La fede e le opere |
Alla luce di queste considerazioni, quando non ammettiamo al battesimo persone di tal genere, non è che ci sforziamo di strappare la zizzania prima del tempo, ma è che non vogliamo seminarne sempre di più, come il diavolo; non è che impediamo loro di venire al Cristo, mentre lo vorrebbero, ma facciamo loro vedere che, in base alla loro stessa dichiarazione, sono essi che non vogliono venire; non è che vietiamo loro di credere in Cristo, ma dimostriamo loro che non vogliono credere in Cristo coloro che o escludono che sia adulterio ciò che egli chiama adulterio o credono che gli adùlteri possono essere sue membra, quando egli, mediante l'Apostolo, dice che essi non possono possedere il regno di Dio e che sono in contrasto con la sana dottrina, la quale concorda con l'annuncio della gloria di Dio beato.
Costoro, dunque, non sono da annoverare tra quelli che andarono al convito di nozze, ma tra quelli che non vollero andarci.
Dal momento infatti che essi osano contraddire nel modo più esplicito la dottrina di Cristo e opporsi al Santo Vangelo, non sono respinti mentre desiderano venire, ma si guardano bene dal venire.
Coloro invece che, almeno a parole, anche se non con i fatti, rinunziano a questo mondo, questi vengono e sono seminati in mezzo al grano, radunati sull'aia, aggregati alle pecore, presi nelle reti e uniti ai convitati; e, una volta che sono dentro, che si tengano nascosti o che si manifestino chiaramente, allora ci sarà una ragione per tollerarli: se non si ha la possibilità di correggerli, non si deve avere neanche la temerarietà di escluderli.
Ma guardiamoci bene dall'interpretare il testo in cui è scritto che furono condotti al convito di nozze tutti quelli che trovarono, buoni e cattivi, ( Mt 22,2-10 ) in modo da credere che vi siano stati condotti anche quelli che dichiararono di voler restare cattivi.
In tal caso sarebbero stati gli stessi servi del padrone di casa a seminare la zizzania, e allora sarà falso il passo che dice: È il nemico che l'ha seminata, il diavolo. ( Mt 13,39 )
Ma poiché questo passo non può essere falso, i servi vi condussero i buoni e i cattivi, cioè sia quelli che non si sarebbero manifestati tali, sia quelli che lo avrebbero fatto apertamente una volta accolti e fatti entrare.
Ma "buoni e cattivi " può essere detto anche in riferimento a quel comportamento umano per cui si è soliti lodare o biasimare anche coloro che non hanno ancora la fede.
Così si spiega la consegna del Signore ai discepoli che invia per la prima volta a predicare il Vangelo: che chiedano, in qualunque città arrivino, chi è degno, per abitare presso di lui fino a che non ripartiranno. ( Mt 10,11 )
Ora, chi sarà quest'uomo degno, se non colui che è ritenuto buono nella stima dei suoi concittadini?
E chi indegno, se non colui che si è fatto conoscere da loro come malvagio?
Perciò alla fede in Cristo vengono uomini sia dell'uno che dell'altro tipo, e così vi sono condotti i buoni e i cattivi, perché anche quelli cattivi non rifiutano di far penitenza per le opere morte.
Nel caso in cui rifiutano, però, non sono respinti mentre vorrebbero entrare, ma sono essi stessi, in palese contraddizione, che rifuggono dall'entrata.
Quanto al servo, dunque, egli sarà sicuro di non essere condannato tra gli infingardi, per non aver voluto investire il talento del padrone; sono essi piuttosto che non l'hanno voluto accogliere.
Questa parabola ( Mt 25,14-30 ) infatti è stata proposta per coloro che nella Chiesa non vogliono assumere l'incarico di dispensatori, adducendo come scusa per la loro infingardaggine che non vogliono rendere conto dei peccati altrui: essi ascoltano e non operano, cioè ricevono e non rendono.
In verità, quando il dispensatore fedele e diligente, sempre pronto a investire e sempre sollecito ad incrementare i guadagni del padrone, dice all'adultero: " Non essere adultero se vuoi essere battezzato; credi al Cristo, che dice che è adulterio quello che fai, se vuoi essere battezzato; non voler essere membro di meretrice, se vuoi diventare membro di Cristo ", e quello risponde: " Non obbedisco, non faccio ", è lui che rifiuta di accettare la moneta autentica del padrone, preferendo piuttosto introdurre la sua moneta falsa nel tesoro del padrone.
Se invece promettesse di fare e non facesse, e in seguito non ci fosse in nessun modo la possibilità di correggerlo, si potrebbe trovare che cosa farne per evitare che sia inutile agli altri, non potendo essere utile a se stesso, di modo che, nel caso in cui restasse un pesce cattivo nelle reti buone del Signore, tuttavia non potrebbe prendere nelle sue cattive reti altri pesci del Signore, ossia, se anche conducesse nella Chiesa una vita cattiva, tuttavia non vi introdurrebbe una cattiva dottrina.
Al contrario, quando sono ammesse al battesimo tali persone, anche se difendono queste loro azioni o dichiarano in modo assolutamente manifesto che vi persevereranno, sembra che si elevi a principio proprio questo: fornicatori e adùlteri, benché permangano in tali malvagità fino alla fine della loro vita, possederanno il regno di Dio e, per merito di una fede morta, in quanto è senza le opere, avranno la vita e la salvezza eterna.
Sono queste le cattive reti, dalle quali in modo particolare i pescatori devono guardarsi, se in quella similitudine evangelica con pescatori si devono intendere i vescovi o i responsabili di grado inferiore delle chiese, perché è detto: Venite e farò di voi pescatori di uomini. ( Mt 4,19 )
In effetti, con le reti buone si possono prendere tanto i pesci buoni quanto i pesci cattivi; con le reti cattive invece non si possono prendere i pesci buoni.
Nella dottrina buona, appunto, può esserci tanto l'uomo buono, che l'ascolta e la mette in pratica, quanto quello cattivo, che l'ascolta ma non la mette in pratica; nella dottrina cattiva, invece, colui che la crede vera, pur non osservandola, è cattivo, colui che la osserva è peggiore.
È davvero sorprendente il fatto che fratelli che sono di diverso avviso quando dovrebbero distaccarsi da questa opinione, nuova o vecchia che sia, ma comunque dannosa, proprio loro sostengano che è una nuova dottrina quella di non ammettere al battesimo le persone molto dissolute, che dichiarano pubblicamente di voler perseverare nelle loro colpe.
Quasi non so dove vogliano andare a parare, quando non si permette di accostarsi ai sacramenti cristiani a meretrici, attori di teatro e a quanti altri fanno professione di pubblica immoralità, se non dopo abbiano sciolto, anzi spezzato tali vincoli.
Secondo la loro opinione, infatti, tutti costoro sarebbero ammessi, se la santa Chiesa non serbasse il suo antico e radicato costume, che proviene in modo evidente da quella purissima verità, per la quale sa con certezza che chi commette tali azioni, non possederà il regno di Dio. ( Gal 5,21; 1 Cor 6,9-10 )
È per questo che, se non avranno fatto penitenza delle opere morte, non è loro consentito di accedere al battesimo; e se anche lo avranno ottenuto in modo furtivo, essi non possono essere salvi, a meno che poi non si siano comportati diversamente.
Quanto agli ubriaconi, agli avari, ai maldicenti e ad altri peccatori, pur detestabili, e che è difficile convincere con fatti palesi e rimproverare, tuttavia è possibile flagellarli piuttosto energicamente con precetti morali e istruzioni catechistiche: per questo sembra che tutti costoro si accostino al battesimo con la volontà cambiata in meglio.
Ma per quel che riguarda gli adùlteri, ossia gli uomini che tengono le mogli altrui come fossero le proprie o le donne che tengono i mariti altrui come fossero i propri - adùlteri che non la legge umana, ma la legge divina condanna -, se per caso ci si è accorti che da qualche parte si è soliti ammetterli in modo piuttosto trascurato, bisogna sforzarsi di correggere questi abusi sulla base dei retti principi, cioè facendo in modo che neppure questi siano ammessi.
Non bisogna distorcere i retti principi sull'esempio di queste perversioni, fino a pensare che i richiedenti non devono essere istruiti sull'obbligo di correggere i loro costumi e che, di conseguenza, anche tutti quelli che danno prova di pubblica immoralità e scelleratezza, cioè le meretrici, i lenoni, i gladiatori e altri dello stesso genere debbano essere ammessi, benché perseverino nei loro peccati.
Quelli che si comportano in modo più fermo, una volta a conoscenza di tutti i peccati che l'Apostolo enumera concludendo chi commette tali azioni, non possederà il regno di Dio, intervengono in modo confacente e non ammettono a ricevere il battesimo coloro che resistono e dichiarano di voler perseverare nelle loro colpe.
Ma anche chi pensa che tutte le altre colpe possano essere facilmente riparate con elemosine, non dubita che tre di esse, cioè l'impudicizia, l'idolatria e l'omicidio, siano mortali e meritevoli di essere punite con la scomunica, fino a che non siano risanate con una penitenza più umiliante.
Per ora non c'è bisogno di chiedersi quale consistenza abbia questa loro opinione e se è da correggere o da approvare: allungheremmo l'opera intrapresa a causa di una questione che è ben poco necessaria alla soluzione del nostro problema.
È sufficiente ciò che sappiamo, perché, se tutte le colpe non consentono di essere ammessi al battesimo, l'adulterio è tra queste; se invece non lo consentono soltanto le tre sopra citate, anche di esse fa parte l'adulterio, a causa del quale è nata questa discussione.
Forse per negligenza nelle istruzioni ai richiedenti su certi vizi non si indagava né si riprovava.
Ma poiché sembra che per i costumi dei cattivi cristiani, un tempo addirittura pessimi, non fosse un male il fatto che uomini sposassero la moglie di un altro o che donne sposassero il marito di un'altra, per questo forse si insinuò presso alcune chiese questa negligenza per cui nelle istruzioni ai richiedenti su tali vizi non si indagava né si riprovava.
Così è avvenuto che si è incominciato anche a difenderli.
Tali vizi tuttavia sono ancora rari nei battezzati, a meno che non li facciamo aumentare col trascurarli.
Quella che alcuni chiamano negligenza, altri inesperienza, e altri ancora ignoranza, probabilmente è ciò che il Signore ha designato con il nome di sonno, dove dice: Ma mentre tutti dormivano venne il tuo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano. ( Mt 13,25 )
È da ritenere però che tali colpe non si siano manifestate subito nei costumi dei cristiani, sia pure cattivi, poiché il beato Cipriano che, nella lettera sui rinnegati, ricorda molte colpe deplorandole e stigmatizzandole, e dice che, a causa di esse, è stata giustamente provocata l'indignazione di Dio, tanto da permettere che la sua Chiesa fosse flagellata con un'intollerabile persecuzione, non le nomina affatto; non tace però di un'altra cosa - confermando così che appartiene agli stessi cattivi costumi - cioè il contrarre il matrimonio con i non credenti, asserendo che ciò equivale a prostituire le membra di Cristo ai Gentili.
Questo ormai ai nostri tempi non è più ritenuto un peccato: siccome in verità il Nuovo Testamento non prescrive nulla in proposito, lo si è creduto lecito oppure lo si è lasciato come dubbio.
Altrettanto incerto è se Erode avesse sposato la moglie del fratello morto o vivo; per questo non è chiaro che cosa Giovanni gli rimproverasse come illecito. ( Mt 14,3-4 )
Anche a proposito di una concubina che abbia dichiarato di non volersi più unire a nessun uomo, qualora sia rimandata da colui a cui è legata, a ragione si dubita se non debba essere ammessa a ricevere il battesimo.
Anche chi abbia rimandato la moglie sorpresa in adulterio e ne abbia sposata un'altra, non sembra che debba essere assimilato nel giudizio a coloro che divorziano e si risposano senza il motivo dell'adulterio.
Nelle stesse parole divine non è così chiaro se colui, al quale senza dubbio è lecito rimandare l'adultera, sia a sua volta da ritenersi adultero qualora si risposi: in tal caso, per quanto ritengo, la sua colpa sarebbe veniale.
Per la qual cosa quelli che sono manifesti peccatori di impudicizia devono essere assolutamente esclusi dal battesimo, a meno che non si purifichino con il mutamento della volontà e con la penitenza.
Relativamente ai casi dubbi, invece, bisogna sforzarsi in ogni modo perché tali unioni non avvengano.
Che utilità infatti c'è a cacciarsi in una situazione di così pericolosa ambiguità?
Ma se si tratta di cose già avvenute, non so se coloro che le hanno commesse in modo analogo non debbano essere ammessi al battesimo.
Secondo la salvifica dottrina della verità, dunque, per non dare a nessun peccato mortale una dannosissima sicurezza e non attribuirgli neppure un'autorevolezza addirittura pestifera, questo è l'ordine della cura: i battezzandi credano in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo secondo la formula con la quale il simbolo viene trasmesso; poi facciano penitenza per le opere morte e siano certi di ottenere con il battesimo la remissione indistintamente di tutti i peccati passati: non però perché sia loro consentito di peccare, ma perché non nuoccia l'averlo fatto, ovvero perché sia rimesso il male fatto, non perché sia permesso di farne ancora.
Allora in verità si può dire, anche in senso spirituale: Ecco, sei stato risanato, non peccare più, ( Gv 5,14 ) cioè le parole che il Signore pronunciò a proposito di una guarigione fisica, sapendo che, a colui che aveva guarito, gli era sopraggiunta anche la malattia del corpo, a causa dei suoi peccati.
Ma mi meraviglio come costoro ritengano che si possa dire: Ecco, sei stato risanato ad un uomo che da adultero si presenta a ricevere il battesimo e da adultero se ne va, una volta che l'ha ricevuto.
Quale malattia infatti sarà grave e fatale, se l'adulterio sarà sanità?
" Ma, obiettano, fra i tremila che gli Apostoli hanno battezzato in un sol giorno, e fra le tante migliaia di credenti tra i quali l'Apostolo ha diffuso il Vangelo, da Gerusalemme fino all'Illirico, ( Rm 15,19 ) di certo c'erano uomini uniti con mogli altrui o donne unite con mariti altrui.
Per costoro gli Apostoli dovettero fissare una regola, che in seguito le Chiese avrebbero conservato, per decidere se ammetterli o no al battesimo, prima che si emendassero dei loro adultèri ".
Come se, allo stesso modo, non si potesse replicare loro che non trovano menzione di nessuno che vi è stato ammesso essendo in tale condizione; oppure si potrebbero ricordare le colpe dei singoli uomini, impresa ovviamente senza fine, quando invece basta ed avanza quella regola generale con la quale Pietro, sostenendolo con parecchie parole, raccomanda ai battezzandi: Salvatevi da questa generazione perversa. ( At 2,40-41 )
Chi infatti potrebbe dubitare che appartengano alla perversità di questa generazione gli adulteri e coloro che hanno scelto di persistere nella medesima iniquità?
In modo analogo anche delle pubbliche meretrici, che nessuna Chiesa ammette al battesimo se prima non si sono liberate della loro vergognosa condizione, si può dire che se ne sarebbero potute trovare allora in mezzo a tante migliaia di credenti di tante nazioni, e che gli Apostoli avrebbero dovuto fissare criteri circa la loro ammissione o esclusione.
Pur tuttavia, da alcuni fatti minori possiamo farci un'idea su quelli di maggiore portata.
Così, se ai pubblicani che venivano al battesimo di Giovanni fu proibito di esigere di più di quanto era stato fissato, ( Lc 3,13 ) riterrei strano che a coloro che venivano al battesimo di Cristo potesse essere permesso l'adulterio.
Sono soliti ricordare anche che gli Israeliti hanno commesso molte e gravi colpe e hanno versato molto sangue dei profeti, e che tuttavia hanno meritato di essere annientati non per questi fatti, ma soltanto per la mancanza di fede, per la quale non vollero credere in Cristo.
Chi sostiene ciò non vede che il loro peccato non fu soltanto questo, cioè di non aver creduto in Cristo, ma anche di averlo ucciso.
Di questi due peccati l'uno attiene alla colpa di incredulità, l'altro alla colpa di crudeltà: il primo infatti è contro la retta fede, il secondo contro la buona vita.
Dell'uno e dell'altro vizio è libero colui che ha fede in Cristo, non però quella senza le opere, cioè la fede morta, che si trova anche nei demoni, ( Gc 2,19-20 ) ma la fede della grazia, la quale opera per mezzo della carità. ( Gal 5,6 )
Questa è la fede della quale è detto: Il regno di Dio è in mezzo a voi. ( Lc 17,21 )
Del regno infatti si impadroniscono coloro che fanno violenza con la fede, ottenendo lo spirito d'amore, nel quale è la pienezza della legge, ( Rm 13,10 ) mentre, senza l'amore, la lettera della legge li rendeva colpevoli anche della trasgressione.
Pertanto non si deve credere che il passo: Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono, ( Mt 11,12 ) voglia dire che anche i malvagi, con la sola fede, pur vivendo in modo pessimo, hanno il regno dei cieli, ma che quella colpa della trasgressione, che la legge da sola, cioè la lettera senza lo spirito, provocava ordinando, viene dissolta mediante la fede, e che con la violenza della fede si ottiene lo Spirito Santo, in virtù del quale, diffusosi la carità nei nostri cuori, ( Rm 5,5 ) la legge è portata a compimento non per timore della pena, ma per amore della giustizia.
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