Filocalia

Testi scelti dalle sette centurie

1. C'è un Dio, senza principio, al di là di ogni comprensione, che possiede la pienezza dell'essere, ed esclude del tutto ogni domanda sul quando e sul come Egli sia, essendo inaccessibile nella Sua essenza e inconoscibile ad ogni creatura.

6. È scritto, Dio è il sole della giustizia ( Mal 3,20 ) che sparge i raggi della sua bontà su tutti, in egual misura.

Ma l'anima, a seconda delle sue disposizioni, è come la cera, se ama Dio, o come fango se ama la materia.

Come è nella natura del fango di essere prosciugato dal sole, e in quella della cera di esserne ammorbidita, così l'anima, attaccata alla materia e al mondo, se, nel ricevere le parole di Dio che la guidano alla scoperta della ragione, le respinge a causa del suo disordine, diventa dura come il fango e, come Faraone, va alla perdizione.

L'anima che ama Dio, in un caso simile, si ammorbidisce come la cera, e, ricevendo l'impronta delle immagini delle realtà divine diventa nello spirito l'abitazione di Dio.

10. Chi ha fede teme Dio; chi teme Dio è umile; l'umile diviene mite e acquista una disposizione che lo tien lontano dagli innaturali moti dell'ira e della lussuria; colui che è mite osserva i comandamenti; chi osserva i comandamenti raggiunge la purificazione - chi è purificato raggiunge l'illuminazione; l'uomo illuminato è giudicato degno di dimorare con lo sposo - il Verbo - nel santuario dei misteri.

11. Come un contadino, che saggi la natura di un terreno per coltivarvi delle piante, inattesamente trova un tesoro; così ogni lavoratore spirituale, umile e sincero, la cui disposizione d'animo è pronta e libera dalle erbacce delle passioni terrene, quando viene interrogato sui suoi progressi, come il beato Giacobbe "Che cosa è quello che tu hai rapidamente trovato?" può rispondere: "Ciò che il Signore tuo Dio ha posto davanti a me" ( Gen 27,20 ).

Perchè, quando Dio ci concede una chiara conoscenza della sua saggezza, senza sforzo o aspettativa da parte nostra, comprendiamo di avere acquistato un tesoro spirituale.

Un lavoratore spirituale è un agricoltore abile ed esperto che trapianta nella regione dello spirito, quali piante selvatiche ciò che ha visto nelle realtà visibili; nel fare questo sa di aver trovato un tesoro, cioè la visione della misericordiosa sapienza di Dio, che si rende manifesta nelle cose create.

13. Coloro che, con spirito di verità, con intenzione devota, senza ambizione alcuna, ricercano la comprensione del mistero delle creature troveranno la luminosa conoscenza di sè stessi.

A questi dice la legge: "Quando sarete entrati nella terra promessa erediterete grandi e belle città che non avete costruito; case piene di ogni bene, che non vi siete procurate; pozzi che non avete scavati, vigne e oliveti che non avete piantato ( Dt 6,10-11 ).

Perchè colui che non vive per sè stesso, ma per Dio, è ricolmo di doni divini che non sono sempre manifesti a causa della minaccia di un attacco da parte delle passioni.

19. I doni di grazia ricevuti dalla benevolenza di Dio si devono trasmettere senza gelosia agli altri secondo la parola del Signore: "Gratuitamente avete ricevuto e gratuitamente date". ( Mt 10,8 ).

Chi nasconde il dono, ingiustamente accusa il donatore di durezza ( Mt 25,24 ), e respinge la virtù per favorire la carne.

Ma chi vende la verità ai nemici ne è condannato e, non potendo solo portare la sventura, perchè vanaglorioso, si impicca.

20. Chi ancora teme la battaglia contro le passioni ed è in apprensione per gli attacchi dei nemici invisibili, custodisca il silenzio; cioè, nella lotta per giungere alla virtù non usi la discussione, ma ricorra alla preghiera, rimettendosi a Dio chè abbia cura di lui e lo protegga.

21: Un'anima non giunge alla conoscenza di Dio, se Dio stesso non lo permette e non: la prende per sollevarla fino a se.

La mente umana non potrebbe mai ascendere alla luce divina, se Dio stesso non la sollevasse, fin dove la mente umana può essere sollevata, e non la infiammasse con la sua chiarità.

22. Un uomo, solo che abbia fede, allontana la montagna del peccato, secondo il Vangelo ( Mt 17,19-20 ), con una vita attivamente buona, respingendo da sè i precedenti legami con le realtà dei sensi, incostanti e variabili.

Chi è riuscito a divenire un discepolo riceve dalle mani del Verbo frammenti di pani di conoscenza spirituale, ne riempie migliaia di persone e manifesta così con i fatti il potere del Verbo di moltiplicare ( Mt 15,32-33 ).

Chi è stato capace di divenire un apostolo, risana "ogni genere di malattia e di infermità" e scaccia gli spiriti immondi ( Mt 10,1 ); bandisce l'attività delle passioni; guarisce le malattie; cioè per mezzo della speranza conduce a rette disposizioni coloro che le avevano perdute; cura ogni specie di infermità, cioè scuote e rinforza coloro che sono deboli per pigrizia, ricordando loro il giudizio supremo.

Ma chi ha ricevuto "il potere di camminare su serpenti e scorpioni" ( Lc 10,19 ) distrugge il principio e la fine del peccato.

24. Ciò che è emerso nel tempo e si svolge secondo l'ordine temporale, giunge al termine quando raggiunge la completezza, essendo la sua crescita naturale terminata.

Ma ciò che è suscitato dalla grazia di Dio, conformemente all'ordine della vita virtuosa, quando è arrivato a compimento, comincia a crescere di nuovo, perchè in questo caso il termine di uno stato è il principio di un altro.

Colui, che per mezzo degli esercizi ascetici, ha posto un fine alle passioni corruttibili, ha iniziato altre trasformazioni divine "di gloria in gloria" ( 2 Cor 3,18 ); poichè Dio, operando in Lui, non cessa mai, come non ha mai cominciato, di produrre il bene.

Per questo, secondo la Legge che corrisponde alla condizione temporale del nascere e morire, la festa è santificata per mezzo del riposo dal lavoro; ma secondo i Vangeli, che corrispondono allo stato delle cose mentali e spirituali, è santificata quando si compie un bene attivo, benchè di questo si indignino coloro che non capiscono che il Sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il Sabato, e che il Figlio dell'uomo e anche Signore del Sabato ( Mc 2,27-28 ).

25. Perchè l'anima possa gustare le gioie spirituali non è sufficiente che abbia solo superato le passioni, se non acquista anche virtù osservando i comandamenti.

"Non ti rallegrare", dice il Signore a che gli spiriti ti siano sottomessi, cioè l'attività delle passioni, ma rallegrati piuttosto perchè attraverso la grazia di essere figlio di Dio, come ricompensa della virtù, il tuo nome è annoverato fra quelli che sono liberi dalle passioni.

26. Finchè non avremo liberato del tutto la mente dalla nostra natura e da tutto ciò che è al di sotto di Dio, non potremo dire di aver acquistato una permanente qualità virtuosa.

Infatti, solamente quando l'amore rende in noi salda questa qualità, possiamo sperimentare l'efficacia della promessa di Dio; la perfetta immutabilità di chi e giunto si ha quando la mente, per mezzo dell'amore, è nutrita dal potere dello Spirito.

Chi non si è liberato da se stesso e da tutto quanto può essere oggetto di pensiero, e non è radicato nel silenzio che supera ogni pensiero ( l'annullamento di tutti i moti della mente ), non può in nessun modo essere immune da mutamenti.

27. Mosè cominciò ad adorare Dio, solo dopo aver innalzato il suo tabernacolo lontano dall'accampamento cioè dopo aver stabilito fermamente il cuore e la mente al di fuori di tutte le cose visibili.

Dopo esser entrato nell'oscurità, cioè nella regione della conoscenza senza materia e senza forma, vi dimorò compiendo i più sacri misteri ( Es. 33,7.20.21 ).

32. L'attività dei sensi o la percezione delle immagini sensibili, è propria dell'uomo impegnato nell'esercizio ascetico che fatica per raggiungere la virtù.

La pace dei sensi o l'indipendenza dalle immagini sensibili, è propria del contemplativo che concentra la sua mente in Dio, liberandola dal mondo e dalla carne.

Nello sforzo di liberare l'anima dai legami naturali dell'attrattiva della carne, mediante una attiva ascesi rettamente indirizzata, uno si sente spesso stanco e la sua buona disposizione si affievolisce; ma il contemplativo, avendo allontanato le spine dell'attrattiva carnale col praticare la contemplazione, non può più essere allettato o trattenuto da nulla, essendo purificato dalle cose con cui le passioni, che cercavano d'impossessarsi di lui, erano solite ferirlo e avvincerlo.

34. Se, dopo aver interrotto l'impegno ascetico per aver peccato, uno desidera riprenderlo, prima di tutto deve liberarsi dalle passioni, quindi dai pensieri passionali, poi dalla natura e da tutto quanto le appartiene ( cioè dal mondo materiale ), quindi dalle realtà mentali e dalla loro conoscenza ( cioè dal mondo spirituale ); finalmente attraversata la molteplicità delle manifestazioni della Provvidenza ( il corso degli eventi ), andrà avvicinandosi in modo incomprensibile all'Unità stessa, dove solamente egli vede la sua propria immutabilità e si rallegra "con gioia indicibile" ( 1 Pt 1,8 ), poichè ha ricevuto "la pace di Dio", che "supera ogni comprensione" ( Fil 4,7 ), e che protegge sempre dalla cadute chi la possiede.

35. Il timore della Geenna aiuta chi si inoltra per questa via ( i principianti ) ad evitare il peccato; il desiderio della beatitudine futura, dà a chi progredisce la facilità nel praticare la virtù; il mistero dell'amore innalza la mente al di sopra di tutto il creato, rendendola cieca a tutto quanto è al di fuori di Dio.

Perchè solo a chi è diventato cieco a ciò che non è Dio, il Signore concede la saggezza, mostrando le cose più sante. ( Sal 145,8 ).

37. Chi si consacra alla saggezza, rivolga i passi della sua anima costantemente davanti al Signore, poichè Dio disse a Mosè "tu mi aspetterai là" ( Es 34,2 ).

Invocando la sapienza, legga attentamente quanto segue: "Vi sono alcuni fra i presenti, i quali non sapranno che significa morte fino a quando non vedranno arrivare con potenza il Regno di Dio " ( Mc 9,1 ), per rendersi conto che esistono differenze anche tra coloro che vivono davanti a Dio.

Non a tutti quelli che vivono davanti al Signore, Egli appare sempre nella gloria; a quelli che iniziano il loro cammino verso di Lui ( i principianti ), si rivela nella figura di servo; a coloro che sono abbastanza forti per seguirlo nella sua ascesa verso l'alta montagna della trasfigurazione appare nella figura di Dio, come era prima della creazione del mondo.

Così è possibile che un solo ed unico Signore appaia sotto aspetti diversi a chi lo avvicina; a qualcuno in uno, ad altri in un altro, variando la sua forma a seconda della fede di ciascuno.

38. Di chi è impegnato nella vita ascetica si dice che abita temporaneamente nella carne come uno straniero, il cui fine è, per mezzo dell'esercizio delle virtù, l'abolire nella sua anima ogni simpatia per la carne e il distoglierla dalle attrattive esteriori.

Del contemplativo si dice che è estraneo anche alla virtù stessa, come uno che vede la verità attraverso uno schermo, confusamente; non avendo ancora visto, per esperienza quasi faccia a faccia il vero aspetto delle gioie sperate nella loro realtà!

Ogni Santo, in relazione alle gioie future, "cammina nell'ombra" gridando: sono uno straniero sulla terra ed estraneo, come lo furono tutti i miei padri " ( Sal 39,6.12 ).

41. Colui che tuttora soddisfa i passionali desideri della carne, vive nella terra dei Caldei come un servo e un costruttore di idoli.

Ma quando, dopo profonda riflessione, giunge a una certa comprensione del modo di vita che per natura gli si adatta ( ed è spinto verso di essa ), allora, lasciando la terra dei Caldei, va a Charrhan in Mesopotamia ( Gen 11,28-31 ); cioè in uno stato prossimo tanto alla virtù quanto al peccato, non ancora libero dall'inganno dei sensi.

Ma quando valica i confini della comprensione del bene mediata dai sensi, raggiunge la buona terra, cioè lo stato libero da ogni peccato e ignoranza, che Dio mostra e promette in ricompensa della virtù di chi lo ama.

43. Gabaon è la mente più elevata e la valle è la carne, che soggiace alla morte.

Il sole è il Verbo che illumina la mente e le dà il potere di contemplazione, liberandola da ogni ignoranza; la luna è la legge naturale, che obbliga legalmente la carne a sottomettersi al giogo dei Comandamenti, la luna è intesa come simbolo del naturale a causa della sua variabilità, tuttavia nei santi la natura non è mutevole a causa della loro costante abitudine alla virtù.

45. Quando riflettiamo all'altezza dell'infinità di Dio non dovremmo neanche disperare della sua amorosa misericordia, come se da tali altezze questa non ci potesse raggiungere; e neppure, quando ricordiamo la smisurata profondità della nostra caduta, in seguito al peccato, dovremmo dubitare che la virtù, una volta morta in noi, non abbia la possibilità di risorgere.

Tutte e due le cose sono possibili a Dio: scendere per illuminare la nostra mente con la conoscenza, o risuscitare in noi la virtù elevandoci fino a lui per mezzo di opere giuste.

"Non dire nel tuo cuore" dice l'Apostolo, "chi salirà al cielo ( cioè chi farà discendere Cristo dall'alto ), oppure: chi scenderà nel profondo ( cioè farà risalire di nuovo Cristo dai morti )" ( Rm 10,6-7 ).

47. Coloro che ascoltano solo la lettera delle Sacre Scritture e che contaminano la dignità della loro anima servendo la legge con il corpo, credono di propiziare Dio con il sacrificio di animali muti.

Essi si curano molto del corpo e della sua purificazione esteriore, ma non si curano della bellezza dell'anima, sfigurata dalle ferite delle passioni.

In verità è per amore dell'anima che tutta la varietà delle cose visibili è stata creata e la legge e la parola di Dio è stata data.

50. La terra dei Caldei è la vita delle passioni dove si costruiscono e si adorano idoli.

La Mesopotamia è quel modo di vita che tende ora verso una parte, ora verso la parte contraria.

È la terra promessa è uno stato ( dello spirito ) colmo di ogni gioia ( spirituale ).

Chiunque, come l'antico Israele, non si cura di questa buona disposizione, cade di nuovo nella schiavitù delle passioni ed è privato della libertà che gli era stata concessa.

51. Si dovrebbe notare che nessun santo è mai andato volontariamente a Babilonia; sarebbe infatti stolto e sconveniente, per coloro che amano Dio, scegliere il male in luogo del bene.

Se alcuni di essi vi furono condotti involontariamente, insieme agli altri, essi devono essere considerati come coloro che, non per volontà propria, ma per circostanze particolari, per salvare chi ha bisogno di guida, lasciano il mondo elevato della conoscenza e si dedicano a dare insegnamenti sul modo di combattere le passioni.

Per la stessa ragione, il grande Apostolo reputò più necessario rimanere nella carne, cioè continuare a dare insegnamenti morali ai suoi discepoli, mentre il suo unico desiderio era di abbandonare l'insegnamento morale e di unirsi a Cristo per mezzo della pura contemplazione spirituale, che è al di sopra del mondo. ( Fil 1,23-24 ).

54. Chi prega per ottenere il pane soprannaturale, non ottiene naturalmente il pane intero come è in se stesso, ma tanto quanto ne può ricevere.

Il Pane della Vita ( Gv 6,35 ) dona se stesso a tutti quelli che chiedono, poichè ama gli uomini, ma non a tutti ugualmente: a coloro che hanno compiuto grandi azioni di rettitudine Egli dà di più, e a coloro che sono poveri di simili azioni, meno; a ciascuno tanto quanto lo sviluppo ( o buona disposizione ) della mente gli permette di ricevere.

56. Agli inizi della formazione alla vita virtuosa sembra, di solito, che questa riguardi unicamente la parte fisica.

Nel primo avvicinarsi al vero culto di Dio, la nostra vita di preghiera si svolge più secondo la lettera che secondo lo spirito.

Più tardi, giungendo gradualmente più vicini allo spirito ed elevando gli insegnamenti riguardanti il fisico per mezzo della contemplazione spirituale, arriviamo ad abitare in purezza nel Cristo vero, fin dove questo è possibile all'uomo; così che possiamo dire con l'Apostolo "E se anche abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora ( nella sua gloria ) non lo conosciamo più così ( 2 Cor 5,16 )".

Questo è dovuto al semplice avvicinarsi della mente al Verbo, libero dai veli che lo avvolgono, avendo già compiuto l'ascesa che va dalla conoscenza di Cristo secondo la carne, alla contemplazione della sua gloria, la gloria propria dell'Unigenito del Padre ( Gv 1,14 ).

57. Chi ha cominciato a vivere la sua vita in Cristo, ha superato tanto la giustizia conforme alla legge quanto la giustizia naturale; questo è il significato delle parole dell'Apostolo quando dice: "poichè in Cristo nè la circoncisione ha valore, nè l'essere incirconciso " ( Gal 6,15 ).

Intendendo con la parola circoncisione la santità conforme alla legge e con la parola incirconcisione la santità secondo la legge naturale.

59. "Io sono la porta" ( Gv 10,9 ) disse il Signore.

Coloro che hanno percorso bene il sentiero della virtù nel corso della vita ascetica senza peccato, sono infatti condotti da lui nel regno della conoscenza, dove, come la luce, Egli mostra loro gli splendidi tesori della saggezza.

Egli è al tempo stesso la via e la porta, la chiave e il Regno; via in quanto conduce; chiave perchè dischiude ai degni l'ingresso ai tesori divini; porta in quanto fa entrare; Regno perchè Lui e l'eredità che, per la partecipazione all'Essere, e presente in tutte le creature.

60. Il Signore è chiamato "luce", "vita", "resurrezione", "verità".

"Luce", in quanto illumina le anime e disperde l'oscurità dell'ignoranza, rischiara la mente con la comprensione delle cose oltre la portata della mente, e rivela misteri accessibili solo ai puri;

"Vita", in quanto dona alle anime che lo amano i movimenti vitali, propri della regione delle realtà divine;

"Resurrezione", perchè innalza la mente dal mortificante attaccamento alle cose esteriori e la purifica da ogni corruzione e morte;

"Verità", perchè dà a coloro che ne sono degni una invariabile disposizione verso il bene operare.

61. Uno glorifica Dio in se stesso, non quando gli tributa un riverente omaggio solo a parole, ma quando, per amor di Dio e dei suoi comandamenti, sopporta, con pazienza sofferenze e dolori.

Un uomo simile riceve in cambio la gloria che è in Dio, portando in sè, essendone partecipe, la benedizione della libertà dalle passioni, come ricompensa per la virtù.

Poichè ogni uomo, che glorifica Dio in se stesso per mezzo di tollerate sofferenze, per virtù del suo impegno ascetico, è lui stesso glorificato in Dio, attraverso una serena illuminazione divina nello stato di contemplazione.

Il Signore, andando verso la sua volontaria sofferenza, dice "Ora il Figlio dell'uomo è glorificato, e Dio è glorificato in Lui.

Se Dio è glorificato in lui, Dio, a sua volta, glorificherà lui in se stesso e lo glorificherà ben presto". ( Gv 13,31-32 ).

È chiaro da questo che le sofferenze per amore della virtù sono seguite dal dono della grazia.

66. La mente di Cristo che i Santi ricevono conforme alle parole: "Noi abbiamo la mente di Cristo" ( 1 Cor 2,16 ) non c'è data perchè perdiamo il potere mentale e nemmeno perchè egli entri essenzialmente e personalmente nella nostra mente; ma per accordare con le sue qualità, la potenza e la sua azione armoniosamente con essa.

Sono d'opinione che un uomo abbia la mente di Cristo se pensa tutte le cose nello spirito di Cristo ed è portato in tutte le cose a contemplarlo.

69. Alcuni chiedono, quale sarà la condizione dei ritenuti degni di perfezione nel regno di Dio?

Vi sarà progresso e movimento ( di meglio in meglio ) o vi sarà una condizione statica, fissa e invariabile?

Come saranno allora i corpi e le anime e come il pensare?

Dopo aver riflettuto, qualcuno può replicare a questo che nella vita della carne il cibo ha un doppio significato: serve per crescere e per sostenere coloro che si nutrono; cioè, finche non abbiamo raggiunto il perfetto sviluppo della statura corporea ci nutriamo per crescere, ma quando il corpo cessa di crescere, non ci si nutre per crescere, ma per sostenerci.

Similmente il nutrimento ha un doppio significato in relazione all'anima.

Questa è nutrita dalla virtù e dalle contemplazioni, mentre si sviluppa, finchè, superato tutto ciò che esiste, giunge alla misura della statura della pienezza del Cristo.

Raggiunta questa misura, cessa di progredire e di aumentare la sua crescita con metodi prestabiliti, e, dato che si nutriva direttamente di cibo incorruttibile con mezzi che superano ogni comprensione, e che, forse proprio per questo, sono estranei ad ogni crescita, riceve ora il cibo unicamente per mantenere la divina perfezione che gli è stata concessa e per testimoniare delle incommensurabili gioie procurate da questo cibo.

Ricevendo attraverso questo cibo quel benessere, che ora non varia mai e mai abbandona, diventa simile a Dio attraverso la partecipazione alla grazia divina, poichè si è distaccata da tutte le azioni generate dalla mente e dai sensi, e, allo stesso tempo, ha pacificato i naturali moti del corpo che diviene simile a Dio nella misura concessagli.

Allora Dio solo risplende attraverso il corpo e l'anima, superando la loro naturale pesantezza con una luminosità inconcepibile.

72. Chi è riuscito a mortificare "le membra che sono sulla terra" ( Col 3,5 ) sforzandosi di praticare il bene, e ha conquistato il mondo che era in lui adempiendo ai comandamenti del Verbo, non avrà tribolazioni, poichè ha già abbandonato il mondo delle passioni ed ha cominciato ad abitare in Cristo: Cristo che ha superato il mondo delle passioni ed è il dispensatore di ogni pace.

Infatti, chi non ha rotto i legami con il mondo esteriore è destinato ad avere tribolazioni, poichè i suoi sentimenti variano con il variare di ciò che è mutevole per natura.

Ma chi ha cominciato ad abitare in Cristo, per nessuna ragione sarà toccato dai mutamenti esteriori.

Perciò il Signore dice: "Queste cose vi dico perchè abbiate pace in me.

Nel mondo avrete patimenti, ma coraggio! Io ho vinto il mondo" ( Gv 16,33 ).

In altre parole, in Me, il Verbo, voi avrete pace, essendovi liberati dalle vicissitudini e dalle tempeste delle cose e delle passioni terrene; mentre nel mondo, legato alle cose esteriori, avrete patimenti perchè in esso tutte le cose variano continuamente.

Le tribolazioni affliggeranno tanto l'uomo che esercita la virtù, a causa dello sforzo che questa gli costa, quanto l'uomo amante del mondo, a causa delle perdite e delle privazioni materiali.

Ma nell'uno le tribolazioni sono salutari, nell'altro sono distruttive e dannose.

Per ambedue la pace è nel Signore: per il primo perchè, dopo le fatiche di una vita virtuosa, Egli concede loro la pace dell'assenza delle passioni nello stato di contemplazione; per il secondo perchè, attraverso il pentimento, Egli allontana da lui l'usato attaccamento alle cose corruttibili.

80. Contempliamo con fede il mistero dell'Incarnazione e contempliamolo senza cercare di più e senza esigere niente da Colui che si è abbassato per noi.

Chi, infatti, fidandosi del potere della sua capacità di investigare, può dire come Dio, il Verbo è stato concepito?

Come si è formata la sua carne senza seme?

Come è nato senza corruzione?

Come può essere Madre Colei che è rimasta vergine perfino dopo averGli dato la vita?

Come è possibile che Egli che è al di sopra di ogni perfezione, cresca di statura? ( Lc 2,52 ).

Come ricevette il battesimo essendo Lui senza macchia?

Come ha saziato gli altri, Lui che era soggetto alla fame?

Come ha dato forza essendo soggetto alla stanchezza?
Come poteva guarire gli altri essendo soggetto alla malattia?

E come, essendo mortale, richiamò gli altri alla vita?

E per ricordare per ultima la cosa più importante, come è possibile che Dio sia uomo e, ciò che è ancora più misterioso, come può il Verbo essere in ipostasi sostanzialmente nella carne, mentre in natura rimane ipostaticamente nel Padre?

Come accade che lo stesso sia Dio in natura e sia diventato uomo per natura, non rinunziando in nessun modo nè all'una nè all'altra delle due nature, nè alla Divina, secondo la quale Egli è Dio, nè alla nostra, secondo la quale divenne uomo?

La fede sola può abbracciare tutti questi misteri poichè proclama l'esistenza di cose che sono al di sopra della parola e della ragione ( Eb 2,1 ).

85. Come i medici, curando il corpo, non prescrivono lo stesso rimedio a tutti, cosi anche Dio, nel curare l'infermità dell'anima ha più di un mezzo di cura, e, somministrando a ogni anima quello di cui ha bisogno, la risana.

Ringraziamolo dunque quando riacquistiamo la salute anche se ciò che ci accade procura sofferenze, perchè il fine ultimo è la gioia.

91. Il termine di ogni bene è l'amore, il bene conduce e guida tutti quanti vicini a Dio che è il più alto bene e la sorgente di ogni bene; infatti l'amore è sempre fedele, non viene mai meno ed è immutabile.

La fede è il fondamento della speranza e dell'amore che ne sono il frutto poichè essa stabilisce fermamente la verità.

La speranza è la forza dell'amore e della fede che le stanno ai lati a destra e a sinistra, poichè mostra loro di per se stessa, come è degno di fede ( l'oggetto della fede ), come è degno di amore ( l'oggetto dell'amore ) e insegna come giungervi.

L'amore è il loro completamento, perchè abbraccia ogni cosa desiderabile che procede da esso e in esso si placa.

Poichè, in luogo della fede in ciò che è, e della speranza di ciò che sarà, conduce l'uomo al possesso e al godimento.

94. Quando ci liberiamo dall'amore di noi stessi, origine e padre di ogni male, allora tutto ciò che da lui nasce, cadrà con esso.

Perchè quando l'amore di noi stessi non è più in noi, non possiamo ospitare nessuna specie e nessuna traccia di male.

99. Dio ci ha creato perchè diventassimo "partecipi della natura divina" ( 2 Pt 1,4 ) e della Sua immortalità e divenissimo simili a Lui ( Gv 3,2 ) attraverso una deificazione per mezzo della grazia; per questo, ogni cosa è creata ed esiste e le cose che ancora non sono, nascono e vengono all'esistenza.

101. L'amore di sè e l'importanza che gli uomini danno alla carne hanno separato gli uomini uno dall'altro e, avendo deformato la legge, hanno spezzato l'unità della natura in molte parti.

Da qui l'origine di quella durezza di cuore che ora possiede tutti e che ha posto la natura contro se stessa.

Perciò ogni uomo che, con il buon senso e il retto pensiero, riesce a distruggere questa disarmonia della natura, mostra il vero amore verso se stesso, e tempra il suo cuore in quella forma che dovrebbe avere per natura.

Inoltre questa disciplina lo porta naturalmente più vicino a Dio e mostra in lui ciò che è conforme all'immagine di Dio.

Dio nel principio creò la nostra natura a sua somiglianza, cioè essa rifletteva chiaramente la bontà di Dio, nell'essere uguale a se stessa in tutto, mite, pacifica, non ribelle, strettamente legata all'amore di Dio e di se stessa.

Una natura attraverso la quale noi abbracciamo Dio con il desiderio e le altre creature con simpatia reciproca, ( come esseri dotati della stessa natura ).

108. Per l'anima razionale, il male è la dimenticanza del suo bene naturale, a motivo della passionale inclinazione verso la carne e il mondo.

Quando la mente diventa padrona, abolisce questa tendenza con la conoscenza dell'ordine spirituale delle creature, interpretando secondo la verità l'origine e la natura del mondo e della carne, conducendo l'anima nella regione, a lei consona, dello spirito, dove la legge del peccato non entra, perchè non esiste nessun senso che possa servire da ponte al peccato per trasmetterlo alla mente.

Quando ciò avviene, la mente rompe ogni dipendenza dai sensi e da tutte le immagini sensibili; cosicchè la mente non le percepisce più, essendo estranea ad esse, tanto per natura che per disposizione.

116. Anche le passioni sono utili in mano di chi conduce una vita buona e giusta, se saggiamente le strappiamo dal carnale e le usiamo per acquistare il divino; cioè quando facciamo del desiderio, un impetuoso anelito verso le gioie divine; dell'amore del piacere, una gioia vivificante prodotta dal rapimento della mente davanti ai doni divini; del timore, una cura prudente di non essere condannati ai futuri tormenti a causa del peccato; della tristezza, il pentimento con l'intenzione di correggere il male presente.

In breve, se usiamo delle passioni per distruggere o prevenire i mali già esistenti o futuri, per acquistare e conservare virtù e conoscenza, saremo simili a saggi medici che aboliscono e prevedono il male prodotto dal veleno, usando la vipera stessa.

117. La legge del primo Testamento purifica la nostra natura da ogni inquinamento con l'attivo amore per la saggezza; ma la legge del Nuovo Testamento guidandoci silenziosamente alla contemplazione, libera la mente dalle forme materiali delle cose verso quelle immateriali che le sono consone.

118. Le Sacre Scritture chiamano timorosi coloro che sono agli inizi e non hanno raggiunto che la soglia della divina aula delle virtù.

Quelli che hanno acquistato una appropriata esperienza nel capire e nel metodo di praticare le virtù, sono generalmente chiamati proficienti.

Quelli che, per mezzo della comprensione spirituali, hanno raggiunto il vertice della giusta conoscenza, sono chiamati perfetti.

Così chi ha rinunziato al vecchio legame con le passioni e, sotto l'azione del timore, ha volto tutta la sua disposizione verso i Comandamenti Divini, non manca di nessuna delle gioie elargite ai principianti, benchè non abbia ancora guadagnato esperienza nella virtù e non abbia partecipato alla saggezza di cui si parla "fra coloro che sono perfetti" ( 1 Cor 2,6 ).

Nello stesso modo chi progredisce non manca di nessuna gioia conveniente al suo grado, anche se non ha ancora raggiunto quella altezza nella conoscenza delle cose divine che appartiene ai perfetti.

I perfetti che hanno già misteriosamente ricevuto una conoscenza contemplativa di Dio e hanno purificato la loro mente da ogni immagine materiale, si rivelano radicati nell'amore di Dio, per questo hanno una completa e perfetta somiglianza dell'immagine della luminosità divina.

119. Il timore è di due specie: puro e impuro.

Impuro è il timore che nasce dall'attesa di un tormento come punizione del peccato, esso è causato dalla consapevolezza della propria colpa; non è duraturo perchè scompare quando il peccato è cancellato dal pentimento.

Ma il timore che, indipendentemente da questa ansietà apprensiva prodotta dal peccato, è sempre nell'anima, è puro e non cesserà mai; esso è, in un certo senso, dovuto a Dio come un tributo delle creature che mostrano una naturale riverenza davanti alla sua grandezza, superiore ad ogni regno e ad ogni potere.

135. Tre sono le potenze dell'anima: il pensiero, l'irascibile e il concupiscibile.

Con il pensiero cerchiamo di capire ciò che è buono, con il concupiscibile desideriamo il bene che abbiamo capito, con l'irascibile lottiamo e ci sforziamo per raggiungerlo.

Coloro che amano Dio, si sforzano con queste tre potenze di giungere alla virtù e alla conoscenza divina e, cercando con l'una, desiderando con l'altra e sforzandosi con la terza, ricevono il cibo incorruttibile e la conoscenza delle cose divine che arricchiscono la mente.

137. Facendo una discriminazione sensoriale delle cose, separandole in piacevoli o spiacevoli, si compie la discriminazione propria dei sensi fisici, quindi, in contrasto col comandamento Divino, si gusta il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male.

In altre parole, in base alla irrazionalità e stoltezza dei sensi, si può distinguere chiaramente solo una cosa: ciò che serve a conservare sano il corpo e perciò si accettano le cose piacevoli come buone e si sfuggono quelle spiacevoli come cattive.

Ma se ci si affida completamente alla discriminazione mentale, che distingue chiaramente le cose temporali da quelle eterne, allora, adempiendo il comandamento Divino, si mangia il frutto dell'albero della vita, cioè della saggezza che nasce nella mente e che chiaramente distingue quello che serve alla salvezza dell'anima e di conseguenza accoglie le gioie eterne che sono il bene e rifiuta le gioie temporali e corruttibili che sono il male.

160. I desideri e i piaceri naturali non rendono colpevoli coloro che li sperimentano, essendo la necessaria conseguenza della natura.

Le cose naturali, infatti, ci recano piacere anche indipendentemente dalla nostra volontà, sia che si tratti del cibo preso per soddisfare la fame, o della bevanda che placa la sete che ci tormenta, o del sonno che rinnova la nostra forza indebolita dalla veglia, o di qualunque altra cosa che possa servire a soddisfare i nostri bisogni naturali, necessaria al benessere della natura e di aiuto a coloro che si dedicano con zelo ad acquistare la virtù.

Tutto questo è giovevole anche a chi tenta di liberarsi dalle inclinazioni al peccato.

Naturalmente entro limiti ragionevoli, che non permettano all'uomo di divenire schiavo di quelle deprecabili e innaturali passioni che sorgono in noi, spontaneamente, e senz'altra origine se non gli impulsi dei desideri e delle necessità non controllate dalla ragione.

Quantunque siano inerenti in noi, non sono tuttavia destinati ad accompagnarci nella vita eterna.

161. Opera della più alta bontà è, non solo di aver creato la natura divina e incorporea delle creature dotate di mente, quale riflesso dell'ineffabile Luce divina, rendendole capaci, secondo le loro forze ricettive di afferrare tutto l'impensabile splendore della bellezza inaccessibile; ma anche di aver impresso chiare tracce della sua grandezza nelle creature sensibili, che sono in molti aspetti inferiori agli esseri dotati di mente, affinchè queste tracce possano indirizzare direttamente a Dio la mente umana che medita profondamente su di esse, elevandola al di sopra di tutte le cose visibili e conducendola nel regno della felicità più alta.

163. Chi unisce l'azione alla conoscenza, innalza un trono a Dio e serve da piedistallo ai suoi piedi; il trono per mezzo della conoscenza e il piedistallo per mezzo dell'azione.

Secondo la mia opinione, non andrebbe oltre i limiti della verità chi chiamasse paradiso una simile mente umana, purificata da ogni immagine materiale e sempre occupata, o piuttosto adornata, dal distaccato pensare divino.

169. Chi è persuaso di essere al vertice della virtù, non è più in comunione con la sorgente della benedizione divina, attribuendo il merito di progredire solo a se stesso.

Così si priva di ciò che può rendere la sua salvezza ferma e sicura: di Dio.

Ma chi è consapevole della propria insufficienza nel bene, non interrompe l'urgente ricerca di Colui che può far scaturire un bene da ogni insufficienza.

177. Benedetto è colui che ha veramente compreso come Dio susciti in noi, quasi fossimo degli strumenti, ogni azione e contemplazione, virtù e conoscenza, vittoria e saggezza, bontà e verità, così che non vi mettiamo assolutamente nulla di nostro, eccetto una certa disposizione a desiderare il bene.

Possedendo questa disposizione il grande Zorobabel disse, rivolgendosi a Dio: "Benedetto sei tu che mi hai dato saggezza, a Te siano rese grazie, o Signore dei nostri padri.

Da Te viene la vittoria, da Te viene la saggezza e Tua è la gloria. Io sono il Tuo servo".

178. Tutte le perfezioni dei santi furono chiaramente un dono di Dio.

Così nessuno ha mai posseduto nulla eccetto la benedizione concessagli da Dio stesso come Signore di ogni cosa, conforme alla gratitudine e alla buona disposizione di chi la riceve, e non possiede nulla di suo se non quanto ha offerto a Dio.

179. Ognuno di noi, in misura della fede, riceve una manifestazione dello Spirito, così che ciascuno diventa donatore di grazia.

Di conseguenza, nessun uomo che pensa rettamente invidierà mai un altro che abbondi di doni di grazia, perchè dipende da lui acquistare quella disposizione necessaria per ricevere i doni divini.

180. La causa della differenza nella distribuzione dei doni divini e la diversità della fede in ciascuno ( Rm 12,6 ).

In proporzione di come crediamo, abbiamo anche una zelante prontezza ad agire nello spirito della fede.

Così un uomo attivo ( nello spirito della fede ), dalla misura della sua attività mostra la misura della sua fede e contemporaneamente riceve grazia in misura di quanto ha creduto.

Chi non agisce così, mostra dalla misura della sua inattività la misura della sua poca fede ed è privato della grazia nella stessa misura in cui è venuto meno alla fede.

Chi invidia gli uomini che agiscono rettamente, agisce male, poichè dipende chiaramente da lui solo e non dagli altri di accrescere la sua fede e le sue opere, e in seguito di ricevere la grazia che viene in proporzione alla fede.

182. Il dono del timore di Dio, è l'astenersi dalle cattive azioni;

il dono della fortezza, è il diligente sforzo e impulso verso un solerte adempimento dei comandamenti;

il dono del consiglio, è l'esperienza nella scelta ( fra bene e male ), mediante la quale adempiamo i comandamenti con comprensione, separando il peggio dal meglio;

il dono della pietà, è la visione sicura delle forme necessarie per la pratica della virtù, sotto la cui guida non ci allontaniamo mai dal sano giudizio della ragione;

il dono della conoscenza, è una vera comprensione dei comandamenti e dei loro principi sui quali sono basate le forme esteriori della virtù;

il dono dell'intelletto, è l'unione con le forme e i principi della virtù ( risoluzione di osservare le prime e agire conformemente ai secondi ), o piuttosto la trasformazione ( di noi stessi in loro conformità ) che crea una fusione delle potenze naturali con le forme e i principi della virtù;

il dono della saggezza, è il rapimento verso la causa del più profondo significato spirituale dei comandamenti e l'unione con essa.

Per questo dono veniamo misteriosamente iniziati al senso delle cose che è in Dio, fin dove è possibile agli uomini e lo comunichiamo agli altri, con parole che sgorgano dal cuore come da una sorgiva.

185. La conoscenza non accompagnata dal timore di Dio, produce l'arroganza che fa considerare suo all'uomo ciò che è un dono.

L'azione che progredisce con l'amore di Dio, senza ricevere una conoscenza di ciò che uno dovrebbe fare, rende umile chi opera.

189. Il principio e il compimento della salvezza d'ognuno è la saggezza che nasce dal timore; in seguito diventa più perfetta e finisce col portare l'amore.

O piuttosto, da principio, la saggezza stessa è un prudente timore che trattiene chi la ama dal male; più tardi, verso il compimento dimostra spontaneamente e naturalmente di essere l'amore, riempiendo di gioia chi l'ha scelto come compagno invece del possesso del gaudio sensibile.

209. Perfetto è chi combatte contro le tentazioni volontarie con la padronanza di sè e sopporta quelle involontarie con pazienza; integro è colui che nelle sue azioni agisce con sapienza e non lascia sterile la contemplazione.

218. Dio, con un unico e infinitamente potente atto della sua volontà, con la sua bontà abbraccia e conserva tutto: gli angeli e gli uomini, buoni o cattivi.

Ma benchè Dio penetri liberamente attraverso tutti, non tutti partecipano di Lui in maniera uguale, ma a seconda di ciò che sono.

224. Chi rende in sè visibile la conoscenza acquistata per mezzo della attività ascetica e le operazioni che nascono nell'anima per mezzo della conoscenza, ha trovato il metodo con il quale Dio agisce in noi in verità.

Ma se uno ha una di queste qualità distinte dall'altra, egli od ha fatto della conoscenza una vuota fantasia, od ha trasformato l'attività ascetica in un idolo senz'anima.

Per gli inattivi la conoscenza non differisce in nessun modo dai sogni della fantasia, poichè non è confermata dall'attività; e l'attività, non fecondata dalla conoscenza, è uguale a un idolo, poichè non possiede la conoscenza per darle un'anima.

229. Dio ordinò di santificare il Sabato, i mesi e le feste, non perchè voleva che questi giorni fossero onorati come giorni, ciò significherebbe servire "la creatura più del creatore" ( Rm 1,25 ), implicando ciò che questi giorni sono naturalmente degni d'onore e perciò d'adorazione in se stessi.

Ma, con il comando d'onorare i giorni, Egli simbolicamente ordinò di onorare se stesso.

Perchè Egli è il Sabato, in quanto riposo dalle cure e dagli affanni della vita e dalle fatiche sopportate per giungere alla via della rettitudine.

Egli è anche la Pasqua, come Liberatore di coloro che si trovano nell'amara servitù del peccato; ed Egli è la Pentecoste, come principio e fine di tutto.

235. Penso che la fine della vita presente sia ingiustamente chiamata morte;

è piuttosto la liberazione dalla morte;

la fuga dal regno della corruzione;

la libertà dalla schiavitù;

la cessazione delle tribolazioni;

la fine delle lotte;

la via che conduce fuori dalle tenebre il riposo dalle fatiche;

il calmarsi delle agitazioni;

la protezione dalla vergogna;

il superamento delle passioni e, parlando in generale, la fine di ogni male.

I santi guadagnarono tutte queste cose, diventando stranieri e pellegrini sulla terra, ricostruendo se stessi per mezzo di una morte liberamente scelta.

Perchè essi combatterono valorosamente contro il mondo, la carne e le loro ribellioni, e, avendo superato in ambedue l'attrazione nata dalla simpatia dei sensi per gli oggetti dei sensi, preservarono dalla schiavitù la dignità delle loro anime.

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