Esposizione dei Salmi |
Confessate al Signore perché è buono, perché la sua misericordia [ dura ] in eterno.
Questo salmo ha come argomento la lode di Dio e tutti i suoi versi terminano con la stessa conclusione.
A lode di Dio si dicono molte cose, tuttavia quel che si sottolinea con maggiore insistenza è la sua misericordia.
Tant'è vero che l'autore ad opera del quale lo Spirito Santo compose il salmo non volle chiudere alcun verso senza farvi esplicito riferimento.
Abbiamo esposto il salmo centocinque, che comincia proprio come il nostro, ma nel codice che io leggevo non c'era: La sua misericordia [ dura ] in eterno, ma: Nel secolo; ( Sal 106,1 ) e in quell'occasione mi ricordo d'aver esaminato il problema di cosa intendere con quelle parole.
Nel greco infatti si ha είς ρτόν αίώνα che può rendersi tanto con Nel secolo quanto con In eterno.
Quanto vi esposi in quella circostanza, secondo le mie capacità, sarebbe lungo ripeterlo quest'oggi; e poi nel salmo presente nemmeno il codice da cui leggo ha: Nel secolo ( come invece leggono parecchi altri ), ma: La sua misericordia [ dura ] in eterno.
A questo proposito sembrerebbe doversi ritenere che dopo il giudizio non ci sarà più alcuno di cui Dio possa avere misericordia.
Giunta infatti la fine del mondo e compiuto il giudizio dei vivi e dei morti, i giusti saranno mandati alla vita eterna e i malvagi nel tormento del fuoco eterno. ( Mt 25,46 )
Eppure è esatta l'interpretazione secondo la quale la misericordia di Dio potrà durare in eterno.
Sarà la misericordia che egli riverserà sui santi e gli eletti: non nel senso che essi saranno miseri in eterno e quindi per tutta l'eternità avranno bisogno di misericordia, ma nel senso che la loro stessa beatitudine è un dono della misericordia divina.
Tale misericordia egli usa verso chi era stato misero: lo sottrae alla miseria e gli fa cominciare la vita beata.
Ora, siccome questa beatitudine sarà senza fine, è vero che la misericordia di lui [ dura ] in eterno.
È per misericordia di Dio se siamo diventati giusti da ingiusti, sani da malati, vivi da morti, immortali da mortali, beati da miseri.
E siccome quel che siamo lo saremo in eterno, per questo la sua misericordia [ dura ] in eterno.
Pertanto, confessate al Signore ( cioè: lodate il Signore proclamandone la magnificenza ) perché è buono.
Né per una tale confessione ripromettetevi una ricompensa temporale.
In eterno [ dura ] la sua misericordia.
Cioè: Sarà eterno il dono che egli misericordiosamente vi accorderà.
Le parole: Perché è buono trovano rispondenza nell'άγαθός del greco; a differenza del salmo centocinque, la cui lezione: Perché è buono ( Sal 106,1 ) nel greco corrispondeva a χρηστός ragione per cui qualche traduttore l'ha reso con: Perché è soave.
Quanto poi ad άγαθός si dice di uno che è buono non in qualsiasi modo ma in misura superlativa.
Continua: Confessate al Dio degli dèi, poiché la sua misericordia [ dura ] in eterno.
Confessate al Signore dei signori, poiché la sua misericordia [ dura ] in eterno.
A buon diritto si pone il problema chi siano questi dèi e signori dei quali l'unico vero Dio sia dio e signore.
Al riguardo troviamo in un altro salmo che anche agli uomini si dà il nome di dèi.
Dice: Dio s'alzò in piedi nel consesso degli dèi, e in mezzo egli distingue gli dèi.
E poco dopo: Io ho detto: Siete dèi e figli tutti dell'Altissimo, ma voi morrete come uomini e cadrete come uno dei principi. ( Sal 82,1.6-7 )
A questo testo fa riferimento anche nostro Signore quando dice nel Vangelo: Non è scritto nella vostra legge: Io dissi: Voi siete dèi? ( Sal 82,2 )
Se chiama dèi quelli a cui fu rivolta la parola del Signore - e la Scrittura non può essere annullata - a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite che bestemmia perché ho detto: Sono figlio di Dio? ( Gv 10,34 )
Li chiama dunque dèi non perché tutti siano buoni ma perché è ad essi rivolta la parola di Dio.
Se infatti fossero stati buoni, non se ne sarebbe potuto fare alcun giudizio.
Premesso invece che Dio si alzò in piedi nel consesso degli dèi, non continuò dicendo che egli lì fra mezzo distingue gli dèi e gli uomini, quasi a mostrare la differenza che intercorre fra dèi e uomini, ma dice: Lì in mezzo egli distingue gli dèi.
E poi soggiunge: Fino a quando giudicherete iniquamente? eccetera.
Tutto questo lo dice non a tutti ma a certuni soltanto poiché lo dice operando una discriminazione, e tuttavia questa discriminazione è compiuta in mezzo agli dèi.
Ammesso però che vengano chiamati dèi gli uomini ai quali Dio dirige la parola, è spontaneo chiedersi se si debbano chiamare dèi anche gli angeli, tenendo presente che ai giusti e ai santi è riservata come sommo dei premi l'uguaglianza con gli angeli.
Stando alle Scritture, veramente non saprei se si possa trovare un passo esplicito in cui gli angeli siano chiamati dèi.
C'è si un passo in cui si dice del Signore Dio che è terribile sopra tutti gli dèi, ma esponendo il motivo dell'affermazione subito prosegue: Poiché tutte le divinità del paganesimo sono demoni.
Sono questi gli dèi al di sopra dei quali, a quanto afferma il salmo, Dio è terribile nei suoi santi, da lui trasformati in cielo e resi terribili ai demoni.
Così infatti continua: Il Signore ha fatto i cieli.
Non si parla quindi di dèi senza ulteriori determinazioni ma degli dèi del paganesimo, che sono demoni.
Nel testo precedente aveva detto che egli è terribile sopra tutti gli dèi, senza precisare che si riferiva agli dèi del paganesimo, sebbene proprio a loro si riferiva, come dimostrano le parole aggiunte: Poiché gli dèi del paganesimo sono demoni. ( Sal 96,4 )
Si osserva a questo proposito che nell'ebraico non è scritto così ma: Gli dèi delle genti sono simulacri.
Se ciò è vero, si deve tuttavia prestar più fede ai Settanta, che hanno interpretato [ la parola di Dio ] illuminati dallo Spirito Santo cioè quello stesso Spirito Santo ad opera del quale furono scritte le parole contenute nel testo ebraico.
A un intervento dello Spirito Santo, che è sempre lo stesso, si deve l'affermazione secondo la quale gli dèi del paganesimo sono demoni.
Per tale interpretazione noi possiamo avere anche il senso esatto dell'originale ebraico dove si dice che gli dèi delle genti sono simulacri, notando che con " demoni " ci si riferisce a ciò che il simulacro contiene.
Quanto infatti ai simulacri in se stessi, in greco chiamati idoli ( nome di cui ormai ci si serve anche in latino ), è ovvio che pur avendo occhi non vedono, e tutto il resto che di loro viene detto [ nel salmo ].
Essendo privi di attività sensoriale, non possono nemmeno provare la paura poiché solo chi ha sensibilità è capace di essere spaventato.
In che senso dunque si dice del Signore che è terribile al di sopra di tutti gli dèi, poiché gli dèi delle genti sono simulacri, se per " simulacri " non si intendono, i demoni, i quali sono certo capaci di sentire la paura?
Analogamente anche quanto diceva l'Apostolo, e cioè: Noi sappiamo che l'idolo non è nulla, ( 1 Cor 8,4 ) lo diceva riferendosi all'elemento materiale dell'idolo, che è privo di sensibilità.
In effetti, per impedire che si pensasse non essere [ nell'idolo ] alcuna entità viva e dotata di facoltà sensibili e quindi capace di godere dei sacrifici offertile dai pagani, aggiungeva: Ciò che i gentili, sacrificano, è sacrificato ai demoni e non a Dio; e io non voglio che voi siate, in comunione, con i demoni. ( 1 Cor 10,20 )
Resta, in conclusione, confermato il fatto che mai nella Scrittura agli angeli si dà il nome di " dèi " e di ciò mi sembra d'intuire anche il motivo fondamentale.
Si è voluto così impedire, che gli uomini si abituassero a tributare ai santi angeli un ministero o un culto religioso, detto in greco " liturgia " o " latria ", che poi è quel culto che gli stessi angeli non vogliono sia tributato dagli uomini ad altri se non a quel Dio che è il Dio loro e degli uomini.
È molto più vantaggioso quindi chiamarli angeli, che in latino sarebbe " ambasciatori ": non quindi un nome che ne indica la sostanza ma l'ufficio.
Così ci si fa capire con sufficiente chiarezza essere loro volontà che noi pure serviamo quel Dio di cui essi sono messaggeri.
All'intero problema di cui ci stiamo occupando l'Apostolo dà una soluzione breve ma completa quando dice: E sebbene vi siano esseri chiamati dèi, sia in cielo che sulla terra, in quanto vi sono molti dèi e molti signori, tuttavia per noi c'è un solo Dio, il Padre, da cui tutto proviene e noi viviamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale tutto è stato creato e noi per lui esistiamo. ( 1 Cor 8,5-6 )
Confessiamo dunque al Dio degli dèi, al Signore dei signori; poiché la sua misericordia [ dura ] in eterno.
Lui che da solo compie opere e miracoli.
Come alla fine d'ogni versetto dice: Poiché in eterno [ dura ] la sua misericordia, così all'inizio di ogni versetto, sebbene non lo si dica espressamente, occorre sottintendere la parola: Confessate, come appare in maniera più evidente nel testo greco.
E apparirebbe anche in latino se i nostri traduttori avessero potuto rendere alla lettera l'espressione greca.
Questo, ad esempio, l'avrebbero potuto fare nel nostro versetto, traducendo: A colui che compie opere mirabili.
Difatti mentre il latino legge: Colui che compie opere mirabili, il greco reca: A colui che compie opere mirabili, dove necessariamente è sottinteso il verbo: Confessate.
Avessero almeno aggiunto il pronome e detto: A colui che compie, ovvero: a colui che fece, ovvero: a colui che consolidò.
In tal modo si sarebbe potuto arguire con facilità che occorreva sottintendere: Confessate.
Invece, come giace, il nostro testo è veramente oscuro per chi non è in grado di ricorrere al testo greco o non se ne cura.
Si potrebbe addirittura pensare che le espressioni: Chi fece i cieli, Chi consolidò la terra, Chi creò i luminari perché eterna è la sua misericordia, le si debbano intendere nel senso che Dio abbia compiuto tali opere perché eterna è la sua misericordia.
In realtà compito della misericordia divina è liberare quelli che si trovano nella miseria.
Quanto invece alla creazione del cielo, della terra e dei luminari, non dobbiamo concepirla tanto come un effetto della sua misericordia quanto piuttosto della sua bontà, avendo creato perfettamente buone tutte le cose. ( Gen 1,31 )
Egli creò tutte le cose perché avessero un'esistenza, ( Sap 1,14 ) mentre compito specifico della misericordia è purificarci dai peccati e liberarci per l'eternità dalla nostra miseria.
Questo dunque è il senso delle parole che ci rivolge il salmo: Confessate al Dio degli dèi, confessate al Signore dei signori.
Confessate a colui che solo compie opere mirabili, confessate a colui che ha creato i cieli nell'intelletto, confessate a colui che ha fissato la terra sopra le acque, confessate a colui che da solo ha fatto i grandi luminari.
Il motivo poi per il quale dobbiamo confessarlo è indicato alla fine di ogni verso.
Perché in eterno [ dura ] la sua misericordia.
Cosa vuol dire: Egli compie grandi meraviglie da solo?
Si riferisce forse al fatto che molte altre ne compie servendosi di angeli o di uomini?
Ci sono in realtà delle opere grandiose che Dio compie da solo; e sono quelle che elenca continuando il suo dire.
Egli fece i cieli nell'intelletto; egli fissò la terra sopra le acque; egli da solo fece i grandi luminari.
Nell'ultimo aggiunge di nuovo il Da solo, poiché le altre meraviglie di cui parlerà in seguito sono state compiute con la collaborazione dell'uomo.
Appena infatti ha affermato che lui, da solo, ha creato i grandi luminari, subito ci palesa quali siano questi luminari e continua: Il sole che presiede al giorno, la luna e le stelle che presiedono alla notte; ma poi eccolo passare alla enumerazione delle opere che ha compiute mediante gli angeli o gli uomini.
Dice: Egli percosse l'Egitto con i suoi primogeniti, eccetera.
La totalità quindi del mondo creato Dio non l'ha prodotta servendosi di creature ma l'ha creata da solo.
Di questo mondo creato il salmista ricorda solo alcune parti, certo le più sublimi, come sono i cieli tra le creature intelligibili e la terra tra quelle visibili, da cui noi concludessimo alla totalità dell'universo.
Siccome poi ci sono anche i cieli visibili, menzionando espressamente i luminari del cielo ci invita a ritenere creato da lui tutto il mondo celeste.
Si potrebbe porre la questione se con le parole: Egli creò i cieli nell'intelletto, o, come hanno tradotto altri, nell'intelligenza, il salmista abbia davvero inteso riferirsi ai cieli intelligibili.
La frase infatti potrebbe significare che lui, nel suo intelletto o nella sua intelligenza, creò i cieli, che cioè li creò nella sua Sapienza, come altrove è scritto: Hai fatto tutto nella sapienza. ( Sal 104,24 )
In tale interpretazione ci avrebbe insinuato l'esistenza del suo Verbo unigenito.
Se è vero questo, se cioè ammettiamo l'interpretazione che Dio ha creato i cieli nel suo intelletto, perché dirlo soltanto a proposito dei cieli quando si sa che egli con tale Sapienza ha creato tutte le cose?
O non dovremo per caso intendere l'espressione, detta esplicitamente una sola volta, come sottintesa anche nei casi rimanenti?
In tale ipotesi il senso sarebbe questo: Egli creò i cieli nell'intelletto, Egli diede alla terra le sue fondamenta sopra le acque, sottinteso: nell'intelletto.
Egli da solo fece i grandi luminari, il sole che presiede al giorno, la luna e le stelle che presiedono alla notte, sempre nell'intelletto.
Come però può dire che le creò da solo, se le creò nell'intelletto o nell'intelligenza, se intelletto, o intelligenza, significano la Sapienza, cioè il suo Verbo unigenito?
Non dipenderà per caso dal fatto che la Trinità non sono tre dèi ma un solo Dio, e l'affermazione secondo cui Dio creò da solo [ l'universo ] non significherà per caso che Dio nel creare il mondo non si è servito di alcuna [ semplice ] creatura?
Come intendere ora le parole: Egli consolidò la terra al di sopra delle acque?
Non è una questione ben chiara. Difatti la terra risulta più pesante delle acque, per cui è convinzione comune che non le acque reggano la terra ma la terra le acque.
Ci sono a questo proposito certuni che ritengono di aver appurato questi fenomeni e di conoscerli con motivata sicurezza.
Al riguardo noi non vogliamo difendere con accanimento la verità dei nostri Libri sacri contro costoro, ma, comunque stiano le cose, noi riteniamo il significato che ci viene come il più immediato.
Col nome di terra quindi intendiamo la terra abitata dagli uomini e nella quale si trovano gli animali terrestri.
Con altro termine la Scrittura la chiama " superficie arida ", come là dove è scritto: Appaia l'asciutto, e Dio chiamò terra l'asciutto. ( Gen 1,9-10 )
Di questa terra si dice che è fondata sopra le acque nel senso che sovrasta le acque che la circondano.
Anche di una città marittima si dice infatti che sorge sul mare, ma non nel senso che il mare stia sotto le sue fondamenta come lo sono le acque rispetto alle cavità delle grotte [ marine ] o rispetto alle navi che galleggiano in superficie.
Se la si dice posta sul mare, è perché è più in alto rispetto al mare che l'attornia più basso.
In tal senso si dice del faraone che uscì al di sopra delle acque, ( Es 7,15 ) lezione di certi codici greci del testo che qualche traduttore latino ha reso: Vicino alle acque.
Così anche del Signore si dice che sedeva sopra il pozzo. ( Gv 4,6 )
Nell'uno e nell'altro caso significa che si trovavano in posizione più elevata rispetto al fiume o al pozzo a cui erano rispettivamente vicini.
L'espressione: Dio fece i cieli nell'intelletto potrebbe avere anche un altro significato più vicino a noi.
Potrebbe cioè indicare, fra i santi di Dio, coloro che avendo raggiunto la maturità spirituale sono stati da lui forniti non solo del dono di credere ma anche di comprendere le realtà divine.
Viceversa, coloro che non hanno ancora conseguito identici doni ma posseggono esclusivamente una saldissima fede vengono chiamati con nome simbolico " terra ", come chi è al di sotto dei cieli.
Siccome poi con la loro fede inconcussa poggiano sul battesimo da loro ricevuto, per questo si dice: Ha fissato la terra sopra le acque.
Ma proseguiamo. Del Signore Gesù Cristo si trova scritto che in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza. ( Col 2,3 )
Che tra questi due doni, quello della sapienza e l'altro della scienza, ci sia una certa diversità, lo attestano svariati passi scritturali, ma io mi limiterò al più eloquente, cioè a quanto dice il santo Giobbe.
È un testo in cui sembra quasi volersi dare la definizione dell'una e dell'altra.
Ecco le parole: Dio disse all'uomo: "Bada! la sapienza consiste nella pietà, e la scienza consiste nell'astenersi dal male". ( Gb 28,28 )
Col termine sapienza quindi intendiamo, e non senza fondatezza, la conoscenza e una tenerezza amorosa per l'essere che esiste da sempre e rimane per sempre immutabile, cioè per Dio.
Tanto è vero che l'espressione: Ecco, la sapienza consiste nella pietà nel greco suona θεοσέβεια termine che per riprodurlo al completo in latino occorrerebbe renderlo con " culto verso Dio ".
Quanto alla scienza, dice che consiste nell'astenersi dal male.
Ora, cosa vuol dire questo se non comportarsi con cautela e saggezza in mezzo a una gente tortuosa e perversa, ( Fil 2,15 ) come chi proceda nella notte del mondo presente?
Non è forse con l'astenersi dal male che non ci si confonde con le tenebre ma se ne è separati attraverso la luce del proprio carisma?
In ordine a ciò l'Apostolo volendo, in un passo delle sue lettere, mostrare come negli uomini di Dio la varietà dei doni divini vada unita: alla concordia, elencò per primi proprio questi due doni.
Diceva: Ad uno lo Spirito ha dato il linguaggio della sapienza, e a questo corrispondono, credo, le parole del salmo: Il sole, a governare il giorno; e poi: A un altro il linguaggio della scienza secondo il medesimo Spirito, e questo nel salmo equivale a la luna.
Quanto a le stelle; penso che vi si alluda, sia pur vagamente, là dove è detto: Ad uno la fede, nel medesimo Spirito; a un altro il dono delle guarigioni nell'unico Spirito; ad uno le opere di virtù; a un altro la profezia; ad uno il discernimento degli spiriti; ad un altro la diversità delle lingue; ad un altro l'interpretazione delle lingue. ( 1 Cor 12,8 )
Tutti questi doni infatti sono necessari nella notte del tempo presente, sicché trascorsa questa notte, di nessuno ci sarà più bisogno.
Per questo dice: A governare la notte.
Afferma, in conclusione, che [ quegli esseri sono preposti ] al governo o del giorno o della notte, che cioè possano far luce o di giorno o di notte: la qual cosa, riferita ai doni spirituali, è comprensibile in quanto egli ci ha dato il potere di diventare figli di Dio. ( Gv 1,12 )
Colpì l'Egitto con i suoi primogeniti. Colpì il mondo con le cose che nel mondo sono ritenute principali.
Liberò Israele di mezzo a loro. Egli dunque liberò di mezzo ai cattivi i suoi santi e fedeli.
Con mano potente e braccio sublime.
Cosa più potente o più sublime di colui del quale fu detto: E il braccio del Signore a chi è stato rivelato? ( Is 53,1 )
Ha diviso il Mar Rosso in due parti.
La stessa divisione si opera ancora, sicché lo stesso e identico battesimo per gli uni è sacramento di vita, per gli altri di morte.
Ha tratto fuori Israele di mezzo ad esso.
Anche ora trae fuori il suo popolo rinnovato nel lavacro della rigenerazione.
Sprofondò nel Mar Rosso il faraone con tutto il suo esercito.
È nel battesimo che distrugge con rapidità il peccato dei suoi [ eletti ] insieme col reato di colpa che l'accompagna.
Accompagnò il suo popolo nel deserto.
Ci accompagna durante la traversata del tempo presente, arido e infruttuoso, perché non vi moriamo.
Colpì re grandi e uccise re forti. Anche in noi colpisce e uccide le potenze diaboliche a noi ostili.
Seon re degli amorrei. Seon significa "germe inutile" o "calore di tentazione": re di coloro che causano amarezza.
Tale il significato di " amorrei ".
Og re di Basan, Og significa " colui che ammassa ".
Re di " confusione ": tale il senso di Basan.
Cosa infatti può ammucchiare il diavolo se non la confusione?
E ha dato la loro terra in eredità, in eredità ad Israele suo servo.
Egli dà anche oggi coloro che prima erano possesso del diavolo in eredità al discendente di Abramo, cioè a Cristo.
Poiché nella nostra sventura si ricordò di noi.
E ci liberò dai nostri nemici col sangue del suo Unigenito.
Egli nutre ogni carne, cioè l'intero genere umano.
Non quindi soltanto gli israeliti ma anche i pagani.
A proposito di questo cibo è detto: La mia carne è veramente cibo. ( Gv 6,56 )
Confessate al Dio del cielo poiché la sua misericordia [ dura ] in eterno.
Confessate al Signore dei signori, poiché la sua misericordia [ dura ] in eterno.
Quanto all'espressione usata qui, e cioè: Al Dio del cielo, penso che con altro vocabolo abbia voluto esprimere la stessa cosa detta sopra con le parole: Al Dio degli dèi. ( Sal 136,2 )
Difatti le parole che là aggiungeva alle precedenti le ha qui ripetute dicendo: Confessate al Signore dei signori.
Comunque, per quanti esseri ci siano in cielo e sulla terra che vengano chiamati dèi - ci sono infatti molti dèi e molti signori - per noi tuttavia c'è un solo Dio, il Padre, da cui tutto proviene e noi viviamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale tutto è stato creato e noi per lui esistiamo. ( 1 Cor 8,5-6 )
È a lui che noi confessiamo che la sua misericordia [ dura ] in eterno.
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