Discorsi su argomenti vari |
1 - Non è vera lode se non viene dal cuore
2 - Contro gli eretici che attribuiscono alla natura buona il dono dell'intelletto
3 - Solo la misericordia di Cristo può risanare la natura umana, di per sé inferma
4 - L'intelletto sapiente è dono dello Spirito Santo, che Cristo meritò per noi
5 - Esortazione ai presenti a esaminare la loro esperienza interiore
Abbiamo cantato: Benedirò il Signore, e desidero benedirlo nel mio cuore, non solo con la voce: la lode del Signore è stonata sulla bocca di un peccatore ( Sir 15,9 ) che la fa risuonare solo sulle labbra e non nel cuore, e non dà nessun giovamento professare la lode con le labbra senza farvi corrispondere interiormente una professione d'amore.
Voi vedete, fratelli: la carità non è una virtù della bocca: la sua sede è là dove si trova l'amica dello Sposo con la sua bellezza.
Lo dice il Salmo: Tutta la gloria della figlia del re è interiore. ( Sal 45,14 )
Gloria significa bellezza, e bellezza non è che amore, e amore è la vita.
Dunque per avere la vita, ama; e se ami, hai la bellezza, perché l'amore buono è bello.
E se ti manca questa bellezza, non hai la vita: ne hai solo l'apparenza, ma non sei vivo dentro.
Qualora noi apriamo un sepolcro, eretto su grandi colonne, spezzandone il marmo, non troviamo che un cadavere orrido, ossa fetide, cenere, vermi.
Dunque l'apparenza di bellezza del sepolcro nascondeva un morto alla cui vista inorridiamo di spavento.
Non si può presumere che un morto dica: Benedirò il Signore: lo attesta la Scrittura: Non i morti lodano te, Dio, né quanti scendono nell'inferno. ( Sal 115,17 )
Apri il Vangelo e udrai il Signore che grida al diavolo: Taci. ( Mc 1,25 )
E questo appunto perché: I morti non lodano Dio.
Nessuno loda qualcuno senza amarlo, o se uno loda un nemico, costui loda nel nemico la virtù che ama.
Colui che pecca si manifesta con ciò stesso nemico di Dio e quindi non può lodare né lui né la sua potenza, perché la lode è per sé un bene che non è compatibile con il peccato.
Se uno poi loda qualcuno mentendo, la sua è una calunnia o un'irrisione invece che una lode.
Se togli dal cuore l'amore, resta solo la menzogna.
Non si può quindi pensare che la menzogna dia lode alla verità e che provengano dalla stessa fonte lode di Dio e bestemmia.
Come vediamo che i sapienti del mondo disprezzano le lodi che provengono da persone insensate e malvagie, così non si può pensare che Dio riceva lode da un cuore impuro e svergognato, da chi bestemmia ed è dissennato.
Canta dunque: Benedirò il Signore che mi ha dato l'intelletto. ( Sal 16,7 )
Tu che sei sano di mente perché sei stato risanato, e hai il dono dell'intelletto, devi lodare il tuo Dio che ti ha donato l'intelletto, ti ha donato la vista: l'intelletto perché tu comprenda quanta sia la larghezza e la profondità del suo amore, la vista perché tu volga lo sguardo verso di lui, che è il fondamento e il compimento della fede.
E puoi quindi comprendere la carità, puoi riuscire a vedere Cristo: la carità per amare, Cristo per benedire, e così amando e benedicendo puoi conoscere Dio da cui ti è venuto l'intelletto, e conoscendolo vivere, perché: La vita eterna è questo: conoscere te, l'unico vero Dio, e conoscere colui che tu hai mandato, Gesù Cristo. ( Gv 17,3 )
Ma ti chiedo, di grazia, da dove ti è venuto l'intelletto.
Ecco frapporsi all'improvviso tra noi uno a dire che l'intelletto proviene dallo stesso da cui proviene la natura e che se è buona la natura, è buono anche l'intelletto; basterà che tocchi in sorte una natura buona perché non sia degenere l'intelletto.
Quindi egli sostiene: Benedirò il Signore con la natura, insieme con la quale ho avuto in dono l'intelletto.
Ma io gli rispondo così: O eretico, se tu avessi la natura buona che pretendi di avere, dovrebbe in tal caso tacere, smentito, l'Apostolo che dice: Io non compio il bene che voglio: ( Rm 7,19 ) egli ha avuto in sorte una natura buona, eppure non riesce a compiere il bene che vorrebbe compiere.
Lo vuole, lo desidera, lo tenta, ma la volontà è impotente, il desiderio vano, il tentativo inutile: contrariamente a quanto vorrebbe e desidera e tenta, egli non riesce ad agire secondo il bene.
Ecco come è buona quella natura di cui è debole la volontà e sono vani i desideri, inutili i tentativi! Intervengano ora i filosofi a dar prova di sé: essi ti sarebbero molto grati che tu conceda loro così gratuitamente una natura buona.
Essi infatti conoscono il cielo, la terra, il mare, scrutano gli abissi, indagano i segreti della natura, sanno distinguere le diverse categorie delle cose, ciò che le differenzia, ciò che ne costituisce la sostanza.
Ma mentre arrivano a rendere conto di tutto questo, se procediamo oltre, ecco che essi vengono meno: pur dopo aver raggiunto tante e così alte conoscenze, non arrivano a dar lode a Dio, ed eccoli smarriti nei loro pensieri, divenuti insipienti mentre si credevano sapienti.
Hanno mutato la somiglianza dell'uomo con Dio nella somiglianza con un vitello che mangia fieno: precipitano nell'errore dei Baalim accecati dal Dio del mondo, si sono abbandonati alle passioni vergognose e si sono resi simili agli oggetti del loro culto. ( Rm 1,21-28 )
Eppure era buona la loro natura e da essa, secondo te, veniva loro l'intelletto.
Ma ti dovresti chiedere, o stolto, se una simile natura può donare un intelletto che maledice Dio, invece che benedirlo, e insorge contro il creatore stesso.
Vi dico io, fratelli, quello che dovete dichiarare: Benedirò il Signore che mi ha dato l'intelletto, ( Sal 16,7 ) perché se non me lo avesse dato lui, non avrei capacità di intendere, e se non intendessi, non benedirei: invece da lui mi è venuto il dono dell'intelletto e della vista, mentre la natura è cieca e non può dare quello di cui essa stessa è priva.
Se ti fabbricassi tu l'intelletto, saresti privo di vista: la luce che è in te, è tenebre.
Dunque tu devi dire: Illumina le mie tenebre perché non mi addormenti nella morte. ( Sal 13,4 )
Addormentarsi nella morte non è altro che codesto sperare qualcosa dalla natura, volendo fare della carne il proprio strumento e pretendendo di fabbricarsi da sé l'intelletto: chi si comporta così non è solo morto, ma sprofondato nella morte, e puzza più di un morto di quattro giorni. ( Gv 11,39 )
Se uno fosse solo morto, potrebbe essere forse ridestato; invece nella morte dorme un sonno plumbeo, è immerso in essa: è finita per lui.
Ma voglio che tu apprenda che cosa fece colui che aveva avuto in sorte una natura buona, lui [ l'angelo ] che, come te, dichiarò di avere un intelletto buono in quanto aveva una natura buona perché colui che gli aveva dato la natura, non gli aveva negato l'intelletto.
Ma questo è uno scorpione da schiacciare, calpestare per impedire che l'iniquità esca dalla sua bocca.
Leggi: Avevo avuto in sorte un'anima buona e prosegui, per capire quale tesoro mai avevi ricevuto: un tesoro che sarà forse, mutato in carboni, quali mi auguro siano ammassati sul tuo capo a bruciar via tutta la tua presunzione.
Proseguendo leggi dunque: e piuttosto, poiché ero buono, ero entrato in un corpo senza macchia.
Come seppi che non potevo tenere a freno me stesso se non me lo concedeva Dio - e già questo era un segno di saggezza, sapere da chi viene tale dono -, mi rivolsi a Dio e lo pregai. ( Sap 8,19-21 )
É pienamente vero che tu hai avuto in sorte una natura buona: buona è anche la natura del diavolo, come quella di tutte le creature che Dio ha creato.
Però per quanto sia buona la tua natura, solo se Dio te ne farà dono, tu potrai avere quell'intelletto sapiente che ti permetta di astenerti dalle cattive brame e dominare i desideri.
Imparalo, o eretico: è ora che lo impari: E seppi che non potevo altrimenti tenermi a freno, se Dio non me lo concedeva.
É appunto proprio della sapienza, che è tutta intelletto, sapere chi ti concede di tenere a freno te stesso e capire che senza un suo dono non ne saresti capace.
Davvero nobile, si, codesta natura che è incapace di contenersi e che non può fare a meno di seguire i suoi impeti, se Dio non le fa dono dell'intelletto che le permetta di non sfrenarsi.
Cantiamo dunque, fratelli, cantiamo: Benedirò il Signore che mi ha dato l'intelletto. ( Sal 16,7 )
Egli ha fatto dono della natura, ha fatto dono dell'intelletto: ha risanato la natura, ha risanato l'intelletto.
Sia alla natura che all'intelletto usò misericordia il pio Samaritano che discese in nostro soccorso: fasciò le nostre ferite, le lavò con il vino - e sappiamo quale vino -, prestò le cure alla creatura, la portò nella locanda dandola da ospitare a chi vi abitava. ( Lc 10,33-35 )
La locanda è la Chiesa; chi vi abita è lo Spirito Santo.
Egli riversò dal suo sacco lacerato la moneta con cui pagò per noi miseri l'ospitante; questi ricevuta la moneta, prestò le cure con il suo olio, spalmò le ferite della natura inferma con il suo unguento, e la guarì; diede fuoco al suo olio per illuminare le nostre tenebre e fece luce nel nostro intelletto.
Se non hai questa fede, non ci sarà per te il samaritano, e tu perirai per la tua ferita, avendo rifiutato la mano che guarisce.
Interroghiamo gli Apostoli perché ci dicano chi diede loro in dono l'intelletto in quel famoso cinquantesimo giorno dopo la risurrezione del Signore.
Non si può certo pensare che siano stati loro a suscitare quel tremendo fragore che scosse il luogo dove essi stavano in attesa delle promesse del Padre, e non è possibile che abbiano acceso loro quel fuoco dall'alto di cui tutti insieme furono accesi, né che abbiano creato loro quelle lingue di fuoco.
Neppure si può sospettare che si siano procurati da sé quei doni divini, tra cui l'intelletto, per riempirsene secondo i desideri del loro cuore.
Se uno affermasse questo, non avrebbe parte ai doni elargiti al compiersi di quei cinquanta giorni, e certo non ha ricevuto l'intelletto chi ritiene che esso venga dato in conformità alla natura.
Dunque l'intelletto fu dato solo quando fu dato lo Spirito Santo.
Dobbiamo arrivare ormai insieme a questa conclusione: tu arrossisci riconoscendoti confuso.
E io vorrei davvero che questa confusione ti confermi nella vera fede, questo rossore ti faccia giungere alla gloria.
Lo Spirito Santo è il dono promesso dal Padre, il regalo del Figlio.
Se viene promesso, c'è qualcuno che lo promette, perché i doni che ci vengono promessi sono fuori di noi, fuori dalle nostre possibilità: sarebbe inutile che fosse promesso qualcosa di cui disponiamo già quando ne riceviamo la promessa, o di cui potremmo disporre quando ci piacesse.
Io ti prometto quello che non hai, e lo prometto quando sono in grado di darti quello che prometto.
Anche lo Spirito Santo è un dono, un dono superiore a ogni altro, un dono che non è dovuto a nessuno e che viene dato gratuitamente.
É nato Cristo e giacque nel presepio per farsi pasto di pii giumenti; tuttavia patì sete e stanchezza, fu venduto dai suoi, fu consegnato ai Giudei e accusato, fu flagellato dai Gentili e incoronato di spine, fu crocifisso e sepolto nella tomba: e perché tutto questo?
Lo scopo era di acquistare per te quel dono che intendeva farti poi nel momento in cui ti dichiarassi credente, o meglio proprio perché tu credessi.
Infatti se non ti avesse dato il dono prima della tua adesione di fede, non avresti creduto né prima né dopo.
Di conseguenza, se tu ritieni che dalla natura ti venga il dono dell'intelletto, rendi vana la morte di Cristo, la passione, la croce, perché sarebbe vano il suo morire se egli fosse morto per acquistarti quello di cui già tu disponevi, e regalarti quello che possedevi.
Pròvati a restituire al Signore come cose tutte vane la sua umiliazione nel presepio, la maledizione della croce, l'effusione del suo sangue: se tu basti a te stesso, tutto questo dunque è vano.
Tu pretendi di esser ricco e tra i doni della tua ricca natura enumeri anche l'intelletto che credi dono della natura, non della grazia, e di cui non ti credi debitore al Creatore se non nel senso che egli ti ha dato la natura da cui, secondo te, proviene l'intelletto.
Ma io ritengo che tu riconosca ormai il tuo errore, e mi auguro che siano istruiti i tuoi reni ( Sal 16,7 ) perché tu lo possa riconoscere meglio e, riconoscendolo, tu sia in grado di chiedere, e chiedendo possa ottenere lo Spirito d'intelletto, di consiglio, di timore, per crescere in sapienza e prudenza e diventare più docile al Signore.
Ora dopo aver svolto questo dibattito con un oppositore eretico, torno a rivolgermi a voi, fratelli: certamente a voi non mancava chi potesse istruirvi su questo argomento e ve lo sareste potuto chiarire da voi stessi.
Infatti se foste caduti - cosa da cui Dio vi preservi - in questo grosso, stolto errore di credere donato dalla natura l'intelletto che ricevete solo dalla grazia e dalla misericordia di Dio, vi richiamerebbero a correggervi i vostri reni gridando: Perché sorgono tali dubbi nel vostro cuore? ( Lc 24,38 )
Ciascuno esamini se stesso, si frughi e si interroghi, non ponga domande all'intorno, ma interroghi i suoi reni: questi gli diranno che nelle nostre membra v'è una legge diversa da quella che abbiamo nel nostro animo: ( Rm 7,23 ) per essa io sono disposto a ogni delitto, sono sopraffatto dagli impeti della concupiscenza, ogni giorno affondo nei peccati fino a sprofondarvi.
Si levano invidia, superbia, lussuria a formare una schiera che assale me misero, e se riesco a sfuggire a Cariddi, cado in preda di Scilla; se respingo la libidine, cedo all'ira; se non mi piego all'avarizia, cedo all'ubriachezza; se mi trattengo dal rubare, chiudo però cuore e mani ai poveri; se non presto orecchio alle calunnie, la morte entra dalla finestra, cioè dagli occhi con cui accolgo gli stimoli di libidine e di passionalità.
Insomma, se chiudo una fessura, se ne aprono altre cento da cui entra la pioggia rovinosa, e alla fine io mi sfascio.
Queste le cose che ti dicono i tuoi reni, i quali, consapevoli della propria debolezza, ti avvertono, rimproverano, correggono e non ti lasciano in pace sino a notte.
La tua notte è quella della tua coscienza ottenebrata, delle cui ombre tu, potendo, vorresti avvolgerti per opporle come difesa alla luce della verità, confidando solo nella tua fortezza.
Ma intervengono i tuoi reni a correggerti, perché, come si legge in un passo della Scrittura: La tua forza è nei reni e nei lombi. ( Gb 40,11 )
Poiché però i tuoi lombi sono tanto molli, tanto fiacchi i tuoi reni, ti chiederai che cosa possa essere delle altre membra, se tanta è la debolezza dei reni da cui ci viene la forza.
E quando dai nostri lombi abbiamo imparato come sia vana la speranza di una salvezza da parte degli uomini, non ci resta che sostenerli con un cinto perché non cadano.
Noi cerchiamo di rinsaldare con chiodi e corde le assi di cui siamo costruiti, quando si fendono, consumate dalla vecchiaia o dall'ardore della febbre, ovvero cedono al sopravvenire di calamità o per qualche altra causa; allo stesso modo tu devi intervenire a sostenere i tuoi lombi, cioè la tua fortezza: se perdono vigore, cedono, si dissolvono, tutta la tua compagine si sfascia.
Dunque prendi i chiodi della croce, conficcali con forza in profondità quanto possibile.
In questo modo soltanto riuscirai a rinsaldare la tua compagine: ma non devi pretendere da chi vacilla che si tenga in piedi.
É propria dei chiodi della croce la capacità di risollevare chi è caduto, di ristabilire chi è debole, di tenere in piedi chi vacilla.
Tu conficca i chiodi battendoli bene fino a farli entrare nel midollo, nell'anima stessa.
Questa è la cura che ti guarirà, e una volta guarito dirai al Signore: A te affido la mia forza, ( Sal 59,10 ) da te viene la mia forza e a te l'affido.
Rivolti al Signore …
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