Le ritrattazioni |
1 È già da molto tempo che vado meditando e predisponendo un progetto alla cui realizzazione, con l'aiuto del Signore, sto ponendo mano, quello, a mio avviso indilazionabile, di riconsiderare con lo spirito di un giudice severo i miei modesti scritti - si tratti di libri, di lettere o di sermoni - e di segnalare in essi con lo stilo, a mo' di un censore, ciò che suscita la mia riprovazione.
Nessuno certo, a meno che sia uno sprovveduto, oserà disapprovarmi per il fatto che disapprovo i miei errori.
Se però sostiene che non avrei dovuto lasciarmi andare ad affermazioni delle quali in seguito ricredermi, dice il vero ed è sulla mia stessa linea.
In tal caso non fa che disapprovare ciò che io stesso disapprovo.
Non avrebbe infatti senso questa mia disapprovazione se avessi detto quello che era giusto dicessi.
2 Ognuno, comunque, è libero di accogliere il mio operato a suo beneplacito.
Quanto a me è stato bene che mi sia attenuto, anche in questa circostanza, alla raccomandazione dell'Apostolo: Se giudicassimo noi stessi, non saremmo giudicati dal Signore. ( 1 Cor 11,31 )
Moltissimo timore mi incute anche l'altro passo della Scrittura: Per il molto parlare non riuscirai ad evitare il peccato. ( Pr 10,19 )
Con ciò non intendo riferirmi alla vastità della mia produzione libraria o al molto che, pur se non da me espressamente dettato in vista della pubblicazione, è stato trasferito dalla mia esposizione orale ad opere scritte: occorre guardarsi dall'accusa di loquacità ogni qualvolta viene detto ciò che è necessario dire, quale che sia il numero o l'ampiezza degli interventi.
Mi incutono timore, però, queste parole della Sacra Scrittura se considero che dalle mie svariate discussioni è indubbiamente possibile ricavare molti tratti che, se non proprio falsi, potrebbero apparire o anche essere dimostrati come superflui.
Chi il Cristo non ha gettato nel terrore, fra i suoi fedeli, laddove dice: Nel giorno del giudizio l'uomo renderà conto di ogni parola inutile che avrà pronunciato? ( Mt 12,36 )
Di qui la raccomandazione del suo apostolo Giacomo: Ognuno sia pronto nell'ascoltare, ma lento a parlare; ( Gc 1,19 ) e l'altra, quando, in un altro passo, così si esprime: Non fatevi maestri in molti, fratelli miei, ben sapendo che più severo sarà il giudizio su di voi, poiché tutti manchiamo in molte cose.
Se qualcuno non manca nel parlare è un uomo perfetto. ( Gc 3,1-2 )
Per quanto mi concerne non mi arrogo certo tale perfezione, ora che sono vecchio.
Ma ancor meno avrei potuto arrogarmela quando, ancor giovane, incominciai a scrivere o a parlare alla gente e mi fu accordato un tale credito che, ogni qualvolta ero presente nel momento in cui occorreva parlare in pubblico, assai raramente mi era concesso di tacere e di ascoltare gli altri e di essere quindi pronto nell'ascoltare, ma lento a parlare.
Non mi resta dunque che autogiudicarmi alla presenza dell'unico Maestro ( Mt 23,8 ) al cui giudizio sui miei errori vorrei tanto sottrarmi.
Penso che si diano più maestri quando la pensano in modo diverso o contrastante.
Quando però il discorso di tutti è lo stesso, ( 1 Cor 1,10 ) sono nella verità, e non si discostano dall'insegnamento dell'unico vero Maestro.
Non sbagliano quando espongono molti dei suoi insegnamenti, ma quando ne aggiungono di propri. ( Gv 8,44 )
In questo modo cadono dalla loquacità nella menzogna.
3 Sono stato ben lieto di produrre questo scritto al fine di consegnarlo nelle mani di persone alle quali non potrei più sottrarre, in vista di una revisione, quanto già pubblicato.
Non intendo neppure tralasciare le opere da me composte durante il catecumenato, quando avevo già abbandonato le prospettive terrene, ma mi sentivo ancora inorgoglito dalla pratica della letteratura profana.
Anch'esse vennero a conoscenza di trascrittori e lettori e possono essere lette con profitto, ove se ne scusino alcune mende ( o anche se non le si scusano, ma sempre a patto che non si aderisca ai loro errori ).
Chiunque quindi leggerà codesti scritti, non mi imiti nell'errore, ma nella tensione verso il meglio.
Leggendo infatti quei miei modesti lavori nell'ordine in cui furono redatti, scoprirà forse in che modo io abbia progredito mano mano che scrivevo;1 e perché possa scoprirlo mi premurerò, con questa mia opera, di metterlo al corrente di quell'ordine.
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1 | Ep. 143,2 |