Lettere |
Scritta nell'estate-autunno del 418.
Agostino ad Ottato, vescovo di Milevi, mostra che cosa è certo, che cosa dubbio circa l'origine dell'anima in base alla S. Scrittura ( n. 1-4 ); occorre preoccuparsi che innanzitutto sia salva la fede per cui crediamo che nessuno nasce da Adamo se non vincolato alla condanna da cui non può liberarsi che rinascendo per mezzo di Cristo ( n. 5-8 ); perché alcuni hanno la grazia e perché nascono altri che si perderanno ( n. 9-12 ); quali errori evitare nel difendere il creazionismo o il generazionismo ( n. 13-15 ); risulta certo dalla S. Scrittura, la quale parla spesso per metafora, soltanto che tutte le anime sono create da Dio ( n. 16-19 ); espone infine la fede cattolica sulla grazia di nuovo dichiarata dal papa Zosimo ( n. 20-26 ).
Agostino saluta nel Signore il beatissimo Ottato, fratello e collega nell'episcopato, teneramente amato con sincero affetto
Sebbene io personalmente non abbia ricevuto alcuna lettera della Santità tua, ciò nondimeno la lettera da te inviata alla Mauritania Cesariense arrivò mentre io mi trovavo a Cesarea dove ci aveva costretti a recarci un impegno ecclesiastico impostoci dal venerabile papa Zosimo, vescovo della Sede Apostolica; avvenne così che leggessi anch'io quello che tu avevi scritto, avendomi dato la medesima tua lettera Renato, fedele servo di Dio e nostro carissimo fratello in Cristo.
Dietro sua richiesta, accompagnata da insistenti e pressanti preghiere, sono stato costretto a rispondere, sebbene fossi occupato in altre faccende.
A ciò venne ad aggiungersi altresì che, mentre mi trovavo nella suddetta città, arrivò anche un altro nostro fratello fedele servo di Dio e degno di essere nominato con onore e, a quanto ho inteso da lui, tuo congiunto, chiamato Muressi, il quale mi riferì d'aver ricevuto anche lui una lettera della Reverenza tua sullo stesso argomento e mi consultò per farti giungere, per mezzo di una risposta mia o sua, il mio parere su questo medesimo quesito e cioè: " Se le anime nascono riproducendosi mediante la generazione come i corpi e quindi derivano da quella del primo uomo oppure se l'onnipotenza del Creatore, che agisce incessantemente, ( Gv 15,7 ) ne trae all'esistenza, senza che sia riprodotta per via di generazione, una propria per ogni persona che nasce ".
Prima d'esporre qualche idea alla tua Sincerità, desidero farti sapere che in nessuna delle mie numerose opere ho osato pronunciare mai un'opinione precisa e decisiva su tale problema né mettere impudentemente per iscritto nelle mie lettere, al fine d'insegnarlo ad altri, cosa che non fosse molto chiara a me stesso.
Sarebbe poi troppo lungo esporre nella presente per quali cause e ragioni sono tanto indeciso che il mio assenso non propende ancora per nessuna delle due ipotesi; non è, d'altronde, tanto necessario che, qualora si tralasci ciò, non sia possibile esaminare a sufficienza la questione, se non per eliminare l'indecisione, almeno per evitare una soluzione temeraria.
Ecco la verità su cui soprattutto si basa la fede cristiana: Per mezzo d'un uomo ( è venuta ) la morte e per mezzo d'un Uomo v'è la risurrezione dei morti; come infatti tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati nel Cristo, ( 1 Cor 15,21-22 ) e inoltre: A causa d'un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per causa del peccato la morte e in tal modo si estese a tutti gli uomini, poiché in lui ( Adamo ) tutti peccarono; ( Rm 5,12 ) e ancora: Il giudizio da uno solo ( portò ) bensì alla condanna, ma il dono da molti peccati ( portò ) alla giustificazione di vita, ( Rm 5,16 ) e altresì: Come per la colpa d'uno solo si ebbe per tutti gli uomini una conseguenza di condanna, così anche per la giustizia d'uno solo ( si avrà ) la giustificazione di vita per tutti gli uomini. ( Rm 5,18 )
Così anche tutti gli altri passi della Sacra Scrittura i quali dimostrano chiaramente che nessuno nasce da Adamo immune dal peccato e dalla condanna, come pure che nessuno ne viene liberato se non rinascendo per mezzo di Cristo. ( Gv 3,3 )
Noi dobbiamo credere con fede inconcussa queste verità al fine di sapere che, se uno le nega, non partecipa in nessun modo né alla fede cristiana né alla grazia di Dio largita da Cristo ai piccoli e agli adulti.
Per conseguenza, anche se ci è ignota l'origine dell'anima, purché ci sia ben nota la sua redenzione, non c'è alcun pericolo, perché noi non crediamo in Cristo per nascere ma per rinascere, quale che sia il modo in cui siamo nati.
Nell'affermare però che si può ignorare l'origine dell'anima senza pericolo, noi tuttavia non arriviamo al punto di credere ch'essa sia una particella di Dio, anziché una sua creatura; crediamo inoltre che non è nata da Dio, ma creata da lui, destinata ad essere adottata come figlia in virtù d'una concessione eccezionale della grazia e non d'un'eguale dignità della natura; ch'essa non è un corpo ma uno spirito; non però che sia lo Spirito creatore, ma uno spirito creato; ch'è scesa nel corpo corruttibile che l'aggrava, ( Sap 9,15 ) ma non perché cacciatavi da colpe commesse in una vita antecedente trascorsa in cielo o in altra qualsivoglia parte del mondo.
L'Apostolo, infatti, parlando dei due gemelli di Rebecca, afferma che prima di nascere non avevano compiuto alcunché di bene o di male; per conseguenza, quando la Scrittura dice che il maggiore sarebbe stato soggetto al minore, ( Rm 9,11-12; Gen 25,23 ) non lo fa dipendere dalle opere - poiché nessuno dei due ne aveva compiuta alcuna in base alla quale l'uno si distinguesse dall'altro - ma per volontà di Colui che chiama.
Stabiliti pertanto questi principi in maniera del tutto inconcussa, se l'imperscrutabile azione di Dio è talmente segreta e misteriosa, che nemmeno nella Sacra Scrittura si trovi chiaramente affermato se dobbiamo credere che i due gemelli non avevano compiuto alcunché di bene o di male prima della nascita per il fatto che le anime non derivano da altre per via di generazione ma i singoli individui ricevano immediatamente l'anima creata dal nulla, o per il fatto che essi, esistendo originariamente nei genitori, non esistevano ancora in modo da vivere una vita propria e personale, anche in questa ipotesi, però, dovrebbe rimanere integra e salda la fede per cui crediamo che nessuna persona, adulta o piccola quanto si voglia o anche solo appena nata, non può essere salvata dal contagio della morte del primo uomo, né liberata dalla schiavitù del peccato di cui si macchiò nell'istante della concezione, se non per mezzo di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini. ( 1 Tm 2,5 )
Proprio in virtù della saluberrima fede nel medesimo Cristo, Dio e insieme uomo, si salvarono i giusti dell'Antica Alleanza, i quali credettero che si sarebbe incarnato prima ancora che s'incarnasse. ( 1 Gv 4,2; 2 Gv 7 )
Identica è la loro fede e la nostra, poiché noi crediamo già avverato ciò ch'essi credettero che sarebbe avvenuto.
Ecco perché l'apostolo Paolo dice: Animati dal medesimo spirito di fede, conforme a quanto sta scritto: Ho creduto e perciò ho parlato, noi pure crediamo e perciò anche noi parliamo. ( 2 Cor 4,13; Sal 116,1 )
Se dunque anche coloro i quali predissero la venuta di Cristo avevano il medesimo spirito di fede di coloro che l'hanno proclamata già avvenuta, anche i riti sacri poterono bensì essere diversi in relazione alla diversità dei tempi, ma si riferivano con perfetto accordo all'unità della medesima fede.
Negli Atti degli Apostoli, nel brano ove parla l'apostolo Pietro, sta scritto: Perché dunque provocate adesso Iddio imponendo sul collo dei fedeli un giogo che né i nostri antenati né noi abbiamo potuto portare?
Noi invece crediamo che saremo salvi solo in virtù della grazia del Signore Gesù, come furono salvi anche loro. ( At 15,10-11 )
Se dunque essi, cioè i Patriarchi, incapaci di portare il giogo della Legge, ebbero fede di salvarsi in virtù della grazia del Signore Gesù, è chiaro che questa grazia fece vivere di fede anche gli antichi giusti, poiché il giusto vive per mezzo della fede. ( Rm 1,17; Gal 3,11; Eb 10,38; Eb 2,4 )
La Legge invece subentrò perché si moltiplicasse il peccato ( Rm 5,20 ) e sovrabbondasse la grazia, dalla quale fosse guarita la profonda ferita del peccato.
Se infatti fosse stata data una legge capace di dare la vita, la giustificazione deriverebbe realmente dalla Legge. ( Gal 3,21 )
Tuttavia per quale bene fosse data la Legge lo dice subito dopo l'Apostolo soggiungendo: Ma la Scrittura ha racchiuso ogni cosa sotto il peccato, affinché in virtù della fede in Gesù Cristo fosse concessa la promessa ( della salvezza ) a coloro che credono. ( Gal 3,22 )
Occorreva dunque che Dio concedesse la Legge affinché questa manifestasse più chiaramente l'uomo a se stesso e lo spirito umano non pensasse, nel suo orgoglio, di poter diventare giusto con le sole sue forze e ignorando la giustizia di Dio, quella cioè che si riceve da Dio, ma volendo per di più accampare la propria, come se cioè fosse procurata con le proprie forze, non si sottomettesse alla giustizia di Dio. ( Rm 10,3 )
Era quindi necessario che fosse aggiunto il comandamento: Non desiderare, ( Es 20,17; Dt 5,21; Dt 7,25; Rm 7,7; Rm 13,9 ) affinché il peccatore orgoglioso divenisse colpevole anche del peccato di trasgressione e la sua debolezza, non guarita ma solo messa a nudo dalla Legge, lo inducesse a cercare il rimedio della grazia.
Per il fatto quindi che tutti i giusti, cioè tutti i veri adoratori di Dio esistiti sia prima che dopo l'incarnazione di Cristo, non hanno avuto né hanno la vita soprannaturale se non in grazia della fede nell'incarnazione di Cristo ( in cui risiede la pienezza della grazia ), senza dubbio l'affermazione della Sacra Scrittura: Non c'è sotto il cielo altro nome dato agli uomini in virtù del quale è necessario che siamo salvati, ( At 4,12 ) ha valore rispetto alla salvezza del genere umano fin dal momento in cui esso fu corrotto in Adamo.
Come infatti tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo. ( 1 Cor 15,22 )
Poiché allo stesso modo che nessuno si trova nel regno della morte se non per colpa di Adamo, così nessuno si trova nel regno della vita se non per merito di Cristo.
Allo stesso modo che tutti gli uomini sono peccatori per colpa di Adamo, così tutti sono santi per merito di Cristo.
Allo stesso modo che per colpa di Adamo tutti i figli del mondo sono diventati mortali per castigo, così tutti i figli di Dio sono diventati immortali in virtù della grazia per merito di Cristo.
Ma perché mai Dio crea anche individui che sa in anticipo essere destinati non alla grazia ma alla dannazione?
La spiegazione ce la dà il beato Apostolo con una brevità tanto più stringata quanto più grande è la sua autorità, dicendo che Dio, volendo mostrare la ( sua ) collera e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta longanimità recipienti di collera già maturi per la perdizione al fine di far conoscere con ciò le ricchezze della sua gloria verso i recipienti della sua misericordia. ( Rm 9,22-23 )
L'Apostolo aveva poco prima paragonato Dio a un vasaio il quale con la stessa massa ( di argilla ) forma tanto un recipiente per usi nobili quanto un altro recipiente per usi spregevoli. ( Rm 9,21 )
Ora, a ragione, parrebbe una cosa ingiusta che fossero formati recipienti di collera destinati alla perdizione, se i discendenti di Adamo non formassero tutti una sola massa condannata.
Il fatto dunque per cui essi nascendo diventano recipienti di collera spetta al castigo dovuto, mentre il fatto per cui rinascendo diventano recipienti di misericordia spetta alla grazia non dovuta.
Dio quindi mostra la sua collera, che non è affatto un turbamento dell'animo simile a quello dell'uomo che si chiama collera, ma è giusta ed irrevocabile punizione, poiché dalla radice della disobbedienza si trasmette per generazione carnale il peccato ed il castigo.
Per conseguenza, come sta scritto nel libro di Giobbe, chi è nato da donna, ha una vita breve ed è pieno di collera; ( Gb 14,1 sec. LXX ) esso infatti è recipiente di quello di cui è pieno, e per questo vengono chiamati recipienti di collera.
Iddio però mostra anche la sua potenza con cui fa servire al bene anche i malvagi concedendo loro in abbondanza beni naturali e terreni e disponendo la loro malizia in modo da provare i buoni e per ricordare loro, mettendoli a confronto con i malvagi, d'imparare in mezzo a quelli a ringraziare Dio per essere stati separati da essi non in considerazione di meriti personali, i quali nella medesima massa erano uguali, ma per un atto della sua misericordia.
Ciò appare chiaro specialmente nel caso dei bambini i quali, quando rinascono in virtù della grazia di Cristo e terminano la vita presente in quella tenera età, passano all'eternità beata, eppure a proposito di essi non può dirsi che dagli altri bambini, che privi di questa grazia muoiono coinvolti nella condanna della stessa massa, vengano distinti in virtù del libero arbitrio.
Se, invece, Dio creasse e facesse nascere dalla stirpe di Adamo solo coloro che dovessero rinascere in virtù della grazia e se, tranne coloro che vengono adottati da Dio come propri figli, non venisse alla luce alcun altro individuo, rimarrebbe nascosto il beneficio concesso a coloro che ne sono indegni, poiché a nessun discendente dalla stessa stirpe degna d'essere condannata verrebbe inflitto il castigo dovuto.
Dio, al contrario, sopportando con infinita pazienza i recipienti ( pieni ) di collera maturi per la dannazione, non solo mostra la sua collera e dà prova della sua potenza nell'infliggere il castigo e nel servirsi dei non buoni per il bene, ma fa pure conoscere l'infinita sua gloria rispetto ai recipienti della sua misericordia. ( Rm 9,22-23 )
In tal modo chi è stato giustificato per effetto della grazia, viene a conoscere qual dono gli viene concesso dal momento che la sua sorte, solo per effetto dell'infinita misericordia di Dio, viene separata da quella del dannato insieme col quale avrebbe dovuto essere condannato in base alla medesima giustizia.
Dio inoltre ha voluto creare e far nascere tanti individui che sapeva in precedenza non avrebbero avuto parte alla sua grazia, in modo che il loro numero sorpassasse incomparabilmente quello di coloro ch'egli si è degnato di predestinare alla gloria del suo regno in quanto figli della promessa, ( Rm 9,8; Gal 4,28 ) e in modo che anche mediante lo stesso gran numero di reprobi fosse dimostrato quanto sia di nessuna importanza al cospetto di Dio, ch'è giusto, la folla grande quanto si voglia di coloro che sono condannati per motivi del tutto giusti.
Con ciò inoltre Dio ha voluto ancora che coloro i quali vengono riscattati dalla medesima condanna comprendessero che l'intera massa sarebbe stata meritevole del castigo che vedrebbero inflitto a una sì gran parte di essa non solo nella persona di coloro i quali al peccato originale ne aggiungono molti altri con la libera e perversa loro volontà, ma anche di tanti bambini i quali, colpevoli solo del peccato originale, vengono strappati via da questa vita senza aver ricevuto la grazia del Mediatore.
In realtà l'intera massa riceverebbe il castigo giustamente meritato, se Dio, come un vasaio non solo giusto ma anche misericordioso, non formasse con essa altri recipienti destinati ad usi nobili in modo rispondente non già al castigo meritato ma alla sua grazia, ( Rm 9,21 ) mentre sovviene i bambini, a proposito dei quali non può parlarsi di merito alcuno, e previene gli adulti affinché possano avere qualche merito.
Stando così le cose, può darsi che la tua affermazione non voglia arrivare al punto di sostenere che le anime, a causa dell'innocenza derivante dalla loro creazione recente, non possono essere meritevoli del castigo dovuto al peccato originale prima d'usare il libero arbitrio per peccare; ma può darsi, al contrario, che in base alla fede cattolica tu ammetta che tali anime, anche se uscissero dal corpo in quella tenera età, sarebbero condannate alla perdizione, qualora non venissero liberate dal Sacramento del Mediatore, ch'è venuto a cercare e a salvare ciò ch'era perduto. ( Lc 19,10; Mt 18,11 )
Se la pensi così, esamina pure in qual luogo, per qual motivo o in quale momento, tali anime cominciarono a meritare la condanna, se sono appena create, in modo però da non addossare la causa del loro peccato o la condanna d'esseri innocenti né a Dio né ad alcuna sostanza non creata da Dio.
E se tu troverai quanto ti ho esortato ad indagare e che io - lo confesso - non ho ancora scoperto, difendi e sostieni con tutte le forze che il fatto per cui le anime dei bambini sono create nuove è tale che esse non hanno origine per via di riproduzione, e con affetto fraterno ragguagliami sui risultati delle tue indagini.
Potrebbe però darsi che tu credessi che le anime dei bambini non derivano per riproduzione da quella peccatrice di Adamo, ma che vengono create ognuna da Dio e imprigionate innocenti nella carne di peccato e non riuscissi a spiegarti per qual causa o in qual modo le anime dei bambini si macchiano del peccato anche senza avere in se stesse neppure un'ombra di malizia, dalla quale fossero costrette a contrarre da Adamo la colpa per cui sarebbero condannate; ebbene, neppure in questo caso dovresti cambiare subito temerariamente il tuo assenso e piegarlo a un'opinione diversa in modo da credere che le anime derivino per riproduzione dall'unica di Adamo, poiché potrebbe forse darsi che un altro trovasse la soluzione del problema che ora tu non riesci a trovare o la trovassi tu stesso un bel giorno.
D'altra parte anche quelli i quali sostengono che le anime derivano dall'unica creata da Dio per il primo uomo e perciò affermano che vengono trasmesse dai genitori, se seguono l'opinione di Tertulliano, ammettono certamente che esse non sono spiriti ma sostanze corporee, che si formano da principi corporei.1
Che cosa può sostenersi più erroneo di ciò?
Ma non dobbiamo neppure stupirci che Tertulliano abbia potuto fantasticare una simile sciocchezza dal momento che arriva perfino a pensare come sostanza corporea lo stesso Dio creatore.
Il Cristiano che si rifiuti di pensare e pronunciare una bestemmia così insensata e confessi che l'anima, qual è realmente, non è materia ma spirito, e tuttavia si trasmette dai genitori nei figli, non viene affatto a trovarsi in imbarazzo per il fatto che la genuina fede proclama la seguente verità: tutte le anime, non escluse quelle dei bambini, le quali vengono battezzate dalla Chiesa per procurare loro non già una falsa ma una autentica remissione dei peccati, contraggono il peccato originale commesso di propria volontà dal primo uomo e trasmesso in tutti i posteri con la generazione e cancellabile solo con la rigenerazione.
Quando però si comincerà a considerare e discutere che cosa si afferma, non fa meraviglia che nessun intelletto umano comprenda in qual modo, come una lampada viene accesa con un'altra lampada e ne risulta una nuova fiamma senza diminuzione alcuna dell'altra, così dall'anima del padre si produca quella del figlio o passi dal padre nel figlio.
Si può forse pensare che il germe incorporeo dell'anima attraverso vie segrete ed invisibili sue proprie trascorra in un baleno dal padre nella madre nel momento in cui la donna concepisce, oppure - cosa ancor più incredibile - è nascosto nel germe del corpo?
Quando invece il seme virile scorre invano senza produrre il concepimento, forse che nello stesso tempo non esce neppure il germe dell'anima oppure con estrema celerità, anzi in un attimo, ritorna là, d'onde era uscito, oppure va distrutto?
Ma se va distrutto, com'è possibile che da un germe mortale derivi un'anima immortale?
Forse che l'anima riceve l'immortalità solo quando riceve il principio della vita, allo stesso modo che riceve la giustizia solo quando riceve il principio della saggezza?
E in qual modo Dio la forma nell'uomo anche nell'ipotesi che l'anima derivi da un'altra anima mediante la propagazione generativa, allo stesso modo che Dio plasma nell'uomo le membra del corpo anche se un corpo deriva da un altro corpo mediante la propagazione generativa?
Se infatti anche la creatura spirituale non fosse creata da Dio, non troveremmo scritto neppure: Dio crea lo spirito dell'uomo nell'intimo di ciascuno. ( Zc 12,1 )
E se nella frase: ( Dio ) plasma il cuore degli uomini uno per uno, ( Sal 33,15 ) col termine " cuore " è indicata l'anima, chi potrebbe dubitare ch'essa possa essere creata?
Ma la questione è appunto se Dio tragga le anime da quella individuale del primo uomo, come plasma le fattezze fisiche di ciascun individuo pur traendole dal corpo del primo uomo.
Di fronte a questi e a tanti altri simili problemi, impossibili a risolversi con l'intelligenza umana e assai lontani dalla nostra conoscenza sperimentale, essendo realtà nascoste nelle insondabili profondità della natura, l'uomo non deve vergognarsi di confessare la propria ignoranza di ciò che ignora, per evitare che, affermando bugiardamente di sapere, non si renda mai degno di sapere.
Ora, chi mai può negare che Dio è creatore non già di una sola anima bensì di ciascun'anima, se non chi si pone in evidente contraddizione con le affermazioni della Sacra Scrittura?
Dio stesso infatti per bocca del suo Profeta afferma senza ambiguità di sorta: Sono io il creatore d'ogni spirito, ( Is 57,16 sec. LXX ) volendo farci capire con questo termine tutte le anime, come dimostrano le parole susseguenti.
Iddio pertanto non è autore solo della prima anima infusa nel primo uomo plasmato con la terra, ma anche di tutte le altre ch'egli ha create e ancora continua a creare.
Resta tuttavia sempre il problema se Dio crea le altre anime derivandole dall'unica prima anima come ogni corpo umano dall'unico primo corpo o se invece i nuovi corpi li crea bensì derivandoli da un solo corpo, ma le nuove anime le trae dal nulla.
Chi infatti può creare, derivandole dagli stessi germi primordiali, le varie specie delle cose corrispondenti ai loro propri principi costitutivi se non Colui il quale creò gli stessi germi primordiali delle cose senza servirsi di altri germi?
Orbene, quando una questione naturalmente oscura sorpassa la capacità della nostra intelligenza e non ci viene apertamente in aiuto la Sacra Scrittura, la congettura umana a torto s'immagina di dare una risposta precisa su di essa senza incorrere nella temerità.
Comunque sia, solo in rapporto alla vita propria che un uomo comincia a vivere, possiamo dire ch'egli è una persona nuova nell'anima e nel corpo; in rapporto invece al peccato originale egli nasce vecchio e per questo ha bisogno d'essere rinnovato mediante il battesimo.
Non ho dunque trovato ancora nelle Scritture canoniche nessuna affermazione inequivocabile sull'origine dell'anima.
Infatti i sostenitori dell'ipotesi secondo la quale le nuove anime vengono create senza riproduzione, tra gli altri argomenti ai quali appoggiano la loro dimostrazione, citano i due passi più sopra da me ricordati, e cioè: Dio crea lo spirito dell'uomo nel suo interno, ( Zc 12,1 ) e: ( Dio ) plasma il cuore degli uomini uno per uno. ( Sal 33,15 )
Ma tu sai bene che cosa possono ribattere a costoro i sostenitori dell'opinione contraria, poiché è incerto se Dio crea nuove anime da un'altra anima oppure dal nulla.
Tuttavia il più importante tra tutti gli altri passi sembra quello che si legge nel libro dell'Ecclesiaste di Salomone: E la polvere tornerà alla terra com'era e lo spirito tornerà a Dio che lo ha dato. ( Qo 12,7 )
Ma a ciò si risponde facilmente che il corpo torna alla terra con cui fu plasmato quello del primo uomo e lo spirito torna a Dio dal quale fu creata l'anima del primo uomo.
" Come infatti il nostro corpo - ribattono - benché derivato per riproduzione da quello del primo uomo, torna là donde fu plasmato lo stesso primo corpo, così l'anima nostra, anche nell'ipotesi che derivi dalla prima anima, non torna nel nulla poiché è immortale, ma a Colui dal quale fu creata la stessa prima anima ".
Perciò l'affermazione della Sacra Scrittura, che lo spirito di ciascun uomo torna a Dio che l'ha dato, non risolve questo oscurissimo problema poiché, sia che Dio lo tragga dall'unico spirito del primo uomo, sia che lo tragga dal nulla, è sempre Dio che lo ha dato.
Allo stesso modo coloro i quali con leggerezza e temerarietà sostengono la riproduzione delle anime attraverso la generazione, tra i passi da essi reputati favorevoli alla propria tesi credono di non poterne addurre in proprio favore alcun altro per così dire più evidente ed espressivo di quello che sta scritto nel Genesi: E tutte le anime che entrarono con Giacobbe in Egitto ( di coloro ) i quali erano usciti dai suoi lombi. ( Gen 46,26 sec. LXX )
In tale passo che sembra loro sì evidente si può credere che le anime si trasmettano di padre in figlio per il fatto che la Scrittura sembra affermare assai chiaramente che dai lombi di Giacobbe uscirono non solo i corpi ma le stesse anime dei figli; in tal modo vorrebbero darci ad intendere che sia indicata la parte per il tutto anche nelle parole rivolte da Adamo ad Eva quando gli fu presentata come sua moglie: Or ecco ch'essa è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. ( Gen 2,23 )
È vero che Adamo non disse: " È anima della mia anima ", ma può darsi che col termine " carne " si possa intendere l'anima ed il corpo, allo stesso modo che nel passo precedente si parla solo di " anime ", sebbene la Sacra Scrittura volesse con quel termine intendere anche i corpi dei figli.
Questo passo, che pare tanto evidente ed apodittico, non sarebbe sufficiente a risolvere in modo sicuro il nostro quesito neppure se si leggesse al femminile le quali uscirono dai suoi lombi, ( Gen 46,26 sec. LXX ) in modo da intendere il pronome riferito alle anime che uscirono.
E non sarebbe sufficiente proprio perché il termine " anima " può essere usato ad indicare il solo corpo in base a quel modo di esprimersi col quale si indica il contenente per il contenuto, come dice un tale: ( Di fiori ) incoronano i vini,2 mentre invece erano inghirlandate le coppe di vino.
Il vino infatti è il contenuto mentre la coppa è il contenente.
Ora, come noi chiamiamo " chiesa " la basilica in cui sono contenuti i fedeli, ai quali soli è appropriato il termine " chiesa ", in modo che mediante il termine " chiesa ", cioè " i fedeli " in essa contenuti, indichiamo il luogo che li contiene, allo stesso modo, poiché le anime sono contenute nei corpi, col termine " anime " si possono intendere i corpi dei figli.
Così pure si comprende meglio il senso dell'espressione della Legge che dichiara immondo chi entrerà ove si trova un'anima morta, ( Nm 9,6-10 ) ossia dove si trova il cadavere d'un defunto, intendendosi col termine " anima morta " il corpo del defunto che ne conteneva l'anima.
Così la basilica non cessa di chiamarsi " chiesa " anche nel caso che non vi siano i fedeli.
Ecco quanto si potrebbe rispondere, se - come ho detto - il pronome fosse espresso nel genere femminile, cioè le anime " le quali " uscirono dai lombi di Giacobbe.
Ora invece, siccome si trova il pronome al maschile, cioè: " i quali uscirono dai lombi di Giacobbe ", chi non preferirebbe intenderlo nel senso di: " tutte le anime di coloro i quali uscirono dai lombi di Giacobbe ", ossia le anime dei discendenti?
In tal modo anche così può intendersi che uscirono discendenti dai lombi del padre soltanto in rapporto ai loro corpi, ai quali appartenevano quelle anime, il cui numero indica quello degli individui.
Vorrei però leggere il tuo trattatello, al quale accenni nella tua lettera, per vedere se per caso vi hai citato qualche passo scritturistico inequivocabile.
Per conoscere la mia opinione a proposito di questo problema si rivolse a me uno degli amici miei più intimi, appassionato cultore degli studi teologici, ma avendogli io confessato, senza punto vergognarmi, i miei forti dubbi e la mia ignoranza a tal proposito,3 egli scrisse a un dottissimo personaggio residente di là dal mare; questi gli rispose di rivolgersi a me,4 non sapendo che l'aveva già fatto e che non avevo potuto rispondergli nulla di sicuro e di preciso su tale argomento.
Nella sua medesima breve lettera faceva tuttavia capire che propendeva più verso il creazionismo che non verso il generazionismo.
Nello stesso tempo ricordava pure che l'opinione più comune nella Chiesa d'Occidente - egli invece si trova in Oriente - è che le anime vengano trasfuse nei figli attraverso la riproduzione generativa.
Io dunque, trovata quell'occasione più propizia, gli scrissi una lettera non breve, chiedendogli il suo parere e pregandolo che prima ammaestrasse me stesso e poi m'inviasse persone che io potessi istruire a mia volta.5
Quella mia lettera, in cui non voglio farla da maestro ma solo porre dei quesiti e bramo piuttosto d'imparare, la si può leggere qui da me; non dovrà comunque essere inviata in nessun luogo ne essere portata a conoscenza di nessuno se non quando, a Dio piacendo, avrò ricevuto la risposta dalla quale verrò a conoscere l'opinione di quel dotto.
Sono dispostissimo a difendere quell'opinione se sarà capace di spiegarmi com'è possibile che le anime, sebbene non derivino da Adamo, incorrano tuttavia per causa di lui nella giusta sorte della condanna, salvo che arrivino alla remissione del peccato rinascendo ( col battesimo ).
Non dobbiamo poi credere affatto che le anime dei bambini ricevano nel battesimo una purificazione dei peccati solo fittizia oppure che autore del peccato, dalla cui macchia vengono mondati i bambini, sia Dio o qualche altra sostanza non creata da Dio.
Sono dunque in attesa che mi risponda quel dotto o che io stesso, a Dio piacendo, riesca a capire in qualche modo per quale motivo le anime, se non derivano da quella peccatrice di Adamo, si macchiano del peccato originale che non può non essere in tutti i bambini senza che ve le costringa Dio se sono innocenti, poiché non è autore del peccato, né alcun'altra sostanza del male, poiché questa non esiste: in tale attesa non oserò proclamare nulla di simile.
Vorrei inoltre, fratello carissimo, se non ti dispiace e non ti offendi, ammonirti di stare attento a non cadere incautamente in una eresia recente, che fa del tutto per abbattere i saldi fondamenti della nostra antichissima fede, mettendo in discussione la grazia di Dio, largita con bontà ineffabile da Cristo Signore ai piccoli e ai grandi.
Di questa eresia sono autori o almeno i difensori più accaniti e più noti Pelagio e Celestio.
Con l'aiuto del Salvatore, che protegge la sua Chiesa, grazie alla vigilanza dei Concili episcopali e in seguito per opera dei due venerabili vescovi della Sede Apostolica, il papa Innocenzo e il papa Zosimo, sono stati condannati in tutto il mondo Cristiano fino a quando non si ravvedano e facciano penitenza.
Nel timore che non siano ancora giunte alla Santità tua le copie delle lettere inviate di recente dai due suddetti Pontefici, sia quelle dirette ai vescovi africani in particolare, sia quelle dirette a tutti i vescovi del mondo, ci siamo dati pensiero di fartene pervenire una copia per mano dei fratelli ai quali abbiamo consegnato anche la presente perché la recapitassero alla tua Reverenza.
Quei due individui tuttavia sono eretici non perché neghino l'origine dell'anima da quella del primo prevaricatore - il che potrebbe forse affermarsi sulla base di qualche valida ragione, o ignorarsi senza danno della fede - ma perché spinti da tale opinione si sforzano di dimostrare ( e proprio per questo sono reputati eretici evidentissimi ) che le anime dei bambini non contraggono da Adamo alcuna macchia di peccato da lavarsi col lavacro della rigenerazione.
Il punto di vista di Pelagio in proposito, riferito anche, tra altre proposizioni condannate, nelle lettere della Sede Apostolica, suona così: " Se l'anima non si trasmette per via di generazione, ma è la sola carne a trasmettere ai discendenti il peccato mediante la generazione, è la sola carne a meritare il castigo; poiché non è giusto che l'anima, appena nata e senza derivare dalla massa di Adamo, porti un peccato altrui commesso tanti secoli prima; d'altronde per nessuna ragione si può ammettere che Dio, il quale ci perdona i peccati personali, ci debba imputare un solo peccato commesso da altri ".
Se dunque puoi sostenere che le anime hanno origine senza il tramite della riproduzione generativa in modo che si possa provare con argomenti giusti e non contrari alla fede cattolica che anche in tal modo le anime si macchiano del peccato originale, afferma pure la tua opinione come ti è possibile.
Se invece non puoi renderle estranee alla riproduzione generativa senza renderle allo stesso tempo immuni da ogni vincolo del peccato, astieniti assolutamente dal discutere tale problema.
Difatti la remissione dei peccati non è una finzione neppure nel battesimo dei bambini e non si afferma solo a parole ma si compie realmente.
Ricorderò a tale proposito le precise espressioni usate nella sua lettera dal beatissimo papa Zosimo: " Veridico è Dio nelle sue parole ( Sal 145,13 ) e ( perciò ) il battesimo conserva la medesima piena efficacia attraverso l'elemento materiale e la formula espressa con le parole, cioè attraverso l'azione, la confessione e l'effettiva remissione dei peccati nelle persone d'ambo i sessi, di qualsiasi età e condizione del genere umano.
In realtà nessuno diventa libero se prima non è schiavo del peccato né può chiamarsi redento se prima non è stato realmente schiavo del peccato, come sta scritto: Sarete veramente liberi, solo se il Figlio vi libererà. ( Gv 8,36 )
È proprio per mezzo di lui che rinasciamo spiritualmente, è proprio per mezzo di lui che siamo crocifissi al mondo.
Proprio per mezzo della sua morte viene distrutto il decreto della condanna a morte procurata e trasmessa ad ogni anima da Adamo mediante la discendenza carnale, decreto da cui sono colpiti assolutamente tutti coloro che nascono finché non ne siano liberati mediante il battesimo ".
In queste parole della Sede Apostolica è contenuta l'espressione della fede della Chiesa Cattolica, tanto antica e salda, tanto sicura e chiara che un Cristiano commetterebbe un'empietà, se avesse qualche dubbio al riguardo.
Con la morte di Cristo è stato distrutto dunque il decreto della condanna a morte che colpisce non una sola anima o solo alcune bensì tutte quante le anime per il legame della loro discendenza da Adamo.
Se quindi puoi dimostrare con ragioni assolutamente ortodosse che le anime, pur non derivando per via della riproduzione generativa, non cessano d'essere vincolate nella condanna eterna in forza di quel decreto, il quale può essere distrutto solo dalla morte di Cristo, e se appare chiaro che vi sono vincolate non a causa della loro riproduzione ma di questo debito della carne, non solo sostieni pure la tua opinione senza essere impedito da alcuno, ma facci vedere altresì come possiamo sostenerla anche noi insieme con te.
Potrebbe però darsi il caso che ti fosse impossibile propugnare la tua tesi sull'origine delle anime senza affermare ch'esse non sono macchiate dal peccato originale o che, pur essendo assolutamente scevre di macchia alcuna di peccato, diventano peccatrici costrettevi da Dio o da una non so quale sostanza del male, non già in forza d'una riproduzione loro propria ma di quella generativa; in tal caso è preferibile ignorare l'origine dell'anima, purché tuttavia non mettiamo in dubbio che sia una creatura di Dio, anziché dire che Dio è autore del peccato o introdurre un'altra sostanza del male contraria a Dio o giudicare inutile il battesimo conferito ai bambini.
Su tale problema inoltre la tua Dilezione senta da me qualche indicazione precisa che dev'essere tenuta molto da conto, anzi più necessaria d'altre e da credersi saldamente: qualunque sia il modo in cui hanno origine le anime, sia che derivino dall'unica di Adamo, sia che non derivino da nessun'altra, non è comunque lecito aver dubbi che l'anima del Mediatore non ha contratto alcuna macchia di peccato da Adamo.
Se infatti nessuna deriva per discendenza da un'altra quando tutte sono vincolate nella carne di peccato trasmessa per generazione, tanto meno si deve credere che sia potuta derivare per discendenza da un'anima peccatrice l'anima di Colui la cui carne è venuta dalla Vergine e fu concepita non per un moto di sensualità ma in virtù della fede, in modo che avesse solo la somiglianza della carne di peccato, ( Rm 8,3 ) ma non fosse la carne di peccato.
Se invece tutte le altre anime sono soggette alla tara del peccato perché discendenti dalla prima anima peccatrice, è assolutamente certo che l'anima unita a sé dall'Unigenito o non contrasse da quella il peccato o non fu tratta per nulla da essa.
In realtà, non avrebbe forse potuto assumere un'anima senza peccato Colui che ha cancellato i nostri peccati?
Colui che creò un'anima nuova per la carne da lui plasmata con la terra senza bisogno di padre, non avrebbe potuto forse creare un'anima nuova per la carne ch'egli assunse dalla donna senza opera d'uomo?
Eccoti la risposta che ho potuto dare, non con l'abilità da te desiderata, ma con affetto pieno di premura, alla lettera della Santità tua inviata non direttamente a me bensì a persone che ci sono carissime.
Se accetterai di buon grado i miei fraterni e utili avvertimenti, se con la tua prudenza e riflessione li osserverai evitando gli errori e restando in comunione con la Chiesa, ne ringrazierò Dio.
Se invece ti meraviglierai o anche non ti meraviglierai che io non conosca ancora queste cose e ti degnerai di mettermi al corrente, con vicendevole carità, di qualcosa di sicuro sull'origine delle anime, salva restando la dottrina della fede suddetta ch'è del tutto sicura e manifesta, molto di più ne ringrazierò Dio.
Vivi sempre per il Signore, e ricordati di noi, signore mio beatissimo e fratello amato con sincero affetto.
Indice |
1 | Tertul., Adv. Praxean 7; AUG., De Gn. ad Litt. 10, 25, 41-26, 45 |
2 | Verg., Aen. 1, 724 |
3 | Ep. 143,6.11 |
4 | Ep. 165,1,1 |
5 | Ep. 166 |