Discorsi sui tempi Liturgici |
1 - Dio preferisce i deboli e i poveri di questo mondo
2 - Mescolanza di buoni e cattivi nella Chiesa terrestre
3 - Senza lo Spirito la legge uccide
Il Signore Gesù ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, ( 1 Cor 1,27 ) sicché, volendo adunare la sua Chiesa da ogni parte del mondo, non cominciò con degli imperatori o senatori ma con dei pescatori.
Se infatti fossero stati scelti in principio personaggi altolocati, essi avrebbero attribuito la loro scelta a se stessi e non alla grazia di Dio.
Questo modo di procedere di Dio, a noi occulto, questa disposizione del nostro Salvatore ce la espone l'Apostolo quando dice: Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato.
Sono parole dell'Apostolo.
Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato.
Poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e spregevoli del mondo ha scelto Dio, e le cose che non hanno consistenza - come se la avessero - per annichilire le cose dotate di consistenza; affinché nessun uomo possa vantarsi dinanzi a lui. ( 1 Cor 1,26-29 )
La stessa cosa aveva detto il profeta: Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, perché si ottenga una pianura senza dislivelli. ( Is 40,4 )
Veramente, oggi partecipano della grazia del Signore senza distinzione nobili e plebei, dotti e ignoranti, poveri e ricchi.
Quando si tratta di ricevere questa grazia non avanza diritti di precedenza la superbia rispetto all'umiltà di chi nulla sa e nulla possiede ( 2 Cor 6,10 ) e nulla può.
Ma cosa disse loro? Venite dietro a me e io vi farò pescatori di uomini. ( Mt 4,19; Mc 1,17 )
Se non ci avessero preceduto quei pescatori, chi sarebbe venuto a pescarci?
Al giorno d'oggi uno è gran predicatore se riesce a presentare bene quello che ha scritto il pescatore.
Il Signore Gesù Cristo scelse dunque dei pescatori di pesci e ne fece dei pescatori di uomini.
Col fatto stesso del pescare poi volle darci degli ammaestramenti nei riguardi della chiamata dei popoli.
Notate come le pesche furono due e come occorra distinguerle e separarle.
Una fu quando il Signore scelse gli Apostoli e da pescatori li rese suoi discepoli; ( Lc 5,4-10 ) l'altra è quella che abbiamo ascoltato ora quando si leggeva il santo Vangelo, quella cioè che avvenne dopo la resurrezione del Signore Gesù Cristo. ( Gv 21,1-8 )
L'una dunque prima della resurrezione, l'altra dopo la resurrezione.
E dobbiamo sottolineare con molta attenzione la differenza fra le due pesche, poiché questa duplice pesca è una nave piena di istruzioni per noi.
È appena iniziata la predicazione del Vangelo; Cristo s'imbatte in alcuni pescatori, si appressa e dice loro: Gettate le reti.
Gli risposero: In tutta questa notte non abbiamo preso nulla, ci siamo affaticati inutilmente, ma ecco nel tuo nome getteremo le reti. ( Lc 5,4-5 )
Le gettarono e presero tanto pesce da riempire due barche, le quali per la gran quantità di pesci erano così appesantite che stavano sul punto di affondare.
Nota come fu proprio per la quantità di pesci che le reti minacciavano di squarciarsi e come fu allora che Gesù disse loro: Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini ( Mc 1,17 ) ed essi effettivamente, abbandonando barche e reti, lo seguirono.
Al presente - cioè dopo la resurrezione - Cristo Signore offre alla nostra meditazione un'altra pesca, da distinguersi da quella precedente.
La prima volta disse: Gettate le reti, ma non disse a sinistra o a destra ma soltanto: Gettate le reti.
Se avesse detto: A sinistra, avrebbe voluto riferirsi solo ai cattivi; se: A destra, solo ai buoni.
Siccome però non nominò né la destra né la sinistra, ci si deve riferire ai buoni e ai cattivi.
Di loro parla il Vangelo in un altro passo, là dove si narra di quel padrone di casa che, quando la cena fu pronta, mandò i suoi servi e questi ne condussero quanti poterono trovarne, buoni e cattivi, finché la sala del convito fu piena. ( Mt 22,10 )
Così è oggi la Chiesa: piena di buoni e di cattivi.
Una moltitudine riempie la Chiesa, tuttavia questa moltitudine a volte la comprime e la spinge, come per dire, verso il naufragio.
Il numero elevato di coloro che vivono male turba quanti vivono bene e crea loro un disagio tale che chi vive bene, quando si pone a osservare i tanti che vivono male, si considera stupido, specie se pone mente al fatto che, a livello di beni terreni, molti malfattori risultano fortunati e molti innocenti hanno in sorte una vita infelice.
Quanto c'è da temere che il buono allora sia prostrato e affondi!
Quanto c'è da temere, carissimi, che colui che vive onestamente dica: Che mi giova la mia vita onesta?
Ecco, quel tale vive male e riscuote più stima di me.
A me cosa giova il vivere bene?
È in pericolo; mi viene da temere che faccia naufragio.
Lasciate che interpelli chi vive bene perché non affondi di più: Tu che vivi bene non stancarti, non guardare indietro!
È vera la promessa del tuo Signore quando ti diceva: Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvo. ( Mt 24,13 )
Mi ribatti: Ma hai tu sotto gli occhi quel tale che vive malamente, eppure è fortunato?
Ti sbagli: egli è un infelice, e tanto più infelice quanto maggiore è la sua illusione d'essere felice.
È demenza il fatto che non riesce a scoprire il suo stato miserevole.
Fa' conto di vedere uno che, in preda alla febbre, stia ridendo: tu lo compiangeresti ritenendolo un dissennato.
Ciò che ti è stato promesso non è ancor giunto.
Colui che ti sembra più fortunato si pasce e si rallegra di queste cose visibili e temporali, cose che lui non ha recato con sé né porterà via con sé.
È entrato nudo e nudo uscirà. ( Gb 1,21 )
Passerà da godimenti illusori a dolori reali.
Quanto a te invece, è vero che quanto ti viene promesso non è ancora giunto; ma devi essere stabile, per arrivarvi, devi essere perseverante, se non vuoi venir meno e restare privo: Dio infatti non può ingannarti.
Ecco in brevi parole spiegata l'urgenza di non far affondare le barche.
In quella pesca però successe un altro guaio più deprecabile: le reti stavano per rompersi. ( Lc 5,6 )
E di fatto le reti si sono rotte e sono sorte delle eresie.
Cosa sono infatti gli scismi se non rotture?
Nel tempo della prima pesca occorrono sopportazione e pazienza, sicché nessuno si stanchi per il fastidio, anche se sta scritto: Sono infastidito a causa dei peccatori che abbandonano la tua legge. ( Sal 119,53 )
La barca grida lamentandosi della massa di gente che l'opprime, quasi sia la barca ad emettere il grido: Sono infastidito a causa dei peccatori che abbandonano la tua legge.
Anche se sei compresso, sta' sempre in guardia per non affondare!
I cattivi adesso li si deve sopportare, non separarsene.
Noi canteremo, nei riguardi di Dio, la misericordia e il giudizio: ( Sal 101,1 ) che prima cioè elargisce la misericordia e poi esercita il giudizio.
La separazione avverrà nel giudizio: al presente mi ascolti il buono per diventare migliore, mi ascolti il cattivo per diventare buono.
Questo, perché adesso è il tempo del ravvedimento, non della sentenza.
Lasciamo da parte questa pesca nella quale le gioie sono mescolate alle lacrime: le gioie in quanto vengono adunati i buoni, mescolate a lacrime perché a mala pena si riesce a sopportare i cattivi.
Volgiamo il pensiero alla pesca che avverrà alla fine: pensando ad essa confortiamoci e consoliamoci.
Non per niente infatti essa avvenne dopo la resurrezione del Signore, ma perché doveva rappresentare la Chiesa quale sarà dopo la resurrezione.
Ecco ai discepoli intenti a pescare sono rivolte delle parole; e chi le dice è il Signore, lo stesso che l'altra volta aveva detto le parole, parla adesso.
Tuttavia allora si specificava cosa dovessero gettare, adesso da che parte dovessero gettare e precisamente dal lato destro della barca. ( Gv 21,6 )
Adesso dunque sono presi nella rete coloro che dovranno stare alla destra, coloro ai quali sarà detto: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno. ( Mt 25,34 )
Gettano e prendono.
Là, nella prima pesca, il numero non viene precisato.
Si parla di moltitudine ma non si precisa il numero.
Sono infatti molti - diresti in numero eccessivo - quelli che ora vengono nelle chiese, vi entrano e le riempiono.
Succede però che gli stessi che riempiono le chiese riempiano poi anche i teatri.
Sono in soprannumero quelli che riempiono e, rispetto al numero che si raggiungerà nella vita eterna, molti non ci rientreranno, almeno che non cambino condotta.
Ma questo cambiamento sarà forse di tutti? Come?
Ma, se nemmeno tutti i buoni persevereranno!, per cui sta scritto: Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvo. ( Mt 24,13 )
Come pure a coloro che adesso sono cattivi è detto: Non voglio la morte del peccatore ma che si converta e viva. ( Ez 33,11 )
In quella prima pesca dunque non si precisa il numero; e ciò per il fatto che molti eccedono il numero come dice il Salmo: Ho predicato annunziando e sono diventati così tanti da superare il numero. ( Sal 40,6 )
Nella seconda pesca si menziona la parte destra, e non si dice che superano il numero.
Sono centocinquantatre e sono grandi.
Così infatti è detto: Pur essendo tanto grandi, la rete non si squarciò. ( Gv 21,11 )
Sarà infatti, quella di lassù, un'accolta di santi e non ci saranno più le divisioni e le lacerazioni causate dagli eretici, ma ci saranno pace e unità perfetta.
Non ce ne sarà uno di meno né uno in più: il numero sarà preciso.
Ma sono così pochi! Solo centocinquantatre.
Dio ci liberi che in questa assemblea se ne ritrovino là solo quei pochi!
E quanto peggio se si trattasse dell'intera Chiesa di Dio!
L'Apocalisse, opera del medesimo beato Giovanni evangelista, mostra la visione di una quantità di santi, beati in quella eternità, che era così grande che nessuno riusciva a computarla.
Si trova scritto proprio così in quel libro. ( Ap 7,9 )
Eppure tutti rientrano in questo numero: centocinquantatre.
Voglio ridurre a una cifra più piccola questo numero.
Sono centocinquantatre: riduciamoli e diverranno diciassette.
Questi centocinquantatre sono diciassette.
Perché dieci? perché sette? Dieci in rapporto alla legge, sette in rapporto allo Spirito, in quanto la cifra sette dice rapporto alla perfezione che si esalta quando si parla dei doni dello Spirito Santo.
Diceva il beato profeta Isaia: Si poserà su di lui lo Spirito Santo; e, dopo aver menzionato lo Spirito Santo, ne enumera sette sue potenze: Spirito di sapienza e di intelletto, Spirito di consiglio e di fortezza ( e sono quattro ), Spirito di scienza e di pietà, Spirito del timore del Signore. ( Is 11,2 )
Comincia con la sapienza e termina col timore; parla come chi scende dalle realtà più alte alle più basse, dalla sapienza al timore.
Volendo salire dalle cose più basse alle più elevate, si passa dal timore alla sapienza, poiché inizio della sapienza è il timore del Signore. ( Sal 111,10 )
Ecco il dono della grazia: lo Spirito Santo opera negli eletti di Dio attraverso questa settiforme attività, per far sì che la legge ottenga in essi qualche risultato.
Se infatti togli lo Spirito, cosa consegue la legge? Rende l'uomo trasgressore.
Perciò è scritto: La lettera uccide. ( 2 Cor 3,6 )
Comanda ma non fa praticare.
Nessuno ti infliggeva la morte prima che ti fosse imposto il precetto, e, se la Provvidenza poteva ritenerti peccatore, tuttavia non ti poteva ritenere trasgressore.
Viene invece la legge con il comando, e tu non lo osservi; ti si proibisce, e tu lo fai: così la lettera uccide.
La legge si snoda in dieci comandamenti.
Il primo comandamento della legge è quello d'adorare l'unico Dio e nessun altro, quello di non fabbricarsi alcun idolo.
Il secondo comandamento: Non prenderai per usi vani il nome del tuo Dio.
Il terzo comandamento è: Osserva il sabato, ( Es 20,2ss ) ma con un'osservanza spirituale e non materiale, come fanno i Giudei.
Questi tre comandamenti rientrano nell'obbligo di amare Dio; ma siccome tutta la legge e i profeti si compendiano - dice - in questi due comandamenti, ( Mt 22,37 ) cioè nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo, dopo che ti si è fatto udire quel che concerne l'amore di Dio, ( l'unità, la verità, la quiete ), osserva adesso ciò che si riferisce all'amore del prossimo.
Onora tuo padre e tua madre: è il quarto comandamento.
Non commettere adulterio: è il quinto comandamento.
Non uccidere: è il sesto.
Non rubare: è il settimo.
Non dire falsa testimonianza: è l'ottavo.
Non desiderare la roba del tuo prossimo: è il nono.
Non desiderare la moglie del tuo prossimo: ( Es 20,12ss ) è il decimo.
Colui che ti dice di non desiderare bussa alla porta interiore, lì risuona dove il desiderio ha il suo campo di azione.
Comunque, ecco la legge ridotta a dieci.
Cosa, giova saperli a memoria se non li si pratica? Si diventa trasgressori.
Ma per metterli in pratica ti occorre l'aiuto.
E questo aiuto dove lo prendi? Dallo Spirito.
La lettera uccide, lo Spirito dà vita. ( 2 Cor 3,6 )
Ai dieci si aggiungano i sette e si ha diciassette.
In questo numero è inclusa tutta la moltitudine dei beati; ma come si arrivi a centocinquantatre, sono solito dirvelo da tempo, tanto che molti ci arrivano prima di me; e poi il discorso è da conformarsi alle esigenze della solennità.
È vero che molti se lo sono dimenticato, e qualcuno non l'ha mai udito.
Ebbene, quelli che lo hanno udito e non se ne sono scordati abbiano pazienza permettendo che anche gli altri lo ascoltino e ne siano istruiti.
Quando due camminano per strada, uno più svelto e uno più lento, tocca al più veloce far sì che il suo compagno non venga abbandonato.
Chi ode ciò che sapeva non perde nulla, e, mentre non perde nulla, ha anche da rallegrarsi perché chi era nell'ignoranza diviene istruito.
Conta diciassette, da uno fino a diciassette, addizionando uno dopo l'altro tutti i numeri.
Troverai che la somma è centocinquantatre.
V'aspettate qualcos'altro da me? Il conto fatelo voi.
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