La fede e le opere |
In nessun modo dunque la mente incauta si lasci ingannare, ritenendo di aver conosciuto Dio, quando fa professione di fede in lui con una fede morta, cioè senza le opere, alla maniera dei demoni, e per questo presume ormai che avrà la vita eterna, perché il Signore dice: Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. ( Gv 17,3 )
Deve tener conto anche di quell'altro passo, dove è scritto: Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti.
Chi dice " Lo conosco " e non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo e la verità non è in lui. ( 1 Gv 2,3-4 )
E perché nessuno ritenga che i suoi comandamenti riguardano la fede soltanto, sebbene nessuno abbia mai osato dirlo, soprattutto perché egli parlò di comandamenti, dicendo, per non disperdere l'attenzione con il numero, da quei due dipende tutta la Legge e i Profeti ( Mt 22,40 ) ( peraltro, si potrebbe giustamente dire che i comandamenti di Dio riguardano la sola fede, se si intende non la fede morta, ma quella viva, che opera per mezzo dell'amore ), Giovanni stesso poi chiarì cosa volesse dire, quando aggiunse: Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e che ci amiamo l'un l'altro. ( 1 Gv 3,23 )
Questo dunque giova: credere in Dio con retta fede, adorare Dio, conoscere Dio, in modo da ottenere da lui l'aiuto a vivere bene e, in caso di peccato, da meritare la sua indulgenza, non già perseverando sicuri nelle azioni che ha in odio, ma distaccandocene e dicendo a lui: Io ho detto, o Signore, abbi pietà di me; risana l'anima mia perché ho peccato contro di te, ( Sal 42,5 ) cosa che non possono dirglielo quanti non credono in lui e lo dicono invano quanti, essendo tanto lontani da lui, sono fuori della grazia del Mediatore.
A questo proposito nel libro della Sapienza ci sono quelle parole che non so come siano intese da una funesta ppresunzione: Anche se pecchiamo, siamo tuoi; ( Sap 15,2 ) e questo naturalmente perché abbiamo un Signore buono e grande, che vuole e può guarire i peccati di quanti si pentono, ma che non per questo è assolutamente incapace di disperdere chi permane nella malvagità.
Infine, dopo aver detto siamo tuoi, l'autore ha aggiunto: Sapendo la tua potenza: in ogni caso una potenza a cui il peccatore non sarebbe in grado di sottrarsi o di nascondersi.
E per questo continuando ha detto: Ma non peccheremo più, perché sappiamo di appartenere a te. ( Sap 15,2 )
Chi infatti, meditando come si conviene sulla nostra futura dimora presso Dio - alla quale sono predestinati tutti coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno -, non si sforzerà di vivere in modo da essere in armonia con tale dimora?
E ciò, dunque, che Giovanni dice: Vi ho scritto queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto; è lui la vittima espiatrice per i nostri peccati, ( 1 Gv 2,1-2 ) non lo fa perché continuiamo con tranquillità a peccare, ma perché, distaccandoci dai peccati, se li abbiamo commessi, non disperiamo affatto dell'indulgenza, grazie a quel difensore di cui sono privi coloro che non credono.
Da queste parole, dunque, non è promessa nessuna condizione più mite per chi voglia credere in Dio, perseverando nei cattivi costumi; ancor meno lo è dalle parole dell'Apostolo: Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge. ( Rm 2,12 )
In questo passo è come se ci fosse qualche differenza tra andare in rovina e essere giudicati, quando invece, nonostante le parole diverse, il significato è lo stesso.
Le Scritture infatti sono solite adoperare giudizio anche per condanna eterna, come avviene nel Vangelo, dove si dice: Verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno: quanti fecero il bene, per una resurrezione di vita e quanti fecero il male, per una resurrezione di giudizio. ( Gv 5,28-29 )
Qui non è detto: Questo per coloro che hanno creduto, quello invece per coloro che non hanno creduto, ma questo per coloro che agirono bene, quello per coloro che agirono male.
E in verità la vita buona è inseparabile dalla fede che opera per mezzo della carità: anzi la fede stessa è la vita buona.
Vediamo pertanto che il Signore ha detto resurrezione per il giudizio per indicare resurrezione per la dannazione eterna.
Di tutti quelli che resusciteranno ( e senza dubbio ci saranno anche quanti non credono affatto, perché anche essi sono nelle tombe ) ha fatto due parti, annunciando che gli uni risorgeranno per una resurrezione in vista della vita, gli altri per una resurrezione in vista del giudizio.
Possono obiettare che in questo passo non si devono intendere più coloro che non credono affatto, ma coloro che saranno salvati attraverso il fuoco, perché hanno creduto, nonostante abbiano condotto una vita cattiva: così pensano che con il termine giudizio si designi la loro pena transitoria.
Ma questa obiezione è assolutamente impudente, dal momento che il Signore ha ripartito tutti quelli che risorgeranno ( e tra questi senza dubbio ci saranno anche i non credenti ) secondo due destinazioni, vita e giudizio, volendo così, benché non abbia aggiunto l'aggettivo, che si intendesse giudizio eterno, come pure per la vita.
Non dice infatti " per la resurrezione della vita eterna ", pur volendo che fosse intesa così.
Vedano, d'altro canto, che cosa potranno replicare nei confronti del testo che dice: Chi poi non crede, è già giudicato. ( Gv 3,18 )
Qui infatti non c'è possibilità di dubbio: o intendono giudizio nel senso di dannazione eterna, oppure si arrischieranno a sostenere che anche i non credenti si salveranno attraverso il fuoco, poiché il testo dice: Chi non crede, è già giudicato, ossia è già destinato al giudizio.
E non sarà una promessa di grande beneficio per quanti credono e vivono male, dal momento che anche quelli che non credono non dovranno subire condanna, ma giudizio.
Se poi non si arrischieranno a sostenerlo, non si azzardino a promettere alcunché di più mite per coloro dei quali è stato detto: Saranno giudicati secondo la legge, poiché è evidente che giudizio è usato spesso anche per indicare dannazione eterna.
Ma c'è dell'altro: troviamo che la condizione di quanti peccano consapevolmente non solo non è affatto più mite, ma anzi più grave.
Di questi appunto fanno parte soprattutto coloro che hanno ricevuto la legge, perché, come sta scritto, dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. ( Rm 4,15 )
Di qui anche il passo che dice: Non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare.
Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato ha suscitato in me ogni sorta di desiderio. ( Rm 7,7-8 )
E potrei citare molte altre affermazioni che il medesimo Apostolo dice in proposito.
Da questa colpa più grave libera la grazia dello Spirito Santo, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, la quale, diffondendo la carità nei nostri cuori, dona la gioia della giustizia, che sconfigge la smodatezza della concupiscenza.
Da quanto detto è così confermato che non solo non si deve pensare ad una sorte più mite, ma addirittura ad una più grave per coloro a proposito dei quali è detto: Quanti hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge, ( Rm 2,12 ) che non per coloro che, peccando senza la legge, periranno senza la legge.
In questo passo dunque non indica una pena transitoria, ma quella con la quale saranno condannati anche i non credenti.
Essi appunto fanno ricorso a questo testo per promettere la salvezza attraverso il fuoco a coloro che, pur credendo, vivono in modo pessimo, per cui annunziano loro: Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge, ( Rm 2,12 ) come se dicesse: " Non periranno, ma saranno salvi attraverso il fuoco ".
Non hanno tenuto conto però che questo discorso su quelli che hanno peccato senza la legge e quelli che hanno peccato sotto la legge l'Apostolo l'ha fatto in riferimento ai Gentili e ai Giudei, per dimostrare che la grazia di Cristo, che ci rende liberi, è necessaria non soltanto per i Gentili, ma per entrambi, come del resto mostra in modo evidente l'intera Lettera ai Romani.
Ora dunque, spero, non prometteranno la salvezza attraverso il fuoco anche ai Giudei che peccano sotto la legge e dei quali è detto Saranno giudicati con la legge, se non li libera la grazia di Cristo; poiché di essi appunto è detto: Saranno giudicati con la legge.
E se non lo fanno, per non cadere in contraddizione ( li considerano infatti colpevoli del gravissimo peccato di non credere ), perché allora estendono, per quel che attiene la fede in Cristo, ai non credenti e ai credenti quanto è stato detto di coloro che peccarono senza la legge e di coloro che peccarono sotto la legge, mentre era riferito ai Giudei e ai Gentili, per invitare entrambi alla grazia di Cristo?
24.44 Non è stato detto infatti: " Coloro che hanno peccato senza la fede, periranno senza la fede " e: " coloro che hanno peccato sotto la fede, saranno giudicati con la fede ", ma è stato detto senza la legge e sotto la legge, perché apparisse chiaro che toccava un argomento la cui discussione riguardava i Giudei e i Gentili e non i buoni e i cattivi cristiani.
Pur tuttavia, se vogliono che in quel testo " legge " sia presa per " fede " - interpretazione peraltro troppo impudente e priva di senso -, anche in tal caso possono leggere un testo ben chiaro dell'apostolo Pietro.
Nel parlare di coloro che avevano preso a pretesto per la carne e come velo per la loro malizia le parole secondo cui noi, appartenendo al Nuovo Testamento, non di una schiava siamo figli, ma di una donna libera, per mezzo della quale Cristo ci ha liberati, ( Gal 4,31 ) e che avevano creduto che vivere liberamente volesse dire ritenere lecito, come rassicurati da tale redenzione, tutto quello che paresse loro, non badando che è anche detto: Voi, o fratelli, siete stati chiamati alla libertà; purché però non vogliate fare di questa libertà un pretesto per vivere secondo la carne, ( Gal 5,13 ) Pietro stesso appunto dice: Liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia. ( 1 Pt 2,16 )
Di questi parla anche nella sua seconda lettera e dice: Costoro sono come fonti senz'acqua e come nuvole sospinte dal vento: a loro sono riservate dense tenebre.
Infatti, pronunziando discorsi gonfi di vanità allettano con le seduzioni della carne e con le dissoluzioni coloro che erano appena riusciti a distaccarsi da quelli che vivono nell'errore.
Promettono loro la libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione, perché uno è schiavo di colui che l'ha vinto.
Se infatti, dopo aver fuggito le sozzure del mondo, mediante la conoscenza del Signore e salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro nuova condizione è peggiore della prima.
Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, rinnegare il santo comandamento che era stato loro trasmesso.
È accaduto a loro quello che dice il proverbio: " Il cane è tornato al suo vomito " e quell'altro " La scrofa lavata, è tornata a avvoltolarsi nel fango ". ( 2 Pt 2,17-22 )
A che scopo si promette ancora, in contrasto con questa chiarissima verità, a coloro che hanno conosciuto la via della giustizia, cioè Cristo Signore, e vivono in modo perverso, una sorte migliore di quella che avrebbero avuto se non l'avessero conosciuto affatto, dal momento che è detto nel modo più esplicito: Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, rinnegare il Santo comandamento che era stato loro trasmesso?
E in questo testo per santo comandamento non si deve intendere quello con cui ci viene ordinato di credere in Dio, quantunque in questo sia contenuto tutto, se intendiamo per fede dei credenti quella che opera mediante la carità.
Pietro, del resto, ha reso chiaramente manifesto che cosa intendesse con santo comandamento: quello, cioè, con cui ci è ordinato di vivere una vita integra, distaccati dalle sozzure di questo mondo.
Così appunto dice: Se infatti, dopo aver fuggito le sozzure del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro nuova condizione è peggiore della prima.
Non dice "dopo aver fuggito l'ignoranza di Dio " o " dopo aver fuggito l'incredulità del mondo " o altro di tal genere, ma le sozzure del mondo, nelle quali è inclusa tutta l'impudicizia dei vizi.
Parlando infatti di tali persone, poco prima ha detto: Prendendo cibo insieme con voi, hanno gli occhi pieni di adulteri e insaziabili di peccato. ( 2 Pt 2,13-14 )
Per questo li chiama anche fonti senz'acqua: fonti perché hanno ricevuto la conoscenza di Cristo Signore, ma senz'acqua perché non vivono in modo conseguente.
Anche l'apostolo Giuda, parlando di questi tali, dice: Essi sono la vergogna dei vostri banchetti, sedendo a mensa senza ritegno, pensando solo a pascere se stessi, come nuvole senza pioggia, ( Gd 12 ) e altro ancora.
Ciò che Pietro dice: Prendendo cibo insieme con voi, hanno gli occhi pieni di adulterio, lo dice anche Giuda: Sono la vergogna dei vostri banchetti: essi infatti si mescolano con i buoni nel banchetto dei sacramenti e nelle agapi del popolo.
Le parole che Pietro dice: Fonti senz'acqua, sono anche di Giuda: Nuvole senza pioggia, e anche di Giacomo: Fede morta. ( Gc 2,20 )
Non si prometta, dunque, la pena transitoria del fuoco a coloro che vivono in modo turpe e scellerato, perché hanno conosciuto la via della giustizia: per essi sarebbe stato meglio non conoscerla, come attesta la Scrittura che è assolutamente veritiera.
Di tali persone invero anche il Signore dice: La nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima, ( Mt 12,45 ) perché, non accogliendo lo Spirito Santo come ospite della sua purificazione, ha fatto tornare in sé lo spirito immondo accresciuto notevolmente.
A meno che costoro dei quali parliamo siano da giudicare migliori non perché non sono ritornati all'impurità degli adultèri, ma perché non se ne sono distaccati, e non perché non si sono macchiati di nuovo, una volta purificati, ma perché hanno rifiutato di purificarsi.
In effetti, per accostarsi al battesimo con la coscienza risollevata, non si degnano neppure di vomitare le loro vecchie sozzure, pronti a trangugiarle di nuovo, alla maniera dei cani, ma pretendono di accostarsi allo stesso santo bagno con il cuore pervicacemente duro, conservando la malvagità non digerita: non la occultano sotto una promessa anche falsa, ma la ostentano con l'impudenza di chi ne fa pubblica professione.
E, senza uscire da Sodoma, guardano di nuovo alle cose passate, alla maniera della moglie di Loth, ( Gen 19,26 ) ma rifiutano assolutamente di uscire da Sodoma: si sforzano di arrivare fino a Cristo in compagnia di Sodoma.
L'Apostolo Paolo dice: Io che un tempo ero stato un bestemmiatore, un persecutore, un violento.
Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; ( 1 Tm 1,13 ) e a costoro si dice: A voi piuttosto allora sarà usata misericordia se, consapevolmente, sarete vissuti male nella stessa fede.
Sarebbe troppo lungo e forse senza fine voler mettere insieme tutti i testi delle Scritture nei quali appare in modo chiaro che la colpa di quanti conducono consapevolmente una vita molto malvagia e perversa non solo non è più leggera di quelli che lo fanno inconsapevolmente, ma addirittura proprio per questo è più grave.
Di conseguenza saranno sufficienti le cose dette.
Alla santità del battesimo corrisponda la santità della vita cristiana per ricevere la vita eterna.
Guardiamoci bene dunque, con l'aiuto del Signore Dio nostro, dal dare agli uomini una falsa sicurezza dicendo loro che, una volta battezzati in Cristo, in qualunque modo saranno vissuti in questa fede, avranno la salvezza eterna.
Non facciamo dei Cristiani, come i Giudei dei proseliti; a costoro il Signore dice: Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselita e, ottenutolo, ne fate un figlio della Genna, il doppio di voi. ( Mt 23,15 )
Ma piuttosto seguiamo in ogni caso la sana dottrina di Dio nostro maestro, in modo che alla santità del battesimo corrisponda la santità della vita cristiana, e che a nessun uomo, a cui sia mancata l'una o l'altra delle due, sia promessa la vita eterna.
Perché colui che ha detto: Se non rinasce per acqua e Spirito Santo, non può entrare nel regno dei cieli, ( Gv 3,5 ) ha anche detto: Se la vostra giustizia non supererà quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. ( Mt 5,20 )
E di essi ha detto: Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli Scribi e i Farisei.
Quanto vi dicono fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. ( Mt 23,2-3 )
La loro giustizia, dunque, consiste nel dire e non fare; appunto per questo volle che la nostra fosse superiore alla loro, e che consistesse nel dire e nel fare.
Se tale non sarà stata, non si entrerà nel regno dei cieli.
Con questo comunque nessuno deve insuperbire tanto da osare, non dico, di vantarsi davanti agli altri, ma neppure da pensare dentro se stesso di essere in questa vita senza peccato.
Se non ci fossero peccati così gravi da dover essere puniti anche con la scomunica, l'Apostolo non direbbe: Essendo radunati insieme voi e il mio spirito, questo individuo sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù. ( 1 Cor 5,4-5 )
E anche: Che io non abbia a piangere su molti che hanno peccato in passato e non si sono convertiti dalle impurità e dalle fornicazioni che hanno commesso. ( 2 Cor 12,21 )
E, parimenti, se non ci fossero peccati a cui si deve rimediare non con quell'umiliazione della penitenza, che viene imposta nella Chiesa a coloro che propriamente sono chiamati penitenti, ma con opportuni rimproveri, il Signore stesso non direbbe: Ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello. ( Mt 18,15 )
Infine, se non ci fossero quei peccati che sono inevitabili in questa vita, non avrebbe posto un rimedio quotidiano nell'orazione che ci ha insegnato perché diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )
Ormai, per quanto credo, ho esposto a sufficienza ciò che penso sull'intera questione riguardo alla quale si erano sollevati tre problemi.
Il primo è quello della mescolanza nella Chiesa dei buoni e dei cattivi, come del frumento e della zizzania.
A questo proposito bisogna guardarsi dal ritenere che le similitudini - come questa o quella degli animali immondi nell'arca o quante altre del medesimo significato - siano state proposte perché dorma la disciplina della Chiesa, della quale, nella figura della famosa donna, è detto: Sorveglia l'andamento della casa. ( Pr 31,27 )
Esse sono state proposte per impedire che una temeraria follia, anziché una diligente severità, progredisca fino al punto di presumere di separare, per così dire, i buoni dai cattivi mediante empi scismi.
Con queste similitudini e con queste predizioni infatti ai buoni non è stata considerata l'infingardaggine, per cui lascino correre ciò che debbono proibire, ma la pazienza, per cui, fatta salva la dottrina della verità, tollerino ciò che non riescono a correggere.
E se sta scritto che nell'arca entrarono per vivere con Noè anche gli animali immondi, non per questo i responsabili non devono vietare ai danzatori, che sono ancora più immondi, di accostarsi al battesimo, qualora lo vogliano, cosa che di certo è meno grave che se lo facciano i fornicatori.
Ma con questa figura di un fatto storico è stato preannunziato che nella Chiesa gli immondi ci sarebbero stati per un motivo di tolleranza, non per la corruzione della dottrina o per la dissoluzione della disciplina.
Gli animali immondi, infatti, non entrarono per dove piacque loro, infranta la compagine dell'arca, ma, lasciandola intatta, per la medesima unica porta fatta dal costruttore.
Il secondo problema è quello connesso al fatto che, secondo loro, ai battezzandi debba essere data soltanto la fede e che dopo, una volta battezzati, essi vanno istruiti sui costumi.
Ma ho dimostrato in modo sufficiente, se non erro, che proprio allora, quando tutti coloro che richiedono il sacramento dei fedeli ascoltano con più attenzione e sollecitudine quanto viene loro detto, i responsabili dell'ammissione devono aver cura di non tacere la pena che il Signore minaccia per coloro che vivono male, perché non capiti che, proprio nel battesimo, a cui si accostano perché siano rimessi tutti i peccati loro imputati, siano accusati di peccati ancora più gravi.
Il terzo problema è il più pericoloso: in quanto è stato poco considerato e non approfondito sulla base della parola divina, mi sembra che ne sia scaturita tutta intera quell'opinione per la quale si promette a quanti vivono in modo assolutamente malvagio e turpe, e perseverino in questo stile di vita, che avranno la salvezza e la vita eterna, purché credano in Cristo e ricevano i suoi sacramenti.
Tutto ciò è contrario alla ben chiara affermazione del Signore il quale, a colui che desiderava la vita eterna, rispose: Se vuoi avere la vita, osserva i comandamenti, ( Mt 19,17 ) e ricordò appunto i comandamenti che prescrivono di evitare quei peccati ai quali, non so come, si promette la salvezza eterna per mezzo della fede senza le opere, cioè la fede morta. ( Gc 2,20 )
Di queste tre questioni, per quanto ritengo, ho discusso a sufficienza e ho dimostrato che i cattivi devono essere tollerati nella Chiesa in modo, però, da non trascurare la disciplina ecclesiastica; che coloro che chiedono il battesimo devono essere istruiti in modo che non solo ascoltino e accettino ciò che debbono credere, ma anche come debbano vivere; che ai fedeli è promessa la vita eterna, in modo però che nessuno pensi di poterla avere anche mediante la fede morta, la quale non può salvare senza le opere, ma mediante quella fede di grazia che opera per mezzo della carità. ( Gal 5,6 )
Perciò, non si incolpino i dispensatori fedeli, né la loro supposta negligenza o pigrizia, ma piuttosto l'ostinata renitenza di certuni che rifiutano la moneta del padrone e costringono i suoi servi a far fruttificare la loro falsa moneta.
Non vogliono neppure essere dei malvagi del tipo di quelli ai quali si riferisce san Cipriano,1 i quali rinunciano al mondo con le parole soltanto e non con i fatti, dal momento che essi neppure a parole vogliono rinunziare alle opere del diavolo, dichiarando in modo assolutamente manifesto che persevereranno nell'adulterio.
Se essi sono soliti proporre qualche altro argomento che per caso nella discussione non ho toccato, penso che non sia tale da richiedere una mia risposta, sia in quanto non pertinente con la questione trattata sia in quanto così inconsistente da poter essere confutato da chiunque con la massima facilità.
Indice |
1 | Cipriano, De lap. 27 |