Esposizione dei Salmi |
Una dolcezza estremamente grande e capace di riempirci di gioia deve arrecarci l'esortazione che ci rivolge il presente salmo, il quale dice: Lodate il nome del Signore.
Subito dopo aggiunge il motivo per cui è doveroso che noi lodiamo il nome del Signore: Lodate, servi, il Signore.
E potrebbe esserci cosa più giusta, più conveniente, più gradita?
Se infatti questi servi si rifiutassero di lodare il Signore, sarebbero superbi, ingrati ed empi.
Inoltre, rifiutandosi di lodare il Signore cosa ottengono se non di esperimentare la sua severità?
Se infatti un servo, mosso da ingratitudine, rifiuta la lode dovuta al suo Signore, non per questo cessa di essere servo.
Sia che lodi [ il Signore ] sia che non lodi, sei sempre suo servo; solo che, se lo lodi te lo rendi propizio, se non lo lodi ne incontri la collera.
Buona ed utile è quindi l'esortazione del salmo, e nostra preoccupazione dev'essere cercare il modo migliore di lodarlo, non avanzare dubbi se lodarlo o no.
Ebbene, lodate il nome del Signore.
Così ci esorta il salmo, così ci esorta il profeta, così lo Spirito di Dio e così lo stesso nostro Signore: dobbiamo lodare il Signore.
Non che Dio si avvantaggi per la nostra lode, ma è nel nostro interesse.
Quanto a Dio, egli non cresce in dignità se lo lodi, né perde prestigio se tu lo offendi.
Sei tu che lodando chi è buono diventi migliore e offendendo chi è buono diventi peggiore.
Egli resta sempre buono com'è.
C'è inoltre un insegnamento divino rivolto a quei servi che si sono acquistati delle benemerenze presso Dio, ai predicatori della sua parola, ai presuli della Chiesa, a quanti venerano il nome di Dio e osservano i suoi comandamenti.
A costoro s'insegna a conservare dentro la propria coscienza la dolcezza della propria vita buona senza lasciarsi corrompere dalle lodi degli uomini né avvilirsi di fronte ai loro insulti.
Ora, colui che imparte un tale insegnamento, quanto più non dovrà essere lui stesso immutabile al di sopra di tutte le cose e non aumentare per le tue lodi né scemare per i tuoi insulti?
Ma poiché è un nostro vantaggio poter lodare il Signore, per un tratto di sua misericordia viene a comandarci di lodarlo, non certo per essere esoso.
Ascoltiamo dunque cosa ci dice: Lodate il nome del Signore; lodate, servi, il Signore.
Essendo servi, non fate nulla di disdicevole quando lodate il Signore; e se foste rimasti sempre ed esclusivamente servi, avreste dovuto lodare lo stesso il Signore; quanto più dovete lodarlo ora che, essendo servi, v'è data la possibilità di diventare figli?
In un altro salmo è scritto: Ai retti si addice la lode. ( Sal 33,1 )
E altrove: Non è bella la lode sulla bocca del peccatore. ( Sir 15,9 )
E ancora: Il sacrificio di lode mi glorificherà, e ivi è la via nella quale gli mostrerò la salvezza di Dio.
Da cui consegue che al peccatore Dio ha detto: Perché tu narri le mie giustizie e sempre hai in bocca il mio patto?
Tu hai in odio la disciplina, e getti dietro a te le mie parole. ( Sal 50,23 )
Riguardo quindi alle parole: Lodate, servi, il Signore, qualcuno potrebbe, forse, pensare che, pur essendo un servo cattivo, la lode rivolta al Signore gli sia vantaggiosa per il fatto di trovarsi entro le mura di quella ben nota casa grande.
Il nostro salmo però si premura di aggiungere la descrizione di come debbano essere coloro che intendono lodare il Signore, e precisa: Voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio.
Voi che state [ saldi ], non voi che precipitate in basso.
Si dice infatti che stanno saldi coloro che perseverano nell'osservanza dei comandamenti, che servono Dio con fede sincera, ferma speranza e carità autentica, che onorano la Chiesa e che non scandalizzano con la propria cattiva condotta coloro che si dispongono ad entrarvi, per i quali quei cattivi costituiscono una pietra d'inciampo.
Suvvia, dunque! Voi che state nella casa del Signore, lodate il nome del Signore.
Siate colmi di gratitudine. Stavate fuori ed ora siete saldamente ancorati dentro.
E vi sembrerà cosa da poco aver conseguito questa stabilità?
E non vi sentirete obbligati a lodare colui che vi ha sollevati dal luogo dove eravate prostrati e vi ha collocati stabilmente nella sua casa, concedendovi di conoscerlo intimamente e di lodarlo?
E sarà un beneficio trascurabile l'abitare stabilmente nella casa di Dio?
E anche al presente, mentre dura il nostro peregrinare, mentre abitiamo in questa casa che chiamiamo pure tenda mobile da pellegrini, se ci è dato [ come ci è dato ] potervi abitare, non dobbiamo essergliene profondamente grati?
Non dobbiamo pensare alla stabilità di tale dimora?
Non dobbiamo ricordare in che condizione ci eravamo ridotti? dove giacevamo e dove siamo stati elevati?
Non dobbiamo ricordare che, essendo tutti empi, nessun uomo più cercava il Signore, e allora il Signore stesso si pose a cercare chi più non lo cercava, e trovatolo lo destò, destatolo lo chiamò, chiamatolo lo fece entrare in casa, dove gli accordò stabile dimora?
Chiunque medita su tutte queste cose, se non è un ingrato, per amore verso il suo Signore dovrà necessariamente deprezzare se stesso e riconoscere l'immensità dei benefici che gli sono stati conferiti.
E siccome non ha come compensare adeguatamente il Signore per benefici così straordinari, cosa gli rimane se non ringraziare senza pretendere di dare un compenso adeguato?
Ora nel dovere di ringraziare rientra anche il prendere il calice del Signore e invocare il suo nome.
Con che cosa infatti potrebbe contraccambiare il Signore un servo che volesse compensarlo di tutti i doni da lui ricevuti? ( Sal 116,12-13 )
Quindi, voi che state nella casa del Signore, negli atri della casa del nostro Dio, lodate il Signore.
Che dirò sul motivo per cui dovete lodare? [ Lodate ] perché buono è il Signore.
Brevemente, anzi con una sola parola, è motivata la lode che dobbiamo tributare al Signore Dio nostro: Buono è il Signore.
Non buono come lo sono le creature, da Dio fatte sovranamente buone: non solo buone ma buone in maniera superlativa.
Egli creò buoni, anzi ottimi, il cielo, la terra e tutte le cose che vi si trovano. ( Gen 1,31 )
Ora se tutte queste creature di Dio sono buone, quanto più non dovrà esserlo il Creatore?
Tuttavia, per quanto buone siano le creature e di gran lunga migliore il Creatore, non troverai alcuna espressione più conveniente nei suoi riguardi che dire: Buono è il Signore.
Basta che questo buono tu lo intenda in maniera assoluta: il Bene da cui derivano gli altri beni.
È stato infatti lui a creare ogni cosa buona, mentre lui è il bene increato.
Egli è buono per un bene che è lui stesso, non per un bene partecipatogli da altri.
È buono di per se stesso, non perché aderisce un altro bene. ( Sal 73,28 )
Quanto a me, è cosa buona aderire a Dio, aderire a uno che non ha bisogno d'altro per diventare buono mentre gli altri per diventare buoni hanno bisogno di lui.
Volete udire in che maniera a lui esclusiva sia egli buono?
Interrogato [ al riguardo ] il Signore affermò: Nessuno è buono all'infuori di Dio solo. ( Mt 19,17 )
Questa maniera unica d'essere buono io non vorrei sorvolarla contentandomi d'una esposizione breve; d'altra parte mi sento impari a inculcarla come si dovrebbe.
Temo d'essere ingrato contentandomi di trattarla alla svelta; come pure temo di uscire affaticato dal peso sovrumano della lode divina, se mi metterò a dirne qualcosa.
Pertanto, fratelli, anche se il mio tentativo di lodare [ Dio ] sarà inadeguato, apprezzate la devozione di chi vuol lodare, anche se non sarà in grado di soddisfare perfettamente alle esigenze della sua lode.
E anche il Signore voglia gradire l'intenzione avuta, perdonandomi la cattiva riuscita.
Una dolcezza, ineffabile mi riempie quando odo che buono è il Signore.
Considero tutte le cose che vedo all'esterno e le scruto con occhio vigile ma, sapendo che tutte derivano da lui, anche se esse mi piacciono corro con la mente al loro Creatore per rendermi conto che [ veramente ] buono è [ solo ] il Signore.
E di nuovo, quando secondo le mie capacità mi sarò avvicinato a lui, lo troverò più intimo a me [ di quanto io non lo sia a me stesso ] e anche superiore a me.
Il Signore infatti è buono in modo tale che non ha bisogno di altri esseri che lo rendano buono.
Se quindi mi metto a lodare le creature non posso lodarle escludendo lui; quanto a lui invece, anche prescindendo dalle creature, lo trovo perfetto, completo, immutabile; vedo che non deve prendere da nessuno il bene che lo maggiori, come pure che non ha da temere alcun male che lo rimpicciolisca.
E che dirò ancora? Tra le creature trovo che buono è il cielo, buono il sole, buone la luna e le stelle; buona la terra e buone le cose prodotte dalla terra e in essa radicate.
Buoni ancora sono gli esseri che camminano e si muovono, buoni gli uccelli che svolazzano nel cielo e i pesci che guizzano nelle acque.
Posso affermare che buono è anche l'uomo; difatti l'uomo buono estrae dal deposito del suo buon cuore cose buone. ( Mt 12,35 )
Buono è anche l'angelo: quello che non precipitò a causa dell'orgoglio divenendo diavolo ma nell'obbedienza restò fedele a chi l'aveva creato.
Tutte queste creature sono buone, ma occorre che la nota " buono " stia unita al loro nome: cielo buono, angelo buono, uomo buono.
Quando invece mi riferisco a Dio nulla, credo, posso dire di meglio se non " Colui che è buono ".
Tant'è vero che lo stesso nostro Signore Gesù Cristo, il quale anche dell'uomo disse che è buono, ebbe a dire altrove: Nessuno è buono all'infuori di Dio. ( Mc 10,18 )
Non ci ha forse stimolati così ad approfondire la ricerca e a distinguere come ci sia chi è buono per una bontà comunicatagli da un altro buono e chi è buono per la sua propria bontà?
Quanto dunque dovrà essere buono colui per cui tutte le altre cose sono buone!
Non troverai infatti, assolutamente, cosa alcuna che non sia buona se non per la bontà di lui.
Colui che è buono e rende buoni gli altri esseri, come ha in proprio l'esistenza così ha in proprio la bontà.
Non è vero infatti che le cose da lui create siano prive di esistenza né è offensivo per lui dire che le creature esistano.
Perché infatti le avrebbe create se non esistessero?
Ovvero, a che cosa si ridurrebbe la sua azione [ creatrice ] se le cose da lui create non avessero l'esistenza?
Anche le creature di Dio hanno quindi l'esistenza.
Ora paragoniamole al Creatore. Quasi che fosse lui solo ad esistere egli disse: Io sono colui che sono. ( Es 3,14 )
E ancora: Dirai ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a voi.
Non disse: Il Signore, il Dio a voi noto come onnipotente, misericordioso, giusto ( cose tutte verissime se le avesse dette ), ma escludendo tutti questi possibili appellativi e denominazioni, Dio rispose che il suo nome è l'Essere stesso.
Come se si chiamasse proprio così, disse: Questo dirai loro: Mi ha inviato Colui che è.
Dio infatti possiede l'esistenza in maniera tale che, confrontate con lui, le creature non esistono.
Prescindendo da confronti con Dio esse esistono, poiché da lui hanno avuto l'esistenza; ma confrontate con lui non esistono, poiché il vero essere esiste in maniera immutabile, e tale esistenza è esclusiva di Dio.
Egli infatti è l'esistente, come anche è il bene, il buono che rende buoni [ gli altri ].
Riflettete [ un istante ] e osservate come, qualunque cosa lodiate all'infuori di Dio, la lodiate perché è buona.
È pazzo colui che decanta una cosa non buona.
Se lodi il malvagio per la sua malvagità non ti rendi malvagio anche tu?
Se lodi il ladro perché è ladro non diventi anche tu connivente dei suoi furti?
Se viceversa lodi il giusto a causa della sua giustizia, non diventi tu stesso con la tua lode partecipe della sua giustizia?
In realtà non loderesti quel giusto se non lo amassi, né lo ameresti se non partecipassi alle sue doti.
Se dunque è vero che, qualunque cosa lodiamo, la lodiamo perché è buona, non ti si sarebbe potuta offrire una ragione più grande, più nobile e più valida per lodare Dio se non [ ricordarti ] che egli è buono.
Pertanto: Lodate il Signore perché è buono.
Quanto tempo spenderemo per parlare della sua bontà?
Chi avrà un cuore capace di farsi un concetto esaustivo della bontà del Signore?
Ma torniamo a noi: riconosciamo in noi la sua presenza e nella creatura lodiamo l'Artefice, dal momento che non siamo in grado di contemplarlo in se stesso.
Un giorno saremo capaci, è vero, di contemplarlo: quando il nostro cuore, purificato dalla fede, potrà alla fine bearsi della Verità.
Ma adesso, non essendoci consentito di vedere lui personalmente, osserviamo le sue opere per non rimanere muti nella sua lode.
Per questo vi ho detto: Lodate il Signore perché è buono: salmeggiate al suo nome perché è soave.
Forse sarebbe stato buono ma non dilettevole se non ti avesse dato modo di gustarlo.
Egli però si è presentato agli uomini disposto anche a mandar loro il pane disceso dal cielo ( Gv 6,32-51 ): diede agli uomini il suo Figlio uguale a se stesso, anzi della sua stessa essenza, lo fece diventare uomo e lo fece uccidere per il bene dell'umanità.
In tal modo; cominciando da ciò che sei tu stesso, arrivi a gustare anche ciò che tu non sei.
Cosa inaudita era per te gustare la dolcezza di Dio, essendo questa una realtà da te lontana e sproporzionatamente sublime, mentre tu sei una creatura vile e giaci in profonda miseria.
A colmare questo grande abisso fu mandato il Mediatore.
Essendo uomo, tu non eri in grado d'avvicinarti a Dio; e allora Dio si è fatto uomo e tu, che essendo uomo eri incapace di andare a Dio mentre eri in grado di avvicinarti all'uomo, attraverso l'uomo puoi ora raggiungere Dio.
Questo, perché c'è stato chi si è reso mediatore tra Dio e gli uomini: l'uomo Cristo Gesù. ( 1 Tm 2,15 )
Se fosse stato solamente uomo, tu, pur seguendolo, mai saresti arrivato a Dio, in quanto egli sarebbe stato lo stesso che tu.
Se al contrario fosse stato soltanto Dio, non potendo tu immedesimarti con entità diverse da te non saresti ugualmente riuscito ad arrivare a Dio.
Ma ecco che Dio si è fatto uomo, e allora tu, camminando sulle orme dell'uomo - cosa a te possibile - puoi arrivare a Dio - cosa [ altrimenti ] a te impossibile.
Lui è il mediatore, quindi in grado di riempirti di dolcezza.
Cosa c'è infatti di più dolce che il pane degli angeli?
E non sarà dolce il Signore, se l'uomo ha potuto mangiare [ colui che è ] il pane degli angeli? ( Sal 78,25 )
Non è diverso il nutrimento che dà vita all'uomo e quello che dà vita all'angelo, ma è l'identica verità, l'identica sapienza e potenza di Dio.
Solo che tu non puoi goderne con quella pienezza con cui ne godono gli angeli.
Come ne godono gli angeli? Possedendola come realmente è: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo per il quale tutto è stato fatto.
Tu invece come puoi venirne a contatto? In quanto il Verbo si è fatto carne e abitò tra noi. ( Gv 1,1.3.14 )
Affinché l'uomo potesse cibarsi del pane degli angeli, il Creatore degli angeli si fece uomo.
Salmeggiate quindi al suo nome perché è soave.
Se cioè avete gustato, salmeggiate. Se avete gustato quanto sia soave il Signore, salmeggiate.
Se quanto avete gustato vi riempie di delizia, lodate [ il Signore ].
Quando ci è stata servita una vivanda gustosa, si è forse scortesi col cuoco o con colui che ci ha offerto il pranzo da non ringraziarlo elogiando il cibo degustato?
Se in casi come questo non restiamo muti, vi resteremo dinanzi a colui che ci ha dato ogni bene?
Salmeggiate al suo nome perché è soave.
E ora ascoltate qualcosa sulle sue opere.
Forse voi eravate protesi come per vedere colui che è il bene di ogni bene, il bene da cui derivano tutte le cose buone e senza del quale non c'è nulla che sia buono, mentre lui è buono senza che vi siano altri [ a renderlo buono ].
Eravate protesi nello sforzo di vederlo [ nella sua essenza ], ma con ogni probabilità il tendere l'acume della vostra mente [ verso di lui ] sarebbe finito con un insuccesso.
È una persuasione che ricavo guardando me stesso: io mi trovo in questa difficoltà.
Ma se, come è non solo possibile ma anche assai probabile, c'è qualcuno più di me dotato di ingegno penetrante che sappia fissare l'occhio del cuore sulla natura di Colui che è, costui lodi Dio nella maniera a lui consentita e a noi no.
Ringraziamo comunque il Signore perché nel presente salmo ha attenuato le esigenze della sua lode rendendola possibile ai forti e ai deboli.
Capitò una cosa simile quando si trattò d'inviare [ agli israeliti ] il suo servo Mosè.
Dio gli disse: Io sono Colui che sono; ( Es 3,14 ) e: Così dirai ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a voi; ( Es 3,15 ) ma siccome alla mente umana era difficile capire nella realtà [ cosa fosse ] lo stesso essere e d'altra parte Mosè era un uomo mandato ad altri uomini, sia pure da chi non era uomo, Dio immediatamente diluì la lode che gli sarebbe spettata.
Disse di sé quel che agevolmente e con gusto poteva essere compreso, né pretese che la sua lode restasse a quel livello che quanti l'avrebbero pronunciata mai sarebbero stati capaci di raggiungere.
Disse pertanto: Va' e di' ai figli d'Israele: Il Dio di Abramo, il Dio d'Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi: questo è il mio nome per sempre. ( Es 3,6 )
Ma, Signore, tu certamente hai quell'altro nome e fosti tu stesso a dire: Io sono, e: Colui che è mi ha mandato a voi.
Come mai dunque ora cambi nome e dici: [ Io sono ] il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe?
Non ti sembra che la sua condiscendenza venga a risponderti dicendo: Quanto avevo prima affermato, e cioè Io sono Colui che sono, è vero ma tu non lo comprendi, mentre invece l'altra frase: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe è insieme vera e adeguata alla tua comprensione?
È alla mia portata definirmi: Io sono Colui che sono, mentre è alla tua portata la definizione: Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe.
Se manchi di forze per capire ciò che io sono per me stesso, comprendi almeno ciò che io sono per te.
A questo punto qualcuno potrebbe pensare che le parole divine: Io sono Colui che sono, e le altre: Colui che è mi ha mandato a voi, costituissero il suo nome eterno, mentre le altre: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe sarebbero state una sua denominazione temporale.
Ad evitare ciò Dio, dopo aver detto: Io sono, e: Colui che è mi ha mandato a voi, non aggiunse che tal nome gli è proprio fin dall'eternità, poiché la cosa, anche se non detta espressamente, la si sottintende di per sé.
Egli infatti esiste ed esiste veramente; ora l'esistere veramente comporta di per se stesso un esistere senza inizio e senza fine.
Quanto invece a ciò che è diventato per amore dell'uomo, cioè il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, per escludere ogni titubanza che a livello umano sarebbe potuta sorgerci in cuore, che questa denominazione fosse temporale e non eterna, volle lui stesso darci la sicurezza: lui che prende noi, esseri soggetti alla categoria del tempo, e ci conduce alla vita eterna.
Disse: Questo è il mio nome per l'eternità.
Non perché Abramo sia eterno o lo siano Isacco e Giacobbe, ma perché Dio al termine della vita li rende eterni donando loro di vivere senza fine.
Essi ebbero un principio, ma non avranno la fine.
Pensando ad Abramo, Isacco e Giacobbe, pensate a tutta la Chiesa di Dio, pensate all'intera stirpe d'Israele, che è totale quando vi si comprende non solo la discendenza carnale ma anche quella che deriva dalla fede.
Si rivolgeva infatti ai pagani l'Apostolo quando diceva: Se dunque voi siete di Cristo siete quindi progenie di Abramo, eredi secondo la promessa. ( Gal 3,29 )
Tutti dunque siamo benedetti nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.
Ci riferiamo a quell'albero benedetto [ da Dio ] e da lui plasmato in forma d'olivo, come si esprime l'Apostolo, cioè i santi patriarchi da cui fiorì il popolo di Dio.
Da quest'albero, potato non reciso, si spezzarono dei rami superbi, vale a dire il popolo ebraico blasfemo ed empio; rimasero invece aderenti i rami buoni e produttivi, cioè gli Apostoli.
Su questi rami fecondi, spuntati da quell'olivo, per misericordia di Dio venne innestato l'oleastro costituito dai pagani, che l'Apostolo apostrofa così: E tu che eri oleastro sei stato innestato al suo posto, e sei divenuto partecipe della ricchezza dell'olivo: non ti gloriare di fronte ai rami.
Che se tu ti gloriassi, [ sappi ] che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. ( Rm 11,17-18 )
Questo è un unico albero e ha relazioni strettissime con Abramo, Isacco e Giacobbe; anzi, cosa di maggior rilievo, più strette sono le relazioni che con Abramo, Isacco e Giacobbe ha l'oleastro innestato che non i rami spezzati.
Avvenuta infatti la rottura, questi rami non sono più nell'albero, mentre l'oleastro, che prima non c'era, adesso fa parte dell'albero.
I primi per la loro superbia meritarono di essere recisi, mentre il secondo nella sua umiltà meritò d'esservi innestato.
I primi rimasero senza radice, il secondo la conservò.
Quando dunque sentite menzionare l'Israele di Dio, l'Israele eredità di Dio, voi non consideratevene estranei.
Se infatti un tempo siete stati olivi selvatici, ora siete diventati olivi buoni e partecipate alla fecondità del buon olivo.
Volete farvi un'idea di come quell'olivo selvatico sia stato inserito nella famiglia di Abramo, Isacco e Giacobbe, per non ritenervi estranei al buon olivo in quanto carnalmente non membri della stirpe di Abramo?
Quando il Signore rimase stupito per la fede di quel centurione che non era di nazionalità israelitica ma pagana, uscì in queste parole: Ora vi dico che molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente. ( Mt 8,11-12 )
Ecco l'oleastro già in mano all'innestatore.
Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente.
Sappiamo cos'abbia da innestare, vediamo dove voglia fare l'innesto.
Dice: E sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli.
Ecco, ora sappiamo cosa volesse innestare e dove innestarlo.
Quanto ai rami naturali, montati in superbia, cosa dice?
I figli del regno andranno nelle tenebre esteriori, dove sarà pianto e stridore di denti.
Fatto preannunziato, fatto avvenuto.
Salmeggiate dunque al Signore perché è dolce.
E ora ponete mente a quanto ha fatto per noi.
Il Signore si scelse Giacobbe, si scelse Israele come suo possesso.
Lodate, salmeggiate perché ha compiuto queste opere, pur dovendomi io limitare a quelle che voi siete in grado di comprendere.
Gli altri popoli sono stati posti da lui in potere degli angeli, ma Giacobbe se l'è scelto il Signore, egli ha scelto Israele come suo possesso.
Prese questo suo popolo e se ne fece un campo da coltivare e seminare di persona.
Pur avendo creato tutti i popoli, il Signore pose i non israeliti sotto il potere degli angeli, ma degli israeliti giudicò bene farne un suo possesso esclusivo e provvedervi direttamente, [ e si scelse ] questo popolo, questo Giacobbe.
Questo in conseguenza dei meriti del popolo o per dono gratuito del Signore?
Lo precisò l'Apostolo. Non erano ancora nati quando disse [ di loro il Signore ]: Il maggiore sarà servo del minore. ( Rm 9,12 )
Prima che nascessero, quando nessuno dei due aveva ancora compiuto del bene o del male, che merito potevano avere?
Non si inorgoglisca quindi Giacobbe non si glori, non attribuisca [ la sua sorte privilegiata ] ai propri meriti.
Antecedentemente è stato guardato con predilezione, antecedentemente predestinato, antecedentemente eletto.
Non eletto per i suoi meriti, ma trovato e vivificato dalla grazia di Dio.
Così tutti i popoli pagani. In effetti, poté forse l'oleastro con le sue bacche amare e il suo sterile selvaticume meritare d'essere innestato [ nel buon olivo ]?
Era una pianta nata e cresciuta nel bosco, non nel campo del Signore; eppure Iddio nella sua misericordia prese questo oleastro e l'innestò nel buon olivo.
Ma l'innesto non era stato ancora effettuato quando il Signore si scelse Giacobbe, si scelse Israele come suo possesso.
E cosa [ aggiunge ] il profeta? Poiché io ho conosciuto che grande è il Signore.
Vola con la mente alle realtà celesti e, trascendendo il mondo creato, comprende che grande è il Signore.
È, questa conoscenza intuitiva, un dono non a tutti concesso.
Chi non l'ha lodi il Signore per le opere che ha fatto, perché è dolce, perché si è scelto Giacobbe, Israele come suo possesso.
Ma tu lodalo anche per quest'altro motivo: poiché anche io ho conosciuto che grande è il Signore.
Parla qui il profeta che ha penetrato il santuario di Dio, che probabilmente ha ascoltato parole ineffabili che all'uomo non è consentito pronunziare. ( 2 Cor 12,4 )
Egli dice quanto si può dire agli uomini ma tiene per sé quanto ad essi non può manifestarsi.
Ascoltiamolo dunque nei limiti che ci è consentito e, per quel che non ci è consentito, assentiamogli con la fede.
Cosa accessibile in cui dobbiamo ascoltarlo è che il Signore si è scelto Giacobbe, Israele come suo possesso.
Cosa inaccessibile in cui dobbiamo prestargli l'assenso per fede è avere egli conosciuto che grande è il Signore.
Potremmo dirgli: Ti scongiuriamo, spiegaci la grandezza di Dio; ma lui ci risponderebbe: Se ve lo potessi spiegare non sarebbe grande abbastanza.
Lasciamolo dunque tornare alle opere del Signore per farcene la descrizione.
Quanto alla grandezza del Signore, da lui vista e proposta all'assenso della nostra fede, se la conservi lui personalmente nel suo cuore, dal momento che non gli è riuscito di elevare fin lassù i nostri occhi.
Ci faccia intanto l'elenco di alcune opere compiute dal Signore sulla terra, affinché attraverso la considerazione, a noi possibile, delle opere di lui ci sia dato gustare la dolcezza del Signore, se è vero, com'è vero, che noi non siamo in grado di fissare lo sguardo come il salmista nella grandezza divina.
Dice pertanto: Io ho conosciuto che grande è il Signore, e il nostro Dio è sopra tutti gli dèi.
Quali dei? Lo dice l'Apostolo: E sebbene ci siano esseri chiamati dei, sia in cielo che sulla terra, come vi sono molte divinità e molti signori, tuttavia per noi non c'è che un Dio solo, il Padre da cui tutto proviene, e noi viviamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose, e noi per lui esistiamo. ( 1 Cor 8,5-6 )
Si applichi dunque agli uomini il nome " dio ".
Sta scritto infatti: Dio sta nell'adunanza degli dèi. ( Sal 82,1 )
E ancora: Io ho detto: Siete dei, e tutti figli dell'Altissimo. ( Sal 82,6 )
E non sarà Dio superiore agli uomini? Anzi, cosa c'è di strano nell'essere Dio superiore agli uomini?
Dio è anche superiore agli angeli, poiché non gli angeli fecero Dio ma Dio fece gli angeli, ed è logico che l'artefice sia superiore a tutte le opere da lui realizzate.
Il salmista pertanto, conoscendo la grandezza del Signore e mirando la sua superiorità rispetto all'intero mondo creato, non soltanto cioè rispetto al mondo materiale ma anche a quello spirituale, esclama: Re grande al di sopra di tutti gli dèi.
Egli è il Dio sommo, al di sopra del quale non ci sono dèi.
Di lui ci narri ora le opere: queste sì che possiamo capirle.
10 - [v 6.] Tutte le cose che ha voluto, il Signore le ha fatte in cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi.
Chi sarà in grado di comprendere appieno tali creature?
Chi riuscirà a contare le opere compiute dal Signore nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi?
Comunque, per quanto incapaci di conoscerle adeguatamente, dobbiamo ammettere per fede e ritenere con certezza assoluta che ogni creatura esistente nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi è opera di Dio, se, come abbiamo affermato, è vero che tutte le cose che ha voluto, le ha fatte in cielo e sulla, terra, nel mare e in tutti gli abissi.
Quanto alle cose da lui fatte, è da escludersi che le abbia fatte per costrizione; tutte quante le ha fatte perché ha voluto.
Causa dell'intero universo creato è la sua volontà.
Tu ti costruisci una casa perché, se non ti decidessi a costruirla, dovresti rimanere senza un luogo dove abitare.
La necessità, non la tua libera volontà, ti spinge a costruirti la casa.
Ti cuci una veste perché, se non te la facessi, dovresti andar nudo.
A confezionarti la veste ti muove una necessità, non lo fai per libera scelta della volontà.
Vai sul monte e vi pianti delle viti o vi spargi del seme perché, se non lavorassi, non avresti di che nutrirti.
Tutte queste azioni tu le compi mosso da necessità.
Dio ha fatto ogni cosa mosso dalla sua bontà: non aveva infatti bisogno di alcuna delle cose create.
Per questo dice: Egli ha fatto tutte le cose che ha voluto.
Che pensare? Ci sarà qualcosa che anche noi possiamo fare per una libera scelta della nostra volontà?
In effetti quanto elencato sopra lo facciamo per necessità, e se non lo facessimo resteremmo nell'indigenza e nella penuria.
Riusciremo pertanto a trovare qualcosa che compiamo volontariarmente e liberamente?
Certo che lo troveremo. Amare Dio e lodarlo.
Agisci senza dubbio per libera volontà quando a tributare la lode ti spinge l'amore, quando lo fai non per una necessità ma perché ti piace.
In questa maniera i giusti e i santi di Dio trovarono in lui il proprio diletto anche quando lui li colpiva con severità.
Ai malvagi, di qualsiasi specie, egli sarebbe stato intollerabile, ai giusti era gradito.
Pur trovandosi sotto la sua sferza, cioè in mezzo alle afflizioni, agli stenti, alle piaghe e alla miseria, essi lodavano Dio.
Nemmeno quando li martoriava divenne loro odioso.
Ecco cosa significa amare disinteressatamente: amare non in vista d'una ricompensa promessa o pattuita, ma sapere che la straordinaria ricompensa che ti attende è Dio stesso, da te ora amato disinteressatamente.
Sì, è in questa maniera che devi amarlo: desiderare cioè senza posa che la tua ricompensa sia colui che, unico fra tutti gli esseri, è in grado di saziarti.
Tal desiderio aveva Filippo quando diceva: Mostraci il Padre e ci basta. ( Gv 14,8 )
Giustissimo! E questa è una scelta che noi facciamo per libera volontà e che per libera volontà dobbiamo fare: una scelta che facciamo perché attratti dal piacere, mossi dall'amore.
Anche quando veniamo trattati con severità da Dio mai dobbiamo nutrire antipatia per lui che è sempre giusto.
In questo senso si esprimeva quel tale che ne celebrava le lodi: Sono presso di me, o Dio, i voti di lode che ho fatti a te e che adempirò. ( Sal 56,12 )
E altrove: Volontariamente a te sacrificherò. ( Sal 54,8 )
Che significa: Volontariamente sacrificherò? Volontariamente tributerò a te la mia lode, poiché, dice [ Dio ], ciò che mi dà gloria è il sacrificio di lode. ( Sal 50,23 )
Supponi che ti sia imposto d'offrire al Signore un sacrificio a lui gradito e accetto, del genere di quelli che si immolavano nell'antichità e che erano simbolo dei sacrifici dell'avvenire.
Ti sarebbe potuto capitare, facciamo l'ipotesi, che nella tua mandria non ci fosse un toro accetto a Dio o nel tuo gregge un capro degno di essere presentato all'altare del Signore o nel tuo ovile un montone degno d'essere immolato in suo onore.
Non trovando cosa offrire, ti saresti preoccupato del da farsi e forse avresti detto a Dio: Ecco, io volevo offrirti la tal cosa ma non l'ho trovata.
Forse che anche della lode puoi dire: Ho voluto lodarti ma non ho trovato come farlo?
Esserti rivolto a lui con la volontà è già una lode.
Dio infatti non ti chiede le parole ma il cuore.
In un caso limite potresti anche dire: Ma io non ho la lingua.
Ebbene, anche nel caso di uno che per infermità sia muto, per quanto non abbia l'uso della lingua tuttavia può avere la lode.
In realtà, se Dio avesse orecchie di carne e avesse bisogno di suoni materiali per udire, rimanendo tu senza lingua saresti con ciò stesso incapace di tributargli lode.
Ma le cose stanno diversamente: Dio cerca il cuore, scruta il cuore, nel tuo intimo ti è testimone e giudice, ti approva, ti aiuta e ti premia.
Basta quindi che tu gli offra la volontà.
Quando ti è possibile, glorificalo con le labbra, e questo ti gioverà a salvezza; ma se non puoi questo, credi a lui col cuore, e ti varrà a conseguire la giustizia. ( Rm 10,10 )
Se col cuore loderai e benedirai [ il Signore ], se di cuore offrirai vittime sante sull'altare della coscienza, ti si risponderà: Pace in terra agli uomini di buona volontà. ( Lc 2,14 )
12 - Dio, perché onnipotente, ha fatto tutto ciò che ha voluto nel cielo e sulla terra, mentre tu non riesci a fare quel che vorresti nemmeno dentro le mura di casa tua.
Egli ha fatto tutto ciò che ha voluto nel cielo e sulla terra; provati tu a fare quel che vorresti nel tuo campo.
Tu vorresti fare molte cose ma nemmeno a casa tua riesci a fare quel che vorresti.
Forse ti si ribellano o tua moglie o i tuoi figli o magari, come a volte capita, un tuo servo caparbio, e tu desisti dal fare quel che vorresti.
Non è vero, dici, io faccio quel che mi propongo, se non altro perché mi prendo la rivalsa contro chi mi disobbedisce o si ribella.
Ma nemmeno questo riesci a fare ogni volta che lo vorresti.
A volte vorresti punire il ribelle e non ce la fai; a volte minacci qualcuno ma prima che attui la minaccia ti sorprende la morte.
Di più: anche con te stesso riesci proprio a fare tutto quello che vorresti?
Sei forse in grado di tenere a freno tutti i tuoi desideri?
O, se questo freno lo sai imporre, forse che riesci a impedire l'insorgere di quei desideri che poi ti tocca frenare?
È questa una cosa che certo ti piacerebbe: non provare il fastidioso prurito delle tue brame disordinate; eppure la carne ha brame contrarie a quelle dello spirito, e lo spirito a quelle della carne, di modo che non fate quello che vorreste. ( Gal 5,17 )
Dunque, nemmeno in te stesso sei in grado di fare quel che vorresti.
Il nostro Dio invece ha fatto tutto ciò che ha voluto nel cielo e sulla terra.
Che il Signore ti dia la grazia per realizzare in te stesso i propositi che fai, poiché senza l'aiuto divino nemmeno questo realizzeresti.
Ripensa a colui che, sentendosi incapace di compiere in se stesso quanto voleva, osservava: La carne ha brame contrarie a quelle dello spirito, e lo spirito a quelle della carne, di modo che non fate quello che vorreste, e gemendo della propria condizione diceva: Secondo l'uomo interiore io provo diletto nella legge di Dio, ma vedo nelle mie membra un'altra legge che lotta contro la legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. ( Rm 7,22-23 )
Non solo a casa sua o nel suo campo ma nemmeno nel suo corpo o nel suo spirito egli si sentiva capace d'adempiere quanto si era proposto.
In tale situazione eccolo elevare il suo grido a Dio che in cielo e in terra ha fatto tutto ciò che ha voluto e dirgli: O uomo infelice che altro non sono! chi mi libererà da questo corpo mortale? ( Rm 7,24 )
E suppone che Dio, buono e amorosamente condiscendente, gli risponda, per cui subito può aggiungere: La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,25 )
Amate dunque questa dolcezza; questa dolcezza lodate.
Penetrate nell'intimità di quel Dio che ha fatto tutto ciò che ha voluto nel cielo e sulla terra.
Lui farà realizzare anche a voi quanto vi proporrete; col suo aiuto adempirete ogni vostro intento.
Finché però vi troverete nell'impotenza, riconoscetela; quando invece avrete ottenuto la forza, siategliene grati!
Finché siete a terra gridate; quando vi avrà sollevati, non montate in superbia!
È lui infatti che ha fatto tutto ciò che ha voluto nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi.
13 - [v 7.] Solleva le nubi dalle estremità della terra.
Sono, queste, opere del Signore che vediamo nel mondo da lui creato.
Vengono le nubi dall'estremità della terra, si adunano nel mezzo [ del cielo ] e si mutano in pioggia; tu però non sai donde siano sorte.
Te lo indica il profeta dicendo: Dalla estremità della terra.
Si tratti delle profondità della terra o del limite estremo che l'attornia, è Dio che solleva le nubi da dove vuole, comunque sempre dalla terra.
Rese i fulmini apportatori di pioggia.
Senza pioggia, i fulmini ti spaventano, ma non ti producono nulla.
Rese i fulmini apportatori di pioggia. Cadono i fulmini e tu tremi, piove e tu gioisci.
Rese i fulmini apportatori di pioggia. Colui che ti spaventava ha pensato a farti gioire.
Egli estrae i venti dai loro nascondigli; difatti del vento non conosci le cause né la provenienza.
Senti che soffia ma non sai per qual motivo soffi né da quale nascondiglio originario provenga.
Devi comunque prestare a Dio l'ossequio di credere che non soffierebbe se non gliel'avesse ordinato il suo artefice, se non l'avesse prodotto il Creatore.
Tutte queste cose vediamo nel mondo fisico e ammirandole lodiamo e benediciamo Dio.
Diamo ora uno sguardo a quanto ha egli fatto tra gli uomini in favore del suo popolo.
Ha percosso i primogeniti dell'Egitto.
Finora t'erano state narrate cose per cui dovevi amarlo, non ancora quelle per cui avresti dovuto temerlo.
Osserva ora com'egli anche quando si adira fa ciò che vuole.
Ha percosso i primogeniti dell'Egitto dall'uomo fino al bestiame.
E mandò segni e prodigi in mezzo a te, o Egitto.
Sono cose che conoscete avendo letto quali gesta portentose fece in Egitto la mano del Signore servendosi di Mosè, per spaventare, sconvolgere e abbattere i superbi egiziani.
Contro il faraone e contro tutti i suoi servi.
Né bastano gli interventi compiuti in Egitto; cosa fece ancora dopo che il popolo fu condotto fuori dai suoi confini?
Egli abbatté numerose popolazioni: quelle cioè che occupavano il territorio che Dio voleva dare al suo popolo.
Ha ucciso i re forti, Seon re degli amorrei, Og re di Basan e tutti i regni di Canaan.
Tutte queste vicende, elencate brevemente nel salmo, noi le leggiamo negli altri Libri divini, e dovunque appare potente la mano del Signore.
Ebbene, vedendo quel che Dio ha fatto contro gli empi, sta' attento che le stesse cose non capitino a te.
Se infatti tali cose accaddero contro quei popoli, fu perché tu ne scampassi e non imitando la loro empietà non avessi a subire la stessa sorte.
Osserva peraltro come il flagello del Signore colpisce ogni persona.
Non credere quindi che nessuno ti veda quando pecchi, che tu passi inosservato agli occhi del Signore o che egli dorma.
Ripensando ai benefici di Dio, stàmpateli in cuore ma quando ripensi ai castighi che Dio infligge temi.
Egli è onnipotente e quando consola e quando punisce.
Per questo si leggono con profitto questi racconti.
La persona timorata di Dio infatti, vedendo le punizioni subite dall'empio, si sbarazza d'ogni residuo d'empietà per non incorrere lui stesso nella identica pena e in uguale castigo.
Sono cose che ormai vi sono entrate bene in testa.
In seguito cosa fece Dio? Scacciati gli empi, egli diede la loro terra in eredità, in eredità ad Israele suo servo.
15 - [v 13.] Segue il giubilo della lode a Dio.
Avendo tu creato tutte le cose, o Signore, il tuo nome [ dura ] in eterno.
Con che occhio infatti vedo le cose da te create?
Osservo quel che hai creato in cielo e poi scendo a osservare questa superficie inferiore dove abitiamo.
Dovunque scorgo tuoi benefici: le nubi, i venti, le piogge.
Considero le vicende del tuo popolo. Li liberasti dalla casa dell'asservimento e contro i loro nemici facesti segni e prodigi.
Castigasti coloro da cui avevamo ricevuto tribolazioni, scacciasti dal proprio paese i popoli empi, uccidendone i re, e desti al tuo popolo la terra da loro posseduta.
Ho contemplato tutto questo e colmo di entusiasmo ho esclamato: Signore, il tuo nome è in eterno.
Così a prendere le parole alla lettera, cioè nel senso come si trovano scritte.
Così vediamo le cose, le conosciamo e ne lodiamo [ il Signore ].
Se però dette parole contengono [ come di fatto contengono ] un significato [ più profondo ], io, senza tediarvi, vorrei spiegarvelo come mi sarà possibile.
Ecco, posso osservare con sicurezza che Dio ha fatto tutto ciò che ha voluto nel cielo e sulla terra, nell'ambito stesso dell'umanità.
In questa interpretazione per " cielo etereo " intendo gli uomini spirituali, per " terra " gli uomini carnali.
Di queste due categorie di persone, come d'una sorta di cielo e di terra, è composta la Chiesa di Dio: degli spirituali, il cui compito è predicare, e dei carnali il cui compito è quello di obbedire.
Tant'è vero che i cieli narrano la gloria di Dio, e il firmamento annunzia le opere delle sue mani. ( Sal 19,2 )
Se d'altra parte il popolo di Dio non fosse anche la sua terra, non direbbe l'Apostolo: Voi siete l'edificio di Dio, il campo di Dio.
Come sapiente architetto io ho gettato il fondamento; altri vi costruisce sopra. ( 1 Cor 3,9-10 )
Siamo quindi l'edificio di Dio e insieme ne siamo il terreno coltivato.
Dice: Chi pianta la vigna e non ne gode del prodotto? ( 1 Cor 9,7 )
Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma Dio ha fatto crescere. ( 1 Cor 3,6 )
Dio dunque ha fatto tutto quello che ha voluto anche nei confronti della sua Chiesa: lo ha fatto con i predicatori e lo ha fatto con la gente comune, quasi fossero il cielo e la terra.
Né basta limitarci ad essi.
Dice: Nel mare e in tutti gli abissi [ Dio ] ha fatto tutto ciò che ha voluto.
Mare sono tutti gli infedeli, tutti coloro che sinora respingono la fede.
Ebbene, anche verso di questi Dio ha fatto tutto quel che ha voluto.
Senza il suo permesso, infatti, gli infedeli non potrebbero accanirsi contro di noi, né alcun castigo lì raggiungerebbe nella loro perversione se non l'ordinasse colui che ha creato tutte le genti.
Immaginali pure come un mare e non una terraferma.
Forse che per questo potranno sottrarsi al potere di Dio onnipotente?
Egli ha fatto quel che ho voluto anche nel mare e in tutti gli abissi.
Cosa sono gli abissi? Il cuore dell'uomo con i suoi nascondigli, i suoi pensieri occulti.
In che senso Dio opera anche lì tutto quello che gli pare? Eccotelo.
Il Signore interroga il giusto e l'empio; ma chi ama l'inquità odia la propria anima. ( Sal 11,6 )
E dove lo interroga? È detto altrove nella Scrittura: Si svolgerà l'interrogazione sui pensieri dell'empio. ( Sap 1,9 )
Rimane quindi assodato che egli ha fatto quel che ha voluto anche in tutti gli abissi.
Impenetrabile è il cuore tanto se buono quanto se cattivo: profondità abissali incontriamo nel cuore buono e nel cuore cattivo; ma tutto è palese a Dio, cui nulla sfugge.
Egli consola il cuore buono, tormenta il cuore cattivo.
In una parola, egli fa tutto ciò che vuole nel cielo e sulla terra, nel mare e in tutti gli abissi.
Solleva le nubi dalle estremità della terra.
Chi sono queste nubi? I predicatori della sua parola di verità.
Parlando di queste nubi, in un altro passo in cui appare adirato contro la sua vigna, dice: E comanderò alle mie nuvole che non piovano stilla sopra di lei. ( Is 5,6 )
Né basta aver lui sprigionato queste nubi da Gerusalemme o da Israele e averle inviate a predicare il Vangelo in tutto il mondo, come di loro è detto: Il loro suono è uscito in tutta la terra, e le loro parole sino ai confini della terra. ( Sal 19,5 )
C'è di più, e il Signore lo ha detto: Questo messaggio del regno sarà annunziato sino ai confini della terra, in testimonianza a tutte le genti.
Allora verrà la fine. ( Mt 24,14 )
Egli, insomma, suscita nubi da tutte le estremità della terra.
Divulgandosi infatti il Vangelo, da dove dovranno sorgere gli araldi del Vangelo, che lo annunzino agli estremi confini della terra, se non interverrà il Signore a suscitarli proprio da lì, cioè dagli stessi confini della terra?
E con queste nubi cosa ci farà? Egli ha reso i fulmini apportatori di pioggia.
Prese le minacce e le cambiò in tratti di misericordia.
Prese lo spavento e ne fece pioggia irrigua.
In che senso? Quando Dio per bocca di un profeta o di un apostolo ti fa udire le sue minacce, tu temi; e non è questo per te lo scoppio d'un fulmine che ti spaventa?
Se poi tu ti penti e ravvedi e riconosci che tutto questo è un tratto di sua misericordia, ecco cambiarsi in pioggia lo spavento del fulmine.
Egli fa uscire i venti dai loro nascondigli.
Penso che la stessa cosa, cioè i predicatori, simboleggino le nubi e i venti: essi sono nubi per la carne, venti per lo spirito.
Difatti le nubi sono cose visibili, mentre i venti si odono ma non si vedono.
In più, essendo palese che la carne è una realtà terrestre, continua dicendo: Egli fa levare le nubi dalle estremità della terra.
È perentorio nell'indicare da dove provengono le nubi, ma quando viene a parlare dei venti, non sapendo da che parte provenga lo spirito dell'uomo dice: Egli fa uscire i venti dai loro nascondigli.
Prestatemi attenzione ancora un po' e vedremo il resto.
Ha percosso i primogeniti dell'Egitto, dall'uomo fino al bestiame.
Che i nostri primogeniti siano al sicuro presso il Signore, poiché è stato lui a darceli.
È una pena atroce e un castigo quanto mai terribile la morte dei primogeniti.
Ma cosa sono i nostri primogeniti? Eccoli: sono i nostri costumi, il nostro impegno nel servire Dio nella vita presente.
Primizia ne è la fede, poiché con la fede inizia [ il processo verso la salvezza ], e alla Chiesa fu detto: Verrai e oltrepasserai cominciando dalla fede. ( Ct 4,8 sec. LXX )
Nessuno infatti può iniziare la vita buona se non vi premette la fede.
Pertanto la fede rientra nei nostri primogeniti, e quando la fede è conservata le altre cose non possono non seguirla.
Prendiamo l'esempio della purificazione per la quale l'uomo ogni giorno si migliora, vive più perfettamente e di giorno in giorno si rinnova interiormente, secondo le parole dell'Apostolo: E sebbene il nostro uomo esteriore deperisca, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. ( 2 Cor 4,16 )
Tutto questo avviene perché in lui vive quella primogenita che è la fede, della quale lo stesso Apostolo dice: Né solo questo ma anche noi che pur abbiamo le primizie dello Spirito - con questo vuol dire che noi diamo a Dio le primizie dello spirito, cioè gli diamo la stessa fede che è come il nostro primogenito - anche noi tuttavia gemiamo in noi stessi, in attesa dell'adozione, del riscatto del nostro corpo. ( Rm 8,23 )
È dunque un'insigne grazia di Dio poter conservare la fede, come è un grave castigo l'uccisione dei primogeniti, la qual cosa avviene quando nelle prove della Chiesa si perde la fede.
La Chiesa attraversa delle prove e questo produce in alcuni la perdita della fede: non per nulla infatti la parola Egitto significa " afflizione ".
Ebbene, tutti coloro che causano afflizioni alla Chiesa, tutti coloro che vi spargono scandali, per quanto insigniti del nome di cristiani uccidono i loro primogeniti.
Perdono la fede, se ne svuotano; [ di cristiani ] conservano solo il nome e il sigillo, ma nel loro cuore hanno già seppellito il loro figlio primogenito.
E ciò è tanto vero che, se tu provi a dirgli qualcosa sul dovere di vivere bene, nella speranza della vita eterna o nel timore del fuoco eterno, egli se ne ride in cuor suo.
Anzi, se è uno che può misurarsi con te, ti fa uno sberleffo e dice: " Ma chi mai è tornato dall'aldilà?
La gente racconta le frottole che crede ". Eppure è un cristiano!
Siccome però sta [ nella Chiesa ] per farla soffrire, il suo primogenito è stato ucciso, la sua fede è morta.
E questo a cominciare dall'uomo fino al bestiame.
Voglio dirvi, fratelli, un'opinione di cui sono proprio convinto.
Prenderò la parola " uomini " in senso spirituale e vi intenderò le persone istruite, basandomi sul fatto dell'anima razionale che li fa uomini; con la parola " animali " intenderò le persone ignoranti, comunque però dotate di fede, altrimenti non avrebbero i primogeniti.
Orbene, ci sono delle persone istruite che affliggono la Chiesa suscitando scismi ed eresie.
In esse naturalmente non troverai la fede: sono diventate un Egitto, cioè un'afflizione, per il popolo di Dio e i loro primogeniti sono stati uccisi.
Anche se si trascinano dietro moltitudini di ignoranti, che costituiscono il loro gregge.
Mentre però la Chiesa subisce tali afflizioni, in coloro che ne sono la causa muore la fede: muoiono i primogeniti tanto dei dotti come degli ignoranti, essendo vero che degli egiziani Dio uccise i primogeniti a cominciare dall'uomo fino al bestiame.
19 - [v 9.] Mandò segni e prodigi in mezzo a te, o Egitto, sopra il faraone e sopra tutti i suoi servi.
Faraone è il re degli egiziani.
Vagliate questo nome e vedrete come Dio continui a fare anche oggi le stesse cose.
In tutti i popoli il re è colui che occupa il primo posto.
Ora Egitto vuol dire " afflizione ", faraone " sbandamento ".
Un'afflizione dunque che ha come re lo sbandamento; e ciò a significare che quanti affliggono la Chiesa l'affliggono dopo essersi sbandati.
Vengono sparpagliati perché rechino molestie.
Precede il re, segue il popolo: precede lo sbandamento, segue l'afflizione.
Ascoltate, ascoltate tutti questi nomi nella loro interpretazione simbolica come persone dotate di sapienza perfetta.
Fra i tanti, non ne troverai uno che sia suscettibile d'una interpretazione in senso buono, in quel frangente in cui Dio volle esercitare la sua ira.
Abbatté molte genti e uccise re forti. Narraci di quali re e genti si tratti. Seon re degli amorrei.
Ascoltate che nomi pregnanti di mistero. Dice: Uccise Seon re degli amorrei.
Per forza lo uccise! Voglia anzi ucciderlo nel cuore dei suoi servi e siano risparmiate le sue tentazioni alla Chiesa di Dio.
Non si stanchi la sua mano d'uccidere tali re e tali popoli.
Seon infatti significa " tentazione degli occhi ", e amorrei " causa di amarezza ".
E voi vedete subito quanti motivi ci siano per concludere che chi causa amarezza ha come re la tentazione degli occhi.
La tentazione degli occhi non è altro che la menzogna: ha l'apparenza ma non la sostanza.
E c'è da stupirsi che quanti procurano tale amarezza abbiano un re di questo genere, cioè un re bugiardo?
Se non ci fossero ad aprire la strada la menzogna e la finzione, non ci sarebbero nella Chiesa nemmeno le persone che l'amareggiano.
In tanto infatti l'amareggiano in quanto sono dei fintoni.
Precede la tentazione degli occhi; segue l'amarezza, e tale successione avvenne già nello stesso diavolo: fu infatti una tentazione degli occhi l'essersi voluto tramutare in angelo di luce. ( 2 Cor 11,14 )
Oh, voglia la mano del Signore uccidere lui e i suoi!
Lui perché non seguiti a tentare, i suoi perché si ravvedano.
In effetti, in ciascun uomo avviene la morte di questo re quando si condanna la finzione e si volge il cuore alla verità, cose che la mano di Dio mai smette di compiere.
Quanto infatti egli compì storicamente a quel tempo seguita a compiere spiritualmente ai giorni nostri affinché si avveri la predizione fatta dal profeta.
Uccise poi un altro popolo con il suo rispettivo re: E Og re di Basan.
Anche costui quant'è cattivo! Og significa " chiusura ", Basan " confusione ".
Re cattivo colui che ostacola la via verso Dio.
È quello che fa il diavolo: sbarrare di continuo la via contrapponendovi le sue invenzioni, i suoi idoli, le sue esigenze di ricorrere agli invasati, agli stregoni, agli auguri, agli aruspici, ai maghi, ai banchetti demoniaci.
Tutta l'opera di Cristo sta in questo: aprirci la via che era sbarrata, come dice quel tale da lui redento: E col mio Dio varcherò il muro. ( Sal 18,30 )
Analogamente tutta l'opera del diavolo in altro non consiste se non nello sbarrarci la via che ci porta a credere in Dio.
Se si crede in Dio la via è aperta, e tale via è lo stesso Cristo. ( Gv 14,6 )
Se invece non si crede in Dio la via è sbarrata.
Ora, se la via è sbarrata per mancanza di fede, quale sarà la conseguenza se non che nel giorno in cui verrà colui al quale non si è creduto siano confusi quanti non gli vollero credere?
Perché questo? Perché prima avviene la chiusura, dopo la confusione.
Precede la chiusura come fa il re [ in una sfilata ], segue la confusione come fa il popolo minuto.
Tutti coloro che il diavolo adesso tiene chiusi impedendo loro di credere in Cristo si troveranno confusi allorché Cristo si manifesterà, e levandosi dalla parte opposta la loro colpevolezza li trascinerà al castigo.
Confusi diranno allora gli empi: Cosa ci è giovata la superbia? ( Sap 5,8 )
Grandi misteri, fratelli miei! Lo sbandamento è il re dell'afflizione: li si fa sbandare per affliggerli.
Grandi misteri! La tentazione degli occhi, cioè l'inganno, è re degli autori di amarezze: essi ingannano per amareggiare.
La chiusura è re della confusione: vengono rinchiusi affinché non passino alla fede,
sicché saranno confusi quando verrà colui nel quale noi crediamo.
Inoltre Dio uccise tutti i re di Canaan. Canaan vuol dire " disposto all'umiltà ".
Veramente l'umiltà rappresenterebbe un bene, ma quando si tratta di una umiltà proficua.
L'umiltà in senso deteriore comporta punizione.
Se infatti non ci fosse un'umiliazione contenente castigo non direbbe la Scrittura: Chi si esalta sarà umiliato. ( Lc 14,11; Lc 18,14 )
Non è certo un vantaggio che consegue colui che viene punito con l'umiliazione.
Canaan pertanto è ora un superbo: è ogni empio, ogni infedele che si inalbera in cuor suo e rifiuta di credere in Dio.
Tuttavia questo orgoglio è destinato a finire nell'umiliazione, la quale gli è riservata nel giorno del giudizio, quando il peccatore, anche non volendo, sarà umiliato.
Sono infatti costoro dei vasi d'ira, che raggiungeranno perfettamente il loro destino nel giorno della perdizione. ( Rm 9,22 )
Montino pure in superbia adesso, sbraitino, strapazzino i fedeli e li deridano, e dicano insolenze contro i cristiani!
Dicano pure: Sono favole da vecchiette tutte le cose che vi insegnano sul giorno del giudizio.
Questa loro boria è proprio l'anticamera dell'umiliazione.
Verrà infatti il giudice che ora, quando lo si predice, è accolto con derisioni; ma quel giorno il superbo che ha agito così sarà umiliato e la sua umiliazione non sarà meritoria ma solamente punitiva.
Adesso egli non vive nell'umiltà ma si viene preparando all'umiliazione: si prepara cioè alla condanna, si prepara alla morte.
21 - [v 13.] Tutte queste situazioni Dio le ha superate: materialmente, quando i nostri padri vennero tratti fuori dalla terra d'Egitto, spiritualmente ai nostri giorni; né la sua mano ometterà [ d'agire così ] fino all'ultimo dei giorni.
Affinché dunque non ti venga pensato che Dio, compiute una volta queste gesta della sua onnipotenza, ora le abbia interrotte, dice il salmo: Signore, il tuo nome in eterno.
E vuol dire: La tua misericordia, la tua mano, non cesserà in eterno di compiere le gesta che simbolicamente, in profezia, compisti allora.
Difatti tutto quello accadde loro a modo di esempio, ed è stato scritto per avvertimento di noi, che siamo giunti nella pienezza dei tempi. ( 1 Cor 10,11 )
Signore, la tua memoria di generazione in generazione, la presente generazione e l'altra generazione: la generazione di cui diventiamo fedeli e rinasciamo mediante il battesimo, e la generazione in cui risorgeremo dai morti e uniti agli angeli vivremo in eterno.
Il tuo ricordo, o Signore, s'estende a questa generazione e a quella futura.
Dio infatti non si è dimenticato di noi né al presente quando ci ha chiamati né si dimenticherà quel giorno quando ci darà la corona.
La tua memoria, Signore, di generazione in generazione.
Poiché il Signore ha giudicato il suo popolo.
Tutte queste cose Dio le ha certamente operate al completo nel popolo giudaico.
Restarono per caso ancora delle opere, che avrebbe compiuto dopo l'ingresso del suo popolo nella terra promessa?
Seguiterà, ovviamente, a giudicarlo.
Il Signore ha giudicato il suo popolo e tra i suoi servi sarà invocato.
Dio ha già emesso il giudizio sul suo popolo: la nazione giudaica, a parte il giudizio finale, è già stata giudicata.
Che significa " giudicata "? Ne sono stati separati i giusti e vi sono rimasti dentro solo i perversi.
Se dico il falso o qualcuno pensa che io dica il falso affermando che il giudizio è stato fatto, si ascoltino le parole del Signore: Sono venuto in questo mondo per un giudizio: affinché quelli che non vedono, veggano; e quei che vedono, diventino ciechi. ( Gv 9,39 )
I superbi sono stati accecati, gli umili illuminati.
È comunque un fatto che egli ha giudicato il suo popolo.
Di questo giudizio ebbe a dire Isaia.
Ed ora tu, casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore.
Né basta questo; come infatti continua? Ha rigettato il suo popolo, la casa d'Israele. ( Is 2,5 )
Casa di Giacobbe è lo stesso che casa d'Israele, come Giacobbe è la stessa persona che Israele.
Voi conoscete le Sacre Scritture e suppongo vi ricordiate l'episodio di Giacobbe che vide un angelo in lotta con lui e come fu in quell'occasione che ricevette il nome d'Israele col quale fu poi chiamato. ( Gen 32,28 )
È uno stesso individuo Giacobbe e Israele, una identica persona.
Così la casa di Giacobbe e la casa d'Israele sono la stessa nazione, lo stesso popolo.
Ed è questo popolo che Dio chiama e poi abbandona.
Allo stato attuale delle cose è infatti cosa indubitata che tu, o casa di Giacobbe, uccidesti il Cristo.
L'hai ucciso; dinanzi alla croce hai scosso la testa e mentre pendeva dal patibolo l'hai deriso dicendo: Se è figlio di Dio discenda dalla croce. ( Mt 27,39-43 )
Nel frattempo però il medico pregava per gli uccisori deliranti: Padre, perdona loro perché non sanno ciò che fanno. ( Lc 23,34-35 )
Questo cumulo di colpe certo l'hai commesso, ma ora credi in colui che un giorno uccidesti; bevi il sangue da te versato.
E ora eccomi a te, o casa di Giacobbe.
Voglio esporre sulla base della testimonianza di Isaia le parole di questo salmo: Poiché il Signore ha giudicato il suo popolo e tra i suoi servi sarà invocato.
Aver giudicato il suo popolo è da intendersi nel senso che nell'ambito del suo stesso popolo ha separato i buoni dai cattivi, i credenti dagli increduli, gli Apostoli dai giudei mentitori.
Questo il senso, come avevo cominciato a dire, delle parole dette dal profeta: Dopo tutte le tue ben note malefatte, vieni a me, o casa di Giacobbe, e cammineremo nella luce del Signore.
Perché vi dico: Vieni e cammineremo nella luce del Signore?
Perché non vi succeda che, rimanendo nel giudaismo, non raggiungiate il Cristo.
Come mai questo? Non è vero forse che tutte le profezie riguardanti il Cristo furono pronunziate tra i giudei?
Eppure adesso Dio ha abbandonato il suo popolo, la casa d'Israele.
Vieni, o casa di Giacobbe, poiché Dio ha abbandonato il suo popolo, la casa di Giacobbe; vieni, o casa d'Israele, poiché Dio ha abbandonato il suo popolo, la casa d'Israele.
Una viene, l'altra è abbandonata.
Come mai questo, se non perché è stato fatto un giudizio per il quale chi non vede diventa veggente mentre chi vede è accecato? ( Gv 9,39 )
Sì, Dio ha giudicato il suo popolo.
Li ha dunque separati; ma è possibile che fra tanti egli non trovi chi possa attrarre nel suo regno restaurato? Certo che ve li troverà.
E tra i suoi servi sarà invocato.
Dice l'Apostolo: Non ha rigettato completamente il suo popolo che aveva prescelto.
E come lo dimostra? Anche io sono un israelita. ( Rm 11,1-2 )
Il Signore, dunque, ha giudicato il suo popolo, separando i buoni dai cattivi.
E questo dicono le parole: E tra i suoi servi sarà invocato.
Da chi [ sarà invocato ]? Dai pagani.
Quante nazioni pagane sono infatti venute alla fede! Quanti territori, quante località del deserto vengono ora a noi!
Da queste contrade viene gente innumerevole. Vogliono abbracciare la fede.
Noi chiediamo loro: Cosa volete? Conoscere la gloria di Dio, rispondono.
Credeteci, fratelli! Noi restiamo stupefatti e colmi di gioia all'udire tali accenti campagnoli.
Vengono chi sa da dove, mossi non si sa da chi.
Ma che dico: Non si sa da chi? Altro che lo so! Vengono perché - com'ebbe a dire Gesù - nessuno viene a me se il Padre non lo avrà attirato. ( Gv 6,44 )
Vengono alla Chiesa, imprevisti, dal folto delle selve, dall'interno del deserto, da regioni montuose remotissime e impervie.
La maggior parte e, vorrei dire, la quasi totalità di loro ha degli accenti che ci lasciano proprio vedere come nel loro intimo ci sia Dio ad ammaestrarli.
Si adempie la profezia scritturale secondo cui tutti saranno docili all'ammaestramento di Dio. ( Is 54,13; Gv 6,45 )
Cosa bramate? chiediamo loro. Ed essi: Vedere la gloria di Dio.
Tutti infatti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio. ( Rm 3,23 )
E credono, ricevono la sacra unzione, esigono dei chierici ordinati al loro ministero.
Non si adempiono così le parole: E sarà invocato tra i suoi servi?
Descritta per intero la serie ordinata e finalizzata [ degli eventi del Vecchio Testamento ], lo Spirito di Dio si volge a rimbrottare e deridere gli idoli, come del resto fanno ora quelli stessi che li avevano venerati.
Gli idoli dei pagani sono oro e argento.
Dio è l'autore di tutte queste meraviglie: ha compiuto tutto quel che ha voluto tanto in cielo quanto sulla terra, ha giudicato il suo popolo, è invocato dai suoi servi.
Per le effigi plasmate [ dall'uomo ] cosa resta se non che le si irrida e non che le si adori?
Per ingenerare in noi del disprezzo verso tutte queste invenzioni umane forse parlerà degli idoli del paganesimo soffermandosi su quelli di pietra o di legno, di gesso o di terracotta?
Parlerà di questi idoli pagani? Non di questi voglio parlare: la loro materia è troppo spregevole.
Voglio parlare di ciò che essi amano sommamente e sommamente stimano.
Gli idoli dei pagani sono oro e argento.
È vero, sono d'oro, d'argento, ma forse che, per il fatto che l'oro e l'argento luccicano, hanno quelle statue occhi per vedere?
Insomma, per essere d'argento e d'oro potranno, forse, essere utili all'avaro, non all'uomo religioso.
Anzi nemmeno all'avaro sono utili, ma solo a colui che di tali metalli sa fare buon uso ed erogandoli sapientemente si acquista un tesoro nel cielo.
Quanto ai vostri dèi, sapendoli privi di sensibilità, perché fabbricarli con argento e oro?
Voi vi fate degli dèi, ma non vedete che non vedono? ( Sap 15,15 )
Hanno occhi e non vedranno; hanno orecchi e non udranno.
Hanno narici e non fiuteranno; hanno la bocca e non parleranno; hanno le mani e non opereranno, hanno i piedi e non cammineranno.
Simulacri di questo genere poté forgiarli qualsiasi modellatore, argentiere, orafo, dotandoli di occhi e di orecchie, di naso e di bocca, di mani e di piedi.
Nessuno di loro però è stato mai in grado di dare la vista a quegli occhi, l'udito a quelle orecchie, la voce a quella bocca, la facoltà olfattiva al naso, la scioltezza alle mani, il moto ai piedi.
O uomo, se hai riconosciuto chi sia il tuo creatore senza dubbio ti verrà da ridere di quanto tu stesso ti sei fabbricato.
Quanto poi a coloro che non si decidono a riconoscere Dio, cosa si dice?
Siano simili ad essi coloro che li fanno e tutti quelli che in essi confidano.
E in effetti ( credetelo, fratelli! ) si incide in loro una certa somiglianza con i loro idoli: non certo nel loro corpo ma nel loro uomo interiore.
Essi hanno orecchi ma non odono quanto Dio loro grida: Chi ha orecchi per udire, ascolti. ( Mt 11,15 )
Hanno occhi ma non vedono: hanno cioè gli occhi del corpo ma non l'occhio della fede.
In ogni popolo si avvera questa profezia.
Osservate come tutto questo sia stato detto dal profeta.
Non cito un passo allegorico o figurativo.
È una profezia da prendersi letteralmente, una profezia esplicita, ovvia, manifesta.
Ascoltate quanto fu predetto e notate come si sia adempiuto.
Dice: Il Signore ha prevalso su di loro. ( Sof 2,11 )
Così il profeta Sofonia.
Il Signore ha prevalso su di loro, cioè ha riportato vittoria contro chi gli opponeva resistenza e gli si ribellava, contro chi, sia pur senza saperlo, uccideva i fedeli facendone dei martiri.
E come ha vinto? Guardando alla Chiesa possiamo vedere come Dio abbia vinto.
Loro volevano sbarazzarsi di quei pochi cristiani e ucciderli.
Versatone il sangue, dal sangue stesso di questi uccisi proliferarono tanti cristiani da superare coloro che avevano ucciso i martiri.
E si è giunti al punto che quanti un tempo uccidevano i cristiani per amore dei loro idoli ora siano costretti a cercare un nascondiglio per occultare i loro idoli.
Non è forse vero che il Signore li ha sgominati?
Osserva poi se il Signore non faccia anche quel che è detto dopo le parole: Il Signore ha prevalso su di loro.
Cosa fece? Ha sterminato dalla terra tutti gli dèi delle genti; e lo adoreranno ciascun [ popolo ] nel suo paese e tutte le isole dei pagani.
Cos'è tutto questo? Non era stato predetto così e così si è avverato?
Non è questo ciò che leggiamo e che vediamo con i nostri occhi?
Qualcuno veramente è ancora rimasto [ nell'incredulità ], ma è di quelli che hanno occhi e non vedono, hanno narici ma non percepiscono odori.
Non sono in grado di percepire quell'odore di cui l'Apostolo: Siamo il buon odore di Cristo in ogni luogo. ( 2 Cor 2,15 )
Che vantaggio è per loro avere le narici se con esse non riescono a respirare il soave profumo di Cristo?
Si adempie davvero in essi quanto con verità era stato di loro predetto: Siano ad essi simili coloro che li fanno e tutti quelli che in essi confidano.
Ogni giorno c'è però della gente che, convinta dai miracoli di Cristo Signore, abbraccia la fede.
Ogni giorno si aprono occhi ai ciechi e orecchie ai sordi, cominciano a respirare narici prima bloccate, si sciolgono le lingue dei muti, si consolidano gli arti dei paralitici, si raddrizzano i piedi agli storpi.
Da tutte queste pietre escono fuori figli d'Abramo. ( Mt 3,9 )
Si dica pure, quindi, a tutti costoro: Casa d'Israele, benedici il Signore.
Sono tutti figli d'Abramo: per cui, se anche dalle pietre possono venir fuori figli d'Abramo, è certo che con maggior ragione saranno casa d'Israle coloro che appartengono alla stessa casa d'Israele, o alla stirpe d'Abramo, non per vincoli di carne ma per identità di fede.
Casa d'Israele, benedici il Signore. Fa' però in modo che ti si possa dire veramente membro di quella casa, che ti si possa veramente chiamare popolo d'Israele, dal quale uscirono gli Apostoli che credettero insieme con migliaia di circoncisi.
Casa d'Israele, benedici il Signore; casa di Aronne, benedici il Signore; casa di Levi, benedici il Signore.
Benedite il Signore, voi popoli in genere!
Questo significa: Casa d'Israele.
Beneditelo, voi o presuli della Chiesa! Questo significa: Casa di Aronne. Beneditelo, voi ministri!
Questo significa: Casa di Levi. E delle altre nazioni [ che dire ]?
Voi che temete il Signore, benedite il Signore.
Quanto segue diciamo tutti in coro: Da Sion sia benedetto il Signore, che abita in Gerusalemme.
Da Sion e da Gerusalemme. Sion vuol dire "contemplazione", Gerusalemme "visione di pace".
Qual è la Gerusalemme in cui adesso abita il Signore? Quella che fu distrutta?
No, ma quella che è la nostra madre, quella che è nei cieli, della quale fu detto: I figli dell'abbandonata sono molto di più di quella che ha marito. ( Is 54,1; Gal 4,27 )
Viene pertanto il Signore da Sion, perché noi, finché non sarà venuto, abbiamo lo sguardo rivolto a lui e, sebbene viviamo nella speranza, tuttavia già siamo dentro Sion.
Giunti al termine della via, abiteremo in quella città che mai sarà abbattuta poiché il Signore abita lì dentro, e la custodisce.
Tale città è anche visione di pace, è l'eterna Gerusalemme, dove avremo quella pace di cui, o fratelli, nessuna lingua saprà mai cantare le lodi.
Lassù non saremo molestati da alcun nemico, né interno alla Chiesa, né estraneo alla Chiesa, né appostato dentro la nostra carne o nel nostro pensiero.
La morte [ stessa ] sarà inghiottita nella vittoria e noi attenderemo a contemplare Dio in una eterna pace, divenuti cittadini di Gerusalemme, la città di Dio. ( 1 Cor 15,54 )
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