Discorsi sul Nuovo Testamento |
1 - Che c'è da riflettere nelle esequie dei defunti
2 - La fede nella risurrezione, conforto nella morte dei propri cari. La morte è castigo del peccato
3 - Il conforto nel lutto dei morti
Quando celebriamo il giorno commemorativo dei fratelli defunti dobbiamo tener presente che cosa dobbiamo sperare e che cosa temere.
La speranza va considerata in questo senso: È preziosa davanti a Dio la morte dei suoi santi. ( Sal 116,15 )
Si deve temere, invece, in riferimento a: È pessima la morte del peccatore. ( Sal 34,22 )
Inoltre questo, per la speranza: Il giusto sarà sempre ricordato.
Ancora questo per il timore: Non temerà annunzio di sventura. ( Sal 112,7 )
Ci sarà infatti un ascolto di cui non si trova il peggiore quando si dirà a coloro che sono alla sinistra: Andate nel fuoco eterno. ( Mt 22,41 )
Il giusto non avrà timore di questo annunzio di sventura.
Si troverà infatti alla destra tra coloro ai quali si dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno. ( Mt 22,34 )
Ma in questa vita che si conduce ed è a uguale distanza dai più alti beni e dai più grandi mali, in mezzo ai beni e ai mali intermedi, cioè in nessuno dei due estremi - perché i più grandi beni quali che siano quelli che quaggiù abbia l'uomo, rapportati ai beni eterni, sono un nulla e i mali, quali che siano quelli di cui fa esperienza l'uomo in questa vita, non sono neppure da considerarsi, se raffrontati con il fuoco eterno -; dunque in questo stare al centro, nella vita, dobbiamo tener presente quello che abbiamo ora ascoltato dal Vangelo: Chi crede in me, anche se deve morire, vive.
E afferma la vita, e non nega la morte.
Chi crede in me, anche se deve morire, vive. ( Gv 11,25 )
Che vuol dire: Anche se deve morire, vive?
Sebbene debba morire nel corpo, vive nello spirito.
Poi aggiunge: E chi vive e crede in me, non morirà in eterno. ( Gv 11,26 )
Certamente anche se deve morire, in che modo, dal momento che non morirà?
Ma anche se deve morire temporaneamente, non morirà in eterno.
Tale questione è risolta così da non essere in contraddizione le parole della Verità e da edificare il sentimento della pietà.
Pertanto, pur dovendo morire nel corpo, se crediamo, viviamo.
Ma la nostra fede è ben lontana da ogni credenza dei Pagani circa la risurrezione dei morti.
Quelli infatti non l'accettano affatto perché non hanno dove poterla ricevere.
Poiché la volontà dell'uomo è predisposta dal Signore per essere il ricettacolo della fede. ( Pr 8,35 sec. LXX )
Ai Giudei il Signore dice: La mia parola non trova posto in voi. ( Gv 8,37 )
Trova quindi posto in coloro nei quali scopre disponibilità all'accoglienza.
La parola che si riceve trova infatti capacità di accoglienza in coloro che Dio non inganna nel promettere.
Egli perciò ricerca la pecora perduta, ( Lc 15,4 ) e sa che la cerca e dove debba cercarla e come debba raccoglierne le membra disperse e ricondurla all'unico luogo di salvezza e reintegrarla in modo da non perderla più.
Confortiamoci dunque a vicenda anche con queste nostre parole.
Può essere che un cuore umano non provi dolore per la morte di una persona molto cara: tuttavia è preferibile che un cuore umano abbia bisogno di ricevere sollievo piuttosto che, per impossibilità, diventi inumano.
Maria era vicina al Signore e piangeva il fratello morto.
Perché ti meravigli del dolore di Maria proprio quando piangeva il Signore stesso?
Ma può turbare alcuno il fatto che piangeva morto quello che sarebbe tornato in vita in forza del suo immediato comando? ( Gv 11 )
Non piangeva il morto che egli risuscitò, ma la morte che l'uomo si procurò peccando.
Se infatti non ci fosse stato il peccato in precedenza, indubbiamente non sarebbe sopraggiunta la morte.
Perciò seguì anche la morte del corpo e la precedette la morte dell'anima.
Si verificò prima la morte dell'anima ritraendosi questa da Dio e seguì la morte del corpo perché abbandonato dall'anima.
Da una parte l'anima abbandonò di sua volontà, dall'altra fu costretta contro la sua volontà a lasciare.
È come le si dicesse: Tu che ti sei allontanata da colui che dovevi amare, lascia ora ciò che hai amato.
Chi vuol morire, infatti? Indubbiamente nessuno: ed è tanto vero che nessuno, da potersi dire al beato Pietro: Un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vuoi. ( Gv 21,18 )
Pertanto, se la morte non comportasse alcuna amarezza, non sarebbe grande la forza dei martiri.
Per questo anche l'Apostolo: Non voglio - egli dice - che restiate nell'ignoranza nei riguardi di quelli che si sono addormentati, perché non siate nell'afflizione come anche i Pagani, che non hanno speranza. ( 1 Ts 4,13 )
Non dice semplicemente: perché non siate nell'afflizione, ma: perché non siate nell'afflizione come i Pagani che non hanno speranza.
È inevitabile infatti rattristarsi, ma quando sei nell'afflizione ti consoli la speranza.
Come dunque evitare la tristezza quando il corpo che vive dell'anima diventa esanime perché l'anima si è allontanata?
Chi camminava è a giacere, chi parlava tace, gli occhi chiusi non ricevono la luce, gli orecchi non si aprono a nessuna voce: tutte le attività delle membra sono in quiete; manca chi muova i passi a camminare, le mani ad operare, i sensi a percepire.
Non è forse questa la dimora che un non so quale invisibile abitante rendeva dignitosa?
Si è allontanato chi non si vedeva ed è rimasto ciò che si può vedere con dolore.
Questa è la causa della tristezza.
Se questa è la causa della tristezza, ci sia il conforto di tale tristezza.
Quale conforto? Perché il Signore stesso, a un ordine, a una voce dell'Arcangelo, e al suono dell'ultima tromba, discenderà dal cielo, e primi risorgeranno i morti in Cristo, quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro sulle nuvole incontro a Cristo nell'aria.
Forse che anche questo per qualche tempo? No.
Ma com'è allora? E così saremo sempre con il Signore. ( 1 Ts 4,17 )
Abbia fine la tristezza dove è tanto grande la consolazione; si asciughi il pianto dell'anima, la fede cacci via il dolore.
Con tanto grande speranza non si addice la tristezza al tempio di Dio.
Ivi abita il Consolatore buono, ivi chi ha promesso non delude.
Perché, da parte nostra, piangere a lungo un defunto? A causa dell'amarezza della morte?
Anche il Signore è passato per essa.
Bastino alla Carità vostra queste poche parole: vi consoli più largamente colui che non si allontana dal vostro cuore, ma si degni di dimorarvi in modo che alla fine si degni pure di trasfigurarci.
Rivolti al Signore …
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