Il libero arbitrio |
E. - Confesso di essere sufficientemente persuaso, ed anche del modo con cui si dimostra, per quanto è possibile in questa vita e da persone quali noi siamo, che Dio esiste e che da Dio sono tutti i beni.
Infatti tutti gli esseri, tanto quelli che pensano, vivono ed esistono, sia quelli che soltanto vivono ed esistono e quelli che soltanto esistono, sono da Dio.
Ed ora si può risolvere il terzo problema, che tra i beni è da numerare anche la libera volontà.
Dimostrato questo tema, concederò senza esitazione che Dio ce l'ha data ed era opportuno che fosse data.
A. - Ricordi bene i temi proposti ed hai notato accortamente che anche il secondo problema è stato chiarito, ma avresti dovuto accorgerti che anche il terzo è stato risolto.
Avevi detto appunto che non doveva essere dato il libero arbitrio della volontà perché con esso si pecca.
A questa tua opinione ho replicato che è possibile agire secondo ragione soltanto mediante il libero arbitrio della volontà e affermavo che Dio per questo appunto ce l'ha dato.
Hai risposto che la libera volontà doveva esserci data come la giustizia, di cui si può usare soltanto bene.
La tua risposta ci ha costretto ad entrare nei molti giri della disputa per dimostrarti che soltanto da Dio possono provenire beni maggiori e minori.
Non era facile dimostrarlo con chiarezza.
Prima contro le opinioni della blasfema insipienza, per cui dice l'insipiente in cuor suo: Dio non esiste, ( Sal 14,1 ) il ragionamento iniziato, di qualunque valore fosse su tanto argomento dato il nostro limite, doveva, con l'aiuto di Dio in un cammino tanto pericoloso, tendere a una determinata evidenza.
Tuttavia questi due temi, cioè che Dio esiste e che tutti i beni sono da lui, sebbene fossero accettati con fede ferma anche prima, sono stati tuttavia trattati in maniera da far apparire con grande evidenza anche il terzo tema, che tra i beni è da considerarsi la libera volontà.
Già infatti dalla precedente disputa è stato evidenziato ed è emerso dal nostro dialogo che la natura del corpo è di grado inferiore alla natura dello spirito e che pertanto lo spirito è un bene maggiore del corpo.
Ora fra i beni del corpo ne troviamo alcuni di cui si può usare non razionalmente ma non per questo si può affermare che non dovevano esser dati perché si ammette che sono beni.
Che meraviglia dunque se pure nello spirito esistono alcuni beni, di cui anche si può usare non razionalmente, ma dal fatto che sono beni, potevano esser dati soltanto da colui, da cui sono tutti i beni?
Puoi notare quale bene manca al corpo se gli mancano le mani.
Tuttavia usa male le mani chi con esse compie azioni crudeli o turpi.
Se tu vedessi un tale senza piedi, diresti che manca all'integrità del corpo un bene grandissimo, ma non potresti negare che chi usa i piedi per nuocere a qualcuno o per andare a buttarsi usa male dei piedi.
Con gli occhi vediamo la luce e le figure sensibili e sono motivo di grande bellezza nel nostro corpo.
E per questo tali organi sono, in segno di dignità, collocati nell'alto.
L'uso della vista inoltre interessa la difesa della salute e apporta molti altri vantaggi per la vita.
Ma molti con gli occhi compiono disonestamente parecchie azioni e li costringono a battersi per la lussuria.
E puoi notare quale bene manchi al viso se mancano gli occhi.
E quando ci sono, chi li ha dati se non Dio, datore di tutti i beni?
Dunque tu li consideri nel corpo e non vedendo coloro che li usano male, lodi chi ha concesso questi beni così grandi.
Così devi ammettere che la volontà, senza di cui non si può vivere secondo ragione, è un bene dato da Dio e si devono riprovare coloro che ne usano male, anziché dire che chi l'ha data non doveva darla.
E. - Dovresti dimostrarmi prima che la libera volontà è un bene ed io concederci che Dio ce l'ha data perché devo ammettere che da Dio sono tutti i beni.
A. - Ma non te l'ho già provato col vigoroso impegno della precedente discussione?
Tu stesso hai dovuto ammettere che dalla forma ideale delle cose, cioè dalla verità, sussiste ogni forma specifica del corpo e concedere che essa è un bene?
La stessa Verità infatti dice nel Vangelo che perfino i nostri capelli sono numerati. ( Mt 10,30 )
E a te è forse uscito di mente quel che abbiamo detto dell'eccellenza del numero e del suo potere che si estende da un termine all'altro?
Che aberrazione è dunque codesta: includere fra i beni, per quanto minuti e vili, i nostri capelli e non trovare altro autore, cui attribuirli, se non Dio, perché i beni più grandi e i più piccoli sono da lui, dal quale è ogni bene, e poi dubitare della libera volontà, dal momento che anche coloro i quali vivono molto male ammettono che senza di essa non si può viver bene?
Ed ora, per favore, rispondi quale facoltà è più alta in noi, quella senza di cui si può viver razionalmente, o quella senza di cui non si può vivere razionalmente?
E. - Perdonami, ti prego; mi vergogno del mio accecamento.
Chi può dubitare che è molto più eccellente quella senza di cui non esiste razionalità?
A. - Potresti dire che un individuo senza un occhio non può vivere razionalmente?
E. - Non sia mai un'affermazione tanto pazzesca.
A. - Ammetteresti dunque che un occhio nel corpo è un determinato bene, con la cui perdita quel tale non è impedito di vivere secondo ragione e riterresti che non sia un bene la libera volontà, senza di cui non si può assolutamente vivere secondo ragione?
Tu pensi alla giustizia, di cui non si può usar male.
Essa è compresa fra i beni più grandi che sono nell'uomo, come pure tutte le virtù, di cui è costituita l'onesta razionalità.
Anche della prudenza, della fortezza e della temperanza non si può usar male.
In tutte, come anche nella giustizia che tu hai ricordato, domina la ordinata razionalità, senza di cui non si danno le virtù.
E della ordinata razionalità non si può usar male.
Dunque sono grandi beni questi; ma devi ricordare che non solo i grandi beni, ma anche gli infimi possono essere soltanto da colui, da cui sono tutti i beni, cioè Dio.
L'ha provato la precedente dimostrazione, alla quale hai consentito tante volte e con tanta gioia.
Dunque le virtù, con cui si vive razionalmente sono grandi beni, le belle forme dei vari corpi, senza di cui si può viver razionalmente, sono beni infimi, le facoltà spirituali, senza di cui non si può viver razionalmente, sono beni medi.
Delle virtù non si può usar male, degli altri beni, cioè infimi e medi, si può usar non solo bene ma anche male.
E della virtù non si può usar male appunto perché funzione della virtù è il buon uso degli altri beni, di cui si può usar anche non bene.
E non si può usar male usando bene.
Pertanto la munificenza e la grandezza della bontà di Dio ha concesso che si diano beni non solo grandi, ma anche medi e infimi.
La sua bontà si deve lodar di più nei beni grandi che nei medi e di più nei medi che negli infimi, ma di più in tutti che se non li avesse concessi tutti.
E. - Sono d'accordo. Però mi turba un pensiero.
Giacché il problema riguarda la libera volontà e si può notare che è essa ad usar bene e male delle altre cose, come si può includere fra le cose di cui usiamo?
A. - Allo stesso modo che col pensiero conosciamo tutti gli oggetti che conosciamo per aver scienza e tuttavia il pensiero stesso è incluso fra gli oggetti che conosciamo col pensiero.
Ti sei dimenticato forse di aver ammesso, quando discutevamo sugli oggetti conosciuti col pensiero, che anche il pensiero si conosce col pensiero?
Non meravigliarti dunque che se si usa di altre cose mediante la libera volontà, si possa usare della libera volontà mediante la stessa volontà.
La volontà, che usa di altre cose, usa se stessa, come il pensiero appunto che conosce altri oggetti e conoscesse stesso.
Anche la memoria non conserva soltanto tutte le cose che si ricordano, ma per il fatto che ci si ricorda di aver la memoria, anche la memoria stessa si conserva in noi.
Essa dunque non ricorda soltanto le altre cose, ma anche se stessa, o meglio siamo noi che ricordiamo le altre cose ed essa mediante essa.
Quando dunque la volontà, che è un bene medio, inerisce al bene non diveniente, comune e non proprio, come la verità, di cui abbiamo molto parlato senza dire di lei niente di degno, l'uomo consegue la felicità.
E la felicità, cioè lo stato spirituale di chi si unisce a un bene non diveniente, è il bene proprio e primo dell'uomo.
In esso sono comprese tutte le virtù, di cui non si può usar male.
Si comprende assai bene che questi valori, sebbene siano grandi e primi nell'uomo, sono particolari di ogni individuo, non universali.
Infatti con la verità-sapienza che è a tutti comune, tutti, a lei unendosi, divengono sapienti e felici.
Al contrario un individuo non diviene felice con la felicità di un altro.
Anche se lo imita per divenir felice, tende a divenir felice da quel valore, da cui, come comprende, l'altro lo è, cioè dalla non diveniente e universale verità.
Neanche con la prudenza di un tale un altro diventa prudente; così non si rende forte con la fortezza, temperante con la temperanza o giusto con la giustizia di un altro individuo, ma conformando la coscienza alle ideali non divenienti regole luminose delle virtù che immaterialmente vivono nella stessa verità e sapienza.
Ad esse appunto quegli che si considera come modello da imitare, perché ricco di queste virtù, ha immutabilmente conformato la propria coscienza.
La volontà dunque, unendosi al bene universale al di là del divenire, ottiene i primari e grandi beni umani, sebbene essa sia un determinato bene medio.
La volontà, distolta dal bene non diveniente e universale e volta verso un bene particolare o esterno o inferiore, pecca.
Si converte al particolare quando presume di essere di proprio dominio, all'esterno quando si preoccupa di conoscere le cose particolari degli altri oppure una cosa in genere che non le spetta, all'inferiore quando sceglie il piacere sensibile.
Così l'individuo, divenuto superbo o dissipato o corrotto è trascinato da una vita a lui estranea che paragonata a una vita superiore è morte.
Ma anche essa viene ordinata dal governo della divina provvidenza che dispone ogni cosa nel posto conveniente e distribuisce secondo i meriti a ciascuno il suo.
Avviene così che in senso assoluto non sono mali anche i beni desiderati da coloro che peccano e che non lo sia neanche la libera volontà, la quale si deve includere, come abbiamo scoperto, fra determinati beni medi.
Il male consiste invece nel volgersi in senso contrario al bene non diveniente e nel volgersi a beni divenienti.
E poiché il distogliersi e il volgersi non sono determinati, ma volontari, li segue una dovuta e giusta pena d'infelicità.
Ma poiché la volontà, nel volgersi dal bene non diveniente al diveniente, si muove, tu forse vorrai chiedere da qual principio deriva questo movimento.
Esso è cattivo, sebbene la libera volontà si deve includere fra i beni perché senza di essa neanche si può vivere secondo ragione.
Se tale movimento, cioè il distogliersi della volontà da Dio Signore, è innegabilmente il peccato, si può forse dire che Dio è autore del peccato?
Il movimento in parola non è da Dio.
Da chi sarà dunque? Se tu me lo chiedessi ed io ti rispondessi che non lo so, forse tu saresti più triste, ma io ti avrei risposto il vero.
Infatti non si può avere scienza di un oggetto che è nulla.
Tu però mantieni fermo il tuo sentimento religioso.
Così nel sentire o nel pensare o in genere nel rappresentarti l'oggetto, non ti si presenterà un bene che non sia da Dio.
Allo stesso modo non ti si presenta fenomeno che non sia da Dio.
Non esitare ad attribuire a Dio creatore ogni cosa appunto, in cui osserverai misura, numero e ordine.
Se li eliminerai da una cosa, nulla assolutamente ne rimarrà.
Potrebbe rimanere una determinata forma imperfetta in un essere in cui non trovassi misura numero e ordine, perché dove sono, la forma è perfetta.
Ma allora devi eliminare anche la forma imperfetta che come materia sembra, per raggiungere la perfezione, esser sottoposta ad una causa agente.
Se infatti la perfezione della forma è un bene, un certo bene è anche la forma imperfetta.
Ma eliminato radicalmente ogni bene, non rimane un qualche cosa, ma il nulla assolutamente.
Ma ogni bene è da Dio, non v'è dunque natura che non sia da Dio.
Ora noi ammettiamo che quel movimento del volgersi in altro senso è peccato perché è un movimento verso la decrescenza e il decrescere è in ogni senso dal nulla.
Puoi quindi comprendere a che cosa conduce e non dubitare che non conduce a Dio.
Ma questo decrescere è volontario, è quindi in nostro potere.
Se lo temi, devi non volerlo e se non lo vuoi, non sarà.
Che cosa dunque di più tranquillo che stabilirti in una vita, in cui non sia possibile che si verifichi per te ciò che non vuoi?
Ma l'uomo non è capace di risollevarsi liberamente, come liberamente è caduto.
Crediamo dunque con fede, attendiamo con fiduciosa speranza e desideriamo con ardente carità la mano di Dio tesa a noi dall'alto, cioè il nostro Signore Gesù Cristo.
Tu pensi forse che si debba fare una ricerca più profonda sull'origine del peccato.
Io per conto mio suppongo che non sia affatto necessario.
Ma se tu lo pensi, è da rimandarsi ad altra disputa.
E. - Accetto ben di cuore il tuo volere di rimandare ad altro tempo ciò che mi turba sull'argomento.
Non posso però accordarti che se ne sia discusso abbastanza.
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