L'unicità del Battesimo contro Petiliano |
Siamo continuamente obbligati, fratello Costantino, a fornire risposte ad interlocutori che la pensano in maniera differente da noi ed errano allontanandosi dalla regola della verità, ( Fil 3,15 ) anche su questioni che abbiamo già rivisitato fra un sermone e l'altro.
Credo comunque che sia utile farlo, sia per la loro scarsa capacità di comprensione, per cui fraintendono ciò che leggono quando è espresso in modo diverso, sia per il proliferare di scritti polemici: un documento raro è consultato solo dagli studiosi, invece quando si tratta di una massa di documenti, uno o l'altro cade facilmente in mano anche ai meno interessati.
Ora, il Discorso sull'unico battesimo, scritto da coloro che reiterano il battesimo - che ti è stato offerto da non so quale presbitero donatista e tu mi hai consegnato durante un nostro soggiorno in campagna, pregandomi vivamente di darvi una risposta - , benché sia ridondante di parole altisonanti e offensivo per gli attacchi calunniosi, guarda con quale facilità lo confuto con l'aiuto del Signore!
Lì si trova una prima insinuazione: " che si dibatte in pubblico una cosa segreta ".
Tacciano, allora, quelli che pensano che questo non si deve fare!
Se poi sostengono di essere costretti a parlare per rispondere a coloro che li contestano, allora è anche nostro dovere rispondere, non solo a quelli che la pensano diversamente, ma anche a quelli che si comportano in modo contrario al nostro.
Si deve denunciare pubblicamente ciò che nuoce occultamente, poiché anche in pubblico si prende la sua difesa, quando si consiglia ciò che, se attuato, causerebbe occultamente un danno.
Infatti, chi mai battezza qualcuno alla presenza di profani?
E tuttavia nessun profano ignora che i cristiani ricevono il battesimo: egli ne sente parlare apertamente; ma, se diventa credente, lo dovrà ricevere in segreto.
Vediamo, dunque, ciò che dicono costoro sulla reiterazione del battesimo: gente che si fa scrupolo di parlarne apertamente, mentre ci si dovrebbe augurare che temessero di ammetterlo apertamente.
Dice costui: " Si domanda dov'è il vero battesimo "; poi aggiunge: " Esso è talmente mio, quest'unico battesimo dato da me, che neppure gli stessi sacrileghi lo reiterano. "
Noi gli rispondiamo: Non è sacrilego colui che non osa reiterare l'unico battesimo, non perché è tuo, ma perché è di Cristo.
In realtà, è di Cristo l'unica consacrazione dell'uomo che si effettua nel battesimo, tua invece è la reiterazione dell'unico battesimo.
Io rettifico in te ciò che è tuo, riconosco ciò che è di Cristo.
È giusto infatti che, quando disapproviamo le malefatte degli uomini, approviamo però in essi tutti i doni di Dio che vi scopriamo.
Dico di più: è giusto che anche nell'uomo sacrilego io non violi il sacramento, quando mi si rivela autentico, per evitare così di emendare il sacrilego compiendo su di lui un sacrilegio.
In effetti, costoro sono cattivi benché il battesimo sia buono, così come sono cattivi i Giudei benché la legge sia buona. ( Rm 7,12 )
Pertanto, come i Giudei saranno giudicati in base a questa stessa legge, che neppure con la loro malizia riuscirono a render cattiva, così anche costoro saranno giudicati dallo stesso battesimo, che è rimasto un bene fra le mani di cattivi.
Così, quando un Giudeo si presenta a noi per diventare cristiano, noi non distruggiamo affatto i beni di Dio in lui, ma i suoi propri mali.
Ad esempio, noi correggiamo l'errore di non credere che Cristo è già venuto, è nato, ha sofferto ed è risuscitato; poi, sulle rovine della sua incredulità, costruiamo la fede che fa credere a queste verità; al tempo stesso lo dissuadiamo anche dall'errore di aderire alle evanescenze dei riti antichi, dimostrandogli che è già arrivato il tempo predetto dai Profeti, in cui essi sarebbero stati aboliti e trasformati.
Ma, se crede che si deve dare culto all'unico Dio, creatore del cielo e della terra, se detesta tutti gli idoli e i riti sacrileghi dei pagani, se attende il giudizio futuro, spera nella vita eterna e non dubita della risurrezione della carne, noi lo lodiamo, lo approviamo, lo riconosciamo, e attestiamo che si deve credere come lui credeva, si deve osservare ciò che lui osservava.
Altrettanto, quando uno scismatico o un eretico ritorna fra noi per diventare cattolico, noi ci adoperiamo per eliminare lo scisma e l'eresia, facendo opera di dissuasione e di demolizione; se, però, constatiamo in lui la presenza dei sacramenti cristiani e di qualsiasi verità in cui crede, ce ne guardiamo bene dal fargli violenza e dal reiterare ciò che sappiamo dev'essere conferito una sola volta, perché non accada che, mentre curiamo i vizi umani, condanniamo i rimedi di Dio o, cercando di risanare ciò che non è ferito, feriamo l'uomo ferito, precisamente là dove è sano.
Perciò, se incontro un eretico che è in disaccordo con noi su una verità della fede cristiana e cattolica, o addirittura sulla stessa unità della Trinità, e tuttavia è stato battezzato secondo la regola del Vangelo e della Chiesa, correggo l'intelligenza dell'uomo, ma non violo il sacramento di Dio.
Intendo parlare tanto dei Giudei quanto degli scismatici o eretici che errano in qualsiasi modo a riguardo del nome di Cristo.
Per quanto concerne direttamente i pagani e gli adoratori degli idoli, certamente ben lontani da noi per una somma di divergenze, l'Apostolo ci dà quest'unica regola: correggere anche in essi ciò che è depravato, in modo tale da approvare ciò che vi può essere eventualmente di giusto.
Egli infatti condannava gli idolatri e, circostanza aggravante, non solo gli adoratori ma anche gli stessi inventori degli idoli, quando dice: Essi, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrato il loro cuore ostinato.
Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. ( Rm 1,21-23 )
Tali furono, lo sappiamo bene, gli idoli degli Egizi, presso i quali ci consta che fu istituita un'idolatria dalle mille forme e, di gran lunga, la più ignominiosa.
Eppure, ha forse affermato che essi non conoscevano Dio, o non l'ha piuttosto confermato quando dice: Essi, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria come a Dio?
Se dunque avesse tentato di rifiutare e distruggere in quanto menzognera questa cognizione, per averla riscontrata fra i sacrileghi, non sarebbe forse - e non sia mai - un nemico della verità?
Pertanto, ciò che essi hanno contraffatto nella loro menzogna - e [ Paolo ] dice a questo riguardo: Costoro hanno cambiato la gloria di Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, poiché si raffigurarono un Dio che non esiste, e lo fecero conoscere agli uomini non come essi lo avevano conosciuto; e poco dopo dice di costoro: Essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore, che è benedetto nei secoli. ( Rm 1,25 )
In effetti, la verità della creatura proviene da Dio, ma essa non è Dio; costoro invece l'hanno trasformata in menzogna, adorando come divinità il sole, la luna e tutti i corpi celesti e terrestri - dunque, ciò che essi hanno trasformato nella loro menzogna, egli lo denuncia, lo ripudia, lo abbatte; invece ciò che essi hanno accolto di vero nel loro insegnamento, benché mescolato e confuso con mille falsità, lo approva, lo attesta, lo afferma.
Tant'è vero che lui ha introdotto il testo citato, dicendo: In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia; ( Rm 1,18 ) con ciò non nega in loro una qualche verità, anche se è soffocata nell'iniquità.
Anche negli Atti degli Apostoli, mentre istruiva gli Ateniesi intorno all'unico e vero Dio nel quale viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, subito aggiunse: Come alcuni dei vostri hanno detto. ( At 17,28 )
Questo dato, dunque, che in Dio abbiamo la vita e il movimento e l'essere, appartiene a quel residuo di verità che perfino quegli empi adoratori di idoli imprigionano nella loro iniquità: essi che, pur conoscendo Dio, non lo hanno glorificato come Dio.
Come ben si vede, questa verità, di cui constatiamo la presenza presso gli empi e gli idolatri, l'Apostolo non la distrugge ma la conferma, e la utilizza come argomento per istruire coloro che ignoravano queste cose.
Seguendo tale regola apostolica, il vescovo Cipriano, dissertando sull'unico vero Dio contro gli adoratori di molti falsi idoli, cita copiose testimonianze, desunte dai libri di coloro che essi considerano i loro sommi luminari,1 a proposito della suddetta verità che essi soffocano nella iniquità.
Ma è ancor più sorprendente ciò che ha fatto l'Apostolo: visitando i loro templi, scoprì un altare, fra quelli dedicati ai demoni, che recava l'iscrizione: Al Dio ignoto. ( At 17,23 )
Egli non negò la cosa, né la confutò per demolirla, ma piuttosto la confermò, traendone lo spunto più appropriato per iniziare il suo discorso, quando disse: Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. ( At 17,23 )
Pertanto, anche noi intendiamo seguire questa regola apostolica, che i nostri Padri ci hanno tramandato: se troviamo qualcosa di giusto anche nei malvagi, cerchiamo di emendare la loro perversità senza violare minimamente ciò che in essi è retto, affinché nello stesso individuo siano corretti i suoi errori a partire dalle verità in cui crede, senza che la confutazione degli errori distrugga anche queste verità.
Ai tempi degli Apostoli quelli che dicevano: Io sono di Paolo, io invece sono di Apollo, e io di Cefa, ( 1 Cor 1,12 ) pur non affidandosi al nome degli empi, ma dei santi, creavano empi scismi: questo era il loro specifico e detestabile vizio.
Sapevano che per loro Cristo era stato crocifisso ed essi erano stati battezzati nel suo nome: questo non era certo frutto del loro errore, ma un dono ricevuto da Dio.
Tale verità di Dio essi di fatto la soffocavano nell'empietà dei loro scismi.
Facendo sua questa verità, il beatissimo Paolo non la distrugge distruggendo quei vizi; al contrario, consolidando quella, dimostra che si dovevano emendare questi.
Forse Paolo è stato crocifisso per voi - dice - o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? ( 1 Cor 1,13 )
In tal modo la verità di Dio che essi possedevano li avrebbe fatti arrossire della loro falsità che mettevano in atto.
Dunque, come si dice a un Giudeo: " Conserva la fede nella risurrezione dei morti, come già facevi, ma credi che Cristo è già risorto dai morti, cosa che non credevi ancora, perché la verità di Dio sulla risurrezione dei morti tu la soffochi nella tua iniquità, in quanto non credi che Cristo sia risorto ";
e come si dice all'adoratore degli idoli: " Conserva l'idea che un unico vero Dio ha creato il mondo, come già pensavi, ma non credere che siano dèi i tronchi e le pietre e tutte le particelle di questo universo che tu adoravi, poiché la verità di Dio, in virtù della quale credi che il mondo sia stato creato da lui, tu la soffochi nella tua iniquità, per la quale vuoi essere un adoratore di falsi dèi ";
altrettanto si dica all'eretico, che non ha alterato minimamente con il suo errore i sacramenti cristiani, così come sono trasmessi nella Chiesa cattolica: " Conserva il battesimo cristiano, conferito nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, come già facevi, ma riconosci che la Chiesa di Cristo, quella che tu maledicevi con voce sacrilega, si diffonde per tutto il mondo, come è stato appunto predetto dai profeti: la verità di Dio sull'unicità del battesimo la soffochi nell'iniquità della tua divisione.
Correggi l'iniquità della finzione eretica, perché non ti conduca alla dannazione, e non inorgoglirti della verità del sacramento cristiano, che è lì per giudicarti ".
Quanto a me, Dio mi guardi dal detestare la tua iniquità al punto di rinnegare la verità di Cristo, che trovo in te per la tua condanna!
Lungi da me correggerti in modo tale da distruggere ciò che mi permette di correggerti!
Dovrei forse distruggere la verità che incontro nell'anima degli eretici, quando l'Apostolo non distrusse la verità che trovò incisa sulla pietra dei pagani? ( At 17,23 )
L'unico Dio vale più dell'unico battesimo - infatti il battesimo non è dio, ma tuttavia è qualcosa di grande perché è sacramento di Dio - eppure lo stesso unico Dio era adorato anche al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscevano.
Così pure l'unico battesimo, anche al di fuori della Chiesa è conferito da coloro che lo ignorano.
Chi afferma che non può essere accaduto che l'unico e vero Dio fosse adorato al di fuori della Chiesa da coloro che non lo conoscevano, consideri bene se è in grado di rispondere, non a me, ma all'Apostolo in persona che dichiara: Colui che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio! ( At 17,23 )
Quindi, come non giovava assolutamente alla salvezza di coloro che, pur ignorando il vero Dio, lo adoravano, anzi, era causa della loro rovina in quanto, con il culto degli idoli, essi commettevano un'ingiuria sacrilega contro lo stesso vero Dio, così non giova affatto alla salvezza degli eretici il fatto che per ignoranza conferiscano e conservino al di fuori della Chiesa il vero battesimo, anzi, contribuisce piuttosto alla loro condanna, perché soffocano nella sacrilega iniquità dell'errore umano la stessa verità del sacramento divino, non per esserne purificati ma giudicati più severamente.
E come l'Apostolo, quando correggeva quegli uomini sacrileghi, riconosceva e non negava il vero Dio, che essi adoravano al di fuori della Chiesa senza conoscerlo, così anche noi, quando correggiamo gli errori degli eretici nella loro sacrilega separazione, dobbiamo fermamente riconoscere e non negare che è vero il battesimo, che essi, nella loro ignoranza, trasmettono al di fuori della Chiesa.
Indice |
1 | Cipriano, Quod idola dii non sint. |