Discorsi sui Santi |
1 - Il medesimo giorno, non il medesimo anno, il martirio degli Apostoli.
La triplice domanda del Signore a Pietro
2 - Sacrificio a Dio il martirio di Paolo.
Il dolce di questa vita non è il paradiso. Dio debitore in forza della sua promessa
Oggi è sorto il giorno natalizio dei beatissimi Apostoli Pietro e Paolo; non del natale per cui si entra in relazione con il mondo, ma di quello che libera dal mondo.
In realtà, a causa della debolezza umana, l'uomo nasce per la tribolazione; per la carità di Cristo, i martiri nascono per la corona.
E per loro merito, questo giorno ci è stato fissato per celebrarne la solennità e per imitarne la santità: in modo che, avendo presente il ricordo della gloria dei martiri, siamo indotti ad amare in loro quel che odiarono i loro uccisori e, resi amanti della virtù, possiamo onorarne la passione.
Nella virtù è acquistato il merito, nella passione è resa la ricompensa.
Unico il giorno dei due martiri, dei due Apostoli: secondo quanto abbiamo ricevuto dalla tradizione della Chiesa, subirono il martirio non in un solo giorno, ma nello stesso giorno.
Oggi, per primo, lo subì Pietro, oggi, in un altro anno, lo subì Paolo: il merito rese pari la passione, la carità fu ansiosa di andare incontro a quel giorno; queste disposizioni coltivò negli Apostoli colui che viveva in loro, che in loro era tribolato, che con loro pativa, che li sosteneva combattenti, che li coronava vincitori.
Ascoltiamo pertanto dal Vangelo il merito di Pietro; dalla Lettera dell'Apostolo ascoltiamo il merito di Paolo.
Il Vangelo è stato appena proclamato, abbiamo ora ascoltato: Il Signore disse a Pietro: Simon Pietro, mi ami tu?
Quello rispose: Ti amo, Signore.
Gli disse di nuovo il Signore: Pasci le mie pecore. ( Gv 21,15 )
Una terza volta altro non gli chiede che quanto gli aveva domandato per due volte.
Al Signore importava rivolgergli una triplice domanda; dovendo rispondere una terza volta, Pietro era ormai turbato.
Dice infatti il Vangelo: Pietro rimase addolorato che il Signore lo interrogasse per la terza volta e disse: Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo.
E il Signore: Pasci le mie pecore. ( Gv 21,17 )
Egli che domanda quel che sa, vuole insegnare qualcosa.
Il Signore che sapeva, rivolgendo una terza volta la domanda, che volle allora insegnare a Pietro?
Che pensiamo, Fratelli, se non che la carità volesse ritemprare la debolezza e Pietro potesse capire come chi aveva negato tre volte per timore era tenuto ad una triplice confessione per amore?
Il merito di Pietro, aver pascolato le pecore di Dio; dall'altra parte, ascoltiamo il merito di Paolo: annunziandogli la sua futura passione, e per affrancarlo dal timore con il suo esempio, diceva al proprio discepolo: Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno.
Lo vincolò con la sua testimonianza e soggiunse: Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna. ( 2 Tm 4,1-2 )
Convinti di questo anche noi, secondo la nostra capacità, ci rendiamo opportuni per quelli che sono ben disposti e inopportuni per quelli di cattiva volontà.
Si rende opportuno all'affamato chi porge il pane; si rende inopportuno al malato chi costringe a prender cibo.
All'uno il cibo viene presentato, all'altro viene imposto: all'uno la refezione torna gradita, all'altro spiacevole, ma l'amore non trascura nessuno dei due.
Riceviamo perciò quali esempi i meriti degli Apostoli e liberiamoci non solo dal timore delle sofferenze, ma, se sarà necessario, assoggettiamoci persino ad esse.
Ascoltate quel che giunge a dire il medesimo Apostolo: Presto sarò immolato. ( 2 Tm 4,6 )
L'immolazione serve al sacrificio: sapeva che la sua passione era un sacrificio a Dio.
Non offerto da coloro che uccidevano, ma, ad offrire al Padre un tale sacrificio, era quel Sacerdote che aveva detto: Non temete coloro che uccidono il corpo. ( Mt 10,28 )
Dice Paolo: È imminente l'ora della mia liberazione. ( 2 Tm 4,6 )
Che dici dunque o Paolo, o infaticabile: è per il riposo che speri in quella liberazione?
È imminente - dice - l'ora della mia liberazione.
Che hai fatto? Che speri? Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. ( 2 Tm 4,7 )
Come ha conservato la fede se non in quanto non si è lasciato intimorire dai persecutori?
Annunzia la parola in ogni occasione opportuna e non opportuna.
Quanto ci è funesto allora se, presi da timore, veniamo meno alla fedeltà verso colui che ci insegna ad amare le cose migliori ed a temere quelle assai grandi!
Tutto ciò che di dolce può avere questa vita non è il paradiso, non è il cielo, non è il regno di Dio, non è la società degli Angeli, non è la comunità di vita con quei cittadini della Gerusalemme celeste.
Si levi il cuore al cielo e si abbia la terra sotto i piedi.
Il Signore ci ha insegnato a non far conto delle cose della terra e ad amare quelle eterne.
Ci ha istruiti, ci ha guariti e ci guarisce per sua degnazione: non ha trovato infatti dei sani, ma il medico viene dai malati.
Il calice della passione è amaro, ma guarisce completamente ogni malattia; il calice della passione è amaro, ma per primo lo ha bevuto il medico, perché il malato non esitasse a bere.
Si beva dunque questo calice, dal momento che lo ha dato chi sa cosa dare e a chi dare: se, invece, non vuole che sia bevuto, può guarire in altro modo, purché tuttavia guarisca.
Quanto a noi, almeno mettiamoci sicuri nelle mani di così esperto Medico, assolutamente certi che egli non vorrà valersi di ciò che non ci giova.
Il debito, infatti, che esigeva Paolo, lo richiedeva come dovuto per merito.
E che merito? Ho terminato la corsa, ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede.
Queste cose hai compiuto: che attendi?
Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi renderà in quel giorno. ( 2 Tm 4,8 )
Non dice 'dà', ma 'renderà': se renderà, era in debito.
Ma aveva forse ricevuto un prestito da diventare debitore?
Deve la corona, rende la corona, non in quanto debitore dietro un nostro prestito, ma dietro sua promessa: quando infatti ne coronava i meriti, non è che non coronava i doni suoi.
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