Lettere |
Scritta forse nel 399-400.
Agostino esorta Severino, suo consanguineo donatista, ad abbandonare lo scellerato scisma, lamentando di non essere uniti nell'unico Corpo di Cristo, la Chiesa ( n. 1 ), analizza poi il concetto di unità cattolica e di eredità cristiana ( n. 2-4 ).
Agostino al desideratissimo signore e carissimo fratello Severino
Sebbene la lettera della tua Fraternità mi sia giunta assai in ritardo e non l'aspettassi ormai più, tuttavia mi ha fatto gran piacere riceverla e molto più mi sono rallegrato nel sapere che il vostro servo è venuto ad Ippona per questo solo scopo, di recapitarmi cioè la lettera della Fraternità tua.
Ho immaginato che non senza un motivo ti è venuto in mente il ricordo della nostra parentela, ma forse perché ti accorgi chiaramente, dotato come sei di singolare equilibrio e di prudenza, a me ben noti, quanto sia deplorevole il fatto che, pur essendo fratelli per via di sangue, non viviamo nell'unica comunanza del Corpo mistico di Cristo, soprattutto perché ti sarebbe facile considerare e vedere la città posta sul monte, di cui il Signore nel Vangelo dice che non può rimanere nascosta. ( Mt 5,14 )
Ora tale città è la Chiesa cattolica, chiamata appunto in greco perché è diffusa in tutto il mondo.
A nessuno è lecito ignorarla appunto, perché, secondo la parola di nostro Signore Gesù Cristo, non può rimanere nascosta.
Ecco invece la setta di Donato, limitata ai soli Africani, formulare accuse ereticali contro la Chiesa Cattolica senza considerare, a causa della sua sterilità per cui ha rifiutato di produrre frutti di pace e di carità, d'essersi staccata dalla radice delle Chiese Orientali, dalle quali è venuto all'Africa il Vangelo; se si porta ai Donatisti un po' di terra da quelle regioni la venerano, mentre poi, se arriva di là un fedele, lo esorcizzano e lo ribattezzano!
Ma dal Figlio di Dio, che è la verità, ( Gv 14,6 ) fu già predetto ch'egli è la vite, i suoi figli i tralci e il Padre l'agricoltore: Il tralcio che in me non porta frutto, il Padre mio lo reciderà e il tralcio che in me porta frutto, lo rimonda affinché porti frutto più abbondante. ( Gv 15,1 )
Non c'è dunque da meravigliarsi se da quella vite, ch'è cresciuta e ha riempito tutta la terra, ( Sal 80,10 ) si sono staccati coloro che non hanno voluto produrre il frutto della carità.
Se i Donatisti avessero rinfacciato ai propri colleghi delle vere colpe, quando i loro predecessori fecero lo scisma, avrebbero vinto la causa presso la Chiesa d'oltremare, dalla quale è venuta la garanzia della fede cristiana, di modo che sarebbero rimasti fuori quelli ai quali rinfacciavano le medesime colpe.
Ora invece, dato che gli accusati si trovano entro la Chiesa e comunicano con le Chiese apostoliche, i cui nomi i Donatisti leggono registrati nella Sacra Scrittura, mentre essi sono fuori e separati da quella comunione, chi non capirebbe che avevano pienamente ragione quelli che poterono farla riconoscere presso giudici imparziali?
Se invece i Donatisti avevano una ragione fondata e non poterono dimostrarla alle Chiese d'oltremare, quale offesa arrecò loro la Chiesa di tutto il mondo quando i vescovi non poterono condannare temerariamente i propri colleghi i quali presso di loro non erano stati convinti delle colpe loro rinfacciate?
Intanto viene reiterato il battesimo a persone innocenti e Cristo è rigettato con disprezzo in quegli innocenti.
Se proprio i Donatisti conoscevano delle vere colpe commesse dai loro colleghi Africani e trascurarono d'indicarle e dimostrarle alle Chiese d'oltremare, da se stessi si staccarono dall'unità cristiana con uno scisma sacrilego e scellerato e non hanno alcuna giustificazione - voi lo sapete bene - soprattutto perché sorsero tra loro molti scellerati e li tollerarono per tanti anni allo scopo di non lacerare la setta di Donato, mentre rinfacciandoci in quella circostanza i loro falsi sospetti non esitarono a spezzare la pace e l'unità cristiana; voi ne siete testimoni.
Ma non so quali rapporti di parentela vi trattengono in cotesta setta, caro fratello Severino.
Da tempo mi addoloro; da tempo gemo specialmente quando penso alla tua saggezza; da tempo desidero vederti per parlare con te di questo argomento.
Cosa giova scambiarci i saluti e la parentela temporale se, per i nostri vincoli di sangue, disprezziamo l'eterna eredità di Cristo e la salvezza eterna?
Ti bastino per ora le considerazioni contenute nella presente; esse sono di poco o quasi nessun giovamento per animi induriti, ma per il tuo animo, a me ben noto, sono molte e di grande importanza.
Non sono infatti mie, ché io non sono nulla e aspetto solo la misericordia di Dio, ma sono dello stesso Dio onnipotente: chi lo disprezzerà come padre in questa vita, lo troverà giudice nella futura.
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