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Lettera 128

Scritta forse il 25 maggio del 411.

I vescovi cattolici dichiarano a Marcellino che si atterranno alle condizioni prescritte dalla sua ordinanza relativa alla conferenza da tenersi coi Donatisti ( n. 1 ), in caso di sconfitta non esigeranno di conservare l'episcopato presso i Donatisti né lo toglieranno a quest'ultimi se essi perderanno ( n. 2 ); si dichiarano disposti a esercitare la dignità episcopale con gli scismatici se questi torneranno all'unità cattolica ( n. 3 ) animati dallo stesso zelo con cui cercarono di mantenere l'unità della setta col riabilitare i dissidenti vescovi Massimianisti ( n. 4 ).

Aurelio, Silvano e tutti i Vescovi cattolici a Marcellino, onorevole e dilettissimo figlio, personalità chiarissima, eccellentissimo capo della cancelleria imperiale

1 - Saranno osservate le prescrizioni di Marcellino

Con questa lettera ti mandiamo, come ti sei degnato di esortarci, il nostro pieno consenso all'ordinanza dell'Eccellenza tua, con cui è stata assicurata la tranquillità e la quiete della nostra conferenza e il modo per manifestare e proteggere la verità: dichiariamo che siamo d'accordo sul luogo e sulla data della conferenza medesima e sul numero di coloro che vi dovranno essere presenti.

Consentiamo altresì che le persone cui delegheremo l'incarico di prender parte alla conferenza firmino le loro conclusioni e che nel documento scritto, con cui affidiamo loro questo incarico e promettiamo di considerare ratificati i loro atti, non solo tu abbia le firme apposte da tutti noi, ma che esse siano apposte sotto i tuoi occhi.

Avvertiremo anche, con l'aiuto del Signore, i laici cristiani che si astengano dall'affollarsi attorno al luogo della conferenza perché ci sia quiete e tranquillità, e che non abbiano fretta di ascoltare ciò che si discute mentre si va discutendo, ma aspettino di conoscerlo quando sarà stato fissato per scritto, come tu hai promesso che l'avresti reso di pubblica ragione.

2 - Si sfidano i Donatisti: provino le loro tesi!

Siccome confidiamo nella verità, ci vincoliamo anche a osservare la seguente condizione: se coloro, coi quali trattiamo, riusciranno a dimostrarci che, sebbene i popoli cristiani, crescendo ovunque secondo le promesse di Dio, abbiano già occupato gran parte del mondo e si siano estesi nelle restanti parti al fine di occuparle, la Chiesa di Cristo sarebbe andata improvvisamente in rovina per il contagio di non so quali peccatori ch'essi sono soliti incolpare, mentre essa sarebbe rimasta integra solo nella setta di Donato; se, come ho detto, riusciranno a dimostrare questa tesi, noi non andremo a rivendicare gli onori dell'ufficio episcopale presso di loro ma seguiremo, per la sola salvezza eterna, il consiglio dei medesimi ai quali, per aver conosciuta la verità, dovremo rendere grazie d'un beneficio così grande.

Se invece saremo piuttosto noi quelli che riusciremo a dimostrare che la Chiesa di Cristo, la quale occupa già una si gran parte non solo di tutte le province africane, ma anche di quelle d'oltre mare e le contrade più fiorenti e più ricche di popolazione e, come sta scritto, fruttifica e cresce nel mondo intero, ( Col 1,6 ) non è potuta affatto andare in rovina per i peccati di nessun individuo mescolato nel suo organismo;

se dimostreremo inoltre che la questione sollevata contro i vescovi stessi, che allora essi vollero accusare ma non riuscirono a confutare, è stata definita, benché la causa della Chiesa non si basi su di essi;

se dimostreremo che Ceciliano fu giudicato innocente, mentre i suoi avversari furono bollati come violenti e calunniatori proprio dall'imperatore, al cui giudizio, accusando essi per primi, avevano sottomesso le loro accuse;

se finalmente, checché abbiano detto dei peccati di qualsivoglia persona, proveremo con documenti umani o divini, che la loro innocenza fu attaccata con false accuse o che la Chiesa di Cristo, alla cui comunione siamo uniti, non venne distrutta per nulla dalle loro colpe: in tal caso serbino con noi l'unità della Chiesa, così da trovare non solo la via della salvezza, ma da non perdere neppure la dignità episcopale.

Noi infatti non detestiamo in essi i sacramenti della verità divina, ma i deliramenti dell'errore umano; appena questi saranno stati eliminati, stringeremo in un abbraccio il petto dei fratelli, uniti a noi dalla carità cristiana, mentre ora ci dogliamo che siano separati da uno scisma diabolico.

3 - Concessioni ai Donatisti che tornano all'unità

Ognuno di noi potrà naturalmente occupare a turno il posto più ragguardevole, associandosi nell'onore il proprio collega come quando un vescovo è fuori sede e accanto a lui prende posto il collega.

Concedendosi questo privilegio entrambi i vescovi alternativamente nelle proprie basiliche, fanno a gara per onorarsi reciprocamente. Difatti, allorché il precetto dell'amore avrà dilatato i cuori, il possesso della pace non diverrà angusto.

In tal modo allorché muore uno di essi, gli succederà il superstite secondo l'antico costume né si farà alcunché di nuovo, poiché l'amore che ispira i cattolici ha conservato questo uso fin dal principio dello stesso scisma nei riguardi di coloro che, una volta condannato l'errore dell'empia divisione, hanno voluto gustare, anche se tardi, la dolcezza dell'unità.

Se poi, per caso, le comunità cristiane preferiscono avere ciascuna il proprio vescovo e, per l'aspetto insolito della cosa, non potranno tollerare la partecipazione di due ( vescovi ) al governo di una stessa chiesa, ci ritireremo entrambi dalla sede.

Una volta condannato lo scisma, in ogni chiesa ristabilita nell'unità della pace si ordini dai vescovi, che sono nelle singole chiese, un solo vescovo per i luoghi dove ce ne sarà bisogno, dopo che si sia raggiunta l'unità.

Perché mai dovremmo esitare a offrire al nostro Redentore questo sacrificio di umiltà?

Non discese egli dai cieli in membra umane perché noi fossimo sue membra?

E noi avremo paura di discendere dalle nostre cattedre per scongiurare il pericolo che le stesse sue membra siano dilaniate da una crudele divisione?

Per quanto ci riguarda, a noi basta solo essere cristiani fedeli e ubbidienti: cerchiamo dunque di esserlo sempre.

Siamo poi ordinati vescovi a servigio delle comunità cristiane; facciamo dunque, per ciò che concerne il nostro episcopato, un'opera che sia utile ai fedeli di Cristo per la pace cristiana.

Se siamo servi utili, perché pregiudicheremo gli interessi eterni del Signore per amore delle nostre dignità temporali?

La nostra dignità episcopale sarà più fruttuosa per noi se, deponendola, avremo radunato il gregge di Cristo, che conservandola esser causa della sua dispersione.

Con quale sfrontatezza potremo sperare l'onore promesso nei secoli futuri da Cristo, se il nostro onore ecclesiastico impedisce in questo modo l'unità di Cristo?

4 - I Donatisti arrendevoli ai loro dissidenti

Abbiamo creduto nostro dovere di scrivere queste cose alla tua Eccellenza, perché per tuo mezzo siano note a tutti.

Noi preghiamo che, con l'aiuto di Dio nostro Signore, per ispirazione del quale facciamo questa promessa e per il cui aiuto confidiamo di poterla adempiere, prima ancora della conferenza, se è possibile, i cuori degli uomini deboli o induriti siano risanati o soggiogati dalla sua divina carità, affinché tutti animati dall'amore della pace non resistiamo all'evidentissima verità e la concordia preceda o segua alle nostre discussioni.

Se i Donatisti ricordano che beati sono i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio, ( Mt 5,9 ) dobbiamo sperare che sarà più dignitoso e facile per essi volere che la fazione di Donato si riconcili con tutto il mondo cristiano, anziché l'intero mondo cristiano sia ribattezzato dai Donatisti.

Tanto più che coloro che provenivano dal sacrilego e condannato scisma di Massimiano e che i Donatisti cercarono di correggere perseguitandoli perfino con ordinanze delle autorità civili, essi cercarono di riconciliarseli con tanto amore da non osare annullare il battesimo conferito da quelli; da accogliere senza diminuzione della loro giurisdizione alcuni vescovi condannati; da reputare infine altri non macchiati dalla comunione coi dissidenti.

Noi non abbiamo sentimenti ostili contro la concordia che esiste tra loro, ma occorre almeno che essi considerino con quanto zelo la radice cattolica ricerca il ramo spezzato, se questo medesimo ramo in egual modo si affannò a raccogliere premurosamente il ramoscello reciso.

( E d'altra mano ): Facciamo voti che tu, o figlio, goda buona salute nel Signore.

lo, Aurelio, vescovo della Chiesa cattolica di Cartagine, ho sottoscritto questa lettera.

( Parimenti d'altra mano ): Io Silvano, primate della Chiesa di Summa, ho sottoscritto.

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