Discorsi sui Santi |
1 - Non si lodi il Martire per se stesso ma nel Signore
2 - Cipriano prima di convertirsi alla fede
3 - Convertito alla grazia di Dio, divenne vero Cipriano
4 - Da oratore forense a evangelizzatore di Cristo
5 - L'evidenza della vittoria dei Martiri sui demoni
6 - Cipriano eccelle tra i Martiri per la dottrina e l'esempio. Il luogo del suo sepolcro.
I benefici della grazia in Cipriano. Amore di Cipriano, per l'unità della Chiesa
La solennità di un giorno così gradito e lieto, e la felice e dolce ricorrenza della vittoria di così grande Martire, reclama da me il debito discorso.
Ma le preghiere di lui portano con me un tanto incarico, così che se avrò corrisposto in modo inferiore al dovuto, non disdegni che sia io a parlarvi, ma egli vi dia compensazione pregando per voi.
Farò in modo, da parte mia - come sono certo che è cosa a lui graditissima - di lodarlo nel Signore mentre lodo il Signore per lui.
Era infatti mite anche quando, nelle varie prove, faceva fronte ai pericoli di questa vita turbolenta e tempestosa, anzi, da quell'uomo che era, aveva imparato a cantare a Dio con cuore sincero: Ascoltino gli umili e si rallegrino. ( Sal 34,3 )
Ed ora, lasciata la terra di chi muore, possiede beato la terra dei viventi.
Costui era uno di quelli di cui è stato detto: Beati i miti perché possederanno la terra. ( Mt 5,4 )
Ma quale terra, se non quella di cui si dice a Dio: Sei tu la mia speranza, sei tu la mia sorte nella terra dei viventi? ( Sal 142,6 )
O se la terra dei viventi non è altro che il corpo dei risuscitati, tratto dalla terra e trasfigurato nella gloria celeste, egli non sta ancora a gemere nella debolezza di questa condizione mortale, per lui rimanere nel corpo non rappresentò l'ottimo dei beni, ma bene necessario per noi; sciolto, però, e liberato da ogni rapporto e di debito e di vincolo, attende in pace con Cristo la risurrezione del proprio corpo.
Infatti, chi non fu vinto dalla prova della sua carne viva, è sicuro del ritorno alla vita della sua carne sepolta.
L'anima di lui si glori quindi nel Signore, perché i miti ascoltino e si rallegrino.
Si glori nel Signore l'anima buona che quale proprietà di lui diventa buona, che per il soffio dello Spirito di lui ha vita e forza, per la luce che riceve da lui è luminosa, plasmata da lui è bella, piena di lui è feconda.
Mancando infatti questo un tempo, prima di credere in Cristo, era in balia delle onde, senza vita, tutta tenebre, deforme, inaridita.
In realtà, a che era giovata l'eloquenza a lui pagano, per la quale, come da una coppa preziosa, beveva e propinava errori mortiferi?
Ma quando risplendette la bontà e l'amore del Salvatore nostro Dio, ( Tt 3,4 ) una volta credente in lui, egli lo liberò dalle ambizioni mondane e ne fece un vaso di pregio, utile alla sua casa, adatto ad ogni opera buona. ( 2 Tm 2,21 )
Da parte sua, non tacque di queste cose, da ingrato.
Conoscendo Dio, fu lungi infatti dal non dargli gloria come Dio; ma rese grazie, senza tornare ad inghiottire quanto aveva messo fuori, ma devotamente considerando la sua conversione.
Scrivendo infatti ad un suo amico, perché anch'egli, da tenebra che era, diventasse luce nel Signore, dice: Poiché io languivo nelle tenebre di una notte fonda e vacillavo titubante e malsicuro su orme che sfuggivano disfacendosi sopra l'acqua salsa del mondo millantatore, ignaro della mia vita, estraneo alla verità e alla luce.
E più avanti dice: Infatti, proprio come lui, ero trattenuto avviluppato dai moltissimi errori della mia vita precedente, dai quali non credevo di poter riuscire a svincolarmi; così assecondavo i vizi che aderivano a me con forza e, senza speranza di meglio, favorivo i miei mali quasi ormai di mia proprietà e nati in casa.1
Ecco quale Cipriano trovò Cristo: ecco a quale anima si avvicinò a colpire con forza e a risanare colui che sradica e pianta.
Non ha detto infatti a caso: Sono io che do la morte e faccio vivere; io percuoto e io guarisco, ( Dt 32,39 ) o a caso fu detto a Geremia, in figura di avvenimenti futuri: Ecco, oggi, ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere, per edificare e piantare. ( Ger 1,10 )
Si avvicinò dunque a quell'anima colui che sradica e pianta, e sradicò il vecchio Cipriano, ed ivi, ponendosi egli stesso quale fondamento, edificò su di sé un Cipriano nuovo e fece da sé il Cipriano nuovo.
Dice infatti a Cristo la Chiesa: Il mio diletto è un grappolo di cipro. ( Ct 1,13 )
Perciò, quando da Cristo fu fatto cristiano, allora veramente divenne Cipriano anche da cipro.
Divenne quindi in mezzo a tutti il buon odore di Cristo, come dice l'apostolo Paolo, a sua volta annientato come persecutore e costituito evangelizzatore.
Egli dice: In mezzo a tutti, noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e quelli che si perdono, per gli uni odore di vita per la vita, per gli altri odore di morte per la morte.
E chi è mai all'altezza di questi compiti? ( 2 Cor 2,15-16 )
Infatti, alcuni ebbero la vita seguendo l'esempio di Cipriano; altri, in opposizione a Cipriano, andarono perduti.
A lui lode, a lui gloria che, per la giustificazione della fede, trasse fuori dagli empi l'anima del suo servo e ne fece la sua spada, cioè una spada a doppio taglio, perché, messa a nudo, da quella lingua venisse colpita la stoltezza dei Pagani che, dissimulata e velata da essa, in precedenza sembrava attraente alle persone assennate; anche perché uno strumento di così nobile eloquenza, da cui scaturivano indegni abbellimenti alle deleterie dottrine dei demoni, si rivolgesse a edificazione della Chiesa, in modo che per la diffusione di questa sparissero quelle indegnità; ed ancora perché il portatore di una voce così altisonante, solita a eccitare competizioni di menzogneri oratori pubblici, suscitasse combattenti per Cristo, martiri devoti che di lui si gloriano, per atterrare il diavolo con le morti preziose dei santi.
In mezzo a loro anche lo stesso Cipriano che li infiammava con pia e devota eloquenza, non più evocante fantastiche nebbie, ma raggiante della luce del Signore; morendo, fu vivo; giudicato, ebbe il sopravvento sul giudice; colpito, vinse l'avversario e, ucciso, uccise la morte.
Colui che nella gara dell'aberrazione umana aveva addestrato la propria e l'altrui eloquenza a dire menzogne - così che quanto veniva presentato dall'avversario era respinto con abile finzione - ora, in tutt'altra scuola, dicendo la verità, aveva imparato a schivare l'avversario.
Infatti, dove il nemico aveva reso un crimine il nome di Cristo, ivi Cristo cambiò il martirio in lode.
E se qualcuno forse chiede ancora da quale parte sia stata la vittoria, eviterò di parlare del regno celeste dei santi, al quale gli infedeli non vogliono credere, perché non possono vederlo; ora, in questa terra, in questa vita, nelle case, nei campi, nelle città, nel mondo ecco ferventi lodi dei martiri; dove sono le accuse aggressive degli empi?
Ecco come vengono onorate le "Memorie" degli uccisi; mostrino ora essi gli idoli dei demoni.
Che faranno loro nel giudizio se, morendo, ne hanno rovesciato i templi?
Colui che ha spento con il sangue dei morenti i loro altari fumanti, come condannerà le loro presuntuose falsità con lo splendore dei suoi soldati risorti?
In mezzo a queste legioni di Cristo, il beatissimo Cipriano stratega di gloriosi combattimenti ed egli stesso glorioso combattente, insegnò quel che avrebbe fatto e fece quel che aveva insegnato; in modo tale che anche dalle parole di lui maestro si poteva già conoscere l'animo del martire e, dall'animo di lui nella sofferenza, si potevano riconoscere le parole del maestro.
Non era certo di quelli di cui il Signore dice: Quanto vi dicono, fatelo, ma non fate secondo le loro opere: perché dicono e non fanno. ( Mt 23,3 )
Costui parlò perché credette; perché parlò ebbe a soffrire.
Ciò che fece, questo insegnò in vita; e fece in morte quello che insegnò.
A lui la lode, a lui la gloria, al Signore Dio nostro, al Re dei secoli, al Creatore e al Redentore degli uomini, che arricchì la Chiesa di questa città di un tale suo Vescovo e consacrò questo vasto ambiente ad un corpo così santo.
A lui la lode, a lui la gloria che si degnò di predestinare quell'uomo tra i suoi santi prima che fossero i tempi, di crearlo tra gli uomini a tempo debito, di chiamarlo quando era nell'errore, di purificarlo da corrotto, di farne un credente, di istruirlo fatto obbediente, di guidarlo da maestro, di aiutarlo da combattente, di coronarlo da vincitore.
A lui la lode, a lui la gloria che tale lo ha fatto, per dimostrare in esso, particolarmente alla sua Chiesa, a quanti mali doveva opporsi e a quanti beni doveva preferirsi la carità, e come fosse del tutto privo di carità il cristiano che non avesse a cuore l'unità di Cristo.
Egli l'amò al punto di non risparmiare i cattivi per la carità e di tollerare i cattivi per la pace; fu uomo libero nell'esprimere il suo pensiero e uomo di pace nell'ascoltare quello che egli sapeva essere il pensiero dei fratelli.
A ragione meritò l'eccellenza di un grande onore nella Chiesa cattolica, di cui mantenne con tanta umiltà il vincolo di una perfetta concordia.
Pertanto, carissimi, avendo esposto, come mi è stato possibile, il discorso dovuto ad una festa tanto gradita, incoraggio la vostra pietà religiosa a trascorrere questo giorno nell'onestà e nella sobrietà, e a mostrare, in questo giorno nel quale subì il martirio il beatissimo Cipriano, ciò che egli amò fino a morirne.
Indice |
1 | Cipriano, Ep. ad Donatum 2, 3 |