Esposizione dei Salmi |
Ecco il testo di questo lungo salmo che con l'aiuto del Signore dobbiamo esaminare ed esporre.
O Signore, imponimi la [ tua ] legge, [ palesami la ] via che conduce alla tua giustizia, e io la ricercherò sempre.
Dice l'Apostolo: La legge non fu posta per i giusti ma per gli ingiusti e i ribelli e gli altri che elenca fino al punto dove dice: E per tutto quanto ( se ce n'è ancora ) si oppone alla sana dottrina, cioè alla dottrina conforme a quel Vangelo del la gloria del Dio beato che è stato affidato a me 1. ( 1 Tm 1,9-11 )
Orbene, l'uomo che esclama: O Signore, imponimi la legge, era forse simile a coloro ai quali il beato Paolo dice che fu necessario imporre la legge? No davvero!
Se infatti fosse stato così peccatore, non avrebbe potuto dire più sopra: Ho corso nella via dei tuoi comandamenti, quando tu dilatasti il mio cuore.
In che senso allora prega che il Signore gli imponga la legge, se la legge non si può imporre al giusto?
O non sarà piuttosto vero che la legge non viene imposta al giusto allo stesso modo come venne imposta a quel popolo ostinato, al quale la si diede scritta in tavole di pietra ( Es 31,18 ) e non su tavole di cuori umani? ( 2 Cor 3,3 )
Sì, la legge che si esclude dal giusto è la legge tipo quella del Vecchio Testamento, stipulato sul monte Sinai e che genera alla schiavitù. ( Gal 4,24 )
Non è la legge che si adegua al Nuovo Testamento, del quale scriveva il profeta Geremia: Ecco venire i giorni - oracolo del Signore - e io stringerò con la casa di Israele e la casa di Giuda una nuova alleanza: non un'alleanza alla maniera di quella che avevo stretta coi loro padri, nel giorno che li presi per mano per condurli fuori dalla terra di Egitto, alleanza che essi violarono e [ per questo ] io li abbandonai, dice il Signore.
Ma questa sarà l'alleanza che io stringerò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore; Io metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò nel loro cuore. ( Ger 31,31 )
In questo senso il salmista vuole che il Signore gli imponga la legge.
Non come fu imposta agli ingiusti e ai ribelli del Vecchio Testamento, cioè su tavole di pietra, ma come viene data ai santi, ai figli della donna libera, cioè della Gerusalemme celeste: i quali sono figli della promessa, figli dell'eredità eterna.
A loro la legge viene comunicata interiormente e scritta nel cuore dallo Spirito Santo che opera come dito di Dio.
Non sarà una legge che essi manderanno a memoria senza curarsene nella vita, ma una legge che conosceranno con la mente e tradurranno in opere mediante la forza dell'amore.
Agiranno infatti mossi dall'amore che dilata, non dal timore che opprime.
È certo che chi compie le opere della legge per timore della pena e non per amore della giustizia agisce contro voglia e, se fosse possibile, vorrebbe che tali opere non gli fossero comandate per niente.
In tal modo però non può dirsi amico della legge, che vorrebbe abolita; ne è infatti nemico, né può essere santificato con le opere essendo impuro nella volontà.
Un uomo come questo non potrà mai dire le parole che poc'anzi pronunziava il salmista: Ho corso nella via dei tuoi comandamenti, quando tu dilatasti il mio cuore. ( Sal 119,32 )
Questa dilatazione del cuore è infatti l'amore, che, secondo l'Apostolo, è la pienezza della legge. ( Rm 13,10 )
In qual modo il salmista invoca che gli sia imposta la legge che già ha
ricevuta, poiché senza di essa
non avrebbe potuto correre con cuore dilatato sulla via dei comandamenti di Dio?
Ma egli parla da persona ormai avanti [ nelle vie della giustizia ], da persona consapevole che il suo progresso è dono di Dio.
Pertanto, se ancora chiede che gli sia imposta la legge, cosa mai potrà chiedere se non un progresso ulteriore nella stessa legge?
È come quando tu tieni in mano un bicchiere pieno e t'appresti a darlo ad un assetato: egli lo vuota bevendo e col desiderio ti chiede [ che glielo riempia ancora ].
Quanto alla legge, quei trasgressori e ribelli ( 1 Tm 1,9 ) per i quali viene scritta su tavole di pietra, essa non li renderà certo figli della promessa ma li costituirà rei di violazione deliberata.
Né molto diversamente è dell'uomo che, consapevole della legge, rifiuta di amarla: anch'egli è in qualche modo colpevole, in quanto il ricordo della legge è per lui come una pietra, su cui la legge stessa è scolpita, ma è una pietra che lo schiaccia, non che lo adorna; è un peso opprimente, non un titolo onorifico.
Questa legge nel salmo è chiamata via che conduce alla giustificazione divina, ne è diversa dalla via dei comandamenti che l'autore ha già prima confessato d'aver percorso quando il suo cuore era dilatato.
Egli dunque ha corso; ma corre ancora finché non abbia conseguito la palma della chiamata celeste rivoltagli da Dio. ( Fil 3,14 )
E per concludere notiamo come egli, dopo aver detto: O Signore, imponimi la [ tua ] legge, la via che conduce alla tua giustizia, aggiunge: E io la cercherò sempre.
In che senso potrà ricercare una cosa che già possiede?
Non sarà forse perché, pur avendola quando la mette in pratica, la cerca ancora per progredirvi?
Ma che significa: Sempre? Forse che la ricerca non avrà fine, come quando diceva: La sua lode sarà sempre sulla mia bocca? ( Sal 34,2 )
Le quali parole significano che mai avrà fine la lode [ del Signore ].
Infatti senza fine loderemo Dio quando saremo giunti al suo regno eterno, come sta scritto: Beati coloro che abitano nella tua casa; essi ti loderanno nei secoli dei secoli. ( Sal 84,5 )
O forse sempre è stato detto in riferimento alla vita presente perché è in tutta la vita che si deve progredire?
Dopo la vita presente, al contrario, sarà stabilizzato nella perfezione colui che in questa vita doveva progredire.
In termini analoghi è detto di certe donne che stanno sempre imparando; solo che esse imparano dottrine perverse, per cui proseguendo il sacro autore dice: Ma non pervengono mai alla verità. ( 2 Tm 2,7 )
Viceversa, colui che quaggiù progredisce senza soste dal bene al meglio arriverà alla meta dove tendono i suoi sforzi ed ivi non avrà più da progredire perché chi è perfetto gode d'una stabilità senza fine.
Inoltre, anche di quelle donne di cui è detto che stanno sempre imparando, bisogna precisare che esse non potranno dopo morte continuare ad apprendere le cose inutili e vane di prima, poiché a scuole di tal fatta non succederanno scuole eterne ma pene eterne.
In breve, quaggiù, finché si compiono progressi nella legge di Dio, la si ricerca mediante il desiderio di conoscerla e di amarla; nell'aldilà se ne ha la pienezza e di essa si gode, e nulla rimane da ricercare ancora.
In questo senso fu detta anche quella frase: Cercate sempre il suo volto. ( Sal 105,4 )
A cosa si riferisce, pertanto, quel sempre, se non al tempo presente?
Infatti nell'eternità, quando vedremo Dio faccia a faccia, ( 1 Cor 13,12 ) non cercheremo più il suo volto.
Con altra accezione, se è giusto parlare di continua ricerca quando si ama una cosa senza provarne stanchezza e ci si industria per non perderla, è esatto anche dire che sempre, in maniera assoluta, senza fine noi ricercheremo la legge, cioè la verità, di Dio.
Lo si dice in questo stesso salmo: La tua legge è verità.
E riguardo alla verità, la si ricerca ora per ottenerla; dopo la si possederà senza mai abbandonarla.
In senso analogo, dello Spirito di Dio si dice che scruta ogni cosa, anche le altezze di Dio: ( 1 Cor 2,10 ) non certo per trovare cose a lui ignote, ma perché non c'è assolutamente nulla che sfugga alla sua conoscenza.
Si inculca a noi con estremo vigore la necessità della grazia di Dio quando ascoltiamo, da uno che conosce la legge del Signore secondo la lettera, chiedere che ancora gli venga imposta una legge.
In realtà il Salmista, sapendo che la lettera uccide mentre lo Spirito dà vita, ( 2 Cor 3,6 ) prega che gli sia dato lo Spirito per realizzare nella pratica ciò che mediante la lettera conosce, affinché non gli succeda che, conoscendo il precetto e non potendolo osservare, gli si aggiunga alle altre la colpa della prevaricazione.
Notiamo a questo punto che nessuno, se non ha ricevuto dal Signore il dono dell'intelletto, è in grado di conoscere adeguatamente la legge, cioè di comprendere cosa si prefigga la legge, per quale ragione sia stata imposta anche a coloro che non l'avrebbero osservata e che vantaggio abbia l'essere la legge subentrata perché abbondasse il delitto. ( Rm 5,20 )
Avendo dinanzi allo sguardo questa problematica prosegue dicendo: Dammi l'intelletto e scruterò la tua legge, e la custodirò con tutto il mio cuore.
Quando uno ha scrutato la legge e ne ha raggiunto le sommità, dalle quali essa totalmente dipende, deve necessariamente amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente e il prossimo come se stesso.
Da questi due precetti infatti dipendono tutta la Legge e i Profeti. ( Mt 22,37 )
Un tale risultato sembra promettere [ il salmo ] con le parole: E io la custodirò con tutto il mio cuore.
5 - [v 35.] Per una tale conquista non gli sono sufficienti le proprie forze ma dev'essere aiutato da colui che, dopo avergli dato il precetto, lo sostenga nell'adempiere il precetto stesso.
Per questo dice: Conducimi lungo il sentiero dei tuoi comandamenti, perché questo [ sentiero ] io ho prescelto.
Insufficiente è la mia volontà se tu non mi conduci alla meta che mi sono prefisso.
Si riferisce senza dubbio al sentiero, cioè alla via, dei comandamenti di Dio nella quale più avanti diceva di correre col cuore dilatato dal Signore; e se la chiama sentiero, è perché si tratta della via stretta che conduce alla vita, ( Mt 7,14 ) in essa però, per quanto sia stretta, non corre se non chi ha largo il cuore.
Il salmista è un proficiente, uno che ancora ha da correre; e per questo implora l'aiuto di Dio con cui arrivare alla meta, perché il successo non è di chi vuole né di chi corre ma di Dio che usa misericordia. ( Rm 9,16 )
Ancora. Siccome lo stesso volere è di Dio che lo opera in noi ( Fil 2,13 ) - dal Signore infatti viene preparata la volontà -, per questo prosegue e dice: Piega il mio cuore verso le tue testimonianze e non verso l'avarizia.
Che significa avere il cuore rivolto ad una cosa se non volere quella tal cosa?
Egli dunque già prima la voleva, e ora prega per volerla.
La voleva quando diceva: Conducimi nel sentiero dei tuoi comandamenti, perché questo ho prescelto; prega per volerla ancora quando dice: Piega il mio cuore verso le tue testimonianze e non verso l'avarizia.
Ovviamente prega per divenire più perfetto nella scelta della sua volontà.
Quanto alle testimonianze di Dio, cos'altro sono se non le attestazioni che Dio dà di se stesso?
Infatti la testimonianza è qualcosa che serve a provare, e pertanto attraverso le testimonianze di Dio sono provate le vie della sua giustizia e i suoi comandamenti.
Ogni cosa che Dio vuole farci accettare ce la presenta convalidata con le sue testimonianze.
È verso queste testimonianze che il salmista chiede gli sia orientato il cuore, non verso l'avarizia.
Infatti con le sue testimonianze Dio si propone di ottenere che noi lo serviamo disinteressatamente, mentre l'avarizia, radice di tutti i mali, tende proprio ad impedirci questo servizio.
Nel nostro salmo l'avarizia è chiamata con un termine greco che permette di intenderla nella accezione più ampia e cioè nel senso di desiderio smodato di possedere.
Infatti πλεον corrisponde al latino plus ( = più ) ed έξις significa habitus ( = abitudine ) derivando dal verbo habere ( = avere ).
La πλεονεξία, dunque, deriva da " avere di più ", e i traduttori latini in questo passo scritturale l'hanno resa chi con interesse, chi con utilità, mentre altri meglio con avarizia.
Ora l'Apostolo dice: Radice di ogni male è l'avarizia; ( 1 Tm 6,10 ) ma nel testo greco, dal quale le sue parole sono state prese per essere tradotte nella nostra lingua, non si legge c?,EovE~a, come nel testo del presente salmo, ma φιλαργυρία, termine che significa esattamente " amore al denaro ".
Tuttavia, per interpretare bene le parole dell'Apostolo, occorre supporre che egli, usando questo termine, abbia voluto indicare il genere per la specie: cioè, menzionando l'amore al denaro, si sia voluto riferire all'avarizia in senso generale e universale, la quale è veramente la radice di tutti i mali.
Tant'è vero che gli stessi progenitori non sarebbero stati ingannati dal serpente né decaduti [ dal loro stato ] se non avessero ambito di possedere più di quanto avevano ricevuto e di diventare superiori a quello che erano per creazione.
Infatti questo avanzamento aveva loro promesso il serpente quando aveva detto: Sarete come dei. ( Gen 3,5 )
Per tale πλεονεξία dunque andarono in rovina.
Volendo ottenere più di quanto non avevano ricevuto, persero anche quello che avevano ricevuto.
Traccia di questa verità, che è ormai patrimonio universale, è quel costume introdotto nel diritto forense per cui una causa cessa quando si chiede più [ del dovuto ].
Cioè: quando uno pretende più di quello che gli è dovuto perde anche quello che gli spettava.
Quanto a noi, ogni avarizia è debellata quando si serve Dio con disinteresse.
Come il santo Giobbe. A quali sentimenti lo incitava l'antico avversario quando nell'incalzare della tentazione diceva di lui: Forse che Giobbe serve Dio gratuitamente? ( Gb 1,9 )
Il diavolo immaginava che quell'uomo giusto nel servire Dio avesse il cuore piegato all'avarizia e, soddisfatto dei vantaggi e dell'utilità che gli provenivano dai beni temporali di cui il Signore l'aveva colmato, servisse Dio da mercenario, cioè in vista di tali emolumenti.
Quando fu raggiunto dalla tentazione si poté constatare in che misura fosse disinteressato il culto che Giobbe rendeva a Dio.
Allo stesso modo per noi. Se non abbiamo il cuore rivolto all'avarizia, serviremo Dio unicamente per suo amore, in modo cioè che del culto a lui prestato lui solo sia la ricompensa.
Amiamo dunque il Signore! Amiamolo in se stesso e in noi, e amiamolo nel nostro prossimo, che dobbiamo amare come noi stessi o perché è già in possesso di Dio o perché vogliamo che lo possegga.
E siccome questo [ atteggiamento spirituale ] ci viene dato per un dono di Dio è esatto che gli si dica: Piega il mio cuore verso le tue testimonianze e non verso l'avarizia.
Le parole successive debbono però essere trattate in un altro discorso.
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