Lettere |
Scritta nel 414/15.
Agostino risponde a Evodio sui quesiti tratti dal cap. III della I lettera di S. Pietro e d'onde derivi l'anima di Cristo:
I) quali gl'increduli liberati da Cristo negl'inferi e sciolti dalle doglie di morte ( n. 1-6 ); A. cerca di risolvere le difficoltà inerenti al quesito ( n. 7-12 ) mettendo in guardia E. dalle assurdità derivanti dalla sua opinione ( n. 13-14 ).
Simbolismo dell'arca di Noè e dell'acqua del diluvio ( n. 15-16 ).
Il Figlio di Dio parlò agli uomini anche prima dell'Incarnazione ( n. 17-18 ).
Risponde infine al II quesito: d'onde abbia avuto origine l'anima di Cristo ( n. 19-22 ).
Agostino invia cristiani saluti a Evodio, signore santissimo, fratello e collega nell'episcopato
Il quesito da te propostomi, desunto dalla lettera dell'apostolo Pietro, suole - come io penso che tu sappia - lasciarci assai perplessi come intendere quel passo in cui sembra che parli degl'inferi.
Io, a mia volta, ripropongo a te lo stesso quesito, perché tu ponga fine al mio dubbio eliminandolo tu stesso se ne sarai capace oppure un altro che troverai essere in grado di farlo.
Se, con la grazia del Signore, sarò io il primo ad arrivarci e riuscirò a mettertene a parte, non lo nasconderò alla tua Dilezione, ma per adesso ti farò conoscere solo i punti che mi creano difficoltà; in tal modo, tenendo conto di queste mie perplessità, potrai riflettere sulle parole dell'apostolo o potrai consultare un altro che troverai capace di spiegarle.
L'apostolo, dopo aver detto che Cristo, messo a morte quanto alla carne, fu reso alla vita per virtù dello spirito, soggiunge: Con lo stesso spirito si recò a predicare anche agli spiriti chiusi in carcere, che un tempo erano stati increduli, allorché era in attesa la longanimità di Dio, ossia al tempo di Noè mentre si costruiva l'arca, in cui poche persone, cioè soltanto otto, furono preservate per mezzo dell'acqua.
Quell'acqua - soggiunge l'Apostolo - era figura del battesimo, che adesso fa salvi anche voi. ( 1 Pt 3,18ss )
Ecco ciò che mi ingenera imbarazzo: se è vero che il Signore alla sua morte predicò negl'inferi agli spiriti chiusi in carcere, quale grazia meritarono solo quegl'individui ch'erano stati increduli quando si costruiva l'arca, per cui il Signore discese agl'inferi?
In realtà molte migliaia di persone appartenenti a tanti popoli erano morte dal tempo di Noè fino alla passione di Cristo ch'egli poteva trovare agl'inferi: non parlo dei credenti in Cristo, come i Profeti e i Patriarchi della stirpe d'Abramo, come ancor prima Noè con tutta la sua famiglia, che si salvò mediante l'acqua ( Gen 6,13-22; Gen 7,1-24; Lc 17,26-27 ) a eccezione forse d'un sol figlio che poi fu considerato reprobo; così anche altri non appartenenti alla stirpe di Giacobbe, ma che credettero in Dio, come Giobbe, ( Ez 14,14-20; Gc 5,11 ) gli abitanti di Ninive ( Gn 3,5-10; Mt 12,41; Lc 11,30-32 ) e tutti gli altri menzionati nelle Scritture o celati nel genere umano.
Parlo invece delle molte migliaia d'individui i quali, non conoscendo Iddio ed essendo dediti al culto dei demoni o degl'idoli, passarono da questa vita, a cominciare dal tempo di Noè fino alla passione di Cristo.
Come mai Cristo, trovando cotesti individui negl'inferi, non predicò ad essi ma solo a coloro che al tempo di Noè erano stati increduli mentre veniva costruita l'arca?
Se invece Cristo predicò a tutti, perché mai Pietro ha menzionato solo, quelli, passando sotto silenzio l'innumerevole schiera di tutti gli altri?
È assolutamente evidente che il Signore, morto quanto alla carne, discese agl'inferi: non si può contestare la profezia che dice: Non abbandonerai l'anima mia negl'inferi. ( Sal 16,10 )
Di questo fatto ha data la spiegazione anche S. Pietro negli Atti degli Apostoli, affinché nessuno osasse intendere diversamente quella frase e non si può neppure obiettare nulla alle parole con cui il medesimo Pietro asserisce che Gesù sciolse i dolori dell'inferno, in potere dei quali era impossibile che restasse lui. ( At 2,24-27 )
Chi dunque, se non un incredulo, potrebbe negare che Cristo è stato agl'inferi?
Potrebbe darsi però che sorgesse questa difficoltà: in qual senso cioè deve intendersi l'espressione: da lui furono sciolti i dolori dell'inferno ( dato che non aveva mai cominciato a essere per così dire incatenato tra i dolori e neppure li sciolse come se avesse spezzato le catene con cui sarebbe stato legato ); è però facile dare questa spiegazione, che cioè i dolori furono sciolti allo stesso modo che si possono slegare i lacci messi dai cacciatori perché non trattengano la preda e non perché vi si sia già impigliata.
Possiamo anche pensare che Gesù sciogliesse i dolori dai quali non poteva essere legato lui, mentre lo erano gli altri ch'egli sapeva che dovevano esser liberati.
Ma chi sarebbero questi tali? Sarebbe temerario stabilirlo con sicurezza.
Se affermeremo che in quell'occasione furono liberati indistintamente tutti coloro che furono trovati laggiù, chi non si rallegrerebbe se riuscissimo a dimostrarlo, soprattutto nei confronti di alcuni che per le loro opere letterarie ci sono stati familiari e dei quali ammiriamo l'arte del dire e l'ingegno?
Non parlo solo dei poeti e degli altri oratori che in molti passi delle loro opere hanno additato al disprezzo e allo scherno gli stessi loro falsi dèi pagani e talora hanno anche riconosciuto il solo vero Dio, pur professando con tutti gli altri il culto superstizioso, ma parlo altresì di coloro che affermarono le medesime verità non già in composizioni poetiche o in discorsi ma in opere filosofiche.
Mi riferisco anche alla numerosa schiera di dotti le cui opere non ci sono giunte ma dei quali abbiamo conosciuto, negli scritti di quegli altri, la vita meritevole - sotto un punto di vista - di lode; in tal modo questi personaggi, a parte il culto prestato a Dio, a proposito del quale sbagliarono adorando false divinità che dovevano essere adorate come stabilivano le leggi statali, e servendo le creature anziché il Creatore, per tutta la restante condotta della vita sono giustamente proposti a modelli da imitare per la parsimonia, la continenza, la castità, la sobrietà, il disprezzo della, morte affrontata per salvare la patria, per la fedeltà alla parola data non solo verso i concittadini ma anche verso i nemici.
Purtroppo tutte queste virtù, quando non sono riferite al fine della retta e vera pietà, ma al vano fasto della lode e della gloria umana, si svuotano, per cosi dire, da sé stesse e diventano sterili.
Ciò nonostante, per una certa inclinazione naturale, ci piacciono tanto che vorremmo che le persone fornite di tali virtù fossero, singolarmente o insieme con tutte le altre, liberate dai tormenti dell'inferno, se il sentimento umano e la giustizia del Creatore non fossero in contrasto tra di loro.
Stando così le cose, ammesso che il Salvatore abbia liberato tutti e - come hai scritto tu stesso esponendo il tuo quesito - " abbia svuotato l'inferno in modo che per l'avvenire non si aspettasse altro che il giudizio finale ", eccoti le difficoltà che riguardo a questo problema sono solite affacciarsi alla mente quando ci penso e mi lasciano imbarazzato non senza motivo.
Anzitutto: su quale autorità si fonda quest'opinione?
In realtà, ciò che accadde alla morte di Cristo, che cioè, come sta scritto nella lettera di S. Pietro, i dolori dell'inferno furono sciolti, si può intenderlo riferito a Cristo medesimo, in quanto li sciolse, vale a dire li rese inefficaci, per non esservi soggetto lui stesso, specialmente se si tiene conto della frase che segue: poiché era impossibile ch'egli restasse in potere di essi. ( At 2,24-27 )
Oppure, se si chiede perché mai Cristo volle scendere agl'inferi, ove c'erano i dolori in potere dei quali egli non poteva restare assolutamente poiché, come sta scritto, egli era libero tra i morti ( Sal 88,6 ) e il principe e dominatore della morte non trovò in lui nulla che meritasse il castigo, allora la frase della S. Scrittura sciolse i dolori dell'inferno può riferirsi non a tutti gl'individui, ma solo ad alcuni giudicati da Cristo degni d'essere liberati; in tal modo da una parte non si deve credere che la sua discesa laggiù fosse inutile, non giovasse cioè a nessuno di quelli che vi si trovavano prigionieri, dall'altra non deve trarsi la conseguenza per cui si dovrebbe credere che sia stata concessa a tutti la grazia che la divina misericordia e giustizia ha accordata solo ad alcuni.
Quasi tutta la Chiesa ammette concordemente che Cristo ha liberato dagl'inferi il primo uomo, padre del genere umano; da qualsiasi fonte derivi questa tradizione, è da pensare che la Chiesa la creda non senza fondamento, anche se non si adduce a prova alcun passo esplicito delle Scritture divine che l'affermi.
D'altra parte sembra confermare tale opinione, anziché fornire un senso diverso, quel che leggiamo scritto nel libro della Sapienza: Essa ( la sapienza ) custodì l'uomo formato per primo, il padre del genere umano, creato da solo, e lo trasse fuori della sua colpa e gli diede il potere di dominare ogni cosa. ( Sap 10,1 )
Alcuni credono che anche ai santi dell'Antica Alleanza, ad Abele, a Set, a Noè con la sua famiglia, ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe e agli altri patriarchi e profeti, fosse concessa la grazia d'essere sciolti dai loro dolori quando il Signore discese agl'inferi.
Io, per conto mio, non vedo in che modo si possa intendere che si trovasse nei dolori dell'inferno Abramo, nel cui seno fu accolto Lazzaro, povero ma timorato di Dio; ci sono forse alcuni capaci di spiegarlo?
Che però solo due persone, Abramo e Lazzaro, si trovassero, prima della discesa del Signore agl'inferi, nel sene, della gloria e del riposo eterno, e che solo a proposito di esse fosse detto al ricco: Tra noi e voi sta scavato un immenso abisso, di modo che quelli che volessero passare di qui nel luogo ove siete voi non lo potrebbero né da costì si potrebbe passare nel luogo ove siamo noi, ( Lc 16,26 ) non so se c'è alcuno al quale non sembrerà illogico.
Orbene, se in quel riposo eterno erano più di due persone, chi oserebbe dire che non vi si trovassero anche i patriarchi e i profeti, ai quali la divina Scrittura rende una così chiara testimonianza di giustizia e di pietà?
Non capisco ancora qual beneficio recasse a costoro colui che sciolse i dolori dell'inferno, se non si trovavano stretti da essi, soprattutto, perché in nessun passo delle Scritture sono riuscito a trovare che il termine " inferno " sia usato in senso buono.
Se in nessun passo delle Scritture ci è dato leggere una simile cosa, non si può davvero credere che il seno d'Abramo, cioè il soggiorno segreto del riposo eterno, sia una parte dell'inferno.
Perfino nell'espressione che il divino Maestro mette in bocca ad Abramo: Tra voi e noi sta scavato un immenso abisso, appare abbastanza chiaro, a mio avviso, che il seno di quella indicibile felicità non è una parte e, per così dire, un quartiere dell'inferno.
Che cos'è infatti un immenso abisso se non una voragine che separa profondamente le parti tra le quali esso non solo sta scavato, ma sta anche stabilito saldamente?
Ne segue che se la S. Scrittura avesse affermato che Cristo dopo la sua morte discese nel seno di Abramo senza parlare dell'inferno e dei suoi dolori, mi stupirei se qualcuno osasse affermare che Cristo discendesse agl'inferi.
Ma dato che documenti scritturistici chiari ed espliciti parlano dell'inferno e dei suoi dolori, non si vede alcun motivo per cui il Salvatore scendesse laggiù tranne quello di salvare delle persone dai suoi dolori; io sto comunque ancora indagando se il Cristo liberò tutti coloro che trovò immersi in quei dolori o solamente alcuni di essi da lui reputati degni di quella grazia, ma non metto affatto in dubbio ch'egli sia sceso agl'inferi e abbia accordato quella grazia alle anime che si trovavano in quei dolori.
Ecco perché non vedo ancora qual vantaggio con la sua discesa agl'inferi avrebbe potuto arrecare a quei giusti che si trovavano nel seno di Abramo, mentre comprendo che non si allontanò mai da essi con la presenza beatifica della propria divinità.
Per lo stesso motivo proprio il giorno della sua morte, sul punto di scendere a sciogliere i dolori dell'inferno, promise al ladrone che sarebbe stato con lui in paradiso. ( Lc 23,43 )
Cristo dunque si trovava certamente già prima in paradiso e nel seno d'Abramo in virtù della propria sapienza beatificante, e si trovava nell'inferno con la propria potenza condannante.
Dove mai non si trova la divinità non circoscritta da nessuno spazio?
Che tuttavia Cristo sia sceso agl'inferi con la natura di essere creato, assumendo la quale, a partire da un tempo determinato, egli si fece uomo pur rimanendo Iddio, cioè con l'anima, lo dichiara apertamente la S. Scrittura, non solo preannunciata dalla profezia ma spiegata altresì dall'apostolo, nella quale è stato detto: Non abbandonerai l'anima mia nell'inferno. ( Sal 16,10 )
Alcuni - lo so bene pensano che alla morte di Cristo Signore fu concessa ai giusti la medesima risurrezione che ci è promessa alla fine del mondo, poiché sta scritto che per il terremoto avvenuto nella passione di Cristo " le rocce si spaccarono, i sepolcri s'aprirono, molti corpi di santi risuscitarono e apparvero con Cristo nella Città santa quando risorse ". ( Mt 27,51 )
Se però quelle persone non morirono di nuovo tornando col cadavere nella tomba, bisognerà vedere in qual modo si debba intendere che Cristo è stato il primogenito dei redivivi, ( Ap 1,5 ) qualora si supponga che nella risurrezione fu preceduto da tante altre persone.
Si potrà forse rispondere che fu detto così per anticipazione, nel senso cioè che i sepolcri si scoperchiarono bensì per il terremoto avvenuto quando Cristo pendeva dalla croce, ma che i corpi dei santi non risuscitarono allora, sebbene dopo che Cristo risorse per primo.
Ma anche se, come ho già detto, fosse stato aggiunto per anticipazione quel particolare perché si credesse senza ambiguità che Cristo è il primogenito tra i redivivi e che a quei santi fu concesso di risorgere per l'eterna incorruttibilità e immortalità preceduti dal Cristo, resterebbe tuttavia ancora un'altra difficoltà: come mai cioè Pietro abbia potuto affermare - con assoluta verità, del resto, dal momento che asserì che per mezzo di quella profezia era stato predetto non già Davide, ma Cristo - che la sua carne non conobbe la corruzione ( At 2,27-31 ) e soggiunse che la tomba di Davide si trovava ancora presso di loro; ( At 2,29 ) non avrebbe certamente potuto convincere gli Ebrei d'una tal cosa, se il corpo di Davide non si fosse trovato più nella tomba poiché, se non solo fosse già risuscitato qualche tempo prima nella morte di Cristo ma la sua carne non avesse conosciuto neppure la corruzione, tuttavia sarebbe potuta restar nella tomba.
Pare inoltre difficile da spiegarsi che dalla risurrezione dei santi, nel caso che sia stata loro concessa la risurrezione eterna, fosse escluso proprio Davide, della cui stirpe è così spesso messo in risalto Cristo con tanta evidenza e con tanta reverenza.
Sarà anche difficile sostenere quel ch'è detto agli Ebrei riguardo ai santi dell'Antica Alleanza: Poiché previdero per noi cose migliori, affinché non diventassero perfetti senza di noi, ( Eb 11,40 ) se già si trovavano nell'incorruttibilità della risurrezione che a noi, ancora in via di perfezionarci, è promessa alla fine del mondo.
Tu dunque comprendi quanto sia oscuro il perché Pietro abbia voluto ricordare soltanto gl'individui ch'erano stati increduli al tempo di Noè, allorché veniva costruita l'arca, ( 1 Pt 3,20 ) e solo ad essi, chiusi nel carcere, fu predicato il Vangelo; vedi inoltre da quali difficoltà sono imbarazzato per non ardire di fare alcuna affermazione al riguardo.
A ciò s'aggiunge il fatto che l'apostolo, dopo avere affermato: Egli ora vi salva col battesimo di cui era figura quell'acqua; esso non è astersione delle sozzure della carne, ma impegno della coscienza pura nei confronti di Dio in virtù della risurrezione di Gesù Cristo, il quale siede alla destra di Dio dopo aver distrutta la morte perché fossimo eredi della vita eterna ed è salito al cielo dopo aver assoggettato a sé gli Angeli, le Potestà e le Virtù, ( 1 Pt 3,21-22 ) soggiunse immediatamente: Siccome dunque Cristo ha sofferto nella carne, così armatevi anche voi del medesimo pensiero, poiché se uno ha sofferto nella carne, l'ha fatta finita coi peccati, affinché il tempo restante della sua vita mortale lo viva non seguendo le passioni umane ma seguendo la volontà di Dio. ( 1 Pt 4,1-2 )
E continua: È anche troppo il tempo trascorso, sciupato nel comportarvi seguendo i capricci umani, vivendo cioè nella lussuria, nelle dissolutezze, nell'ubriachezza, nei bagordi, negli eccessi del bere, nel culto sacrilego degl'idoli.
I pagani adesso si stupiscono che voi non vi abbandoniate più insieme con loro ai medesimi stravizi delle loro dissolutezze e [ perciò ] v'insultano.
Essi, però, dovranno render conto a Cristo, il quale sta per giudicare i vivi e i morti. ( 1 Pt 4,3-5 )
L'apostolo quindi soggiunge: Ecco perché è stato predicato il Vangelo anche ai morti, affinché, pur essendo stati condannati secondo il giudizio degli uomini nella carne, vivano tuttavia secondo Dio nello spirito. ( 1 Pt 3,6 )
Quale profondità! Chi non ne resterebbe colpito?
L'apostolo afferma che il Vangelo è stato predicato ai morti.
Se per morti intendiamo coloro che realmente si distaccarono dal corpo, essi saranno - a mio avviso - coloro di cui parla prima, coloro cioè ch'erano stati increduli al tempo di Noè; oppure tutti coloro che Cristo trovò negl'inferi.
Che cosa significano le parole: affinché siano giudicati secondo gli uomini nella carne, ma vivano secondo Dio nello spirito?
In qual modo possono essere giudicati nella carne, di cui sono ormai privi, o che non hanno, ancora ripresa anche se sono stati liberati dai dolori dell'inferno?
Neanche se l'inferno - come tu dici nel tuo quesito - è stato svuotato, si deve credere che siano risuscitati col corpo tutti coloro che vi si trovavano e neppure che quelli i quali risorgendo apparvero [ in Gerusalemme ] col Signore, ripresero il loro corpo per essere giudicati secondo gli uomini.
Non vedo neppure come ciò possa intendersi di coloro i quali erano stati increduli al tempo di Noè, dato che la S. Scrittura non dice affatto ch'essi vissero in seguito col loro corpo e non si può nemmeno credere che i dolori dell'inferno fossero sciolti affinché quelli, che ne fossero liberati, riavessero il corpo al fine di scontare la pena.
Che cosa vuol dire dunque la frase: affinché siano giudicati secondo gli uomini nella carne, ma vivano secondo Dio nello spirito?
Fu concessa forse questa grazia à coloro che Cristo trovò negl'inferi, la grazia cioè d'essere vivificati nello spirito mediante il Vangelo, benché nella risurrezione futura debbano essere giudicati nella carne e passare attraverso qualche pena al fine d'entrare nel regno di Dio?
Se è così, perché mai tale grazia è ricordata solo a proposito di coloro che al tempo di Noè erano stati increduli e non anche di tutti gli altri che Cristo trovò nella sua visita laggiù?
Perché mai non tornarono tutti alla vita nello spirito mediante la predicazione del Vangelo anche se in seguito avrebbero dovuto subire il giudizio nella carne dopo un castigo passeggero?
Se invece intenderemo la frase come riferita a tutti, resta ancora la difficoltà perché mai Pietro fa menzione solo di coloro ch'erano stati increduli al tempo in cui veniva costruita l'arca.
Un'altra difficoltà s'incontra nella spiegazione che alcuni tentano di dare del passo in questione poiché asseriscono che, quando Cristo discese agl'inferi, quei luoghi di pena divennero, per così dire, delle carceri vuote per coloro che vi furono trovati e che non avevano udito il Vangelo, il quale durante la loro vita non veniva ancora predicato, e avevano quindi un giusto motivo di non credere, in quanto non era stato ad essi annunciato, mentre in seguito non potranno più addurre tale scusa coloro che disprezzano la predicazione del Vangelo fatta frequentemente e diffusa tra tutti i popoli.
Ecco perché, essendo state vuotate le carceri degl'inferi, rimane giusto il giudizio con cui i ribelli e gl'infedeli saranno puniti perfino col fuoco eterno.
Coloro che la pensano così, non considerano tuttavia che potrebbero essere scusati per lo stesso motivo quanti passarono da questa vita anche dopo la risurrezione di Cristo prima che giungesse loro il Vangelo.
Non è affatto vero che, dopo il ritorno del Signore dagli inferi, non fu permesso ad alcuno" di tornare agl'inferi se non dopo avere ascoltato il Vangelo.
Quante migliaia di persone sono morte in tutto il mondo prima che giungesse loro la predicazione cristiana!
Tutte queste persone avranno la medesima giustificazione che si dice sia stata accordata a coloro cui il Signore avrebbe predicato nella sua discesa agl'inferi, poiché non l'avevano udito in precedenza.
A meno che si dica che tutti coloro, i quali sono morti o muoiono dopo la risurrezione del Signore senza udire la predicazione del Vangelo, hanno potuto o possono udirla negl'inferi per aver laggiù la fede che si deve avere nella verità di Cristo e meritare anch'essi la remissione dei peccati e la salvezza, meritata da coloro ai quali Cristo annunciò, laggiù il Vangelo.
In realtà negl'inferi non è venuto meno il ricordo della sua predicazione per il fatto che da lì egli risalì sulla terra, poiché anche dalla terra salì al cielo e ciò nondimeno saranno salvi tutti coloro che crederanno in lui a causa della predicazione del Vangelo.
Ecco perché egli fu esaltato, e gli fu dato un nome ch'è superiore a ogni nome, perché nel suo nome si pieghi ogni ginocchio non solo degli esseri celesti e di quelli terrestri ma anche di quelli esistenti negl'inferi. ( Fil 2,9-10 )
Ma se ammettiamo una tale opinione secondo la quale si potrebbe credere che persone, che in vita non furono credenti, possano credere in Cristo negl'inferi, chi potrebbe tollerarne le conseguenze assurde e contrarie alla fede?
Anzitutto daremmo l'impressione di compiangere senza ragione la sorte di coloro che sono passati da questa vita privi di quella grazia e di preoccuparci senza motivo di fare pressanti esortazioni ai fedeli affinché ottengano quella grazia prima di morire per non incorrere nel castigo della morte eterna.
Oppure, se negl'inferi credono senza utilità e senza frutto solo coloro che non hanno voluto credere al Vangelo annunciato loro qui sulla terra, mentre il credere gioverà a coloro che qui sulla terra non hanno avuto in dispetto ciò di cui non hanno mai potuto sentire l'annuncio, ne deriverebbe una conseguenza ancor più illogica della precedente, che cioè qui sulla terra non si dovrebbe predicare il Vangelo in quanto tutti sono destinati a morire e, senza colpa d'essersi infischiati del Vangelo, andar tutti agl'inferi affinché possa loro giovare allorché crederanno laggiù; avere una tale opinione è segno di stolta empietà.
Atteniamoci quindi con la massima fermezza alla dottrina della fede stabilita sulla più inconcussa autorità, che cioè Cristo è morto secondo le Scritture, è stato sepolto ed è risorto il terzo giorno ( 1 Cor 15,3-4 ) e inoltre crediamo a tutte le altre cose che sono state scritte riguardo a lui con palese veridicità, come fra l'altro che Cristo discese agl'inferi, ne soppresse i dolori in potere dei quali egli non poteva soggiacere ( At 1,24 ) e dai quali, come viene giustamente spiegato, sciolse e liberò le anime ch'egli volle, riprese il corpo lasciato sulla croce e poi deposto nel sepolcro.
Quanto al quesito che mi hai posto riguardo alle parole dell'apostolo Pietro, poiché tu vedi bene quali dubbi mi turbano e quali altri potrebbero forse nascere da un esame più approfondito, cerchiamo di risolverli o per mezzo delle nostre riflessioni o per mezzo dei chiarimenti da chiedere a persone degne di stima e alle quali possiamo rivolgerci per avere consiglio.
Considera tuttavia se per caso tutto il passo dell'apostolo Pietro che parla degli spiriti chiusi nel carcere e ch'erano stati increduli al tempo di Noè, si riferisca non tanto agl'inferi quanto piuttosto a quel tempo il cui significato simbolico l'apostolo trasferì al nostro tempo.
Quei fatti erano in realtà una prefigurazione simbolica di quelli che si sarebbero avverati in futuro, di modo che gl'individui, i quali non credono al Vangelo adesso mentre si edifica la Chiesa tra tutti i popoli, si possono intendere simili a quelli dell'era antica i quali erano stati increduli quando veniva costruita l'arca.
Gli altri invece, i quali hanno creduto e si sono salvati in virtù del battesimo, possono paragonarsi a tutte le persone che si salvarono nell'arca attraverso l'acqua.
Ecco perché l'apostolo dice: Così il battesimo vi salva in conformità di quella figura. ( 1 Pt 3,21 )
Tutto il resto quindi ch'è detto degli increduli dobbiamo intenderlo conforme a questa figura e non dobbiamo pensare che agl'inferi sia stato o venga ancora predicato il Vangelo perché gl'individui credano e si redimano, come se anche laggiù fosse costituita la Chiesa.
Coloro i quali hanno pensato d'intendere le parole di Pietro nel senso che ti rende perplesso, pare vi siano stati indotti dal fatto che l'apostolo afferma che il Vangelo fu predicato agli spiriti chiusi in carcere, come se per " spiriti " non si potessero intendere le anime che si trovavano allora nel corpo ed erano racchiuse nelle tenebre dell'ignoranza come in un carcere.
Da questa specie di carcere desidera esser liberato il Salmista che esclama: Trai fuori dal carcere l'anima mia, affinché lodi il tuo nome. ( Sal 142,8 )
Tale carcere è chiamato, altrove, " ombra di morte ".
Da quell'ombra furono liberati, non certo negl'inferi, ma qui sulla terra, coloro dei quali sta scritto: Sorse la luce per coloro che sedevano all'ombra della morte. ( Is 9,2 )
Alle persone invece, che vissero al tempo di Noè, fu predicato invano perché non credettero, benché la pazienza di Dio li attendesse per una lunga serie d'anni fino al tempo in cui fu costruita la stessa arca ( infatti la sua costruzione fu, in un certo senso, una predicazione ).
A quegli increduli somigliano quelli odierni i quali, per usare la stessa immagine simbolica, sono racchiusi, come in carcere, nelle tenebre dell'ignoranza; senza ricavarne alcun vantaggio essi vedono che la Chiesa si costruisce in tutto il mondo mentre sono vicini al castigo, come al diluvio, in cui perirono allora tutti gl'increduli.
Come avvenne al tempo di Noè - dice il Signore - così avverrà al tempo del Figlio dell'uomo: mangiavano e bevevano, le donne prendevano marito e gli uomini moglie fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca; venne il diluvio e li fece perire tutti. ( Lc 17,26; Gen 7,5 )
Dato che il fatto accaduto ne simboleggiava anche un altro che sarebbe accaduto, il diluvio simboleggiò il battesimo per i fedeli e il castigo per gl'infedeli.
Allo stesso modo sotto la figura non d'un fatto ma solo d'un nome, ciò che sta scritto della pietra, con la quale era simboleggiato Cristo, furono predette due cose: l'inciampo per gl'infedeli e il fondamento dell'edificio per i fedeli. ( Sal 118,22; Is 28,16; Dn 2,34-45; Zc 3,3; Mt 21,44 )
Talvolta in una medesima immagine simbolica d'un fatto o d'un nome anche due cose diverse indicano una sola cosa, come sono i fedeli, simboleggiati tanto nelle tavole di legno che furono legate strettamente tra loro per la costruzione dell'arca, quanto nelle otto persone che si salvarono nell'arca.
Allo stesso modo nel paragone evangelico dell'ovile Cristo è simultaneamente il pastore e la porta. ( Gv 10,1-2 )
Dall'intendere in tal senso il passo in questione non deve impedirti la difficoltà derivante dal fatto che l'apostolo Pietro afferma che Cristo in persona predicò alle anime chiuse in carcere che al tempo, di Noè non avevano voluto credere. ( 1 Pt 3,19 )
Dall'intendere in questo senso il detto passo non ci deve impedire il fatto che Cristo non era ancora venuto sulla terra.
Certo, non era ancora venuto col corpo, come venne quando, dopo questi avvenimenti, apparve sulla terra e abitò tra gli uomini. ( Bar 3,38 )
Egli tuttavia, sin dall'inizio del genere umano, è sempre venuto, non già col corpo ma con lo spirito, a rimproverare i malvagi come Caino e prima ancora Adamo e la consorte, a consolare i buoni o ad ammonire gli uni e gli altri di modo che alcuni credessero per la propria salvezza, altri rimanessero increduli per il proprio castigo.
Egli inoltre parlava a chi e come voleva, mediante opportune apparizioni. Riguardo poi a quel che ho affermato, che cioè egli " veniva con lo spirito ", poiché quanto alla sua natura divina lo stesso Figlio non è corpo, è certamente spirito.
Ma che cosa fa il Figlio senza lo Spirito Santo o senza il Padre, dal momento che tutte le azioni della Trinità sono indivisibili?
Le medesime parole della S. Scrittura, delle quali stiamo trattando, manifestano questa verità molto chiaramente - secondo il mio modesto avviso - a chi le considera attentamente.
L'apostolo dice: Cristo è morto per i nostri peccati una volta per sempre, lui giusto per noi ingiusti, al fine di condurci a Dio, essendo stato messo a morte nella carne ma reso alla vita nello spirito: con questo spirito andò a predicare anche agli spiriti chiusi in carcere ch'erano stati una volta increduli, quando al tempo di Noè la longanimità di Dio aspettava mentre si costruiva l'arca. ( 1 Pt 3,18-19 )
Se ora si fa attenzione alla concatenazione delle parole nel testo, si vede - come io penso - che Cristo morì certo nel corpo, ma fu reso alla vita nello spirito.
Col medesimo spirito egli andò a predicare agli spiriti ch'erano stati increduli al tempo di Noè; poiché prima di venire col corpo a morire per noi, cosa che fece una volta sola, veniva spesso con lo spirito a quanti voleva, ammonendoli nelle apparizioni al modo che gli piaceva, precisamente per mezzo dello spirito, in virtù del quale fu anche reso alla vita dopo essere stato messo a morte, quanto al corpo, nella passione.
Che significa " fu reso alla vita nello spirito " se non che la medesima carne, nella quale soltanto era stato messo a morte, risorse nello spirito che le ridiede la vita?
Chi mai oserebbe dire che Gesù fu messo a morte quanto all'anima, cioè quanto allo spirito ch'è proprio dell'uomo, dal momento che la morte dell'anima non è altro che il peccato, del quale egli fu del tutto immune, pur morendo per noi quanto alla carne?
Se infatti le anime di tutti gli uomini derivano dall'unica che fu infusa da Dio nel primo uomo, per colpa del quale il peccato entrò nel mondo e per mezzo del peccato la morte si trasmise in tal modo in tutti gli uomini, ( Rm 5,12 ) possiamo avanzare due ipotesi: o l'anima di Cristo non deriva da quella poiché non ebbe assolutamente alcun peccato, né originale né personale, per causa del quale la morte potesse apparire a lui dovuta, poiché subì per noi la morte che lui non doveva subire, lui nel quale il principe del mondo e dominatore della morte non trovò colpa alcuna. ( Gv 14,30 )
Non è, d'altronde, illogico pensare che colui, il quale creò l'anima per il primo uomo, ne creasse una anche per se stesso.
Si può anche pensare che la stessa anima di Cristo derivi da quella di Adamo e che nell'assumerla la purificasse al fine di nascere dalla Vergine e venire a noi assolutamente privo d'alcun peccato commesso o ereditato.
Se invece le anime non derivano per propagazione dall'unica del primo uomo e soltanto la carne contrae da Adamo il peccato originale, il Figlio di Dio creò per sé la propria anima come la crea per tutti gli altri, senza però mescolarla alla carne del peccato, ma soltanto simile a quella del peccato. ( Rm 8,2 )
Egli infatti prese bensì dalla Vergine la vera sostanza della carne, ma non la carne del peccato, poiché fu procreata o concepita senza concupiscenza carnale: carne certamente mortale e mutevole attraverso le età, assai simile alla carne del peccato, ma senza peccato.
Qualunque di tante ipotesi sull'anima sia quella vera, di cui non oso ancora sostenerne alcuna, ma solo ripudiare quella secondo la quale si pensa che le anime sono cacciate ciascuna in un corpo come in una prigione, a causa non so di quali atti commessi in una vita superiore, è certo che l'anima di Cristo non solo è immortale secondo la natura di tutte le altre, ma non ha subìto la morte causata da alcun peccato né è stata punita con la dannazione.
Sono queste le sole due cause per cui si crede che l'anima muore.
Non è quindi per riguardo a tale morte che s'è potuto affermare che Cristo fu vivificato nello spirito poiché fu vivificato soltanto nell'elemento rispetto al quale aveva subìto la morte.
La S. Scrittura parla dunque soltanto della morte rispetto alla carne, la quale tornò a vivere poiché l'era tornata l'anima, mentre era morta perché questa se n'era ritirata.
La S. Scrittura afferma che Cristo fu messo a morte nella carne poiché morì solo quanto alla carne, ma fu reso alla vita poiché in virtù dello spirito, con cui si recò da coloro a cui egli volle e a cui predicò, risorse vivificata anche la stessa carne con cui era venuto tra gli uomini.
Riguardo quindi a quello che afferma poi l'apostolo a proposito degli increduli, e cioè: Renderanno conto a colui che giudicherà i vivi e i morti, ( 1 Pt 4,5 ) non si deve concludere che per " morti " debbano intendersi coloro che sono emigrati dal corpo.
Può darsi che mediante il termine " morti " abbia voluto intendere gl'infedeli, ossia i morti nell'anima, dei quali è detto: Lascia che i morti seppelliscano i propri morti ( Mt 8,22 ) e col termine " vivi " coloro che non lo ascoltano invano quando loro dice: Sorgi, tu che dormi, lèvati su dai morti e Cristo t'illuminerà. ( Ef 5,14 )
Di essi il Signore dice anche: Verrà, anzi è già venuta l'ora che i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro, che la udranno, vivranno. ( Gv 5,25 )
Nemmeno le parole di Pietro che vengono dopo ci obbligano a riferirle agl'inferi: Il Vangelo è stato predicato perfino ai morti, affinché siano giudicati secondo gli uomini nella carne, ma vivano secondo Dio nello spirito. ( 1 Pt 4,6 )
Il Vangelo è stato predicato in questa vita anche ai morti, cioè agl'infedeli e agl'iniqui, affinché, dopo aver creduto, siano giudicati secondo gli uomini nella carne, ossia con diverse tribolazioni e perfino con la morte fisica, per cui lo stesso apostolo dice in un altro passo: È tempo che il giudizio cominci dalla casa del Signore; ( 1 Pt 4,13 ) ma affinché vivano anche nello spirito per il fatto ch'erano morti proprio nello spirito essendo stretti nei lacci della morte, causata dall'infedeltà e dall'empietà.
Chi non approvasse questa spiegazione delle parole di Pietro ovvero, pur approvandola, non ne fosse completamente soddisfatto, potrebbe spiegarle riferendole agl'inferi.
Se riuscirà a risolvere le difficoltà che ( come ho detto più sopra ) m'ingenerano perplessità, in modo da dissipare ogni dubbio, voglia mettere anche me a parte della soluzione.
Se ci riuscirà, allora le parole potranno intendersi in tutt'e due i sensi, ma la mia spiegazione non potrà esser tacciata di falsità.
Ho risposto, così come ho potuto, ai tuoi precedenti quesiti tranne a quello concernente la visione di Dio mediante la vista fisica, per il quale occorre accingersi a scrivere un'opera più ampia.
Credo che avrai già ricevuta la risposta che t'ho inviata per le mani del diacono Asello.
Nell'ultima tua lettera pro-memoria, a cui ho risposto adesso, m'avevi posti due quesiti: uno riguardante le parole di Pietro, l'altro concernente l'anima del Signore: li ho spiegati entrambi, il primo più ampiamente e il secondo più succintamente.
Ti raccomando nuovamente che non ti dispiaccia d'inviarmi la copia della tua lettera contenente il quesito con cui chiedevi se la sostanza di Dio può esser vista coi sensi del corpo come estesa in uno spazio limitato, poiché in casa nostra, non so come, si è smarrita e non si è riusciti a rintracciarla, sebbene l'abbiamo cercata a lungo.
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