Lettere |
Scritta dopo il 395.
Agostino rimprovera aspramente Ecdicia, ricordandole i doveri delle mogli verso i mariti ( n. 1-4; n. 7-9 ) ed ordinandole d'accontentare il marito nell'abbigliarsi secondo la sua condizione e di chiedergli perdono ( n. 11 ) per averlo distolto dalla mutua continenza distribuendo elemosine da sconsiderata e indossando abiti vedovili ( n. 3; n. 5; n. 10 ).
Agostino invia cristiani saluti a Ecdicia, signora e figlia piissima
Dopo aver letta la lettera della Reverenza tua e aver chiesto al latore le notizie che restavano da chiedere, sono rimasto assai costernato per il fatto che tu hai voluto comportarti con tuo marito in modo che l'edificio della continenza, che già s'era cominciato a costruire in lui, cadesse miseramente nella catastrofe dell'adulterio per avere egli perduto la perseveranza.
Sarebbe stato già deplorevole se, una volta fatto a Dio un voto di continenza e averlo cominciato a osservare con la pratica stessa e con la condotta, fosse tornato ad avere rapporti matrimoniali con la moglie.
Quanto più è deplorevole ora che, caduto in una rovina più profonda, pratica la fornicazione con una dissolutezza tanto scatenata, adirato contro di te e funesto a se stesso, credendo d'incrudelire più aspramente contro di te se perirà lui stesso?
Ma tutto questo gran male è venuto per non aver tu usato, verso di lui, la prudente moderazione che avresti dovuto.
Poiché, sebbene vi foste già astenuti di comune accordo dal compiere l'atto matrimoniale, come donna avresti tuttavia dovuto mostrarti accondiscendente in tutto con ossequio di moglie a tuo marito, tanto più che ambedue eravate membri del corpo di Cristo. ( Ef 5,30; 1 Cor 6,15 )
Così pure, se tu fossi stata la moglie cristiana d'un marito pagano, ( 1 Cor 7,13 ) avresti dovuto avere un comportamento sottomesso a lui per guadagnarlo al Signore, come hanno ammonito gli Apostoli.
A ogni modo lascio da parte quanto sono venuto a sapere, che cioè tu hai abbracciata la continenza senza il consenso di tuo marito andando contro i sani precetti della morale; poiché non avresti dovuto privarlo del debito coniugale prima che anche la sua volontà aderisse alla tua per abbracciare quel bene superiore alla castità coniugale, salvo che tu non avessi letto o ascoltato o meditato quanto dice l'Apostolo: È bene per l'uomo non aver rapporti con donna; tuttavia a causa della fornicazione ciascun uomo abbia la propria moglie e ciascuna donna abbia il proprio marito.
Il marito poi renda alla moglie il debito coniugale e lo stesso faccia la moglie col marito.
La moglie non è più padrona del proprio corpo, bensì il marito; allo stesso modo non è più padrone del proprio corpo nemmeno il marito, ma la moglie.
Non privatevi l'uno dell'altro se non di mutuo accordo e temporaneamente per dedicarvi alla preghiera ma di nuovo riunitevi insieme, affinché Satana non vi tenti per via della vostra intemperanza. ( 1 Cor 7,1-5 )
Secondo queste affermazioni dell'Apostolo, anche se tuo marito avesse voluto abbracciare la continenza senza che tu lo volessi, sarebbe stato tenuto a renderti il debito e Dio glielo avrebbe messo in conto di continenza se, cedendo non alla propria, ma alla tua debolezza, non ti avesse negato l'amplesso coniugale per non farti cadere nella riprovevole turpitudine dell'adulterio.
Quanto sarebbe stato più logico che tu, che avresti dovuto essere più sottomessa, accondiscendessi alla sua volontà nel rendergli il detto debito, perché anch'egli non fosse trascinato dalla tentazione del diavolo nell'adulterio?
Dio infatti avrebbe gradito la tua volontà di serbarti continente, poiché non lo avresti fatto per altro motivo, se non per evitare che tuo marito andasse in rovina.
Ma, come ho detto, lascio da parte questa considerazione poiché tuo marito, mentre tu non volevi acconsentire a rendergli il debito coniugale, acconsentì con te nel medesimo patto di continenza e visse a lungo con te in perfetta continenza liberandoti, col suo consenso, dal peccato col quale gli negavi il debito coniugale.
Per quanto dunque ti riguarda non si discute più se devi tornare a compiere l'atto coniugale con tuo marito, dato che avreste dovuto mantenere, con perseveranza fino alla fine, quanto avevate promesso tutti e due a Dio con uguale consenso; anche se tuo marito ha violato una tale promessa, tu almeno devi perseverare a mantenerla con la massima fermezza.
Non ti rivolgerei questo ammonimento, s'egli non t'avesse dato il suo consenso riguardo a questo voto, poiché, se tu non avessi ottenuto mai il suo consenso, nessun numero d'anni ti avrebbe potuta giustificare e dopo qualsiasi tempo tu avessi chiesto il mio parere, non t'avrei risposto se non quanto dice l'Apostolo: Il dominio del proprio corpo non lo ha più la moglie ma il marito. ( 1 Cor 7,4 )
Disponendo di tale dominio egli t'aveva permesso la continenza a segno di abbracciarla con te anche lui.
Mi rattrista però il fatto che non hai messo in pratica la seguente norma, poiché avresti dovuto adattarti ai voleri di tuo marito nella convivenza familiare, con animo tanto più umile e obbediente quanto più era stato spinto da motivi religiosi a concederti un bene sì prezioso e perfino a imitarti.
Per il fatto che vi astenevate ambedue dall'atto coniugale, non per questo egli aveva cessato d'essere tuo marito, restavate anzi sposi tanto più santi, quanto più sante erano le promesse mantenute di comune accordo.
Non avresti perciò dovuto disporre dei tuoi vestiti, del tuo oro o argento o di qualsiasi somma o di qualsiasi altro tuo bene terreno senza il suo permesso, per non essere d'inciampo a chi aveva fatto con te voto a Dio di cose migliori e certamente s'era astenuto da ciò che, in virtù di lecito dominio, avrebbe potuto esigere dal tuo corpo.
Alla fine è successo ch'egli, essendosi visto da te trascurato, ha rotto il vincolo della continenza con cui s'era legato quando si sentiva amato e, irritato contro di te, non ha risparmiato se stesso.
A quanto infatti m'ha riferito il latore della tua lettera, tuo marito era venuto a sapere che tu avevi dato tutte o quasi tutte le ricchezze che possedevi a due non so che razza di monaci di passaggio, pensando che fossero distribuite ai poveri; egli allora maledicendoli con te e considerandoli non servi di Dio ma invasori della casa altrui e tuoi abbindolatori e depredatori nel suo sdegno si scrollò di dosso il sacro peso che s'era sobbarcato a portare con te.
Egli in verità era debole e perciò non avresti dovuto turbarlo con la tua presunzione, ma sostenerlo con l'amore proprio tu che sembravi più forte nel proposito abbracciato insieme, poiché, sebbene forse egli fosse un po' restìo a largheggiare in fatto di elemosine, avrebbe potuto abituarvisi anche lui, se non fosse stato turbato dalle tue inattese elargizioni, ma vi fosse stato sollecitato dalle tue condiscendenze, ch'egli si aspettava.
In tal modo anche ciò che hai compiuto da sola e senza riflessione, lo avreste con amore concorde compiuto ambedue molto più ponderatamente, più regolarmente e più onestamente e non sarebbero stati maledetti dei servi di Dio, se pure si potevano chiamare così delle persone le quali, in assenza e all'insaputa del marito, presero una sì gran somma di danaro da una donna a essi sconosciuta, e per di più sposata; sarebbe anzi stato lodato Dio per le vostre opere, se la vostra unione fosse stata così fedele da farvi praticare d'accordo non solo la perfetta castità, ma anche la gloriosa povertà.
Ora però rifletti al danno che tu hai causato con la tua sconsiderata precipitazione.
Ancorché io pensassi bene di quei monaci, dai quali, come si lamenta tuo marito, tu fosti non edificata, ma spogliata; ancorché io non fossi senz'altro d'accordo con tuo marito che aveva l'occhio annebbiato dalla collera contro individui ch'erano forse servi di Dio, il fatto di avere tu ristorato la carne dei poveri, con delle elemosine un po' troppo generose, è forse un bene così grande come il male d'aver fatto cambiare pensiero a tuo marito e averlo distolto da un proposito tanto lodevole?
Doveva forse starti più a cuore la salute temporale di chiunque altro che non quella eterna di tuo marito?
Non è forse vero che se tu, pensando a una misericordia più preziosa, avessi differito la distribuzione dei tuoi beni ai poveri per evitare che tuo marito rimanesse scandalizzato e andasse in rovina agli occhi di Dio, Dio ti avrebbe messo in conto elemosine più generose?
Se perciò consideri attentamente qual bene avevi ottenuto, allorché avevi convinto tuo marito a servire con te Cristo in una castità più santa, devi comprendere da qual perdita sei stata colpita a causa di quelle tue elemosine, poiché da esse è stato sconvolto il suo cuore, perdita molto maggiore dei guadagni che tu pensavi buoni per il cielo.
Se infatti lassù vale molto il pezzo di pane spezzato all'affamato, ( Is 58,7 ) quanto pregio si deve credere che abbia la carità che strappa un'anima alle unghie di Satana, il quale è simile a un leone che rugge in cerca di preda? ( 1 Pt 5,8 )
Noi però non diciamo ciò perché si creda che dobbiamo astenerci dal fare opere buone, se per caso qualcuno ne rimanesse scandalizzato.
Diversa comunque in una società è la relazione che intercorre tra gli estranei e quelli che sono uniti tra loro con vincoli di parentela; tra i fedeli e gl'infedeli; così pure è diversa quella che intercorre tra genitori e figli e viceversa; diversa infine quella che deve tenersi soprattutto presente tra i coniugi, cioè quella per cui alla moglie non è lecito dire: " Del mio faccio quel che voglio ", dal momento ch'essa non appartiene più a se stessa, ma al suo capo, cioè al marito. ( Ef 5,23 )
Così infatti - come ricorda l'apostolo Pietro - si ornavano le sante donne che speravano in Dio restando sottomesse ai loro mariti, come Sara ubbidiva ad Abramo chiamandolo suo signore; ( Gen 18,9-15 ) di loro - dice l'Apostolo - voi siete figliuole, ( 1 Pt 3,5-6 ) sebbene egli non parlasse alle Ebree, ma alle Cristiane.
Che c'era poi di strano se il padre non voleva che il comune figliuolo fosse spogliato dalla madre dei mezzi di sostentamento, non potendo prevedere che professione quello volesse abbracciare quando fosse giunto ad età più grandicella, se cioè la professione di monaco o il ministero ecclesiastico oppure il vincolo dello stato coniugale?
Sebbene, infatti, i figli dei fedeli Cristiani debbano essere stimolati e istruiti per professioni migliori, ciascuno tuttavia ha da Dio il proprio dono, chi in un modo, chi in un altro, ( 1 Cor 7,7 ) salvo che per caso debba biasimarsi un padre che prende precauzioni e si preoccupa di tali cose, dal momento che il beato Apostolo dice: Chi non si prende cura dei suoi e soprattutto di quelli della sua famiglia, ha rinnegato la fede ed è peggiore d'un infedele. ( 1 Tm 5,8 )
Parlando invece proprio delle elemosine, dice: Non in modo che alleviare gli altri sia per voi causa di strettezze. ( 2 Cor 8,13 )
Avreste dunque dovuto prendere una decisione concorde su ogni faccenda e regolarvi di comune accordo riguardo ai beni di cui far tesoro per il cielo, quali lasciare quanto basta per la vita vostra, dei vostri familiari e di vostro figlio in modo che l'alleviare gli altri non fosse per voi causa di strettezze.
Se però, nel fissare e mettere in pratica tali criteri, tu avessi avuto un'idea migliore, l'avresti dovuta suggerire con la dovuta deferenza a tuo marito e avresti dovuto lasciarti guidare con l'ubbidienza dalla sua autorità di capo.
In tal modo tutte le persone assennate, alle quali la fama avesse potuto far giungere la notizia di questa vostra opera buona, si sarebbero rallegrate del guadagno e della pace della vostra famiglia e gli avversari, non avendo nulla di male da dire sul conto vostro, vi avrebbero manifestato il loro rispetto.
Orbene, se è vero che avresti dovuto mettere tuo marito, che t'era fedele e con te osservava i santi patti della castità, a parte della decisione di fare elemosine e distribuire i tuoi beni ai poveri ( opera buona e assai meritoria di cui si trovano precetti tanto chiari del Signore ), quanto più non avresti dovuto, riguardo all'abbigliamento o al vestito, cambiare o seguire alcun'altra moda senza il suo permesso, dato che non si legge che Dio abbia comandato alcunché a tale riguardo?
Sta scritto bensì che le donne devono abbigliarsi decorosamente e a ragione sono biasimate le collane d'oro, le arricciature dei capelli e tutte le altre vanità di tal genere, che si è soliti usare o per ostentare un falso prestigio o per sedurre con l'aspetto esteriore. ( 1 Tm 2,9; 1 Pt 3,3 )
Ma c'è pure, a seconda dei mezzi di cui una persona dispone, una moda di vestirsi da maritata, diversa da quella propria delle vedove, la quale, salva l'osservanza della legge di Dio, può star bene alle fedeli maritate.
Se a tuo marito non garbava che smettessi l'abbigliamento da maritata perché non ti comportassi da vedova mentr'egli era ancora vivo, io credo che, a proposito di questa faccenda, non avrebbe dovuto esser condotto fino allo scandalo della discordia più per una colpa di disubbidienza che per la virtù d'alcuna specie di continenza.
Che c'è infatti di più sconveniente del fatto che una donna si vesta dimessamente per mostrarsi arrogante verso il marito, al quale sarebbe stato meglio che tu avessi ubbidito col candore della Condotta che contrastare la sua volontà indossando vesti di colore nero?
Se infatti ti andava a genio un vestito da monaca, avresti potuto indossarlo con maggior piacere dopo aver ascoltato tuo marito e avergli chiesto il permesso anziché senza averlo consultato e senza far nessun conto di lui.
E se lui non avesse proprio voluto, che cosa sarebbe venuto a mancare al tuo proposito?
Non saresti per questo assolutamente dispiaciuta a Dio se, non essendo morto ancora tuo marito, non ti fossi abbigliata come Anna, ma come Susanna.
Egli inoltre non t'avrebbe costretta nemmeno a indossare dei vestiti indecorosi anche se avesse voluto che ti abbigliassi con abiti confacenti a una maritata e non a una vedova, dal momento che aveva già cominciato a praticare con le il prezioso bene della continenza; se invece vi fossi stata costretta da qualche spiacevole condizione, avresti sempre potuto conservare un cuore umile sotto vestiti sfarzosi.
Precisamente così al tempo degli antichi Ebrei la famosa regina Ester, sebbene temesse Dio, lo adorasse e gli prestasse obbedienza, era tuttavia sottomessa e si mostrava condiscendente verso il marito, che pure era straniero e non adorava il medesimo Dio.
Nel momento del maggior pericolo sovrastante non solo sulla sua persona ma anche sul suo popolo, ch'era allora il popolo di Dio, essa, prostrata in preghiera davanti al Signore, gli diceva che per lei l'abbigliamento di regina era come un panno macchiato di sangue immondo. ( Est 4,17v )
Dio, che scruta i cuori ( Pr 24,12 ), esaudì subito la sua preghiera perché sapeva quanto era sincera.
E dire che aveva per marito un individuo ch'era marito anche di altre donne e adorava dèi stranieri e falsi.
Se invece tuo marito avesse continuato a vivere nella pratica ( della continenza ), abbracciata insieme con te e, da te offeso, non fosse caduto nel peccato, avresti avuto in lui un marito non solo fedele e adoratore del vero Dio, ma altresì continente; egli certamente, non immemore del vostro proposito, non ti avrebbe costretta a indossare vestiti sfarzosi, anche se ti avesse obbligata ad abbigliarti come si addice a una maritata.
T'ho scritto ciò poiché hai creduto tuo dovere chiedere il mio consiglio; con la mia lettera non ho inteso scuotere il tuo santo proposito, ma dolermi per l'azione di tuo marito causata dal tuo disordinato e imprudente modo d'agire.
Se vuoi appartenere davvero a Cristo, devi ora pensare a riparare con tutte le tue energie al male fatto.
Rivèstiti dell'umiltà dello spirito affinché Dio ti conservi nella perseveranza; non disprezzare tuo marito che si avvia alla perdizione.
Innalza per lui pie e continue preghiere e offri per lui in sacrificio le lacrime che sono come tante gocce di sangue sgorganti dal cuore ferito.
Scrivigli inoltre in segno di riparazione ( per l'offesa ) e chiedigli perdono d'aver mancato contro di lui, poiché quanto hai creduto di dover fare dei tuoi beni lo hai fatto indipendentemente dal suo parere e dalla sua volontà e non per pentirti d'averli distribuiti ai poveri, ma di non averlo voluto partecipe e regolatore della tua buona azione.
Promettigli che se non solo si pentirà della sua condotta disonesta, ma tornerà anche alla pratica della continenza da lui abbandonata, con l'aiuto di Dio gli sarai per l'avvenire sottomessa in tutto com'è giusto, se mai Dio, come dice l'Apostolo, gli conceda la grazia di pentirsi e tornare alla ragione libero dai lacci del diavolo, che lo tiene asservito alla sua volontà. ( 2 Tm 2,25-26 )
D'altronde chi non saprebbe che il vostro figliuolo, dato che lo avete avuto da legittimo e onesto matrimonio, si trova sottoposto più alla potestà del padre che alla tua?
Ecco perché non si può negarglielo dovunque saprà ch'egli si trova e lo richiederà secondo il diritto e perciò, affinché possa venire allevato e istruito nella sapienza divina rispettando la tua volontà, è necessaria per lui anche la vostra concordia.
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