Lettere |
Scritta ca. il 30 maggio 411.
I vescovi cattolici, rispondendo alla notificazione dei Donatisti a Marcellino, concedono che siano presenti alla conferenza di Cartagine tutti i vescovi già convenuti, pur temendo possibili disordini ( n. 1 ); provano quale sia la Chiesa cattolica ( n. 2-3 ), quanto siano giuste le leggi imperiali contro i Donatisti e l'assoluzione di Ceciliano ( n. 4 ); confutano l'affermazione che i cattivi cattolici pregiudichino la causa della Chiesa ( n. 5 ).
Se i Donatisti provocheranno una sommossa, la colpa ricadrà su di loro ( n. 7 ).
Aurelio, Silvano e tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica a sua eccellenza Marcellino, onorevole e dilettissimo e rispettabile tribuno e cencelliare imperiale
Ci ha resi molto ansiosi la notificazione o lettera dei nostri fratelli Donatisti ( che noi vorremmo si convertissero dal loro funesto scisma alla pace cattolica ) poiché hanno rifiutato di conformarsi alla ordinanza dell'Eccellenza tua, con cui avevi provveduto alla tranquillità assoluta della nostra conferenza.
Noi temiamo che, se non tutti, almeno alcuni di loro possano turbare, col chiasso e lo strepito della folla, la conferenza che invece dovrebbe svolgersi in modo tranquillo e sereno.
Voglia il cielo che tale non sia la loro intenzione e che piuttosto il nostro sospetto sia infondato e che perciò, se vogliono essere presenti tutti quanti, lo facciano però in modo che, quando ad essi parrà opportuno, adunatici nello stesso luogo anche noi ne usciamo tutti insieme concordi e pacificati.
Voglia il cielo che, una volta posto rimedio alla divisione scismatica, legati dal vincolo fraterno della unità di Cristo, tra la meraviglia e la gioia di tutti i buoni e il dolore soltanto del diavolo e dei suoi simili, possiamo recarci insieme nella Chiesa a ringraziare e a lodare Dio col più ardente e luminoso amore.
Perché mai ciò dovrebbe essere difficile se l'occhio guardasse sereno e l'intelligenza dei Cristiani, messe da parte le accuse umane, vere o false, non lasciasse di riflettere e vedere che la Chiesa va ricercata nelle Sacre Scritture, nelle quali Cristo si è manifestato Redentore della Chiesa?
Poiché allo stesso modo che noi non diamo ascolto, contro Cristo, a coloro che affermano che il suo cadavere fu portato via furtivamente dal sepolcro ad opera dei discepoli, così non dobbiamo, contro la sua Chiesa, ascoltare coloro i quali affermano che essa non esiste che tra i soli Africani e tra pochissimi altri uniti in comunione con loro.
L'Apostolo infatti dice che i veri Cristiani sono membra di Cristo. ( Ef 4,25 )
Come dunque noi non crediamo che per il furto di alcuno la carne morta di Cristo sparisse dal sepolcro, così non dobbiamo credere che, per il peccato di qualcuno, le membra vive di lui siano sparite dal mondo.
Poiché dunque Cristo è il capo e la Chiesa è il suo corpo, non è difficile vedere difeso nel Vangelo contemporaneamente il capo contro le calunnie dei Giudei e il corpo contro le accuse degli eretici.
Ciò che si legge: Era necessario che Cristo patisse e che il terzo giorno risorgesse dai morti, ( Lc 24,46 ) è detto contro coloro i quali affermano che, morto, fu rapito di nascosto dal sepolcro, mentre ciò che segue: ( Era necessario ) che si predicasse anche nel nome di lui la penitenza e la remissione dei peccati fra tutte le genti, cominciando da Gerusalemme, ( Lc 24,47 ) è detto contro coloro i quali affermano che la Chiesa non è sparsa su tutta la terra.
Così da un solo breve testo e da poche parole sono confutati e sconfitti il nemico del Capo e il nemico del Corpo, e se vorranno considerare con spirito di fede, potranno anche correggersi.
Tanto più ci addoloriamo che i nostri fratelli mantengano questo contegno ostile, quanto più è risaputo che hanno in comune con noi le medesime Scritture, nelle quali sono contenute queste chiarissime prove.
I Giudei, dal momento che negano la risurrezione di Cristo, non accettano neppure il Vangelo.
Questi nostri fratelli invece sono vincolati dall'autorità dei due Testamenti e nondimeno pretendono di accusarci di avere consegnato il Vangelo ma non vogliono prestargli fede quando viene citato.
Ora però per l'interesse suscitato da questa conferenza essi hanno scrutato con maggiore diligenza le Sacre Scritture.
In esse hanno trovato senza dubbio innumerevoli passi in cui c'è la promessa che la Chiesa sarebbe esistita fra tutte le popolazioni e in tutto il mondo, promessa il cui compimento vediamo che incomincia a profilarsi nel Vangelo, nelle Lettere degli Apostoli e negli Atti degli Apostoli.
Ivi si leggono le località, le città, le province attraverso le quali la Chiesa crebbe, cominciando da Gerusalemme, per diffondersi poi di lì anche in Africa, non cessando d'essere ov'era prima, ma per espandersi con nuovo accrescimento.
Non hanno invece trovato alcun passo della Sacra Scrittura in cui sia detto che la Chiesa sarebbe sopravvissuta nella sola Africa, nella fazione di Donato.
Hanno anche capito quanto sia assurdo che si citino tante testimonianze divine in difesa di una Chiesa destinata a perire e, al contrario, nessuna testimonianza del Signore a sostegno di quella Chiesa che secondo essi sarebbe dovuta piacere a Dio.
Forse con questi pensieri hanno voluto recarsi tutti al luogo della nostra conferenza, per porre fine alle vane e funeste divisioni contrarie all'eterna salvezza, non per fare scoppiare una nuova sommossa, ma per far cessare l'antica discordia.
Quanto poi al fatto per cui sono soliti indignarsi tanto fortemente contro di noi, per il fatto cioè che i re della terra, di cui le profezie avevano predetto tanto tempo fa che avrebbero servito a Cristo Signore, promulgano leggi in favore della pace cattolica contro gli eretici e gli scismatici, crediamo che essi abbiano compreso finalmente una buona volta che ciò non deve imputarsi a loro colpa.
Difatti gli antichi re non solo del popolo ebraico, ma anche non ebrei, affinché nessuno facesse o pronunciasse offese contro il Dio d'Israele, cioè il vero Dio, atterrirono tutti i popoli del loro regno con ordinanze assai minacciose.
Anche i predecessori di costoro deferirono all'imperatore Costantino per mezzo del console Anulino la questione di Ceciliano, da essi accusato, dalla quale sorse questo scisma. Sembra certo che per nessun altro motivo abbiano agito così, se non perché l'imperatore Costantino con la sua autorità regale emanasse un'ordinanza in favore di chi avesse vinto la causa contro coloro che fossero stati sconfitti.
Ora, consultati attentamente gli archivi pubblici ( e forse lo fecero costretti proprio dalla prospettiva della conferenza ) hanno potuto trovare che la questione era stata definita da tempo, non solo dai giudici ecclesiastici, al cui giudizio dapprima avevano sottoposta l'intera questione e poi l'avevano tirata per le lunghe.
Negli archivi pubblici hanno potuto anche trovare che, istruendo il processo il proconsole Eliano per ordine dell'imperatore medesimo, era stato discolpato Felice di Aptungi, che aveva conferito l'ordinazione ( episcopale ) a Ceciliano e che da essi nel loro concilio era stato chiamato origine di tutti i mali.
D'altronde, se hanno prestato attenzione, hanno costatato anche questa cosa, facile a comprendersi, che cioè nella Chiesa di Cristo, promessa dalle Sacre Scritture, ci sarà la mescolanza della zizzania, della paglia e dei pesci cattivi sino al tempo della messe, ( Mt 13,24-30 ) della vagliatura ( Mt 3,12 ) e della scelta sulla spiaggia ( Mt 13,47-48 ) e i vescovi suoi colleghi avessero avuto torto, non avrebbero potuto provare nulla contro il mondo cristiano, contro la promessa fatta da Dio a pochi credenti tanto tempo prima e ora compiuta per molti che lo costatano coi propri occhi, salvo che non si ammetta che il peccato d'un uomo abbia avuto contro la Chiesa più forza del giuramento di Dio, pronunciato in favore della medesima e che il peccato dell'iniquità valga più della promessa della verità.
Hanno già compreso quanto sia stolto ed empio pensarla così.
Hanno considerato che si erano avvalsi anch'essi delle autorità civili per scacciare dalle basiliche i Massimianisti, i quali avevano condannato Primiano e che da loro furono poi condannati.
In modo ancora più chiaro, attraverso l'esempio dato da essi recentemente, hanno appreso che non era peccato se la Chiesa richiedeva da siffatti poteri temporali simili misure contro i suoi ribelli.
Essi accolsero in seguito alcuni scomunicati e, mentre colpivano questi con l'anatema, concessero una dilazione ad altri ancor più numerosi, che si erano costituiti nella medesima comunità scismatica, dichiarando ch'erano rimasti incontaminati nella comunione del ramoscello sacrilego di Massimiano.
Non osarono neppure annullare e ripetere il battesimo amministrato durante lo scisma.
Così hanno dovuto capire a sufficienza che le imputazioni, ch'essi muovevano contro di noi a parole, erano state condannate dall'esempio loro.
Bisogna credere che già capiscano quanto sia indegno e insopportabile che, mentre sulle cattedre vescovili seggono con costoro e con lo stesso Primiano non solo coloro che lo condannarono ma anche i condannati nel processo contro di lui, solo perché regni la pace fra i Donatisti, venga gettato a proposito di Ceciliano il discredito sul mondo cristiano, affinché l'unità cristiana non viva in pace.
Rimuginando forse nella loro mente tutti questi pensieri e spinti dal timore di Dio hanno voluto essere presenti nel luogo della conferenza non con l'intenzione di turbarla, ma di far la pace.
Quanto poi al fatto che hanno affermato di voler partecipare tutti ( alla conferenza ) perché appaia il loro numero, poiché i loro avversari spesso hanno affermato falsamente che erano poco numerosi, se qualche volta i nostri lo hanno affermato, la cosa poteva corrispondere pienamente alla verità per quei luoghi, dove il numero dei nostri colleghi vescovi, chierici e laici risulta di gran lunga maggiore e soprattutto nella provincia Proconsolare, benché, ad eccezione della Numidia consolare, anche in tutte le altre province africane ( gli scismatici ) siano molto meno numerosi a paragone dei nostri; o per lo meno possiamo affermare con piena ragione che i Donatisti sono pochissimi a paragone di tutti gli altri popoli, fra i quali si estende la comunione dei cattolici.
Ma se adesso avessero voluto rendere noto il loro numero, non avrebbero potuto farlo apparire, in modo più ordinato e tranquillo, per mezzo delle loro firme che nella tua ordinanza avevi comandato apponessero sulla loro procura sotto i tuoi occhi?
Che vuol significare dunque questo loro desiderio di essere presenti in massa nel luogo della conferenza?
Se non nutrono pensieri di pace, qual turbamento non recheranno quando vorranno prender la parola, oppure che cosa staranno a fare se non prenderanno la parola?
Poiché, anche se non vi sarà schiamazzo, il solo bisbiglio di molti produrrà di per sé uno strepito assai grande, per cui la conferenza potrebbe essere ostacolata.
Che cosa poi vuol dire ciò che hanno pensato dover esprimere nella loro notificazione, che cioè essi a buon diritto hanno fatto la richiesta che tutti quanti fossero presenti, dal momento che tutti erano stati convocati a venire?
Come se i pochi che dovessero essere presenti potessero essere eletti se non dai molti venuti per eleggerli e sottoscrivere la loro elezione alla tua presenza, in modo che tutti fossero rappresentati in quei pochi, poiché sarebbero stati eletti da tutti.
Da essi dunque si medita o una sommossa o la pace: questa noi desideriamo, ma l'altra cerchiamo di evitarla.
E quindi, per timore che si prepari, Dio ce ne liberi!, una situazione che vogliamo evitare, invece di quella da noi desiderata, acconsentiamo che siano presenti tutti i Donatisti, a patto però che il numero dei nostri sia tale quale è sembrato sufficiente alla tua Eccellenza.
Se quindi sorgesse qualche tumulto fra le turbe, sarebbe giustamente imputato soltanto a coloro, nel partito dei quali si sarà trovata, in una questione da trattare da pochi, una moltitudine del tutto superflua; se invece, cosa che ci auguriamo di tutto cuore, che bramiamo ardentemente, che chiediamo con suppliche al Signore, sarà necessaria quella moltitudine per stabilire l'unità, saremo tutti presenti, quando vorranno; anzi voleremo insieme, con l'aiuto di Colui che ci procura questo dono, a un bene così grande, esclamando: Siete fratelli nostri. ( Is 66,5 sec. LXX )
Indirizzeremo questo saluto non a persone che ci odiano, ma a fratelli che, deposto l'odio, ci abbracciano, affinché il nome di Dio sia glorificato ed appaia ad essi, che già ne fanno esperienza con noi in letizia, quanto sia cosa buona e gioiosa che i fratelli abitino insieme. ( Sal 133,1 )
( D'altra mano ): " Desideriamo, o figlio, che tu goda buona salute nel Signore".
( Pure d'altro mano ): " Io Aurelio, vescovo della Chiesa cattolica di Cartagine, ho sottoscritto ".
( Parimenti ): " Io Silvano, della sede primaria della provincia di Numidia, ho sottoscritto".
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