Lettere |
Scritta prima dell'inverno dell'anno 394.
S. Paolino scrive al vescovo Alipio d'aver ricevuto una sua lettera piena di carità ed affetto cristiano ( n. 1 ), insieme con le cinque opere di S. Agostino contro i Manichei, scusandosi del ritardo nell'inviargli la Storia universale di Eusebio di Cesarea ( n. 2-3 ); esprime il vivo desiderio di conoscere meglio la vita di lui e soprattutto i suoi rapporti col vescovo Ambrogio di Milano mentre gli dà qualche notizia sulla propria vita ( n. 4 ); gli chiede infine preghiere e corrispondenza epistolare inviandogli un pane in segno di comunione ( n. 5-6 ).
Paolino e Terasia peccatori al meritatamente onorevole Signore e beatissimo Padre Alipio
È vera carità, è perfetto amore quello che hai mostrato di nutrire in te nei confronti delle nostre umili persone, o signore veramente santo e meritamente beatissimo ed amabile.
Infatti tramite il nostro domestico Giuliano, di ritorno da Cartagine, abbiamo ricevuto una lettera che ci arrecava una così chiara prova della tua Santità, che ci pareva non di ricevere un primo segno bensì la conferma della tua carità; poiché davvero questa carità è emanazione di Colui che dall'origine del mondo ci ha predestinati a Sé, ( Ef 1,4-5 ) nel quale siamo stati creati prima di essere nati, giacché Lui ci ha fatti e non noi stessi, ( Sal 100,3 ) Lui che ha fatto le cose che sono destinate ad essere.
Pertanto, plasmati dalla prescienza e dall'opera di Lui in conformità di propositi e nell'unità della fede, ovvero nella fede dell'unità, siamo stati uniti dalla carità che precede la conoscenza, così da conoscerci vicendevolmente per rivelazione dello spirito prima di esserci visti col corpo.
Perciò ci felicitiamo e ci gloriamo nel Signore, che, solo ed identico in ogni parte della terra, suscita in coloro che gli appartengono il suo amore per opera dello Spirito Santo che ha riversato su ogni uomo, ( Gv 2,26 ) colmando di letizia con le impetuose correnti del fiume la propria città. ( Sal 113,8 )
Tra i cui cittadini egli ha meritamente collocato te come principe tra i principi del suo popolo ( Sal 145,8; Sal 113,7 ) su di un seggio apostolico, ed anche noi ( che, caduti, ha rialzato e, mendichi, ha sollevato da terra ) ha voluto fossimo annoverati nella vostra condizione.
Ma ci rallegriamo maggiormente per questo dono del Signore: che ci ha posti ad abitare nel tuo cuore e si è degnato di farci penetrare così profondamente nelle tue viscere, che noi possiamo osare di contare con particolare fiducia sulla tua carità, dopo essere stati spinti a rivaleggiare con te da tali prove di affetto e da tali servigi, che non ci è possibile amarti con diffidenza o superficialmente.
Abbiamo infatti ricevuto un segno particolare del tuo affetto e della tua sollecitudine, l'opera di un uomo santo e perfetto in Cristo Signore, il nostro fratello Agostino, composta in cinque libri, per la quale proviamo tanta ammirazione e rispetto, da considerare le sue parole dettate da Dio.
Perciò, confidando nella tua venerabile e fraterna carità per noi, abbiamo osato scrivere anche a lui mentre abbiamo fiducia che per mezzo tuo verremo scusati per la nostra imperizia e raccomandati alla sua Carità, così come a tutti i santi, con i cui saluti, benché essi siano lontani, ti sei degnato di allietarci, pronto senza dubbio a ricambiarli per parte nostra, accompagnati dal nostro ossequio, ai collaboratori della tua Santità nelle funzioni ecclesiastiche e a coloro che nei monasteri cercano di emulare la tua fede e la tua virtù.
Infatti, sebbene tu viva fra le genti e sovrintendendo al popolo [ di Dio ], guidando con sollecite cure come vigile pastore le pecore del gregge del Signore, ( Sal 100,3 ) tuttavia, rinunciando al mondo e respingendo le sollecitazioni della carne e del sangue, ti sei creato tu stesso un deserto, separato dai molti e eletto fra i pochi.
Per parte mia, come dono che ricambi almeno parzialmente il tuo, sebbene io sia in tutto inferiore a te, ti ho procurato, come tu mi avevi ingiunto, la famosa Storia Universale di Eusebio, venerabile vescovo di Costantinopoli.
Ma c'è stato un ritardo nell'esecuzione dell'ordine per il fatto che, non possedendo io questa opera, secondo le tue istruzioni l'ho dovuta rintracciare a Roma presso il nostro veramente santissimo parente Domnione, il quale senza dubbio nel rendermi questo servigio mi ha ubbidito più prontamente avendogli io rivelato che doveva essere mandata a te.
In ogni modo, poiché ti sei compiaciuto di comunicarmi anche i luoghi in cui potevi trovarti, secondo quanto tu stesso mi hai consigliato ho scritto al padre nostro Aurelio, tuo venerabile collega nell'episcopato, in modo che, se tu attualmente ti trovi ad Ippona, egli abbia la cortesia d'inviarti costà la nostra lettera e il manoscritto dopo averlo fatto trascrivere a Cartagine.
Ed abbiamo anche pregato Comite ed Evodio, i santi uomini che abbiamo conosciuto attraverso le tue parole rivelatrici della loro carità, di prendersi cura di scrivergli questo affinché il nostro parente Domnione non rimanesse troppo tempo privo del suo codice e quello a te trasmesso potesse restare a tua disposizione senza necessità di restituirlo.
E, poiché hai voluto colmare con grandi dimostrazioni d'affetto da parte tua me che non le meritavo e non me le aspettavo, io ti chiedo in maniera particolare questo: che, in cambio di questa Storia Universale, tu mi racconti tutta la storia della Santità tua, in modo da spiegarmi minutamente da quale famiglia e in quale casa1 tu abbia avuto i natali e sia stato chiamato da un così potente Signore e come, prescelto fin dal seno di tua madre e dopo aver rinnegato la famiglia della carne e del sangue, tu sia inizialmente passato alla madre dei figli di Dio, che si allieta della sua prole, e sia stato chiamato a far parte della famiglia di coloro che sono insigniti della dignità regale dei sacerdozio. ( 1 Pt 2,9 )
Confesso infatti che vorrei conoscere accuratamente quello a cui tu hai accennato, cioè di aver sentito il nome della mia umile persona a Milano, allorché ricevevi colà la prima iniziazione [ al Cristianesimo ], per conoscerti interamente, per rallegrarmi maggiormente se tu sei stato chiamato alla fede o consacrato al sacerdozio dal nostro padre Ambrogio, al quale io debbo particolare venerazione, per cui pare che colui che ci ha chiamati alla vita sia identico per entrambi.
Infatti io pur essendo stato battezzato a Bordeaux da Delfino e consacrato [ sacerdote ] a Barcellona in Spagna da Lampio per la costrizione fattagli dal popolo improvvisamente infiammato, tuttavia sono stato sempre nutrito nella fede ed ora sono sostenuto nell'ordine sacerdotale dall'amore di Ambrogio.
Egli infine ha voluto rivendicare la mia appartenenza al suo clero, cosicché, pur vivendo in luoghi diversi, sono considerato un suo prete.
Ma perché tu nulla ignori di me, sappi che questo vecchio peccatore, da non molto tempo tratto dalle tenebre e dall'ombra della morte, ( Sal 107,14; Lc 1,79; 1 Pt 2,9 ) ha cominciato a respirare il soffio dell'aura vitale e da non molto tempo ha messo mano all'aratro ( Lc 9,62 ) ed ha preso su di sé la croce del Signore: possano le tue preghiere aiutarci affinché abbiamo la forza di portarla fino alla fine.
Ai premi che ti sei meritato si aggiungerà anche questo se col tuo intervento avrai alleviato i nostri pesi.
Infatti il santo che aiuta colui che soffre ( non osiamo dire fratello ) sarà esaltato come una grande città. ( Pr 18,19 )
E tu invero sei la città edificata sul monte o la lucerna accesa sul candelabro, ( Mt 5,14-15 ) che brilla nello splendore della luce settiforme; noi siamo, per così dire, nascosti sotto il moggio dei nostri peccati.
Visitaci con le tue lettere e portaci nella luce in cui tu ti trovi a brillare agli occhi di tutti sugli aurei candelabri.
Le tue parole saranno luce per il nostro cammino, ( Sal 119,105 ) e il nostro capo sarà unto dall'olio ( Sal 23,5 ) della tua lucerna.
E si accenderà la nostra fede quando dal soffio della tua bocca avremo attinto il cibo della mente e la luce dell'anima.
La pace e la grazia di Dio siano con te e ti sia conservata in quel giorno la corona di giustizia, o signore e padre meritamente dilettissimo, venerabile e ardentemente desiderato.
Ti preghiamo di salutare con grande affetto ed ossequio i benedetti compagni ed imitatori della Santità tua e nostri fratelli nel Signore ( se lo permettono ) che a Cartagine, a Tagaste, a Ippona e in tutte le tue parrocchie e in tutti i luoghi dell'Africa da te conosciuti servono il Signore nella fede cattolica.
Se riceverai il manoscritto stesso appartenente al santo Domnione, avrai la bontà di rimandarcelo una volta trascritto.
Ti prego di scrivermi quale mio inno tu abbia conosciuto.
Per testimoniare la nostra unione abbiamo mandato alla tua Santità un pane in cui è simboleggiata l'unità della Trinità. Se ti degnerai d'accettarlo, farai di questo pane una eulogia.
Indice |
1 | Verg., Aen. 8, 114 |