Discorsi sui Santi |
1 - Ci raduna oggi la solennità di un giorno santo: una solennità, ben nota al vostro orecchio, alla vostra mente e alla vostra vita vissuta.
Vogliamo commemorarla partecipando alla vostra allegrezza e assaporando la medesima vostra letizia.
Brilla al nostro animo la luce del giorno natalizio degli apostoli Pietro e Paolo, quando essi nacquero non per essere imbrigliati dal mondo presente ma per esserne liberati.
In effetti quando l'uomo nasce nella miseria della sua umanità nasce per la sofferenza; i martiri al contrario mediante la carità di Cristo nascono per la corona.
Ebbene questo giorno nel quale esaltiamo i meriti degli apostoli ci viene offerto perché mentre celebriamo la loro festa ne imitiamo la santità, perché ricordando la gloria dei Martiri amiamo in loro ciò che in loro odiavano i persecutori e onoriamo il martirio, innamorati della loro virtù.
In effetti con la virtù essi guadagnarono i meriti dei quali nel martirio ottennero la ricompensa.
Il medesimo giorno fu dedicato alla glorificazione dei due martiri e apostoli, sebbene, a quanto sappiamo dalla tradizione della Chiesa, non siano stati martirizzati tutti e due in uno stesso giorno [ cioè nello stesso anno ] ma comunque nel medesimo giorno.
In antecedenza in questo giorno subì il martirio Pietro; successivamente, ma sempre in questo giorno, lo subì Paolo: il merito li rese uguali nel martirio, l'amore li volle abbinati nel medesimo giorno.
Ciò ha operato nei loro riguardi Colui che risiedeva in loro, che pativa in loro, che al loro fianco sosteneva il martirio, che li aiutava nella lotta e li coronava nella vittoria.
Eccoci dunque offerto - come dicevamo - un giorno di festa, e noi non vogliamo celebrarlo senza ricavarne i frutti né per procurarci una gioia solo materiale ma piuttosto vogliamo attraverso l'imitazione conseguire la corona spirituale.
Noi tutti in realtà vogliamo essere coronati ma pochi vogliamo lottare.
Ebbene, procediamo seguendo la successione cronologica del martirio e non l'ordine del lezionario, e ascoltiamo prima dal Vangelo i meriti di Pietro e poi dalla lettera dell'Apostolo i meriti di Paolo.
2 - Or ora ci è stato letto il Vangelo e noi abbiamo ascoltato questo episodio: Il Signore disse a Pietro: " Simon Pietro, mi ami tu? ". Rispose: " Ti amo "; e il Signore a lui: " Pasci le mie pecore ".
E di nuovo il Signore: " Simon Pietro, mi ami tu? ". E l'apostolo: " Signore, ti amo "; e un'altra volta il Signore: " Pasci le mie pecore ".
Lo interroga per la terza volta su ciò che gli aveva chiesto già per due volte: al Signore sembrò opportuno interrogarlo tre volte, mentre Pietro si sentì come infastidito per dover rispondere tre volte.
Infatti - così riferisce il Vangelo - Pietro fu rattristato dal fatto che il Signore lo interrogasse per la terza volta ed esclamò: " Signore, tu sai tutto; tu sai che io ti amo ".
E il Signore: " Pasci le mie pecore ". ( Gv 21,15-17 )
Uno che ti interroga su una cosa che già conosce lo fa certamente per insegnarti qualcosa.
Cosa dunque si proponeva il Signore d'insegnare a Pietro quando per tre volte lo interrogò su cose che egli già conosceva?
Cosa penseremo, fratelli, se non questo: che cioè l'amore doveva cancellare la debolezza?
Pietro doveva rendersi conto che per la forza dell'amore doveva confessare tre volte [ il Signore ] come prima lo aveva rinnegato tre volte mosso dal timore.
E fu gran merito per Pietro essere incaricato di pascere le pecore del Signore.
Se avesse condotto al pascolo pecore di sua proprietà, mai avrebbe conseguito la corona del martirio.
Non fu infatti senza motivo che il Signore precisò le mie pecore; ma così egli disse perché sarebbero sorti certuni che avrebbero preteso di ottenere la gloria del martirio pascendo le loro proprie pecore.
Al contrario chi ha l'anima apostolica e cattolica, un'anima semplice, umile e sottomessa a Dio, chi non cerca la propria gloria ma quella di Lui, sicché chi si vanta si vanti nel Signore, ( 1 Cor 1,31; 2 Cor 10,17 ) costui pasce il gregge per amore del Pastore, e in questo Pastore è pastore anche lui.
Gli eretici pascolano le loro proprie pecore, ma in queste pecore imprimono il contrassegno del Signore, non certo per amore della verità ma per potersi difendere.
Si regolano come quei tali - e sono in molti, lo sappiamo, anzi di questi esempi è pieno il mondo -, come quei tali che, temendo di perdere le loro proprietà, vi collocano le insegne di qualche potente, in modo che uno ne sia il padrone e l'altro incuta timore.
Così gli eretici, non vedendo che il loro nome è in gloria dappertutto nel mondo, hanno imposto alle loro pecore il nome di Cristo; e magari le avessero da lui ottenute e non gliele avessero rapinate!
Uno solo le comprò; gli altri le hanno rubate.
Le comprò colui che le redense dal potere del diavolo e come prezzo versò il suo sangue: prezzo veramente inestimabile, capace di redimere tutto il mondo.
Fu dato un prezzo superiore a quello che noi valevamo, ma il nostro compratore era innamorato di noi.
Or ecco che dei servi dannati alla perdizione si sono impossessati delle pecore: non dico delle pecore loro proprie ma che essi pretendono fare proprie; e a queste pecore rubate imprimono il marchio del Signore.
Ma il vero Padrone delle pecore non rimane inerte: per mezzo di altri suoi servi rivolge alle sue pecore parole di verità affinché riconoscano la voce del Pastore e tornino all'ovile: ( Gv 10,4 ) tornino al [ resto del ] gregge e vi tornino senza titubanze.
Noi pertanto, allorché riammettiamo nell'ovile una qualche pecora, ci guardiamo dal cancellare il marchio [ del suo padrone ].
3 - È probabile che alcuni dei nostri fratelli, conoscendo il nostro zelo nel recuperare e distogliere dal loro mortifero errore i nostri fratelli, siano rimasti sorpresi del fatto che nei discorsi tenuti in antecedenza non abbiamo mai parlato degli eretici.
Ci è stato anzi riferito che gli eretici stessi, miseri e miserabili come sono, siano andati dicendo che un tale silenzio è stato a noi imposto dal timore che abbiamo dei circoncellioni.
È infatti una realtà che questi tali non cessano d'intimorirci affinché non predichiamo la parola della pace, ma, se ci lasciamo intimorire dai lupi, cosa risponderemo a colui che ha detto: Pasci le mie pecore? ( Gv 21,17 )
Loro tirano fuori i denti per sbranare, noi tiriamo fuori la lingua per guarire.
E di fatto noi parliamo apertamente, non ci teniamo in silenzio: ripetiamo le stesse cose e le ripetiamo di frequente.
Ascoltino ciò che non vorrebbero ascoltare ed eseguano ciò che debbono eseguire.
A chi ricusa d'ascoltare siamo, certo, importuni ma a chi gradisce l'ascolto siamo ben accetti, e se trovandoci fra gli oppositori corriamo dei pericoli, abbiamo fiducia di poter continuare nell'annunzio della parola di Dio ( At 4,31 ) poiché lo facciamo nel nome di Cristo e perché voi ci aiutate con le vostre preghiere.
È infatti nostra convinzione che quando venite a sapere dei nostri pericoli e come siamo esposti ai furiosi assalti di questi briganti voi pregate per noi.
Ne è prova l'amore che ci lega gli uni agli altri.
Non che siamo penetrati all'interno del vostro cuore ma ce l'attesta Colui che è in voi come anche in noi.
Voglio peraltro ricordarvi che, quando pregate per noi, preghiate soprattutto perché Dio, al di sopra di ogni altra cosa, voglia proteggerci nella nostra salute, intendendo con ciò la salute eterna.
Per quanto invece si riferisce alla salute che si gode in questa vita, faccia lui quel che conosce essere vantaggioso e a noi e alla sua Chiesa.
Da lui infatti, che è nostro maestro e pastore, anzi principe e capo dei pastori, ci siamo sentiti dire che non dobbiamo temere coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima; ( Mt 10,28 ) e dalle parole del salmo abbiamo ascoltato quella efficacissima orazione: Signore, non consegnarmi al peccatore in base al mio desiderio. ( Sal 140,9 )
È una brutta cosa infatti che uno venga consegnato al peccatore a motivo del suo desiderio.
Ai peccatori furono certo consegnati i martiri, furono consegnati gli apostoli di cui oggi celebriamo la festa, e prima di loro fu consegnato nelle mani dei peccatori il Signore dei martiri e degli apostoli.
Tutti costoro sono stati consegnati nelle mani dei peccatori, ma non per il loro desiderio.
Chi sono dunque coloro che vengono consegnati ai peccatori dal loro proprio desiderio?
Senza dubbio coloro che condividono i sentimenti dei loro persecutori sospinti da un qualche desiderio di ordine temporale.
E voglio farvi un esempio senza andare lontano dall'argomento che stiamo trattando.
Ecco che il persecutore ricorre alle minacce e nella sua ferocia ci tormenta con nerbate o sottopone alla spada o al fuoco.
Se noi desiderando conservare la vita presente ce ne restiamo in silenzio, siamo consegnati al peccatore dal nostro desiderio e pur vivendo siamo morti: abbiamo la salute del corpo ma perdiamo l'anima, cioè la carità.
Per vivere la vita buona dobbiamo amare e voi, impedendo che siate sedotti, e loro, cercando di conquistarli [ alla vita ].
Se ci minacciano rimproveriamoli; se ci maltrattano preghiamo per loro; se ci respingono seguitiamo a istruirli.
4 - Sul merito di Paolo abbiamo già ascoltato qualcosa, ma ora voglio parlarvi dei suoi meriti, seguendo l'ordine che vi avevo promesso di seguire.
Predicendo al suo discepolo il martirio ormai prossimo, per togliergli dal cuore mediante il suo esempio ogni timore, gli diceva: Attesto dinanzi a Dio e a Cristo Gesù, giudice dei vivi e dei morti, per la sua manifestazione e il suo regno.
Lo vincolò con giuramento e poi gli ingiunse: Predica la parola, insisti in modo opportuno e non opportuno. ( 2 Tm 4,1-2 )
Ascoltando questo richiamo, anche noi, nel nostro piccolo, compiamo ciò che è gradito a voi, ma è sgradito agli avversari.
Comunque, nel nome di Cristo non cessiamo di predicare e ripetere in modo opportuno e non opportuno l'annunzio della pace.
A chi ha fame giunge opportuno colui che gli porge un pane; quando invece contro voglia si vuol far mangiare un malato, gli si è inopportuni.
All'uno si offre un'attesa vivanda, all'altro la si caccia in gola per forza.
Il mangiare è gradito dall'uno e intollerabile all'altro; tuttavia la carità non ci fa abbandonare né l'uno né l'altro.
Prendiamo dunque ad esempio le gesta degli Apostoli, e non lasciamoci intimorire dalle sofferenze ma, se necessario, accogliamole con fortezza.
Ascoltate le parole che al riguardo dice lo stesso Apostolo: Io ormai sto per essere immolato, ovvero offerto in libagione, dato che alcuni codici leggono offerto in libagione mentre altri sto per essere immolato; ( 2 Tm 4,6 ) ma sia l'essere offerto in libagione che l'essere immolato rientrano nel linguaggio sacrificale.
Egli dunque sapeva che la sua morte era un sacrificio offerto a Dio.
Un tale sacrificio aveva offerto al Padre non coloro che lo uccidevano ma quel sommo Sacerdote che aveva detto a noi di non temere coloro che uccidono il corpo. ( Mt 10,28 )
E l'Apostolo: È imminente il tempo della mia dipartita. ( 2 Tm 4,6 )
Cosa ti attendi, o Paolo, per quando arriverà l'ora della dipartita?
Per quale riposo ti sei tanto affaticato?
Dice: È imminente il tempo della mia dipartita.
Cosa hai fatto durante la vita? Cosa speri?
Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. ( 2 Tm 4,7 )
In che senso si conservò fedele [ a Cristo ] se non perché non si lasciò spaventare dai persecutori, trascurando perciò di predicare la parola di Dio in modo opportuno e non opportuno? ( 2 Tm 4,2 )
Quale colpa inaudita sarebbe quindi per noi se per timore non ci mantenessimo fedeli a Colui che al di sopra di tutto c'insegna d'amare i beni più alti e di temere i mali più gravi!
5 - Qualunque dolcezza possa offrire la vita presente, essa non è il paradiso, non è il cielo, non è il regno di Dio, non è la compagnia degli angeli, non è la società dei beati cittadini della Gerusalemme celeste.
Eleviamo in alto il cuore, calpestiamo col corpo la terra!
Il Signore infatti ci ha insegnato a disprezzare ciò che passa e ad amare ciò che è eterno.
Ce l'ha insegnato e ce ne ha dato la medicina, anzi ce la dà ancora per sua degnazione.
Egli infatti non ci trovò sani ma venne, medico pietoso, a curare i malati.
Il calice dei patimenti è amaro ma cura fin dalla radice tutti i mali; il calice dei patimenti è amaro ma l'ha bevuto per primo lo stesso medico, perché il malato non ricusasse di berlo.
Se dunque a Lui piacerà, beviamolo.
Il desiderio che Egli ha del nostro bene supera il nostro desiderio.
Egli è più sapiente di noi e sa meglio di noi ciò che più ci giova, come sa meglio di noi il valore di quanto ci accade.
Ripensa al caso del malato e del medico.
Il primo si sente male ma non conosce di che male si tratti; il secondo osserva i disturbi dell'altro e sentenzia secondo verità.
Eccoti dunque un uomo che, per sapere cosa gli stia succedendo, si rivolge a un altro uomo e riguardo al suo interno desidera avere la testimonianza di un estraneo.
Orbene, se a tanto arrivano la scienza e l'arte di un medico-uomo, quanto di più potrà la potenza del Signore!
La stessa festa che oggi celebriamo mi suggerisce un esempio che voglio presentarvi.
Prima della passione del Signore, e anche quando questa passione era imminente, san Pietro, di cui oggi celebriamo la nascita al cielo, era un malato che non conosceva di qual male soffrisse nel suo interno.
Non conoscendo completamente la sua debolezza interiore, presumeva d'affrontare la morte insieme col Signore. ( Mt 26,33-35; Mc 14,29-31; Lc 22,33-34; Gv 13,37-38 )
Si arrogava risorse superiori a quelle che possedeva.
Il malato si sentiva capace di subire la morte; il medico gli prediceva che l'avrebbe rinnegato.
E c'è da stupirsi che, in quello stato di infermità, il parere del medico sia risultato più veritiero che non l'opinione del malato?
La febbre giunse al punto critico, per dire così, e Pietro non ce la fece a seguire il Signore nella passione.
Beviamo quindi il calice della passione quando ce l'invia Colui che conosce cosa invia e a chi l'invia.
Se viceversa non vuole che lo beviamo, troverà un'altra maniera di guarirci: l'importante è che ci guarisca.
Quanto a noi, abbandoniamoci docilmente e serenamente nelle mani del medico, con l'assoluta certezza che non ci somministrerà nulla che non sia vantaggioso alla nostra salute.
6 - Quanto a Paolo, egli esigeva il compenso e se lo riprometteva come cosa dovuta al suo merito.
Merito in che senso? Ho terminato la corsa, ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede. ( 2 Tm 4,7 )
Questo hai fatto, e cosa ti attendi?
Per il rimanente, mi è riservata la corona di giustizia che in quel giorno mi consegnerà il Signore, giudice giusto. ( 2 Tm 4,8 )
Il giudice giusto [ la ] consegnerà; ma chi lo rese capace di meritarla fu il Padre che gli usò misericordia.
Com'era infatti quel Saulo che poi divenne Paolo?
Come lo trovò Cristo [ quando gli si fece incontro ]?
Non era forse più che malato, anzi in pericolo [ di morte ], in preda a un male che, come pazzia, lo rendeva furioso più degli altri giudei?
Non era quel Saulo che presente alla lapidazione di Stefano, custodiva le vesti di tutti i lapidatori, ( At 7,57-59 ) come per lanciare pietre con le mani di tutti?
Non era colui che dai sommi sacerdoti aveva ricevuto lettere e si recava dovunque gli era possibile per incatenare i cristiani e condurli al supplizio?
Non fu lui che, come leggiamo, mentre andava [ a Damasco ] con il cuore fremente di minacce e di stragi fu chiamato per nome e gettato per terra dalla voce celeste, ( At 9,1-7 ) cioè dal Verbo che lo chiamava [ a dedicarsi ] al Verbo?
Ebbene, perché il Signore lo chiamasse con una simile vocazione, quali meriti si era egli acquistato con la sua vita precedente?
Non dico: " Cosa c'era in lui che potesse meritare la corona ", ma: " Cosa c'era che non meritasse la condanna? ".
Ebbene, Dio prese il persecutore della Chiesa e ne fece un messaggero di pace.
Gli perdonò tutti i peccati e lo collocò in un ministero dove egli avrebbe potuto perdonare i peccati altrui.
Ora questi furono doni della divina misericordia, non mercede dovuta ai meriti dell'uomo.
Ascolta lo stesso Paolo, non più ingrato ai doni della bontà di Dio; ascolta com'egli ricordi tutto questo e come lo proclami apertamente.
Dice: Un tempo io ero bestemmiatore e persecutore e violento, ma ho ottenuto misericordia. ( 1 Tm 1,13 )
Dice forse in questo passo: " Mi è stato assegnato [ il compenso dovuto ] "?
Se avesse detto: Un tempo io ero bestemmiatore e persecutore e violento ma " mi è stato assegnato [ il compenso dovuto ] ", cosa gli si sarebbe dovuto assegnare in compenso se non la dannazione?
Egli però dice: " Ho ottenuto misericordia.
Non mi fu applicata la pena meritata perché in seguito mi fosse concessa la corona ".
Ecco dunque fratelli! A uno che meritava la pena viene data come ricompensa la corona.
Dice: Un tempo io ero bestemmiatore e persecutore e violento.
Tu vedi cosa si sarebbe meritato: certamente la pena.
Ma questa pena non gli viene inflitta: in vece della pena ottiene la misericordia.
Ottenuta la misericordia, non volendo essere ingrato [ a Dio ], combatte la buona battaglia, porta a termine la corsa e conserva la fede. ( 2 Tm 4,7 )
Facendo questo, rese debitore nei suoi confronti colui che gli aveva rimesso i peccati.
Dice: Mi è riservata la corona di giustizia che in quel giorno mi consegnerà il Signore, giudice giusto. ( 2 Tm 4,8 )
Non dice: " Mi dà ", ma: Mi consegnerà.
Se gliela consegnerà vuol dire che gli era dovuta.
Lo dico con estrema convinzione: " Se gliela consegnerà è segno che gli era dovuta ".
Ma che forse Dio aveva ricevuto un prestito da Paolo per essergli debitore?
Gli deve dare la corona, gli consegna la corona.
Egli è diventato nostro debitore non per un prestito che noi abbiamo fatto a lui ma per una promessa da lui fatta a noi.
Quando infatti coronava i meriti di Paolo, altro non coronava se non i suoi doni.
7 - Dunque, fratelli, Dio s'è reso debitore nei nostri confronti in forza delle sue promesse.
In realtà quando uno ci ha promesso qualcosa, allorché andiamo da lui per ritirarla gli diciamo: " Consegnami quel che hai promesso ".
Dicendogli: " Consegnami " lo consideriamo un debitore dal quale esigiamo il dovuto; ma riconosciamo la sua generosità quando aggiungiamo: " Quanto hai promesso " e non: " Quanto hai da me ricevuto ".
Orbene, Dio ha promesso a noi tutti e all'intero mondo creato alcune cose, che sono veramente grandiose.
Per non farla troppo lunga, egli ci ha promesso il Cristo, la passione di Cristo, il sangue che Cristo avrebbe versato per noi: e ciò ha promesso per bocca dei profeti, l'ha promesso attraverso i suoi libri.
Inoltre ha promesso che la Chiesa si sarebbe sparsa in tutto il mondo, ha promesso ai martiri la vittoria, ha promesso alla Chiesa la distruzione degli idoli e, per la fine, ha promesso il giudizio e la vita eterna.
Per non ricordare troppe cose - anche perché sarebbe veramente difficile elencare tutte le sue promesse - soffermiamoci a considerare le cose a cui ho ora accennato.
Ha promesso il Cristo dicendo: Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio, e voi lo chiamerete Emmanuele, che significa " Dio con noi ", ( Mt 1,23 ) con tutto il resto, che voi conoscete e sarebbe lungo riferire.
Promise la sua passione, la sua resurrezione e glorificazione; e tutto questo è accaduto.
Promise che ci sarebbero stati martiri per il suo nome, forti nell'affrontare i patimenti e vincitori mediante la perseveranza.
Il mondo si accanisce contro di loro e gli si consente d'infuriare, non perché il seme venga calpestato ma perché ne germogli la messe.
In ogni parte del mondo è stato versato il sangue dei martiri e la messe della Chiesa ha riempito la terra.
Sono cose accadute.
Nelle Scritture si prometteva alla Chiesa che avrebbe conquistato il regno, ma ciò non appariva ancora nella realtà dei fatti.
Gli apostoli la predicavano e ne gettavano la semente per ogni dove, ma non si erano ancora avverate le parole: Lo adoreranno tutti i re della terra, tutte le genti lo serviranno. ( Sal 72,11 )
Non si era ancora avverata la cosa ma se ne aveva la garanzia.
Volle infatti Dio rendere sicura la debolezza dell'uomo nei confronti della sua promessa, e per questo si servì non solo della parola ma anche dello scritto.
La confermò a chi vi credeva, la garantì a chi ne dubitava, e tutte le sue parole erano conservate in un manoscritto, la sacra Scrittura: non le si poteva constatare nella loro realizzazione.
E poi ecco che anche i re hanno abbracciato la fede; così infatti era contenuto nel manoscritto di Dio: Lo adoreranno tutti i re della terra, lo serviranno tutte le genti.
E difatti la Chiesa si è estesa a tal segno che tutte le genti ormai lo servono.
In quel manoscritto trovi ancora: E tra gli idoli delle nazioni [ straniere ] regnerà il panico. ( Sap 14,11 )
E così pure vi leggi: Signore Dio, mio rifugio, verranno a te le genti fin dalle estremità della terra e diranno: I nostri padri hanno realmente venerato simulacri menzogneri, dai quali non ottennero alcunché di utile. ( Ger 16,19 )
In effetti essi non adoravano i simulacri.
È vero tuttavia che, proprio per questi simulacri, demoni e uomini divennero feroci e uccisero i martiri, facendoli trionfare su di loro.
Ma ricade su Babilonia il male che ha fatto [ alla Chiesa ].
8 - Nella Scrittura troviamo descritta una città empia, una specie di agglomerato dell'empietà umana disseminata su tutta la terra e, nella stessa Scrittura, a questa città si dà il nome simbolico di Babilonia.
Dal lato opposto è collocata un'altra città, che qui sulla terra è in pellegrinaggio ed è diffusa fra tutti i popoli, concorde nella vera pietà.
A questa si dà il nome di Gerusalemme.
Queste due città al presente sono mescolate, alla fine però saranno separate.
In molti passi la divina Scrittura rivolge loro il discorso, e uno di questi è là dove, rivolgendosi a Gerusalemme, le dice: Ripagate con doppia misura colei che [ le ] fece [ il male ], ripagatela. ( Ap 18,6 )
Indica che Gerusalemme deve ripagare con doppia misura Babilonia.
Cos'è questa doppia misura?
Come intenderemo quest'ordine di ripagare la città di Babilonia con doppia misura?
Per l'attaccamento ai suoi idoli costei uccideva i cristiani ma non poteva uccidere Cristo, il nostro Dio.
Lacerava la carne dei cristiani ma non poteva far del male allo spirito: quindi non poteva raggiungere il nostro Dio.
Ora la si ripaga con doppia misura: negli uomini e negli dèi.
Loro uccidevano gli uomini ma non potevano uccidere il nostro Dio; al presente viceversa accade che gli uomini, uccisa la loro incredulità, vengono accolti dentro le mura di Gerusalemme, mentre i loro simulacri vengono abbattuti.
Gli idolatri cercano i loro adepti ma non li trovano, ( Is 41,12 ) poiché da pagani si sono fatti cristiani.
Ora, di uno che non è più di quello che era, diciamo che è stato ucciso, come possiamo dire di Paolo antecedentemente Saulo: egli viveva in quanto era diventato predicatore ma come persecutore della Chiesa la sua vita era finita.
Di fronte al furore dei pagani un tempo i cristiani cercavano nascondigli per rifugiarsi, oggi i pagani cercano luoghi dove nascondere i loro dèi.
E quando questi vengono abbattuti, i loro patrocinatori non si rassegnano ancora a tacere e, nell'ambito delle loro fazioni, continuano a brontolare.
Nelle rare volte però che osano far questo cos'altro fanno se non quanto ci ha promesso il nostro Padrone?
Se poi un tempo attuavano [ i loro propositi ], ci riuscivano forse per il loro potere?
Osservate: i cristiani, se arrestati, confessavano Cristo e venivano uccisi.
Venga ora uno che crede in Mercurio e invochi Mercurio nei suoi giuramenti.
Se si imbatte in una guardia, anche in borghese, eccolo gridare: " Non ho fatto la tal cosa, non ero presente, non ho sacrificato. Dove mi hai visto? ".
Al contrario, se ai nostri santi, ai servi di Dio [ si chiede ]: " Sei stato in quel raduno dei cristiani? ", subito rispondevano: " Sì, c'ero ".
Per questo, quando noi leggiamo le dichiarazioni dei martiri, ci rallegriamo per la gioia che ci procurano i loro esempi.
E sono fatti accaduti: condotti a termine dal Signore che li aveva in antecedenza promessi.
Un tempo erano racchiusi nella Scrittura, ora si mostrano nei fatti.
Così anche quanto ho detto a proposito degli idoli è un fatto palese, di ieri e di oggi.
Parimenti la Chiesa si è diffusa in tutto il mondo e ha ormai conquistato tutti i popoli.
Quelli che non ha conquistati li conquisterà, poiché è in continua crescita e nel nome di Cristo aumenta per ogni dove il popolo cristiano.
9 - Eppure i cristiani che vivono bene sono pochi, molti quelli che vivono male.
Tuttavia quei pochi sono pochi in confronto con la paglia.
Lo ripeto: Sono pochi in confronto con la paglia.
Quando si arriverà alla vagliatura apparirà il gigantesco mucchio della paglia ma apparirà anche la fulgida accolta dei santi.
La paglia andrà al fuoco, il grano nel granaio, ( Mt 3,12; Lc 3,17 ) ma ora sono dappertutto mescolati.
Perché questo? Ci furono, o fratelli, dei seminatori, come coloro di cui oggi celebriamo la memoria.
Per loro mezzo Dio ha mostrato come si sia verificato quanto aveva promesso a loro e, per loro mezzo, anche noi.
Cosa aveva promesso? Per il rimanente mi è riservata la corona di giustizia, che in quel giorno mi consegnerà il Signore, giudice giusto. ( 2 Tm 4,8 )
E a noi cosa ha promesso? Nella tua discendenza saranno benedette tute le genti. ( Gen 22,18; Gen 26,4 )
Ma come si è adempiuto questo per opera degli apostoli?
Per tutta la terra s'è diffuso il loro grido e fino agli estremi confini della terra la loro parola. ( Sal 19,5; Rm 10,18 )
Contro queste affermazioni quale scrittura potranno citare gli eretici?
Credo che anch'essi oggi celebrino la nascita al cielo degli apostoli.
In realtà anche se fingono di celebrare questo giorno, non hanno certo il coraggio di cantare il salmo che noi cantiamo.
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