Esposizione dei Salmi |
Continuando l'esposizione di questo salmo assai ampio, dobbiamo meditare e approfondire, con l'aiuto del Signore, il seguente versetto: La mia anima è stesa sul pavimento; dammi la vita secondo la tua parola.
Cosa vuol dire: La mia anima è stesa sul pavimento? Lo si ricava dal seguito.
Dicendo infatti: Dammi la vita secondo la tua parola, in quello che precede ( cioè quando dice: La mia anima è stesa sul pavimento ) esprime la causa che l'induce a chiedere d'essere riportato in vita.
Chiede di tornare in vita perché la sua anima era stesa al suolo.
Sarebbe quindi sorprendente che le sue parole si riferissero a un bene.
In altri termini l'intera frase non significa altro che: "Io sono morto, ridammi la vita".
Ma allora cos'è quel pavimento [ su cui è prostrato ]?
Se volessimo raffigurarci il mondo come un'immensa casa, troveremmo che il cielo è, per così dire, la volta, mentre la terra ne è il pavimento.
Pertanto il salmista esprime la volontà di essere liberato dall'asservimento alle cose terrene per poter dire con l'Apostolo: La nostra dimora è nel cielo. ( Fil 3,20 )
Sa infatti che l'attaccamento alle cose terrene è morte per l'anima e, contro questa sventura, egli chiede di vivere con le parole: Dammi la vita.
Il salmista aveva detto poc'anzi parole da cui traspariva piuttosto la sua unione con Dio, e non che fosse disteso sul pavimento: parole che indicavano come la sua dimora fosse non fra le cose terrene ma fra quelle celesti.
In tale contesto dobbiamo qui indagare come convengano a lui le parole di questo versicolo.
Come infatti può dirsi che stia immerso in cose terrene uno che dice: Il tuo servo però si esercitava nelle vie della tua giustizia; difatti le tue testimonianze sono la mia meditazione e le tue prescrizioni la norma delle mie scelte? ( Gb 7,1 )
Queste sono le parole che precedono il nostro versicolo, dove, sviluppandosi il discorso, si afferma: La mia anima è stesa sul pavimento.
Non dovremo quindi per caso intendere il testo nel senso che l'uomo, per quanto abbia progredito nelle vie del Signore, porta sempre con sé quell'inclinazione, insita nella sua carne mortale per cui si sente portato alle cose di questo mondo, le quali costituiscono per lui una continua tentazione finché rimane sulla terra? ( 2 Cor 4,16 )
Da questa condizione di morte se uno con perseveranza cerca di sottrarsi, si può dire di lui che ogni giorno rivive; e sorgente della sua vita è colui che con la sua grazia lo rinnova di giorno in giorno nell'uomo interiore. ( 2 Cor 5,6 )
Situazione consimile troviamo anche nell'Apostolo.
Quando diceva: Finché siamo nel corpo siamo esuli dal Signore, ( Fil 1,23 ) e quando esprimeva il desiderio di essere svincolato [ dal corpo ] per essere con Cristo, era come se la sua anima fosse stesa sul pavimento.
Inoltre per " pavimento " possiamo intendere, senza cadere nell'assurdo, il nostro corpo in quanto tratto dalla terra.
Difatti, siccome il corpo è corruttibile e appesantisce l'anima, ( Sap 9,15 ) a buon diritto finché si è uniti ad esso si geme e si grida a Dio: La mia anima è stesa sul pavimento; dammi la vita secondo la tua parola.
Questo non vuol dire che nell'eternità noi saremo con Dio senza il nostro corpo. ( 1 Ts 4,12-16 )
Saremo col corpo; ma siccome esso sarà incorruttibile, non appesantirà l'anima; e quindi, se riflettiamo bene, non saremo noi che ci abbasseremo per unirci al corpo, ma sarà il corpo che si unirà a noi come noi a Dio.
Di questo parlava quell'altro salmo che diceva: È per me cosa buona stare unito a Dio. ( Sal 73,28 )
Il nostro corpo pertanto vivrà di noi tenendosi unito a noi; noi poi vivremo di Dio, poiché cosa buona è per noi stare uniti a Dio.
Quanto invece all'unione a cui si riferiscono le parole del salmo: La mia anima è stesa sul pavimento, mi sembra che non sia quella esistente fra l'anima e il corpo ( sebbene alcuni abbiano proposto questa interpretazione ) ma quell'inclinazione deteriore per la quale la carne nutre brame opposte a quelle dello spirito. ( Gal 5,17 )
Ora, se s'intendono nel senso giusto le parole: La mia anima è stesa sul pavimento; dammi la vita secondo la tua parola, chi pronuncia questa invocazione non chiede di essere liberato dal corpo mortale mediante la morte fisica ( cosa riservata all'ultimo giorno della presente vita mortale, il quale non può essere distante se la vita nel suo insieme è tanto breve! ), ma chiede che la concupiscenza che si ribella contro lo spirito perda continuamente vigore.
Viceversa, deve svilupparsi costantemente il desiderio che lo spirito nutre contro la carne, sicché alla fine l'una si estingua totalmente in noi mentre l'altro ha da raggiungere la perfezione ad opera dello Spirito Santo che ci è stato donato.
A ragione non dice: Dammi la vita secondo il mio merito ma secondo la tua parola, vale a dire, secondo la tua promessa.
Vuole essere un figlio della promessa, non un orgoglioso, affinché rimanga stabile anche per lui la promessa, frutto della grazia, che dovrà estendersi all'intera figliolanza.
Così infatti suona la parola della promessa: Da Isacco prenderà nome la tua posterità; cioè: Non sono figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza saranno considerati i figli della promessa. ( Rm 9,7-8; Gen 21,12 )
In realtà, cosa fosse il salmista di per se stesso lo dichiara nelle parole che seguono.
Ti ho palesato le mie vie - dice - e tu mi hai esaudito.
È vero che alcuni codici leggono: Le tue vie, ma la maggioranza, soprattutto dei greci, legge: Le mie vie, senza dubbio cattive.
Non mi sembra quindi che voglia dir altro che questo: " Io ti ho confessato i miei peccati e tu mi hai esaudito, cioè me li hai perdonati ".
Insegnami le vie della tua giustizia.
Io ti ho confessato i miei traviamenti e tu me li hai totalmente perdonati; ora insegnami tu le tue vie.
Insegnamele in modo che le traduca in opere, e non soltanto perché io sappia cosa debba fare.
Come infatti del nostro Signore si dice che non ha conosciuto il peccato, ( 2 Cor 5,21 ) intendendosi con questo che non lo ha commesso, così dell'uomo si dice che conosce veramente la giustizia quando la pratica.
È questa la preghiera di uno che sta avanzando [ nel bene ].
Se infatti non avesse incominciato per nulla a praticare la giustizia, non potrebbe esprimersi con le parole dette sopra: Il tuo servo si esercitava nelle vie della tua giustizia. ( Gb 7,4 )
Se quindi dal Signore vuol apprendere le sue vie, non saranno certamente quelle in cui già si viene esercitando; è un desiderio di giungere, dalla mèta conseguita, ad altre superiori progredendo o, per così dire, crescendo in tale direzione.
Continuando dice: Suggeriscimi la tua via la via della tua giustizia o - come leggono alcuni codici - insegnami: senso che traspare più chiaramente dal testo greco ove si ha: Fammi comprendere.
E io mi eserciterò nelle tue meraviglie.
Chiama meraviglie di Dio le conquiste più ampie che egli intende raggiungere progredendo nella via della giustizia.
Riteniamo quindi che nella giustizia divina ci siano delle vie talmente mirabili che non si possano battere, a causa dell'umana fragilità, da quanti non ne abbiano fatto esperimento.
Il Salmista è provato: si sente in certo qual modo oppresso dalla loro stessa difficoltà, e quindi insiste: Per il tedio la mia anima si è addormentata; rafforzami nelle tue parole.
Che significa: Si è addormentata, se non che un freddo l'ha intirizzita al segno che essa ricusa di sperare quelle promesse che prima aveva fiducia di conseguire?
Ma continua: Rafforzami nelle tue parole, sicché non abbia ad addormentarmi né decada da quelle mete che mi sento d'aver conseguito.
Rafforzami dunque nelle tue parole, che io già posseggo e pratico, affinché sulla loro base progredendo possa tendere ad altre mete.
Ma cos'è che impedisce all'uomo d'avanzare sulla via della giustizia divina e di raggiungerne facilmente le mirabili o altezze?
Che cosa, se non quel che [ il salmista ] nel verso successivo invoca gli venga sottratto?
Eccolo infatti dire: Allontana da me la via dell'iniquità.
E siccome la legge delle opere subentrò perché il delitto raggiungesse il colmo3, ( Rm 5,20 ) egli proseguendo esclama: E nella tua legge abbi pietà di me.
In quale tua legge se non quella della fede? Ascolta l'Apostolo: Dov'è dunque il tuo vanto? È eliminato.
In forza di quale legge? Forse quella delle opere? No, ma per la legge della fede. ( Rm 3,27 )
Per questa legge della fede noi crediamo e preghiamo Dio che con la sua grazia ci doni la possibilità di compiere quel bene che con le nostre forze non siamo in grado di compiere; e non succeda che noi, ignorando la giustizia di Dio e volendo stabilire una nostra giustizia, ci sottraiamo alla giustizia di Dio. ( Rm 10,3 )
In una parola, nella legge delle opere si esplica la giustizia di Dio che comanda, nella legge della fede al contrario la misericordia di Dio che soccorre.
Dopo aver detto: E nella tua legge abbi pietà di me, considerando come in prescrizione ( se è lecito esprimersi così ) i benefici divini ormai ottenuti, passa a chiedere quelli che gli resta ancora da ottenere.
Dice: La via della verità ho scelto, i tuoi giudizi non dimentico.
Mi sono attaccato alle tue testimonianze; o Signore, non farmi arrossire.
Ho scelto la via della verità per correre in essa; non dimentico i tuoi giudizi, per i quali sono in grado di correre.
Mi sono attaccato alle tue testimonianze mentre correvo.
O Signore, non farmi arrossire, ma fa' che io tenda continuamente alla meta della mia corsa e vi giunga.
Non conta infatti né colui che vuole o né colui che corre, ma Dio che usa misericordia. ( Rm 9,16 )
E prosegue: Ho corso nella via dei tuoi comandamenti quando tu dilatasti il mio cuore.
Non avrei corso se tu non mi avessi dilatato il cuore.
In questo verso si descrive in base a che abbia potuto dire prima: La via della verità ho scelto, i tuoi giudizi non dimentico; mi sono attaccato alle tue testimonianze.
Si tratta di una corsa nella via dei comandamenti di Dio; e il salmista l'ascrive non ai meriti propri ma ai numerosi benefici di Dio.
Immagina che gli venga chiesto: Come hai fatto a percorrere codesta via? Come l'hai scelta?
E come sei riuscito a non dimenticare le disposizioni di Dio e ad aderire alle sue testimonianze?
L'hai forse fatto con le tue forze? No, risponde.
Come allora? Eccotelo! Io ho corso nella via dei tuoi comandamenti - dice - quando tu dilatasti il mio cuore.
Non dunque in forza del mio libero arbitrio, il quale sarebbe stato, per così dire, autosufficiente e non bisognoso del tuo soccorso, ma quando tu dilatasti il mio cuore.
La dilatazione del cuore altro non è che il gusto per la giustizia; e questo è un dono di Dio, mediante il quale camminiamo nei suoi precetti non compressi dal timore ma dilatati dall'amore e dall'attrattiva della giustizia.
È questa dimensione della giustizia che ci promette Dio quando dice: Io abiterò in mezzo a loro e vi camminerò. ( 2 Cor 6,16 )
Quanto dev'essere spazioso il luogo dove cammina Dio!
Data poi una tale ampiezza, si diffonde nei nostri cuori la carità ad opera dello Spirito Santo che ci è stato donato. ( Rm 5,5 )
Per cui è anche scritto: Le tue acque scorrano nelle tue piazze. ( Pr 5,16 )
Infatti " piazza " è un nome che, stando all'etimo greco, deriva da " larghezza ", cioè da πλατύ, che vuol dire spazioso.
A proposito di tali acque il Signore gridava: Chi ha sete venga a me; e ancora: Chi crede in me, dal suo intimo scaturiranno fiumi di acqua viva.
E l'Evangelista, spiegando il significato dell'espressione, scriveva: Diceva questo riguardo allo Spirito che avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in lui. ( Gv 7,37-38 )
Si potrebbero dire molte altre cose su questa dilatazione del cuore, ma già siamo oltre il limite consentito al presente discorso.
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