Lettere |
Scritta prima della Pasqua del 426 o 427.
Agostino a Valentino, abate di Adrumeto, e ai suoi monaci in discordia tra loro sulla, questione della grazia e del libero arbitrio ( n. 1 ) da essi fraintesa dopo aver letto la lettera più lunga di Agostino a Sisto.
Agostino ribadisce che in essa è propugnata la fede cattolica contro i Pelagiani, la quale non nega il libero arbitrio né lo innalza fino al punto che, privo della grazia, valga qualcosa per compiere il bene e per la salvezza ( n. 2-7 ).
Agostino invia cristiani saluti a Valentino, signore carissimo e fratello degno d'essere onorato, e ai fratelli che sono con lui
Sono venuti da noi due giovani, Cresconio e Felice, dicendo d'appartenere alla vostra comunità; essi ci hanno riferito che il vostro monastero è stato turbato da qualche divergenza d'opinioni, per il fatto che alcuni tra voi esalterebbero la grazia al punto da negare il libero arbitrio dell'uomo e, cosa ancora più grave, sosterrebbero che, nel giorno del giudizio, Dio non renderebbe a ciascuno secondo le sue opere. ( Mt 16,27; Rm 2,6; Ap 22,12 )
Essi però ci hanno anche segnalato che la maggior parte di voi non la pensano così, ma ammettono che il libero arbitrio è aiutato dalla grazia di Dio, affinché noi possiamo conoscere e compiere il bene; e in tal modo, allorché il Signore verrà a rendere a ciascuno secondo le sue opere, troverà le nostre opere buone che Dio aveva preparate affinché potessimo camminare in esse. ( Ef 2,10 )
Pensa bene chi pensa così.
Vi supplico, pertanto, fratelli, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo; - come l'Apostolo supplicava i Corinti - parlate tutti il medesimo linguaggio e non vi siano tra voi delle divisioni. ( 1 Cor 1,10 )
Innanzitutto il Signore Gesù, come sta scritto nel Vangelo dell'apostolo Giovanni, è venuto non per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato da lui. ( Gv 3,17; Gv 12,47 )
Ma in seguito, come scrive l'apostolo Paolo, Dio giudicherà il mondo ( Rm 3,6 ) e lo giudicherà quando verrà a giudicare i vivi e i morti, come confessa tutta la Chiesa nel simbolo. ( 2 Tm 4,1; 1 Pt 4,5 )1
Se, dunque, non c'è la grazia di Dio, in qual modo Dio salverà il mondo?
E se non c'è il libero arbitrio, in qual modo giudicherà il mondo?
Interpretate secondo questa fede il trattato o lettera mia che ci recarono con loro i suddetti fratelli: non negate la grazia di Dio e non difendete il libero arbitrio in modo da renderlo indipendente dalla grazia di Dio, come se potessimo in alcun modo concepire o compiere qualcosa secondo Dio senza di essa; cosa che non possiamo fare assolutamente.
Ecco perché il Signore, parlando del frutto della giustizia, ha detto: Senza di me non potete far nulla. ( Gv 15,5 )
Sappiate dunque che quella lettera indirizzata da me a Sisto, prete della Chiesa di Roma, fu scritta contro i nuovi eretici Pelagiani.
Questi affermano che la grazia ci viene largita nella misura dei nostri meriti, cosa questa che induce uno a vantarsi non già nel Signore, ma in se stesso, vale a dire nell'uomo, e non affatto nel Signore.
Orbene, è proprio questo che è vietato dall'Apostolo allorché dice: Nessuno riponga la propria gloria in un uomo; ( 1 Cor 3,21 ) e, in un altro passo, dice: Chi si vanta, si vanti nel Signore. ( 1 Cor 1,31; 2 Cor 10,17 )
Quegli eretici, al contrario, persuasi d'arrivare alla giustizia da se stessi, come se se la fossero data da sé e non l'avessero ricevuta da Dio, si vantano non già nel Signore, ma in se stessi.
A simili individui l'Apostolo si rivolge dicendo: Ma chi conferisce a te una distinzione? ( 1 Cor 4,7 )
L'Apostolo si esprime così poiché l'essere separati dalla massa di perdizione, ch'è diventata l'umanità dopo Adamo, ( Rm 9,21; 2 Tm 2,20 ) affinché uno sia un recipiente destinato a usi nobili e non a usi ignobili, è opera esclusiva di Dio.
Ma poiché l'uomo carnale gonfio di vanità sentendosi dire: Chi ti separa, alla domanda dell'Apostolo potrebbe, a parole o col pensiero, rispondere: " Ciò che mi separa è la mia fede, è la mia preghiera, è la mia giustizia ", subito l'Apostolo replica a simili idee e dice: Ma che cosa hai tu che non hai ricevuto?
Se poi l'hai ricevuto, perché mai ti vanti come se non lo avessi ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )
È proprio così che si vantano di quello che hanno, come se non l'avessero ricevuto, coloro che credono d'essere giustificati da se stessi e perciò ripongono la propria gloria in se stessi e non nel Signore.
Per questo motivo, nella lettera che vi è giunta, ho provato con passi delle Sacre Scritture - li potete esaminare nella lettera - che noi non avremmo potuto compiere in alcun modo opere buone, né pregare con sentimenti di pietà, né credere con retta fede, se tutto ciò non lo avessimo ricevuto da Colui del quale l'Apostolo Giacomo dice: Ogni favore eccellente e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre degli astri, ( Gc 1,17 ) affinché nessuno affermi che la grazia di Dio gli sia stata concessa per i meriti delle proprie opere, o delle proprie preghiere, o della propria fede, e non creda che sia vero quanto affermano quegli eretici, che cioè la grazia sia accordata in considerazione dei nostri meriti, poiché non c'è nulla di più falso di questa asserzione.
Con ciò non si vuol dire che non esista alcun merito buono delle persone timorate di Dio o alcun merito cattivo delle persone senza timore di Dio - altrimenti come potrebbe Dio giudicare il mondo? - ma che la conversione dell'uomo è opera della misericordia e della grazia di Dio, di cui il Salmo dice: Mio Dio ( egli è ); la sua misericordia mi preverrà. ( Sal 59,11 )
Per conseguenza, è in virtù della sua misericordia che l'empio viene giustificato, cioè da empio che era diventa giusto e comincia ad avere dei meriti che il Signore coronerà col premio, quando sarà giudicato il mondo.
Numerosi erano i documenti che desideravo inviarvi: dalla loro lettura avreste potuto conoscere, con maggior precisione e completezza, il processo svoltosi contro i medesimi eretici Pelagiani nei concili episcopali, ma poiché i vostri fratelli venuti da me hanno fretta, vi scrivo queste poche righe che non sono una risposta, dato che non ci hanno portato alcuna lettera da parte della Carità vostra.
Noi tuttavia li abbiamo accolti cordialmente, poiché il loro candore c'indicava a sufficienza che non avevano potuto raccontarci alcuna menzogna.
Essi si sono affrettati a partire per celebrare la Pasqua assieme a voi, affinché questo santo giorno possa trovarvi, con l'aiuto di Dio, tutti in pace, senza discussioni che vi dividano.
Sarebbe meglio, tuttavia, e ve lo chiedo caldamente, se voleste avere la cortesia d'inviarmi la persona dalla quale i monaci dicono di essere stati turbati.
Può darsi infatti che sia lui a non comprendere il mio trattato o sia lui a non farsi capire, quando cerca di spiegare e risolvere una questione assai difficile e che solo pochi possono capire.
Si tratta in realtà della questione riguardante la grazia di Dio, questione che a persone poco intelligenti ha fatto credere che l'Apostolo affermi: Fate il male perché ne venga il bene. ( Rm 3,8 )
A questo proposito l'apostolo Pietro nella sua seconda lettera dice: Perciò, carissimi, in attesa di questi eventi, fate del tutto perché il Signore vi trovi senza colpe e senza macchie, nella pace e riconoscete come dono di salvezza la longanimità di nostro Signore.
In questo senso vi ha scritto anche il nostro carissimo fratello Paolo, guidato dalla saggezza avuta in dono, come fa pure in tutte le lettere in cui tratta lo stesso argomento, e nelle quali vi sono dei passi difficili a capirsi, il senso dei quali, come quello delle altre Scritture, è travisato da individui ignoranti e leggeri per la loro propria rovina. ( 2 Pt 3,14-16 )
State dunque bene attenti a queste terribili affermazioni d'un sì grande Apostolo: quando v'accorgete di non capire, accontentatevi intanto di credere alle divine Scritture che c'insegnano l'esistenza non solo del libero arbitrio dell'uomo, ma anche della grazia di Dio, senza l'aiuto della quale il libero arbitrio non può né rivolgersi verso Dio né progredire verso Dio.
Pregate inoltre anche di comprendere con l'intelligenza illuminata dalla sapienza ciò che credete con la fede religiosa.
Il libero arbitrio lo abbiamo proprio per acquistare l'intelligenza e la sapienza; poiché se non fosse in virtù del libero arbitrio che noi agiamo con intelligenza e sapienza, la S. Scrittura non ci darebbe il comando: Cercate di comprendere, voi insipienti tra il popolo, e voi, stolti, diventate una buona volta sapienti. ( Sal 94,8 )
Per il fatto stesso che ci è ordinato e comandato di comprendere ed essere sapienti, è richiesta la nostra obbedienza, e questa non potrebbe esservi senza il libero arbitrio.
D'altra parte però, se il libero arbitrio fosse capace d'arrivare all'intelligenza e alla sapienza senza la grazia di Dio, non gli direbbe: Dammi l'intelligenza affinché io impari i tuoi precetti, ( Sal 119,125 ) né si troverebbe scritto nel Vangelo: Allora aprì ad essi la mente perché comprendessero le Scritture; ( Lc 24,45 ) né l'Apostolo Giacomo direbbe: Se qualcuno di voi ha bisogno di sapienza, la chieda a Dio, che la concede a tutti liberalmente senza fargliene rimprovero, e gli sarà concessa. ( Gc 1,5 )
Il Signore è tanto potente da concedere a voi e a noi la gioia di venire a sapere, quanto prima, che la pace e la concordia nella fede è stata ristabilita in mezzo a voi.
Vi saluto non solo a mio nome bensì anche a nome dei miei confratelli e vi chiedo di pregare per noi in concordia e con insistenza.
Il Signore sia con voi. Amen.
Indice |
1 | Symb. Nicaeni conc. |