Protreptico ai Greci |
Percorriamo, se vuoi, anche le dottrine che i filosofi affermano orgogliosamente intorno agli dei, se mai ci riesca di scoprire che anche la stessa filosofia per vanità di dottrina personifica la materia, o di poter mostrare di passaggio che, anche quando sono delle potenze divine quelle che divinizza, essa vede la verità come in sogno.
Essi ci lasciarono infatti gli elementi, celebrando come principii di tutte le cose, Talete di Mileto l'acqua, e Anassimene, anche lui di Mileto, l'aria, il quale fu seguito da Diogene d'Apollonia.
Parmenide di Elea introdusse come dei il fuoco e la terra; di questi due, supposero dio uno solo, il fuoco, Ippaso di Metaponto ed Eraclito di Efeso; quanto ad Empedocle d'Agrigento, questi, avendone incontrato un gran numero, annovera tra gli dei, oltre a questi quattro elementi, l'odio e l'amicizia.
Atei erano dunque anche questi, perché con una certa sapienza che non è sapienza adorarono la materia e, se anche non onorarono le pietre o il legno, divinizzarono tuttavia la terra che è la madre di questi, e, se anche non inventano Poseidone adorano tuttavia l'acqua stessa.
Che altro è mai infatti Poseidone se non una sostanza liquida chiamata così da posis?
Come certamente il bellicoso Ares è così chiamato da arsis e da anairesis ( = distruzione ), che è soprattutto la ragione, mi pare, per la quale molti, confitta al suolo la spada, si limitano a sacrificare ad essa, quasi che sacrificassero ad Ares.
Tale costume è degli Sciti, come dice Ludosso nel secondo libro del suo " Periodo della terra ", mentre, tra gli Sciti, i Sauromati, come dice Icesio nel suo libro " Sui misteri", venerano l'acinace.
Questo è stato anche il caso dei seguaci di Eraclito, che venerano il fuoco come principio generatore del mondo: giacché questo fuoco è quello che altri chiamarono Efesto.
Tra i Persiani i Magi onorano il fuoco e così molti di quelli che abitano l'Asia, e, oltre questi, i Macedoni, come dice Diogene nel primo libro della sua "Storia persiana ".
Che bisogno c'è che io menzioni i Sauromati, i quali, come racconta Nimfodoro, nei suoi " Costumi barbarici ", venerano il fuoco? O i Persiani e i Medi e i Magi?
Dinone dice che questi sacrificano a cielo scoperto, perché ritengono che il fuoco e l'acqua siano le sole immagini di dei.
Non vi ho celato neppure l'ignoranza di costoro.
Giacché, se essi credono di sfuggire per la massima parte all'errore, scivolano però in un altro inganno: non hanno ritenuto, come gli Elleni, immagini di dei il legno e le pietre, né gli ibis e gli icneumoni, come gli Egiziani, ma hanno ritenuto tali il fuoco e l'acqua, come i filosofi.
Molti secoli dopo tuttavia, come Berosso nel terzo libro della sua "Storia caldaica " ci mostra, essi veneravano statue di forma umana; questo costume fu introdotto da Artaserse, figlio di Dario e padre di Ocho, il quale fu il primo a innalzare a Babilonia e a Susa e ad Echatana la statua di Afrodite Anaitide e insegnò ad adorarla ai Persiani e ai Baetri e a Damasco e a Sardi.
Riconoscano dunque i filosofi come loro maestri i Persiani o i Sauromati o i Magi, dai quali essi hanno appreso l'empietà di considerare come oggetto di venerazione i primi principii, ignorando il primo autore di tutte le cose e creatore degli stessi primi principii, il Dio senza principio, e invece venerando questi elementi " umili " e " deboli ", come dice l'Apostolo, che sono stati fatti per il servizio degli uomini.
Degli altri filosofi, quanti, superati gli elementi, cercarono qualche cosa di più alto e di più eccellente, celebrarono, alcuni l'infinito, come Anassimandro ( era di Mileto ) e Anassagora di Clazomene e Archelao di Atene.
Questi due preferirono la mente all'infinito, Leucippo di Mileto invece e Metrodoro di Chio lasciarono anche essi, a quanto sembra, due principii, il pieno e il vuoto.
Prese questi due principii e vi aggiunse le immagini ( idoli ) l'abderita Democrito.
Quanto al crotoniate Alcmeone, questi credeva che fossero dei gli astri, ritenendoli animati ( non tacerò neppure l'impudenza di costoro ), Senocrate ( di Calcedone, questi ) dice oscuramente che i pianeti sono sette dei, e che l'ottavo è il mondo risultante di tutte le stelle fisse.
Né tralascerò gli Stoici, i quali dicono che il divino attraversa tutta la materia, anche la più spregevole, e così coprono addirittura di vergogna la filosofia.
Non credo gravoso, giunto a questo punto, far menzione anche dei Peripatetici.
Il padre di questa setta, poiché non conobbe il padre di tutte le cose, crede che quegli che è detto " supremo " sia l'anima del tutto; cioè egli suppone che l'anima del mondo sia Dio, e così egli si trafigge da se stesso.
Giacché egli limita la provvidenza solo fino alla luna, e poi ritiene Dio il cosmo, e così cade in contraddizione perché afferma che è Dio ciò che è privo di Dio.
Il celebre Teofrasto di Ereso, il discepolo di Aristotele, in un punto suppone che sia Dio il cielo, in un altro che sia lo spirito.
Epicuro solo dimenticherò e volentieri, il quale crede, nella sua estrema empietà, che nulla stia a cuore a Dio.
E quanto ad Eraclide Pontico, che cosa bisogna dire?
Vi è un solo punto in cui non sia tratto, anche lui, verso gli idoli di Democrito?
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