La Genesi alla lettera |
E Dio disse: Le acque produrranno rettili dotati di anime viventi e uccelli che volino lungo il firmamento del cielo al di sopra della terra.
E ciò avvenne. Dio creò anche i grandi cetacei e tutti i rettili prodotti dalle acque secondo la loro specie e i volatili alati secondo la loro specie.
E Dio vide che sono esseri buoni.
Dio li benedisse dicendo: Crescete e moltiplicatevi e riempite le acque nel mare, e i volatili si moltiplichino sulla terra.
E venne sera e poi venne mattina: il quinto giorno. ( Gen 1,20-23 )
Vengono ora creati, nella parte inferiore del mondo, gli esseri che sono mossi dallo spirito vitale, e in primo luogo quelli che vivono nelle acque, l'elemento più vicino alla natura propria dell'aria, poiché l'aria è così vicina al cielo, ove sono i luminari, che ha ricevuto anch'essa il nome di "cielo"; ma non so se può chiamarsi anche "firmamento".
Il termine "cielo" al plurale si usa per denotare la medesima identica realtà che viene denotata con il termine "cielo" al singolare.
Sebbene, infatti, in questo libro il cielo, che divide le acque superiori da quelle inferiori, sia usato al singolare, tuttavia nel Salmo è detto: Le acque che sono al di sopra dei cieli, lodino il nome del Signore, ( Sal 148,4-5 ) e l'espressione "cielo dei cieli", se ben comprendiamo, denota la regione siderale superiore dei cieli inferiori.
Questi cieli l'intendiamo così anche nel medesimo Salmo ove è detto: Lodatelo, cieli dei cieli. ( Sal 148,4 )
È ben evidente che l'aria della nostra atmosfera è chiamata dalla Scrittura non solo "cielo" ma anche "cieli"; allo stesso modo che noi diciamo anche "le terre" volendo indicare soltanto quella che chiamiamo "terra" al singolare quando diciamo "globo delle terre" e "globo della terra".
In una delle lettere chiamate canoniche leggiamo che anche i cieli dell'atmosfera andarono distrutti a causa del diluvio. ( 2 Pt 3,5-7 )
Infatti l'elemento liquido, che era cresciuto tanto da superare di quindici cubiti le cime delle montagne più alte, ( Gen 7,20 ) non poté raggiungere gli astri.
Ma poiché esso aveva riempito tutto o quasi tutto lo spazio di quest'atmosfera d'aria più umida in cui volano gli uccelli, quella lettera scrive che perirono quelli ch'erano stati i cieli.
Io non so come si possa intendere ciò se non nel senso che quest'aria nello stato più denso fu trasformata in acqua, altrimenti questi cieli non sarebbero scomparsi allora ma sarebbero stati elevati più in alto quando l'acqua occupava il loro spazio.
Attenendoci pertanto all'autorità di quella lettera noi preferiamo credere che quei cieli andarono distrutti e che altri cieli, come in essa sta scritto, furono messi al loro posto ( 2 Pt 3,5-7 ) dopo essersi naturalmente diffusi i vapori umidi, anziché credere che quei cieli furono spinti in alto in modo da occupare lo spazio ch'è proprio del cielo superiore.
In rapporto alla creazione degli esseri destinati ad abitare questa parte inferiore del mondo denotata spesso globalmente con il nome di terra, era conveniente che prima fossero prodotti gli animali tratti dalle acque e poi quelli tratti dalla terra; e ciò per il fatto che l'acqua è tanto simile all'aria che, secondo i dati dell'esperienza, si condensa a causa dei suoi vapori e produce il soffio delle tempeste, cioè il vento, e addensa le nubi e può sostenere il volo degli uccelli.
È vero pertanto, come dice uno dei nostri poeti pagani, che l'Olimpo sorpassa le nubi e sulle sue vette regna la pace.3
Si dice infatti che sulla vetta dell'Olimpo l'aria sia tanto rarefatta che non è né offuscata da nubi né turbata dal vento né può sostenere il volo degli uccelli e che, se alcuni salgono per caso fin lassù, l'aria non è abbastanza densa per mantenerli in vita, come invece sono abituati [ a vivere ] nell'aria di quaggiù; ma ciononostante è anch'essa aria e perciò si mescola con le acque per la sua natura ch'è simile a quelle e pertanto si crede che anch'essa si mutasse nella sostanza liquida al tempo del diluvio.
Poiché non è pensabile ch'essa occupasse una parte del cielo sidereo allorché l'acqua arrivò a sorpassare i monti più alti.
Riguardo alla trasmutazione degli elementi esiste d'altronde una discussione non piccola anche tra coloro stessi che hanno esaminato questi fenomeni con gran diligenza senz'essere occupati in altre faccende.
Alcuni infatti dicono che tutto può mutarsi e trasformarsi in tutto; altri al contrario affermano che ciascun elemento ha qualcosa di esclusivamente proprio, che non può in alcun modo trasformarsi nella natura d'un altro elemento.
Di questo problema tratteremo forse a suo tempo, se piacerà al Signore; adesso invece, per quanto concerne l'argomento che stiamo trattando, ho creduto opportuno di farne solo un cenno per far capire che nella narrazione dei fatti è stato osservato un ordine secondo il quale era conveniente narrare la creazione degli animali acquatici prima di quelli terrestri.
Non si deve però pensare affatto che la Scrittura abbia omesso di parlare d'alcun elemento di questo mondo, che - come tutti ritengono per certo - risulta dei quattro elementi ben noti, per il fatto che in questo passo la Scrittura sembra ricordare solo il cielo, l'acqua e la terra, senza invece dire nulla dell'aria.
Le nostre Scritture infatti sono solite chiamare il mondo con i termini di cielo e terra o aggiungere talvolta anche il mare.
Si comprende quindi che l'aria fa parte del cielo, negli spazi perfettamente sereni e tranquilli dei suoi strati superiori, o fa parte della terra a causa di questa nostra zona soggetta alle tempeste e nuvolosa, la quale si condensa a causa dei suoi vapori umidi, sebbene anch'essa molto spesso sia denotata con il nome di "cielo".
Ecco perché la Scrittura non dice: "Le acque producano rettili dotati d'anime viventi", e poi: "L'aria produca volatili che volino al di sopra della terra", ma narra che entrambe le specie di animali furono prodotte dalle acque.
Tutta la massa delle acque, dunque, sia quella scorrente in forma di fluide onde, sia quella leggera e sospesa sotto forma di vapore - quella essendo destinata ai rettili dotati d'anime viventi, questa ai volatili - nell'uno e nell'altro stato è tuttavia considerata come sostanza liquida.
Ci sono perciò anche degli scrittori che, in base a sottilissime considerazioni, distinguono [ i caratteri essenziali dei ] nostri cinque sensi, a tutti ben noti, in relazione ai quattro elementi comunemente conosciuti, dicendo che gli occhi hanno relazione con il fuoco, gli orecchi con l'aria.
I sensi dell'odorato e del gusto li mettono in rapporto con l'elemento liquido; l'odorato in rapporto con l'esalazioni umide che rendono densa l'aria in cui volano gli uccelli; il gusto con le molecole fluide dei liquidi.
Infatti tutto ciò che si gusta nella bocca si mescola proprio con la saliva della bocca perché abbia sapore anche se quando vi s'introduce sembra secco.
Il fuoco tuttavia penetra ogni corpo per produrvi il movimento.
D'altra parte un liquido si congela per mancanza di calore ma, laddove tutti gli altri elementi possono riscaldarsi, il fuoco non può raffreddarsi, perché più facilmente si spegne cessando d'essere fuoco anziché restar freddo o intepidirsi a contatto con qualche sostanza fredda.
Quanto invece al tatto, il quinto dei sensi, esso ha maggiore attinenza con l'elemento terrestre; ciò spiega perché ogni sensazione tattile si estende a tutto il corpo animato risultante soprattutto di terra.
[ Quei filosofi ] dicono inoltre che senza fuoco non si può veder nulla, e senza terra non si può toccar nulla, e perciò ogni elemento è presente in tutti gli altri, ma ciascuno ha ricevuto il nome dalla sua proprietà fisica predominante.
Ecco perché quando il corpo si raffredda eccessivamente per mancanza di calore, il senso s'intorpidisce poiché diviene più tardo il moto inerente al corpo ed è prodotto dal calore, dal momento che il fuoco influisce sull'aria, l'aria sull'elemento liquido, questo su tutti gli elementi terrestri, per il fatto che gli elementi più sottili penetrano in quelli più densi.
4.7 Ora, quanto più sottile è un elemento di natura materiale, tanto più si avvicina alla natura spirituale, sebbene sia di specie molto differente, dal momento che l'uno è materia e l'altro no.
Per conseguenza, poiché il sentire non è una proprietà del corpo ma dell'anima per mezzo del corpo, per quanto si cerchi di dimostrare con acuti ragionamenti che i sensi del corpo sono distribuiti in relazione ai diversi elementi materiali, la facoltà di sentire è tuttavia nell'anima che però, non essendo materiale, esercita questa sua facoltà mediante un corpo più sottile.
Essa quindi comincia il movimento riguardo a tutti i sensi servendosi della sottigliezza del fuoco ma non in tutti arriva al medesimo effetto.
Nella vista infatti arriva fino alla luce del fuoco sopprimendone il calore; nell'udito, mediante il calore del fuoco, penetra fino all'aria più pura; nell'odorato invece attraversa l'aria pura e arriva fino all'esalazioni umide che rendono più densa l'aria dell'atmosfera che noi respiriamo; nel gusto oltrepassa l'esalazioni umide e arriva fino alle molecole umide più corpulente; dopo averle penetrate e attraversate, quando arriva alla densità pesante della terra, mette in moto il tatto, l'ultimo dei sensi.
Non ignorava dunque né la natura né la serie ordinata degli elementi colui che, mettendoci sotto gli occhi la creazione degli esseri visibili, che per la loro natura si muovono entro gli elementi di questo mondo, ricorda dapprima i luminari del cielo, poi gli animali acquatici e infine quelli terrestri.
Non ha certo tralasciato di menzionare l'aria, ma se vi sono regioni d'aria, assolutamente priva di nubi e calma ove si dice che non possono volare gli uccelli, esse sono congiunte al cielo superiore e le Scritture chiamandole con il termine di "cielo" ci fanno capire che fanno parte della regione superiore del mondo; perciò con il termine "terra" s'intende in genere tutto il nostro mondo di quaggiù, partendo dal quale [ il Salmista ] procedendo dall'alto verso il basso dice: Lodate il Signore fuoco, grandine, neve, ghiaccio, venti di tempesta e tutti gli abissi ( Sal 148,8-9 ) finché si giunge all'asciutto cioè alla terra propriamente detta.
Pertanto l'aria dell'atmosfera superiore, sia perché - fa parte della zona celeste di questo mondo, sia perché non è abitata da nessun essere visibile di cui adesso parla il narratore, non è stata passata sotto silenzio per il fatto ch'egli la denota con il termine "cielo", ma non l'annovera tra gli elementi in cui saranno creati gli animali.
L'aria dell'atmosfera inferiore, al contrario, che s'impregna delle evaporazioni umide del mare e della terra e in una certa misura si condensa affinché possa sostenere gli uccelli, non possiede se non animali nati dalle acque.
Ciò che c'è d'umido sostiene il corpo degli uccelli che si servono delle ali nel volare, come i pesci si servono di pinne, simili ad ali nel nuotare.
Ecco perché a ragion veduta lo Spirito di Dio, in quanto ispirava lo scrittore sacro, dice che gli uccelli nacquero dalle acque.
Queste, benché siano di una stessa natura, ebbero in sorte due zone differenti, cioè una inferiore per le acque che sono labili, e una superiore per l'aria ove soffiano i venti: quella destinata agli animali che nuotano, questa agli animali che volano.
Così pure vediamo che agli animali furono dati anche due sensi confacienti a questo elemento: l'odorato per fiutare i vapori, il gusto per assaggiare i liquidi.
In realtà, che noi possiamo percepire le acque e i venti anche con il tatto si deve al fatto che la sostanza compatta dalla terra risulta un miscuglio di tutti gli elementi, ma viene percepita maggiormente negli elementi più densi in modo che, toccandoli, si possono anche palpare.
Ecco perché, a proposito delle due parti più grandi del mondo, anche l'aria umida e l'acqua vengono riunite sotto il nome comprensivo di "terra", come è mostrato dal Salmo quando enumera tutte le realtà esistenti nelle regioni superiori dicendo al principio: Lodate il Signore dall'alto dei cieli, ( Sal 148,1 ) e tutte le altre realtà inferiori, dicendo al principio della seconda parte: Lodate il Signore dalla terra, ( Sal 148,7 ) ove sono nominati anche i venti delle bufere e tutti gli abissi e anche il fuoco di quaggiù che brucia chi lo tocca, poiché nasce dai moti dell'elemento terrestre e di quello liquido per trasformarsi poi a sua volta nell'altro elemento.
Sebbene, inoltre, con il salire in alto il fuoco mostri la sua tendenza naturale, non potrebbe tuttavia salire fino alla regione serena del cielo superiore perché, essendo sopraffatto dalla gran massa d'aria e trasformandosi in essa, si spegnerebbe.
Per conseguenza in questa regione del creato più corruttibile e più pesante è agitato da moti burrascosi adatti a temperare il freddo della terra per essere utile ai mortali e incutere ad essi terrore.
Poiché dunque il flusso delle onde e il soffio dei venti possono percepirsi anche per mezzo del tatto, la cui caratteristica è d'essere legato strettamente alla terra, per conseguenza anche gli stessi animali acquatici non solo si nutrono di alimenti terrestri, ma anche, specialmente gli uccelli, si riposano e si riproducono sulla terra; in effetti una parte dell'umidità che esala in vapori si estende anche al di sopra della terra.
Ecco perché la Scrittura, dopo aver detto: Le acque producano rettili dotati d'anima vivente e i volatili che volano al di sopra della terra, aggiunge esplicitamente: lungo il firmamento, ( Gen 1,20 ) inciso dal quale può apparire più chiaro quanto prima pareva oscuro.
In realtà non dice: "Nel firmamento del cielo", come aveva detto dei luminari, ma dice: I volatili che volano al di sopra della terra lungo il firmamento del cielo, cioè: "presso il firmamento, poiché questa nostra regione caliginosa e umida in cui volano gli uccelli è naturalmente contigua alla regione ove non possono volare e, in virtù della sua calma e serenità, fa già parte del firmamento del cielo.
Gli uccelli dunque volano sì nel cielo ma in questo che il Salmo denota globalmente con il nome di "terra".
Proprio in relazione a quel cielo in molti passi della Scrittura gli uccelli vengono chiamati "creature volanti del cielo", non tuttavia "nel firmamento", ma "lungo il firmamento".
Indice |
3 | Lucano, Pharsalia 2, 271. 273 |