La perfezione della giustizia dell'uomo |
Oppone a se stesso anche la testimonianza delle Scritture che ordinariamente viene citata contro costoro: Non c'è sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi. ( Qo 7,27 )
E fa le viste di rispondere con altre testimonianze: Il Signore dice del santo Giobbe: "Hai posto attenzione al mio servo Giobbe?
Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro, teme Dio ed è alieno dal male". ( Gb 1,8 )
Ne abbiamo già discusso precedentemente.
E tuttavia costui non ci spiega come per un verso Giobbe sia stato sulla terra senza nessun peccato, ammesso che quelle parole vadano intese così, e come per un altro verso sia vero quanto costui ha detto che sta scritto: Non c'è sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi. ( Qo 7,21 )
Scrive costui: Dicono pure: "Nessun vivente davanti a te è giusto". ( Sal 143,2 )
Anche a questa testimonianza fa vista di rispondere, con nessun altro risultato che di far apparire le Scritture sante in litigio tra loro, mentre noi ne dobbiamo mostrare la concordia; Dice infatti costui: Ad essi si deve rispondere quello che l'Evangelista attesta del santo sacerdote Zaccaria e di Elisabetta: "Zaccaria e la sua moglie Elisabetta erano ambedue giusti davanti al Signore, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore". ( Lc 1,6 )
Questi due giusti avevano letto sicuramente tra gli stessi comandamenti quali mezzi usare per mondare i propri peccati.
Zaccaria infatti, come nella Lettera agli Ebrei si legge d'ogni sacerdote preso tra gli uomini, immolava certamente delle vittime anche per i propri peccati. ( Eb 5,1-3 )
In che modo poi si debba intendere quella parola irreprensibili penso che l'abbiamo già spiegato a sufficienza più sopra.
Scrive costui: Anche il beato Apostolo dice: "Dobbiamo essere santi e immacolati al suo cospetto". ( Ef 1,4 )
Il problema è di riuscire ad esserlo, se immacolati si devono intendere coloro che sono assolutamente esenti dal peccato.
Se invece immacolati sono coloro che non hanno nessun delitto, non possiamo negare che ne siano esistiti pure in questa vita e che ne esisteranno, perché, se uno non ha la macchia di nessun delitto, non per questo è senza nessun peccato.
Perciò l'Apostolo nello scegliere i ministri da ordinare non dice: Se qualcuno è senza peccato, perché non avrebbe potuto trovarlo; ma dice: Se qualcuno è senza delitto, ( Tt 1,6 ) e certamente poteva trovarlo.
Costui tuttavia non spiega in che modo secondo la sua tesi dobbiamo intendere l'affermazione scritturistica: Nessun vivente davanti a te è giusto. ( Sal 143,2 )
È una frase chiara, perché resa ancora più esplicita dal versetto precedente.
Dice la Scrittura: Non chiamare in giudizio il tuo servo, perché nessun vivente davanti a te è giusto. ( Sal 143,2 )
Teme il giudizio, perché desidera la misericordia che ha sempre la meglio nel giudizio. ( Gc 2,13 )
Le parole: Non chiamare in giudizio il tuo servo significano questo: non mi voler giudicare a confronto con te che sei senza peccato.
Perché nessun vivente davanti a te è giusto, e s'intende senza difficoltà di chi vive nella vita presente.
Le parole: Nessuno è giusto le riferisce alla giustizia perfetta di allora che non esiste nella vita di ora.
Scrive costui: Obiettano ancora il testo: "Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi". ( 1 Gv 1,8 )
Anche a questo testo evidentissimo tenta di rispondere con testi apparentemente contrari.
Scrive: Il medesimo Giovanni dice nella medesima lettera: "Fratelli, vi scrivo queste cose perché non pecchiate.
Chiunque è nato da Dio, non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui e non può peccare". ( 1 Gv 2,1; 1 Gv 3,9 )
Ancora nella stessa lettera: "Chiunque è nato da Dio, non pecca, perché la generazione divina lo preserva e il maligno non lo tocca". ( 1 Gv 5,18 )
Sempre nella stessa lettera, parlando del Salvatore: "Egli è apparso per togliere i peccati.
Chiunque rimane in lui, non pecca; chiunque pecca, non l'ha visto né l'ha conosciuto. ( 1 Gv 3,5-6 )
Un altro passo della medesima lettera: "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.
Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro". ( 1 Gv 3,2-3 )
Per quanto siano vere queste testimonianze, tuttavia è vero altresì quello che costui ha posto come obiezione, senza risolverla: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )
Eccone la spiegazione. In forza di ciò che abbiamo perché nati da Dio noi rimaniamo in colui che è apparso per togliere i peccati, ossia nel Cristo, e non pecchiamo: ciò poi significa che l'uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. ( 2 Cor 4,16 )
Viceversa in dipendenza della nostra nascita da quell'uomo che ha fatto entrare il peccato nel mondo e con il peccato la morte, cosicché raggiunse tutti gli uomini, ( Rm 5,12 ) noi non siamo senza peccato, perché non siamo ancora senza l'infermità che il peccato ha causata, finché da quel rinnovamento che si attua di giorno in giorno ( 2 Cor 4,16 ) e secondo il quale siamo nati da Dio non è risanata tutta l'infermità nella quale siamo nati dal primo uomo e nella quale non siamo senza peccato.
Rimanendo le tracce del peccato nell'intimo dell'uomo, per quanto in coloro che progrediscono si attenuino ogni giorno di più, se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )
Ma in che modo è vera l'affermazione: Chiunque pecca, non l'ha visto né l'ha conosciuto, ( 1 Gv 3,6 ) dal momento che secondo la visione e la cognizione che si avrà faccia a faccia nessuno lo vede e lo conosce in questa vita e dal momento che viceversa secondo la visione e la cognizione che si ha nello stato di fede molti sono coloro che peccano, per lo meno gli apostati, e che tuttavia un tempo hanno creduto in lui, cosicché di nessuno di essi si può dire secondo la visione e la cognizione che si ha nello stato di fede: Non l'ha visto né l'ha conosciuto?
Quanto a me, penso che si debba risolvere così: lo vede e lo conosce il rinnovamento che ha da perfezionarsi, non lo vede né lo conosce invece l'infermità che ha da eliminarsi.
E finché rimarranno interiormente in noi le tracce di tale infermità, quelle che siano, se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )
Benché dunque per la grazia del rinnovamento siamo figli di Dio, tuttavia per le tracce dell'infermità non è stato ancora rivelato ciò che saremo.
Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. ( 1 Gv 3,2 )
Allora non esisterà più nessun peccato, perché non rimarrà più nessuna infermità, né interiore né esteriore.
E chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, com'egli è puro. ( 1 Gv 3,3 )
Non si purifica da se stesso, ma credendo in colui e invocando colui che purifica i suoi santi.
La perfezione di tale purificazione, che va presentemente progredendo e crescendo ogni giorno di più, è destinata a togliere tutte le tracce della nostra infermità.
Scrive costui: Obiettano pure il testo: "Non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia". ( Rm 9,16 )
Ad essi bisogna rispondere quello che il medesimo Apostolo dice altrove d'una certa persona: "Faccia ciò che vuole". ( 1 Cor 7,36 )
E di Onesimo scrive a Filemone: "Avrei voluto trattenerlo presso di me, perché mi servisse in vece tua.
Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse volontario". ( Fm 13-14 )
Nel Deuteronomio si legge: "Ha posto davanti a te la vita e la morte, il bene e il male: scegli la vita, perché tu viva". ( Dt 30, 15.19 )
In Salomone è scritto: "Dio da principio creò l'uomo e lo lasciò in balia del suo proprio volere.
Gli diede comandamenti e precetti.
Essi ti salveranno, se vorrai osservare i precetti e se vorrai per il futuro fare ciò che piace al Signore.
Ti ha posto davanti l'acqua e il fuoco: stendi la mano a quello che preferisci.
All'uomo da parte del Signore Dio sono presentati il bene e il male, la vita e la morte, la povertà e la ricchezza". ( Sir 15,14-17 )
E presso Isaia sta scritto: "Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra.
Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato". ( Is 1,19-20 )
Ma qui costoro, per quanto cerchino di coprirsi, scoprono il proprio pensiero.
Mettono infatti in luce che si oppongono alla grazia o misericordia di Dio, mentre noi la vogliamo impetrare quando diciamo: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, ( Mt 6,10 ) oppure: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male. ( Mt 6,13 )
Perché infatti chiederemmo noi questi benefici pregando con tanto grande gemito, se dipendesse dalla volontà e dagli sforzi dell'uomo e non invece dalla misericordia di Dio? ( Rm 9,16 )
Non perché tutto ciò si fa senza la nostra volontà, ma perché la volontà non compie appieno quello che fa se non è aiutata da Dio.
Questa è la sanità della fede che ci fa pregare: cercare perché troviamo, chiedere perché riceviamo, bussare perché ci sia aperto. ( Lc 11,9 )
Chi si oppone ad essa, si chiude in faccia da sé la porta della misericordia di Dio.
Non voglio dire di più sopra un argomento tanto importante, perché faccio meglio ad affidarlo ai gemiti dei fedeli che al mio discutere;
Giudicate tuttavia, per favore, che senso abbia credere che alla volontà e agli sforzi dell'uomo non sia necessaria la misericordia di Dio, la quale ha pure prevenuto l'uomo perché si sforzasse, semplicemente a causa della frase che l'Apostolo dice di un tale: Faccia ciò che vuole in quel passo dove, mi pare, seguita a dire: Non pecca, se la fa sposare. ( 1 Cor 7,36 )
Come se la volontà di far sposare una figlia debba contare molto nella discussione tanto faticosa concernente l'aiuto della misericordia divina.
O quasi che anche in quel caso giovi qualcosa il nostro volere, se Dio mediante la sua provvidenza con la quale governa tutte le cose non congiunge l'uomo e la donna.
O come se, avendo scritto l'Apostolo a Filemone: Perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse volontario, ( Fm 14 ) il bene possa esser volontario altrimenti che quando Dio suscita in noi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. ( Fil 2,13 )
O come se, essendo stato scritto nel Deuteronomio: Ha posto davanti all'uomo la vita e la morte, il bene e il male, ( Dt 30,15 ) con l'avvertimento di scegliere la vita, non venga anche questo stesso avvertimento dalla misericordia divina, oppure giovi a qualcosa scegliere la vita, se Dio non c'infonde la carità di scegliere la vita e se dopo averla scelta non ce ne concede il possesso Dio stesso del quale è stato detto: C'è ira nella sua collera, ma c'è vita nella sua volontà. ( Sal 30,6 )
O quasi che, essendo scritto: Se vorrai osservare i precetti, essi ti salveranno, ( Sir 15,15 ) non debba rendere grazie a Dio chi li vuole osservare, dal momento che non lo potrebbe volere, se tutta la luce della verità l'abbandonasse a se stesso.
L'uomo, posti davanti a lui il fuoco e l'acqua, stende, sì, la mano dove vuole, ma più alto è colui che chiama da un'altezza superiore ad ogni immaginazione umana, dato che l'inizio per la conversione del cuore è la fede, com'è scritto: Verrai partendo dalla fede, ( Ct 4, 8 sec. LXX ) e ciascuno sceglie il bene così come glielo consente la misura di fede che Dio gli ha data, ( Rm 12,3 ) e nessuno può, dice il Principe della fede, venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato. ( Gv 6,44 )
Che lo dica della fede con la quale si crede in lui lo spiega abbastanza evidentemente un po' dopo dove afferma: "Le parole che vi ho dette sono spirito e vita.
Ma vi sono alcuni tra voi che non credono".
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che credevano e chi era colui che l'avrebbe tradito.
E diceva: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio". ( Gv 6,63-65 )
Ha creduto però costui d'aver trovato un forte appoggio alla sua causa da parte del profeta Isaia, perché Dio ha detto: Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra.
Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato. ( Is 1,19-20 )
Quasi che tutta la legge non sia piena di condizioni simili o quasi che cotesti precetti non siano stati dati a quella gente superba se non perché la legge fu aggiunta per le trasgressioni, fino alla venuta della discendenza per la quale era stata fatta la promessa. ( Gal 3,19 )
Perciò la legge sopraggiunse perché abbondasse il peccato, e dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia. ( Rm 5,20 )
Cioè si voleva: che l'uomo, superbamente fiducioso nelle proprie forze, ricevesse i precetti; che, tradito dalle sue forze e divenuto anche prevaricatore, cercasse il Liberatore e il Salvatore; ( Gal 3,24 ) che, divenuto umile, fosse condotto alla fede e alla grazia dal timore della legge come suo pedagogo.
Così, dopo che le loro infermità si furono moltiplicate, essi si affrettarono ( Sal 16,4 ) e a guarirli arrivò provvidenzialmente il Cristo.
Nella sua grazia credettero anche i giusti dell'antichità, aiutati dalla medesima sua grazia perché gioiosamente lo preconoscessero e alcuni ne preannunziassero pure la venuta, o in mezzo al popolo d'Israele come Mosè, Gesù di Nave, Samuele, Davide e tutti gli altri pari a loro, o al di fuori dello stesso popolo d'Israele come Giobbe, o prima che apparisse lo stesso popolo, come Abramo, Noè e altri dei quali la Scrittura divina parla o tace.
Uno è infatti Dio e uno è il Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, ( 1 Tm 2,5 ) senza la cui grazia nessuno è liberato dalla condanna, sia da quella che ha contratta dal primo uomo in cui tutti hanno peccato, sia da quella che ha meritata per giunta con le colpe sue proprie;
Che cos'è poi quello che costui ha messo alla fine del suo libro?
Scrive: Se uno chiedesse: È possibile che un uomo non pecchi nemmeno con una parola?, si deve rispondere: Se Dio lo vuole è possibile.
Ma Dio lo vuole, dunque è possibile.
Allo stesso modo dice: Se uno chiedesse: È possibile che un uomo non pecchi nel pensiero?, bisogna rispondere: Se Dio lo vuole è possibile.
Ma Dio lo vuole, dunque è possibile.
Osservate come non abbia voluto dire: È possibile se l'aiuta Dio, al quale si rivolge la preghiera: Sii tu il mio aiuto, non mi abbandonare, ( Sal 27,9 ) non certamente per ottenere beni materiali o per sfuggire a mali materiali, ma per praticare la giustizia e portarla alla sua perfezione, cioè il medesimo scopo per cui diciamo: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male. ( Mt 6,13 )
Né viene aiutato se non chi fa anche per proprio conto qualcosa: ma è aiutato se invoca, se crede, se è stato chiamato secondo il beneplacito di Dio, poiché quelli che egli da sempre ha conosciuti li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati, quelli che ha chiamati li ha anche giustificati, quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. ( Rm 8,29-30 )
Noi dunque corriamo se progrediamo, correndo con il nostro progredire la nostra sanità - come anche una cicatrice si dice che corre, quando una ferita si cura bene e diligentemente -, perché, raggiunta la perfezione sotto tutti gli aspetti, siamo senza più assolutamente nessuna infermità di peccato: ciò che Dio non solo vuole, ma anche fa che si compia aiutandoci.
E questo fa con noi la grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore, ( Rm 7,25 ) non soltanto con i precetti, i sacramenti, gli esempi, ma anche con lo Spirito Santo, per mezzo del quale si riversa segretamente nei nostri cuori la carità, ( Rm 5,5 ) che con gemiti inesprimibili continua a supplicare ( Rm 8,26 ) finché la sanità in noi raggiunga la sua perfezione e Dio nella verità eterna si mostri per farsi vedere così com'è. ( 1 Gv 3,2 )
Chiunque pertanto ritiene che in questa vita siano esistiti o esistano alcuni o qualcuno, eccetto l'unico Mediatore tra Dio e gli uomini, che non abbiano avuto bisogno della remissione dei peccati, va contro la divina Scrittura dove l'Apostolo dice: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte e così ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui. ( Rm 5,12 )
Ed è inevitabile che il medesimo con empia opposizione ammetta la possibilità di uomini che senza la mediazione liberatrice e salvatrice del Cristo siano liberi e salvi dal peccato, nonostante che Gesù abbia detto: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.
Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori. ( Mt 9,12-13 )
Chiunque poi dice che dopo aver ricevuto la remissione dei peccati qualcuno è vissuto o vive in questa carne con tanta giustizia da non avere nessun peccato, contraddice l'apostolo Giovanni, il quale dichiara: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )
Non dice: "Siamo stati", ma dice: Siamo.
Qui qualcuno potrebbe porre questa distinzione: tale affermazione di Giovanni è stata fatta di quel peccato che abita nella nostra carne mortale ( Rm 6,12 ) sotto forma di vizio contratto per volontà del primo uomo quando peccò, peccato ai cui desideri l'apostolo Paolo ci comanda di non sottometterci; ( Rm 6,12 ) ma non riguarda i peccati attuali, perché non li ha chi al medesimo peccato, benché insito nella carne, non consente minimamente per nessun male o d'azione o di parola o di pensiero - per quanto in lui si muova la stessa concupiscenza che ha preso il nome di peccato in altro senso: ossia perché è peccato consentire ad essa e perché essa si muove contro la nostra volontà -.
Chi si pronunzia così fa certamente in tutto questo delle sottili distinzioni, ma veda lui che ne sia dell'orazione domenicale dove diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, ( Mt 6,12 ) una petizione che, se non erro, non sarebbe più necessario fare, se noi non consentissimo mai nemmeno un poco ai desideri del medesimo peccato di concupiscenza o in una parola sbagliata o nell'accarezzare un pensiero; ma sarebbe necessario allora dire solamente: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male. ( Mt 6,13 )
Né in questo caso l'apostolo Giacomo direbbe: Tutti quanti manchiamo in molte cose. ( Gc 3,2 )
Non manca infatti se non chi dalla cattiva concupiscenza che lo raggiri o lo trascini, desiderando od evitando contro la norma della giustizia, si lascia persuadere a fare o dire o pensare qualcosa che non avrebbe dovuto.
Infine, se, eccetto quel nostro Capo, Salvatore del suo corpo, si asserisce che o sono esistiti o esistono in questa vita alcuni uomini giusti senza nessun peccato, o per mancanza di consenso in essi ai desideri della concupiscenza o perché non si deve dare nessun peso ad un peccato tanto leggero che Dio non lo imputa alla loro pietà - sebbene altra sia la felicità dell'uomo che è senza peccato e altra la felicità dell'uomo a cui il Signore non imputa il peccato ( Sal 32,2 ) -, credo che a tale punto di vista non ci si debba opporre con troppa intransigenza; So infatti che tal punto di vista è parso vero ad alcuni dei quali io non oso disapprovare il modo di sentire su questo problema, per quanto non abbia nemmeno argomenti per difenderlo.
Ma è pacifico: chiunque nega che noi dobbiamo pregare di non entrare in tentazione - e lo nega chi sostiene che per non peccare non è necessario all'uomo l'aiuto della grazia di Dio, ma basta la volontà umana con il solo dono della legge -, non dubito che meriti d'essere allontanato dagli orecchi di tutti e anatematizzato dalla bocca di tutti.
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