Discorsi su argomenti vari |
1 - Il tempo passato non fu migliore, bensì peggiore del presente
2 - Solo l'unico giorno eterno è vita felice
Tutte le tribolazioni e le afflizioni che ci capita di patire, sono ammonimenti e anche correzioni per noi.
Anche nelle nostre sacre Scritture, noi non troviamo la promessa di pace sicurezza tranquillità, anzi il Vangelo ci annuncia esplicitamente tribolazioni sofferenze difficoltà; ma dice: Chi avrà perseverato sino alla fine, sarà salvo. ( Mt 10,22 )
Chiediamoci quale eredità di bene questa nostra vita ha mai ricevuto dal primo uomo, il quale ha meritato per noi la morte e ci ha trasmesso la maledizione da cui ci ha liberato Cristo nostro Signore.
Noi dunque, o fratelli, non dobbiamo mormorare, come invece fecero quelli che sono citati dall'Apostolo: Mormorarono alcuni di essi e caddero vittime dei serpenti. ( 1 Cor 10,9-10 )
Non si può dire che gli uomini abbiano oggi da sopportare mali insoliti che non abbiano già sopportato i nostri padri; ci si può anzi chiedere quando i mali che ci colpiscono oggi raggiungano la misura di quelli che sappiamo sopportati dai padri.
Eppure si trovano molti che si lamentano del proprio tempo giudicando migliore quello dei nostri padri; ma se si potesse farli tornare a quel passato, anche di quello si lamenterebbero: in realtà uno giudica felice proprio il tempo passato perché, in quanto passato, non è ormai più suo.
Sarebbe strano che ritenessimo felice il tempo di Adamo noi che siamo stati liberati dalla maledizione che lui ci trasmise in eredità, noi che abbiamo fede nel Figlio di Dio e conosciamo le sacre Scritture, e ne possiamo anche approfondire lo studio.
Quanto ai nostri padri, anch'essi portarono il peso dell'eredità di Adamo.
Adamo è colui a cui fu detto: Con il sudore del tuo volto mangerai il pane e lavorerai la terra dalla quale sei stato tratto.
Spine e cardi produrrà per te. ( Gen 3,18-19 )
Questa condanna egli meritò di ricevere per giusto giudizio di Dio.
Come dunque si può ritenere migliore del presente il tempo passato, se da quell'Adamo fino all'Adamo di oggi sono continuati fatica e sudore, spine e cardi?
Consideriamo piuttosto che noi non fummo colpiti dai flagelli del diluvio, delle carestie, delle guerre di cui ci è stato trasmesso il racconto proprio perché non ci lamentiamo con Dio del nostro tempo.
Ai nostri più remoti antenati capitarono casi orribili: una testa d'asino morto fu venduta a peso d'oro, lo sterco dei piccioni fu comprato a caro prezzo, ci furono donne che si accordarono di mangiare le carni dei loro infanti, e ne era già stato ucciso e consumato uno quando una madre si rifiutò di lasciare uccidere il proprio: e il re al quale fu chiesto di intervenire con il suo giudizio, si riconobbe lui stesso colpevole, invece di farsi giudice. ( 2 Re 6,25-30 )
Furono tempi tremendi di carestie e di guerre, ai quali evitiamo di pensare e il cui racconto ci riempie di orrore; ma dovremmo trarne piuttosto motivo per rallegrarci del tempo in cui noi viviamo, del quale siamo invece sempre pronti a lamentarci.
Ci possiamo dunque chiedere quando mai il genere umano poté vivere soddisfatto e non piuttosto nel timore o nel dolore, quando mai ebbe felicità stabile e non piuttosto vera infelicità.
Se l'uomo non possiede, anela a possedere; se possiede, ha paura di perdere ciò che ha: e - cosa più triste - ritiene normale sia quel suo bramare sia questo suo temere.
Quando poi prende moglie, se sceglie una cattiva moglie, avrà in lei la sua pena; se la sceglie buona, vivrà nel timore di perderla.
Come tormenta la mancanza di figli, così la loro presenza fa trepidare: quale gioia può venire da un figlio che si può temere di dover subito piangere defunto?
Dove mai può essere sicura la nostra vita? La nostra terra può essere paragonata a una grande nave che ci porta sulle onde tra burrasche e tempeste, esposti ai pericoli.
Temono il naufragio e sospirano il porto coloro che già sanno di essere in viaggio come pellegrini.
Come dunque dire buoni i nostri giorni incerti, giorni che volano via, che sono finiti prima di essere venuti, che vengono proprio per finire di essere.
C'è qualcuno che desidera la vita e brama vedere giorni felici? ( Sal 34,13 )
Non possono essere felici qui i nostri giorni, non può essere felice questa nostra vita: giorni felici è la vita eterna.
Solo i giorni senza fine sono detti giorni in senso proprio.
É scritto: Abiterò per lunghissimi anni, per giorni senza fine. ( Sal 22,6 )
E ancora: Un giorno nella tua casa vale di più di mille: ( Sal 84,11 ) un giorno solo, s'intende, che non abbia fine.
Noi aspiriamo a qualcosa di questo genere, e qualcosa di questo genere ci è stato promesso con parole di uso comune, di significato però inusitato.
Chi è l'uomo che desidera la vita?
Diciamo vita anche questa nostra vita che è ben diversa dalla vera vita.
Il Salmo così prosegue: E brama giorni felici?
Anche giorni felici è un'espressione consueta, ma se si esaminano i nostri giorni nella loro realtà, non si trovano giorni felici.
Buona giornata hai ritenuto quella di oggi, ma capita come di un amico: se incontri un amico, sei contento di lui se è disposto a restare un po' con te, ma se subito se ne va via, ti lamenti.
Così il giorno felice: ti vede, e se ne va.
" Ho passato una buona giornata ". Dov'è? Riconducimela.
" Ho passato una buona giornata ". Se c'è un giorno che ti rende felice quando viene, ecco che devi piangerlo quando è passato.
Se ci chiedono: C'è qualcuno che desidera la vita e brama vedere giorni felici?, tutti ci dichiariamo desiderosi di questo, ma intendiamo riferirci a dopo questa vita, a dopo questi giorni.
Se quindi rimandiamo a dopo, dobbiamo conoscere che cosa fare ora per giungere poi alla vita e ai giorni felici.
Ce lo insegna lo stesso Salmo proseguendo: Preserva la lingua dal male, le labbra da parole bugiarde.
Sta' lontano dal male e fa' il bene. ( Sal 34,14-15 )
Obbedisci dunque a questo invito e riceverai quello che viene promesso.
Se ritieni gravoso quello che ti viene comandato, e la fatica dell'impegno ti abbatte, ritrova slancio pensando alla splendida ricompensa che ti attende.
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