, ma ti astieni dall'esaltare te, non dall'invocare da Dio.
Astieniti e grida. Perché anche Dio stesso si astiene e grida; si astiene, in quanto giudice, dal giudizio, non si astiene, in quanto datore della legge; anche tu così: astieniti dall'orgoglio, non dalla supplica, perché Dio non ti dica: Ho taciuto, tacerò forse sempre? ( Is 42,14 )
Perciò grida forte: Sono uno sventurato.
Riconosciti vinto, mortifica le tue forze e di': Sono uno sventurato.
Chi mi libererà da questo corpo di morte? Che cosa aveva esposto?
La legge incute timore in chi presume di se stesso.
Ecco l'uomo che presumeva di sé, ha provato a lottare, non è riuscito a vincere; è stato vinto, è stato atterrato, è stato soggiogato, è stato reso schiavo.
Ha imparato ad attenersi a Dio e chi dalla legge attinse timore e si credeva sicuro delle proprie forze, si recupera all'aiuto della grazia collocando la sua speranza in Dio.
Lo dice con ferma convinzione: Chi mi libererà da questo corpo di morte?
La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro. ( Rm 7,22-25 )
Senti ormai la soave attrattiva: gustala, ti sia saporosa; ascolta il Salmo: Gustate e vedete come è buono il Signore. ( Sal 34,9 )
Ti è divenuto dolcezza perché ti ha liberato.
Quando eri sicuro di te sei stato amaro a te stesso.
Bevi la dolcezza, ricevi il pegno di una smisurata riserva.
Così i discepoli del Signore nostro Gesù Cristo avevano ancora bisogno, sotto la legge, di essere purificati, di essere nutriti, di essere corretti, di essere guidati.
Avevano ancora desideri infatti, quantunque la legge dica: Non desiderare. ( Es 20,17 )
Sia detto con licenza loro, dei santi arieti, guide del gregge; sia detto con licenza loro, perché dico la verità; parla il Vangelo.
Mettevano in discussione chi di loro fosse il maggiore; ( Lc 22,24 ) e, quando ancora il Signore dimorava sulla terra, si agitavano disputandosi il primo posto.
Da che questo, se non dal vecchio lievito?
Da che questo, se non dalla legge che è nelle membra e che si oppone alla legge della mente?
Aspiravano al primo posto. In realtà avevano ambizione; pensavano chi fosse il più grande; per quanto il loro desiderio di dominio è smontato dall'esempio del bambino.
Gesù chiama a sé chi ha un'età senza importanza per reprimere una boriosa ambizione. ( Mc 9,33-36 )
A ragione perciò, anche quando furono di ritorno e dissero: Signore, ecco i dèmoni si sottomettono a noi nel tuo nome.
( Si rallegravano di un nulla: per quanto fosse, che era in paragone a quello che Dio prometteva? )
Allora il Signore, il Maestro buono, quietando il timore, assicurando una base alla fermezza morale, replicò loro: Non rallegratevi del fatto che i dèmoni vi sono soggetti. ( Lc 10,17 )
Perché questo? Perché molti verranno nel mio nome e diranno: Ecco, abbiamo cacciato dèmoni nel tuo nome; e io dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti. ( Mt 7,22-23 )
Non rallegratevi di questo, ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. ( Lc 10,20 )
Non potete ancora trovarvi là, e tuttavia già vi siete scritti.
Rallegratevi, dunque. E quel detto: Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. ( Gv 16,24 )
Ciò che avete chiesto è infatti un nulla a paragone di ciò che voglio dare.
Che avete chiesto appunto nel mio nome? Che i dèmoni vi fossero sottomessi?
Non rallegratevi di questo, cioè: Ciò che avete chiesto è un nulla; infatti, se fosse qualcosa, vi comanderebbe di goderne.
Giacché non era un nulla assoluto, ma perché era insignificante a paragone di quella magnificenza di premi da parte di Dio.
L'apostolo Paolo infatti era certamente qualcosa, eppure, a paragone di Dio: Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa. ( 1 Cor 3,7 )
E diciamo a voi, e diciamo a noi, e a noi e voi diciamo, quanto chiediamo nel nome di Cristo di tali cose temporali.
Infatti avete chiesto di certo.
Giacché chi è che non chieda?
Uno, se malato, chiede la salute; un altro, se è stato posto in carcere, chiede la liberazione; un altro, sulla nave si sente sbattuto e domanda il porto; un altro domanda la vittoria se è in conflitto con l'avversario; ma domanda tutto in nome di Cristo e quello che domanda è una nullità.
Come bisogna pregare allora? Chiedete nel mio nome.
E non ha detto che cosa, ma dalle parole veniamo a conoscere che dobbiamo chiedere.
Chiedete e riceverete così che la vostra gioia sia piena. ( Gv 16,24 )
Chiedete e riceverete nel mio nome.
Ma che cosa? Non un nulla: che cosa invece?
Che la vostra gioia sia piena; cioè chiedete quello che vi possa appagare.
Poiché quando chiedete beni temporali, chiedete un nulla; chi beve di quest'acqua ha di nuovo sete. ( Gv 4,13 )
Fa scendere la brocca nel pozzo dell'avidità, tira su di che bere per aver sete di nuovo.
Chiedete perché la vostra gioia sia piena, cioè per essere saziati, non perché ne godiate temporaneamente.
Chiedete ciò che vi basti; ripetete l'espressione di Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. ( Gv 14,8 )
Vi risponde il Signore: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete?
Filippo, chi vede me vede anche il Padre. ( Gv 14,9 )
Pertanto rendete grazie a Cristo che si dà pensiero di voi deboli, e disponete il palato ad essere saziato della divinità di Cristo.
Rivolti al Signore …
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