Discorsi su argomenti vari |
1 - É dovere dei sacerdoti riprendere chi ne ha bisogno
2 - Chi vuol rimproverare un fratello, deve prima correggere se stesso
3 - Mettiamoci in armonia con la Parola di Dio, mentre siamo in questa vita
La sacra Scrittura vi dà, cari fratelli, frequenti ammonimenti circa il pericolo in cui si pongono quei sacerdoti che non vogliono adempiere al compito a cui li sollecita l'Apostolo: Predica la parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, raccomanda, usando tutta la tua pazienza e la tua capacità d'insegnare. ( 2 Tm 4,2 )
E la Scrittura ci dice anche la gravità del compito di cui assumiamo il carico: Se non avvertirai il malvagio della sua condotta perversa, io domanderò conto a te della sua morte. ( Ez 3,18 )
Per questo è necessario che noi interveniamo in segreto o pubblicamente a rimproverare chiunque trascura tale compito.
Quando però noi rimproveriamo qualcuno, costui è portato dalla sua malizia a scrutare la persona che lo rimprovera e a scoprire in essa più facilmente che in se stesso quello che richiede correzione, e se trova qualcosa da dire contro colui che lo rimprovera, ne prova soddisfazione.
Sarebbe certo meglio che provasse gioia per il proprio risanamento, dopo essersi corretto, invece che per la debolezza che il biasimo rivolto a sé gli ha fatto scoprire in altri.
Anche ammettendo che si dia proprio il caso che uno trovi in difetto la persona stessa da cui era stato rimproverato, è pur vero che attraverso quella persona gli aveva parlato la verità: parlava la verità pur attraverso un malvagio, un peccatore.
Invece dunque di cercare che cosa criticare in una persona, cercate se c'è da criticare qualcosa nella verità che vi è stata detta.
Vogliate o non vogliate, è la verità stessa il vostro accusatore.
E se potete, cercate di farvela amica.
La parola di Dio è il vostro accusatore.
Che la dica un peccatore o la dica un giusto, è infallibile.
Essa è il vostro accusatore: Mettiti d'accordo con il tuo avversario, mentre sei in via con lui.
Il Verbo che è la via, la vita, è l'accusatore che tutti i peccatori si trovano contro.
Non è davvero cosa da poco che essa si sia mossa dalla sua beata e remota dimora e sia venuta a voi per essere con voi sul vostro cammino; essa ha voluto accompagnarsi a voi perché, mentre siete in cammino e ne avete ancora la possibilità, possiate sistemare la vostra causa e preparare la vostra difesa per quando giungerete al termine del vostro viaggio.
Non ne avrai più la possibilità una volta che il cammino sia finito; allora l'avversario ti consegnerà al giudice e il giudice alla guardia e la guardia ti caccerà in carcere.
Non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo. ( Mt 5,25.26 )
Il fatto che durante il cammino la parola di Dio sia, diciamo, il vostro accusatore, vi dà la possibilità di porvi in accordo con essa, e lo dovete fare.
É un accusatore che non chiede se non che vi accordiate con lui, e l'accordo consiste nella vostra salvezza.
Essa è in cammino con coloro che sono in contrasto con essa e li invita a far la pace.
La si faccia finché non è ancora finito il cammino.
Si faccia oggi quello che non si è fatto ieri: siete ancora in cammino.
Aspettate forse che questo sia finito?
Ma quando sarà finito, non avrete più spazio per accordarvi con il vostro accusatore.
Allora vi attende il giudice con la guardia e il carcere.
Per molti questo cammino finì all'improvviso, mentre si ripromettevano di continuarlo ancora per anni.
Ma anche ammettendo che abbiate ancora un cammino lungo davanti, sarebbe pur sempre in cammino con voi chi vi accusa, e dovreste arrossire di restare così a lungo in discordia con un tale accusatore.
La parola di Dio, da parte sua, vi è amica; siete voi a farvene un avversario.
Essa vi vuol bene, mentre voi volete male a voi stessi.
Essa comanda: " Non rubare ", e voi rubate; essa comanda: " Non commettere adulterio ", e voi vi fate adùlteri; e ancora comanda: " Non fare inganno ", e voi ingannate.
Dà il divieto di giurare, e voi giurate il falso.
Facendo tutto contro i suoi comandamenti, voi ve la ponete contro: vi fate nemica la parola di Dio.
E non è strano, perché siete nemici di voi stessi, come è scritto: Chi ama l'iniquità, odia la propria anima. ( Sal 11,6 )
E se uno odia la propria anima amando l'iniquità, non fa meraviglia che abbia in odio la parola di Dio che vuole il bene della sua anima.
Ma dovremmo dunque tacere e non muovere rimproveri a nessuno?
No, dobbiamo senza dubbio rimproverare, ma prima rimproverare noi stessi.
Volete rimproverare il vostro prossimo?
Perché cercare chi è lontano?
Il prossimo che vi è più vicino, che avete davanti a voi, siete voi stessi.
Lo dice il Signore nella Scrittura: Ama il prossimo tuo come te stesso. ( Mt 22,39 )
E se uno non ama se stesso, non può amare neanche il suo prossimo.
La regola dell'amore del prossimo la ricevete da voi stessi.
Se uno mi dice che ama il suo prossimo, io gli rispondo di amare prima se stesso e di rivolgere a sé i rimproveri.
É chiaro che, se il rimprovero viene fatto con amore, la parola che viene detta, opera qualcosa dentro.
É invece da temere che, pretendendo di rimproverare altri senza amare se stessi, lo si faccia con odio.
Ma il nutrire odio verso un fratello è colpa più grave di quella che si vuole rimproverare a lui.
Chiunque odia il proprio fratello è omicida: ( 1 Gv 3,15 ) così dice il passo della lettera di Giovanni che vi è stato letto oggi.
La Scrittura insegna che è omicida colui che nutre odio per il fratello, volendo insegnare agli uomini a esaminare bene quello che hanno nel cuore, e a non accusare come colpa solo gli atti che si commettono con il corpo.
Prima che la mano impugni l'arma o afferri il collo del nemico, prima che sia preparata l'insidia, ovvero il veleno, già uno è giudicato reo davanti a Dio per l'odio che nutre in sé.
É ancora in vita colui che trami di uccidere, ed eccoti già giudicato come omicida.
Se dunque uno porta odio nel rimproverare, io chiedo come possa fare rimproveri ad altri, dal momento che lui è omicida.
Forse perché nessuno lo arresta e lo conduce in giudizio, costui può non riconoscere la propria colpa davanti agli occhi di chi è Dio e giudice supremo.
Ma se non vuole riconoscere la colpa, conoscerà la pena, poiché Dio non perdona chi è omicida.
C'è chi obietta che, finché si è in cammino, si ha tempo di pentirsi.
Ma io esorto chi pensa così, a correggersi, e, una volta che si sia corretto, potrà anche correggere il fratello.
Ora invece gli rimprovera colpe lievi, mentre lui commette colpe gravi: Osservi la pagliuzza nell'occhio del fratello mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo. ( Mt 7,3 )
Queste parole il Signore pronuncia proprio per coloro che si scagliano a biasimare con odio; rimproverano chi si è lasciato prendere dall'ira, mentre essi si consumano nell'odio.
Ma poniamo sulla bilancia ira e odio per valutarli: l'ira è un ribollimento dell'animo che sconvolge per un momento; l'ira che diventa inveterata, produce odio.
L'ira dunque corrisponde alla pagliuzza: questa crescendo diventa trave, l'ira che invecchia diventa odio.
Chi dunque per odio scaglia rimproveri contro chi si adira, prova sdegno per la pagliuzza che vede nell'altro, mentre non si sdegna della trave che ha ancora in sé.
Potete capire la differenza considerando come sia frequente che un padre si adiri con un figlio, mentre è difficile che provi odio: il padre si adira con il figlio che ama e si può dire che ama e si adira, mentre non si può dire che ama e odia.
Ho fatto questo discorso con coloro che pretendono di punire negli altri colpe lievi, mentre non puniscono le proprie che sono gravi.
La salutare riflessione che abbiamo svolto insieme, carissimi fratelli, ci sollecita a fare amicizia con colui che è il nostro accusatore, mentre siamo in cammino con lui.
Mi riferisco alla parola di Dio alla quale dobbiamo conformarci finché siamo ancora in questa vita, perché, una volta usciti da questo mondo, non ci resterà spazio per una riconciliazione o una riparazione: allora ci attenderà il giudice, e la guardia, e il carcere.
Perché con l'aiuto di Dio possiamo condurre a termine il nostro impegno in questa vita, dobbiamo amare con tutto il cuore non solo coloro che ci sono amici ma anche i nemici, perché si compia in noi quello che è scritto: Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso, ( Gal 5,14 ) e anche: La carità copre una moltitudine di peccati. ( 1 Pt 4,8 )
Colui che è la vera carità, si degni di farci questo dono, egli che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen.
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