La fede e le opere |
" Ma, domandano, che dire di una giovane che, senza saperlo, sposasse un uomo già unito ad un'altra? "
Se l'ignorerà sempre, appunto per questo non sarà mai adultera; se invece lo verrà a sapere, comincerà ad esserlo proprio dal momento in cui giacerà consapevolmente con l'uomo di un'altra.
È come nel diritto di proprietà: uno è considerato in modo del tutto esatto possessore in buona fede fino a che ignora di possedere un bene di un altro; ma, qualora lo venisse a sapere e non rinunziasse al bene altrui, allora dà prova di essere in mala fede, e perciò a pieno diritto è chiamato ingiusto.
Guardiamoci dunque dal sentimento non certo umano ma del tutto vano per cui ci rammarichiamo che si correggano le situazioni disonorevoli, come se si sciogliessero unioni legittime, e questo soprattutto nella città del nostro Dio, sul suo santo monte, ( Sal 48,2 ) cioè nella Chiesa, dove non solo il vincolo, ma il sacramento stesso del matrimonio è tenuto così in considerazione da non consentire ad un marito di passare la propria moglie ad un altro, come fece Catone, a quanto si dice, nell'antica repubblica e non solo senza il minimo biasimo, ma addirittura con lode.
Non è necessario peraltro che io discuta più a lungo dell'argomento, dal momento che i miei interlocutori non osano neppure affermare che questo non sia peccato o negare che sia un adulterio, per non dover riconoscere apertamente di opporsi a Dio e al santo Vangelo.
Ma, in quanto vogliono prima di tutto che tali persone siano ammesse a ricevere il sacramento del battesimo e alla mensa del Signore, anche se hanno rifiutato manifestamente di correggersi; e anzi sostengono che non sia affatto necessario ammonirli preventivamente su questo argomento, ma basta istruirli in seguito, di modo che, se avranno accettato di osservare il precetto e di correggere la loro colpa, siano considerati come grano buono e, se invece non ne avranno tenuto conto, siano tollerati come zizzania, mostrano a sufficienza che non difendono queste colpe e che non le considerano leggere o di nessuna entità.
D'altro canto, quale cristiano di buona speranza potrebbe giudicare l'adulterio una colpa piccola o da nulla?
Tuttavia pensano di ricavare dalle Sacre Scritture l'ordine secondo cui queste colpe vanno corrette o tollerate negli altri.
Sostengono che gli Apostoli hanno agito così, e quindi prendono dalle loro lettere alcuni passi nei quali si trova che prima hanno istruito sulle verità di fede e poi hanno dato i precetti morali.
Da questi passi pretendono di ricavare che ai battezzandi si debba proporre soltanto la regola della fede e solo in seguito, quando sono ormai battezzati, si debbano dare anche i precetti perché mutino in meglio la loro vita.
Come se disponessero di alcune lettere degli Apostoli destinate a coloro che devono ricevere il battesimo, nelle quali si tratti unicamente della fede; di altre invece destinate ai battezzati, nelle quali siano contenuti i precetti riguardanti i cattivi costumi da evitare e quelli buoni da coltivare.
Ma consta che gli Apostoli hanno scritto le loro lettere ai cristiani già battezzati: perché mai allora ne fa parte l'uno e l'altro discorso, cioè tanto quello che riguarda la fede quanto quello che riguarda la vita buona?
O forse vogliono che non diamo né l'uno né l'altro ai battezzandi, e che li rimettiamo entrambi ai battezzati?
Se una tal cosa è assurda, allora riconoscano che gli Apostoli, nelle loro lettere, hanno dato un insegnamento completo per tutti e due gli aspetti; ma, se la maggior parte delle volte hanno dato prima istruzioni sulla fede e solo dopo hanno aggiunto ciò che attiene alla vita buona, lo hanno fatto perché nell'uomo stesso se la fede non precede, la vita buona non può seguire.
Qualunque azione infatti l'uomo abbia compiuto che sembri retta, non deve essere detta tale se non si riferisce alla pietà che è dovuta a Dio.
Se poi alcuni, stolti e assai sprovveduti, ritenessero che le lettere degli Apostoli sono rivolte ai catecumeni, di certo dovrebbero ammettere anche che ai non ancora battezzati, insieme con le regole della fede, bisogna far conoscere i precetti morali che sono in armonia con esse.
A meno che per caso costoro, con la loro argomentazione, non vogliano portarci alla conclusione che la prima parte delle lettere apostoliche, dove si parla della fede, deve essere letta ai catecumeni, le parti successive invece, dove si insegna come i cristiani debbano vivere, ai fedeli.
Questa sarebbe una vera e propria sciocchezza.
Dalle lettere degli Apostoli, dunque, non si può trarre nessuna prova a sostegno dell'opinione secondo cui i battezzandi devono essere istruiti sulla sola fede, i battezzati invece sui costumi, perché gli Apostoli nella prima parte delle loro lettere hanno tenuto in considerazione la fede e poi, conseguentemente, hanno esortato i fedeli a vivere bene.
Sebbene infatti l'una venga prima e l'altra dopo, tuttavia molto spesso, secondo un ben noto e scrupoloso insegnamento, esse vanno predicate in un'unica articolazione del discorso, tanto ai catecumeni quanto ai fedeli, tanto ai battezzandi quanto ai battezzati, sia perché ricevano l'istruzione e non la dimentichino, sia perché la professino e vi si rafforzino.
Pertanto alla lettera di Pietro, alla lettera di Giovanni, delle quali citano alcuni passi, aggiungano anche quelle di Paolo e degli altri Apostoli: il fatto che, come hanno rilevato, si parli prima della fede e poi dei costumi, deve essere preso nel senso che, se non erro, ho esposto molto chiaramente.
" Ma, osservano ancora, negli Atti degli Apostoli a quelli che, udita la parola, si fecero battezzare, tremila in un solo giorno, Pietro si rivolse in modo da annunziare loro solo la fede con cui credere in Cristo.
Infatti, quando gli domandarono: Che cosa dobbiamo fare? rispose loro: Fate penitenza e ciascuno di voi sia battezzato nel nome del Signore Gesù Cristo, a remissione dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo". ( At 2,37-38 )
Ma, perché non notano che è detto: Fate penitenza?
In queste parole infatti è contenuto l'invito a spogliarsi della vecchia vita, perché chi riceve il battesimo rivesta la nuova.
Che frutto gli può mai dare la penitenza che ha per oggetto le opere morte, se egli persevera nell'adulterio e nelle altre colpe che comportano l'amore per questo mondo?
" Ma, insistono, volle che facessero penitenza soltanto per la mancanza di fede, per la quale non avevano creduto in Cristo ".
È una stupefacente temerità ( non voglio dire alcunché di più grave ) quando si dice, una volta udito: Fate penitenza, che l'hanno fatta solo per la mancanza di fede.
L'insegnamento evangelico infatti richiedeva loro di cambiare vita, dalla vecchia alla nuova, giacché comprende anche ciò che è detto dall'Apostolo nella nota affermazione: Chi era avvezzo a rubare non rubi più, ( Ef 4,28 ) e tutto il resto in cui è messo in chiaro che cosa significhi deporre l'uomo vecchio e rivestire il nuovo.
D'altra parte, nelle stesse parole di Pietro, se avessero voluto prestarvi attenzione, avrebbero trovato di che potersi istruire.
Infatti, dopo aver detto: Fate penitenza e ciascuno di voi sia battezzato nel nome del Signore Gesù Cristo, in remissione dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo.
La promessa infatti è per noi e per i nostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore, nostro Dio, subito dopo l'autore del libro aggiunge: E con molte altre parole li scongiurava e li esortava dicendo: Salvatevi da questa generazione perversa.
Ora, dunque, quelli che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si aggiunsero circa tremila anime. ( At 2,38-41 )
A questo punto chi non capisce che Pietro, con quelle molte altre parole, taciute dallo scrittore per brevità, si adoperava perché si salvassero da questa generazione perversa, dal momento che anche la frase nella forma breve è indicativa di come Pietro incalzasse con molte parole per persuaderli di ciò?
In verità è stata riportata la parte principale del suo discorso, quando è stato detto: Salvatevi da questa generazione perversa, ma Pietro naturalmente li scongiurava con molte parole perché ciò avvenisse: in tali parole c'era la condanna delle opere morte, di cui si rendono colpevoli coloro che amano questo mondo, e la raccomandazione della buona vita, che devono tenere e seguire coloro che si salvano da questa generazione perversa.
E ora, se vogliono, si sforzino pure di sostenere che si salva da questa generazione perversa chi si limita a credere in Cristo, benché perseveri nelle colpe che vuole fino all'ostentazione dell'adulterio.
Qualora però è empio dire ciò, i battezzandi apprendano non solo quello che devono credere, ma anche come devono salvarsi da questa generazione perversa: questo infatti è il momento in cui bisogna che imparino come i credenti debbono vivere.
Ma dicono ancora: " L'eunuco che Filippo battezzò, non disse niente di più che: Credo che Gesù Cristo è figlio di Dio, e su questa professione fu immediatamente battezzato ".
E con ciò? Vogliono forse che le persone pronunzino solo queste parole e che siano immediatamente battezzate?
Niente dello Spirito Santo, niente della Santa Chiesa, niente della remissione dei peccati, niente della resurrezione dei morti e, infine, circa lo stesso Signore Gesù Cristo niente, se non che è Figlio di Dio; non della sua incarnazione nel seno della Vergine, non della passione, non della morte in croce, non della sepoltura, non della resurrezione nel terzo giorno, dell'ascensione e del suo essere assiso alla destra del Padre: di tutto ciò il catechista non deve dir nulla e il credente non deve professare nulla?
Se infatti la risposta dell'eunuco: Credo che Gesù Cristo è Figlio di Dio, fu ritenuta sufficiente perché se ne tornasse indietro subito battezzato, perché non seguiamo il suo esempio?
Perché non lo imitiamo e togliamo via tutto il resto che riteniamo necessario far proferire nell'amministrazione del battesimo, anche quando siamo assillati dalla ristrettezza del tempo, mediante precise domande, perché il battezzando risponda a tutte, anche se non è riuscito ad imparare le formule a memoria?
Ma la Scrittura, pur tacendo, lascia intendere tutto quello che Filippo fece con l'eunuco al momento del battesimo, e col dire: Filippo lo battezzò ( At 8,35-38 ) vuole far capire che, anche se ne tace per brevità, furono eseguite tutte le parti del rito che, come sappiamo da una lunga ed ininterrotta tradizione, devono essere eseguite.
Allo stesso modo, allora, dove è scritto che Filippo annunziò all'eunuco il Signore Gesù, per nessun motivo dobbiamo dubitare che questa istruzione non contenesse anche le indicazioni relative alla condotta di vita di chi crede nel Signore Gesù.
Questo è infatti annunziare Cristo: dire non solo che cosa si deve credere intorno a Cristo, ma anche che cosa deve osservare chi entra a far parte dell'organismo vivo del corpo di Cristo; e ancora: dire tutto ciò che di Cristo deve essere creduto, e cioè non soltanto di chi è Figlio, da dove è nato secondo la divinità, da dove secondo la carne, che cosa ha patito e perché, quale è la potenza della sua resurrezione, quale dono dello Spirito ha promesso e dato ai fedeli; ma anche come debbono essere le membra delle quali egli vuole essere il capo, come li cerca, li istruisce, li ama, li libera e li conduce alla vita e alla gloria eterna.
Quando si dicono queste cose - a volte in forma più breve e condensata, a volte in forma più estesa e con maggior ricchezza -, si annunzia Cristo, e tuttavia non si tralascia nulla non solo relativamente alla fede, ma neanche per quanto attiene ai costumi dei fedeli.
Ciò si può capire anche da quel passo dell'Apostolo Paolo, nel quale essi ricordano che disse: Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi, se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. ( 1 Cor 2,2 )
A loro avviso, fu detto così come se niente altro fosse stato insegnato ai Corinti, di modo che prima credessero e poi, una volta battezzati, imparassero tutto quello che riguarda la condotta di vita.
Sostengono infatti: "Questo per l'Apostolo fu più che sufficiente, perché disse loro che in Cristo, se hanno molti pedagoghi, non hanno però molti padri, in quanto è lui che li ha generati in Cristo Gesù mediante il Vangelo". ( 1 Cor 4,15 )
Se, dunque, colui che li ha generati mediante il Vangelo - benché ringrazi di non aver battezzato nessuno tra loro, all'infuori di Crispo e Gaio e della famiglia di Stefanas ( 1 Cor 14-16 ) - non ha insegnato loro niente di più che Cristo crocifisso, che dire se uno sostenesse che essi, quando furono generati mediante il Vangelo, non avevano neppure sentito dire che Cristo era risorto?
E come spiegare, dunque, ciò che dice loro: Vi ho infatti trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, e cioè che Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, ( 1 Cor 15,3-4 ) se non lo aveva insegnato altro che crocifisso?
Se poi non intendono così e sostengono che anche questo fa parte dell'espressione Cristo crocifisso, sappiano che in Cristo crocifisso gli uomini imparano molte cose e soprattutto che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo più schiavi del peccato. ( Rm 6,6 )
Per questo l'Apostolo dice anche di se stesso: Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. ( Gal 6,14 )
Facciano attenzione, quindi, e guardino bene che cosa significa insegnare e imparare Cristo crocifisso, e vedranno che rientra nella sua croce che anche noi, nel suo corpo, siamo crocifissi al mondo: da qui si comprende tutta la repressione delle perverse concupiscenze.
In conseguenza di ciò, è impossibile che sia consentito di vivere dichiaratamente nell'adulterio a quanti si formano nella croce di Cristo.
E infatti l'Apostolo Pietro, a proposito del mistero della croce stessa, cioè della passione di Cristo, ammonisce chi si consacra ad essa di smettere di peccare, così dicendo: Poiché, dunque, Cristo ha sofferto nella carne, anche voi armatevi degli stessi sentimenti; chi ha sofferto nel suo corpo, ha rotto definitivamente con il peccato, così da vivere il tempo che gli resta da passare nella carne non più per soddisfare alle voglie umane, ma alla volontà di Dio, ( 1 Pt 4,1-2 ) e gli altri passi nei quali mostra in modo conseguente che appartiene a Cristo crocifisso, cioè a Cristo che ha sofferto nella sua carne, colui che crocifisse nel proprio corpo le voglie carnali, vive bene secondo il Vangelo.
E che dire: non ritengono che questa loro opinione trovi sostegno persino in quei due comandamenti dai quali il Signore dice che dipende tutta la legge e i profeti?
Ecco come li spiegano.
Siccome il primo comandamento è così enunciato: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente, e il secondo in modo simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso, ( Mt 22,37-39 ) essi credono che il primo riguardi i battezzandi, perché vi viene prescritto l'amore di Dio, il secondo invece i battezzati, perché è evidente che tratta dei costumi e dei rapporti fra gli uomini.
Ma, in tal modo, essi dimenticano che sta scritto: Se non ami il fratello tuo che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? ( 1 Gv 4,20 ) e altro ancora, nella stessa lettera di Giovanni: Se qualcuno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui. ( 1 Gv 2,15 )
Ora, da che cosa dipendono tutti i vizi dei cattivi costumi, se non dall'amore per questo mondo?
Per questo appunto quel primo comandamento che, secondo loro, riguarda i battezzandi, non può essere affatto osservato senza i buoni costumi.
Non voglio attardarmi con parecchi esempi; infatti questi due comandamenti, diligentemente considerati, si rivelano così connessi tra loro che nell'uomo non ci può essere né amore di Dio, se non ama il prossimo, né amore del prossimo, se non ama Dio.
Ma per la questione di cui ora si tratta, ciò che di questi due comandamenti abbiamo detto è sufficiente.
Obiettano ancora: " Ma il popolo d'Israele prima dovette passare attraverso il mar Rosso, che significa il battesimo, e poi ricevette la legge, da cui avrebbe imparato come doveva vivere ".
E allora perché insegniamo ai battezzandi sia pur solo il Simbolo, e pretendiamo che ce lo ripetano?
Niente di simile in realtà fu fatto nei confronti di coloro che Dio liberò dagli Egizi attraverso il mar Rosso.
Se poi interpretano correttamente quando vedono il segno di questa istruzione negli antichi misteri del sangue dell'agnello cosparso sulle porte e degli azimi della purezza e della verità, ( Es 12, 7ss ) perché non interpretano in modo conseguente anche il resto, cioè, per esempio, che la stessa separazione dagli Egizi significa il distacco dai peccati, che i battezzandi professano?
A questo infatti si riferiscono le parole di Pietro: Fate penitenza e ciascuno di voi sia battezzato nel nome del Signore nostro Gesù Cristo; ( At 2,38 ) è come se dicesse: allontanatevi dall'Egitto e attraversate il mar Rosso.
Per questo anche nella Lettera indirizzata agli Ebrei, quando si ricordano le prime istruzioni da dare a chi sta per ricevere il battesimo, si fa menzione della penitenza che distacca dalle opere morte.
Così infatti dice: Perciò, lasciata da parte l'istruzione iniziale su Cristo, passiamo a ciò che è perfetto, senza porre di nuovo il fondamento del ravvedimento dalle opere morte e della fede in Dio, della dottrina del bagno battesimale e dell'imposizione delle mani, della resurrezione dei morti e del giudizio eterno. ( Eb 6,1-2 )
Dunque, che tutte queste cose riguardino la fase iniziale dei neofiti è attestato dalla Scrittura con sufficiente chiarezza.
Ma, che cosa è la penitenza che distacca dalle opere morte, se non la penitenza che ci allontana dalle opere che dobbiamo far morire per vivere?
E se non sono tali gli adultèri e le fornicazioni, che cosa allora dobbiamo far rientrare tra le opere morte?
Di certo, però, non è sufficiente dichiarare il distacco da tali opere, se il bagno della rigenerazione non distrugge anche tutti i peccati passati che, in qualche modo, inseguono l'uomo, così come non sarebbe bastato agli Israeliti andarsene dall'Egitto, se la moltitudine dei nemici che li inseguiva non fosse perita nei flutti di quel medesimo mare che si aprì al popolo di Dio al momento di passarvi e di liberarsi.
Chi dunque dichiara apertamente di non volersi distaccare dall'adulterio, come potrà essere condotto attraverso il mar Rosso quando ancora rifiuta di allontanarsi dall'Egitto?
Inoltre, non si rendono conto che, in quella legge che fu data a quel popolo dopo il passaggio del mar Rosso, il primo comandamento è: Non avrai altro Dio fuori che me.
Non ti farai idoli, né immagine alcuna delle cose che sono su nel cielo o in basso sulla terra o nelle acque sotto la terra.
Non adorerai tali cose, né le servirai, ( Es 20,3-5 ) e tutte le altre prescrizioni che si addicono a questo comandamento.
Pertanto, se vogliono, affermino pure, contro la loro stessa asserzione, che nemmeno il culto di un solo Dio e il rifiuto dell'idolatria devono essere annunciati a coloro che attendono il battesimo, ma ai già battezzati; però non dicano più che a coloro che stanno per ricevere il battesimo si deve richiedere soltanto la fede in Dio e che, dopo che lo hanno ricevuto, si deve istruirli sui costumi della vita, ossia sul secondo comandamento che riguarda l'amore del prossimo.
Infatti, sono tutti e due contenuti nella legge che il popolo ricevette dopo il passaggio del mar Rosso, che è come dire dopo il battesimo.
Non è stata fatta una distinzione tra i comandamenti in modo che il popolo, prima del passaggio di quel mare, fosse istruito sull'obbligo di evitare l'idolatria e, dopo il passaggio, imparasse che si deve onorare il padre e la madre, che non si deve fornicare, uccidere, e tutte le altre norme di una condotta umana buona e innocente.
Supponiamo ora che un tale venga a chiedere il santo bagno dichiarando però che non rinuncerà ai sacrifici agli idoli, se non forse in seguito, quando lo riterrà opportuno; e che tuttavia pretenda subito il battesimo e insista per divenire tempio del Dio vivo, non solo restando adoratore degli idoli, ma addirittura continuando ad esercitare il ministero sacerdotale di qualche empio culto: chiedo a costoro se giudichino cosa buona farne anche solo un catecumeno.
Essi, senza dubbio, grideranno che ciò non deve avvenire: non ci si può attendere altro dal loro cuore.
Ma, alla luce dell'interpretazione che credono di dover dare dei testi delle Scritture, rendano conto del motivo per cui osano opporsi a quest'uomo e ribadiscono che non si deve ammettere, malgrado egli protesti e dica: " Riconosco e venero Cristo crocifisso; credo che Gesù Cristo è Figlio di Dio: non impormi altri rinvii, non chiedermi niente di più.
Da coloro che generava mediante il Vangelo, l'Apostolo per allora non voleva che sapessero di più di Cristo crocifisso.
Dopo la dichiarazione con cui l'eunuco rispose di credere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio, Filippo non ebbe più esitazioni a battezzarlo.
Per quale ragione mi vieti il culto degli idoli e non mi ammetti al sacramento di Cristo, prima che me ne allontani?
Quel culto io l'ho imparato da bambino; vi sono spinto da una consuetudine molto autorevole: vi rinuncerò quando potrò, quando sarà il momento adatto.
Ma anche se non vi rinunciassi, fa in modo tuttavia che io non finisca questa vita senza il sacramento di Cristo, e che Dio non debba chiedere conto a te dell'anima mia ".
Cosa ritengono che si debba rispondere a costui? Vogliono forse che sia ammesso?
No, non crederei affatto che essi arrivino a tanto.
Ma allora, che cosa risponderanno a uno che dicesse queste cose e aggiungesse che non gli si sarebbe dovuto neppure parlare di lasciare l'idolatria prima del battesimo, così come niente di simile udì quel primo popolo prima del passaggio del mar Rosso, poiché questa prescrizione è contenuta nella legge che ricevette quando era già stato liberato dall'Egitto?
Di certo gli direbbero: "Diventerai tempio di Dio quando riceverai il battesimo "; ma l'Apostolo dice: Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? ( 2 Cor 6,16 )
Perché dunque non vedono che allo stesso modo gli si deve dire: " Sarai membro di Cristo, quando riceverai il battesimo; ma le membra di Cristo non possono essere le membra di una meretrice "?
Anche questo infatti dice l'Apostolo, il quale in un altro passo dichiara: Non fatevi illusioni: né i fornicatori né gli adoratori di idoli ( né tutti gli altri generi che lì enumera ) possederanno il regno di Dio.
Perché, dunque, non ammettiamo al battesimo gli adoratori di idoli, mentre pensiamo che siano da ammettere i fornicatori, quando di questi e degli altri peccatori l'Apostolo dice: E tali eravate alcuni di voi, ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Cristo Gesù e nello Spirito del nostro Dio. ( 1 Cor 6,11 )
Che ragione c'è dunque, disponendo manifestamente del potere di vietarlo ad entrambi, di permettere al fornicatore, che si accosta al battesimo, di restare e all'adoratore degli idoli di non permetterlo, dal momento che per l'uno e per l'altro sento che si dice: E tali eravate alcuni di voi, ma siete stati lavati?
In verità costoro sono mossi dalla convinzione che, sia pure attraverso il fuoco, saranno sicuramente salvi coloro che hanno creduto in Cristo ed hanno ricevuto il sacramento, cioè che sono stati battezzati, anche se nel correggere i loro costumi sono stati così trascurati da vivere in modo perverso.
Ma esaminerò subito, se Dio mi aiuterà, che cosa si deve pensare di questa convinzione, secondo la Scrittura.
Per il momento mi occupo ancora della questione per cui sembra loro che i battezzati devono essere istruiti sui costumi che si addicono alla vita cristiana, mentre i battezzandi devono essere iniziati solo alla fede.
Se fosse così, oltre alle tante ragioni già date, Giovanni Battista non avrebbe detto a coloro che si presentavano al suo battesimo: Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sottrarvi all'ira imminente?
Fate dunque frutti degni di penitenza, ( Mt 3,7-8 ) e tutte le altre ammonizioni che di certo non riguardavano la fede, ma le opere buone.
E per questo ai soldati che chiedevano: Che cosa faremo? non rispose: " Intanto credete e ricevete il battesimo, poi udrete che cosa dovete fare ", ma, da buon precursore, per purificare la via al Signore che sarebbe venuto nel loro cuore, prima li ammonì dicendo: Non fate violenza a nessuno, né calunniate, e siate contenti della vostra paga. ( Lc 3,14 )
Allo stesso modo ai pubblicani che chiedevano che cosa fare, disse: Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato. ( Lc 3,13 )
Col ricordare in breve queste istruzioni l'Evangelista ( che, evidentemente, non era tenuto a riportarle per intero ) mostrò in modo sufficientemente chiaro che spetta a chi istruisce il battezzando di dare insegnamenti e di ammonire sui costumi.
Che se avessero risposto a Giovanni " Non faremo affatto frutti degni di penitenza, calunnieremo, useremo violenza, esigeremo quello che non ci è dovuto " e, nonostante questa dichiarazione, egli li avesse battezzati, tuttavia neppure in tal caso si potrebbe dire - e questa è ora la questione - che non rientra nel periodo in cui uno sta per ricevere il battesimo istruirlo su come debba condurre una vita buona.
Per tralasciare altri esempi, ricordino che cosa il Signore stesso rispose al ricco che gli chiedeva quale bene compiere per ottenere la vita eterna: Se vuoi avere la vita eterna, disse, osserva i comandamenti.
Ed egli: Quali? Il Signore allora richiamò i precetti della legge: Non ucciderai, non fornicherai, e gli altri.
Quindi, siccome replicò che tutti questi precetti li aveva osservati fin dall'adolescenza, il Signore aggiunse anche il precetto della perfezione, cioè che, venduti tutti i suoi beni e distribuitili in elemosina ai poveri, avesse un tesoro in cielo e seguisse il Signore. ( Mt 19,17-21 )
Notino, dunque: a quell'uomo non fu detto di credere e di farsi battezzare, unico sostegno, secondo costoro, col quale si può avere la vita eterna, ma gli sono stati dati i precetti morali che, di certo, senza la fede non possono essere né custoditi né osservati. Del resto, se ci limitiamo a prescrivere e pretendere che si annunzino i precetti morali agli uomini che desiderano avere la vita eterna, non lo facciamo perché in questo episodio sembra che il Signore non abbia raccomandato esplicitamente la fede: le due cose, come ho detto già in precedenza, sono legate vicendevolmente, perché non può esistere l'amore di Dio nell'uomo che non ama il prossimo né l'amore del prossimo nell'uomo che non ama Dio.
Pertanto, se talora capita che la Scrittura, invece della dottrina completa, menziona l'uno senza l'altro, sia questo o sia quello, anche in tal modo fa capire che l'uno non può prescindere dall'altro, perché chi crede in Dio deve fare ciò che Dio comanda e chi fa qualcosa perché Dio lo comanda, necessariamente crede in Dio.
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