Filocalia |
L'esperienza orante dei Padri, i cui testi sono raccolti nella Filocalia, è fondata su due direttive contenute nel Nuovo Testamento: una riportata dall'Evangelista S. Luca: "È necessario pregare sempre e non stancarsi" ( Lc 18,1 ), l'altra è l'affermazione di fede riferita nelle lettere ai Flippesi ( Fil 2,9-11 ): "A Lui ( Gesù Cristo ) Dio ha dato un nome superiore ad ogni altro nome.
Nel nome di Gesù ogni ginocchio deve piegarsi in cielo, in terra, sotto terra; ogni lingua dovrà affermare che Gesù è il Signore, "gloria di Dio il Padre".
Uno stretto legame unisce queste due direttive: la vita nuova, iniziata con Cristo, inserisce la coscienza in una sfera differente di esperienza, essa non vive più nel mondo ma in Cristo, l'unico Signore, l'unico spazio che dia possibilità di salvezza; pur vivendo in Cristo il credente rimane sempre attorniato dal male, dalle sollecitazioni dell'uomo vecchio: "il male mi circonda" ( Rm 7,21 ), la sua situazione è quella del guerriero in perpetua lotta con l'avversario che come leone affamato lo circuisce ( 1 Pt 5,8 ).
Questa realtà di perpetua guerra è richiamata dall'esortazione a pregare sempre, senza mai stancarsi.
Il cristiano che vuol vivere nella terra pura del nome di Gesù, non può deporre le armi essendo sempre provocato dalle insidie della Terra antica.
Nell'esperienza della Preghiera dell'invocazione del nome di Gesù, la consegna di "pregare sempre" diventa l'invocazione del nome del Salvatore, con cuore devoto e desiderio vivo di entrare nella terra pura e felice, liberandosi dalle opprimenti sollecitazioni terrene.
"Pregare senza stancarsi", potrebbe esser tradotta con maggior esattezza filologica e reale: pregare senza abbandonare le armi, senza disertare la lotta.
Nella Filocalia, la preghiera è vissuta come incessante combattimento contro le forze che vogliono impossessarsi dell'uomo per distruggerlo.
La preghiera è aspirazione ed ascesa, desiderio sconfinato di vita vera, di liberazione dagli impedimenti che ritardano l'apparizione dell'uomo nuovo.
Quindi lotta incessante di superamento, atto di coraggio indefesso senza ripiegamenti o stanchezze.
La vita, la verità, la libertà, l'amore patiscono violenza per essere conquistate, appartengono ai forti, ai coraggiosi, ai liberi da ogni forma di paura.
L'esercito nemico, che è in noi come il regno di Dio, è costituito
dalle forze animiche: l'illusione, l'ignoranza, l'avidità;
dalle forze corporee: avidità della forma concreta corporea; avidità del mangiare e del bere, desiderio di rimanere chiusi nella propria incoscenza, bramosia di spegnere la vita;
dalle forze del corpo passionale: avidità del possesso, del godimento, avidità di imporsi agli altri;
dalle forze della mente concreta; avidità di conoscere ciò che accresce la potenza personale, avidità del plauso dei propri simili, avidità di essere amato.
Quattro sono le avidità della mente astratta:
l'avidità di permanere nell'esistenza, come individuo e come gruppo,
l'avidità di essere onorato o gratificato, come si direbbe oggi,
l'avidità di essere eletto, prescelto a compimento di grandi o piccole missioni;
l'avidità di essere ricordato dai posteri.
Queste quattordici avidità stendono un fitto velo di ignoranza sullo spirito, i santi monaci esicasti hanno intrapreso un combattimento senza tregua contro di esse, per assurgere alla pienezza della vita, all'unione dell'uomo con Dio.
La preghiera senza interruzione per loro è stata un'ascesi totale e infaticabile, non la recitazione di una formula o di più giaculatorie.
Nella pienezza dello Spirito hanno raggiunto la piena verità dell'uomo religioso, e le loro parole e gesta sono un forte risveglio per quelle coscienze che le ricevono.
Il centro della loro preghiera è il Nome di Gesù, Nome inteso come realtà vivente e immanente alla coscienza, come il centro risanatore e trasfiguratore di tutto l'uomo.
L'invocazione è il supporto che salda la coscienza dell'orante con la presenza dell'Invocato.
L'invocazione diventa evocazione, la parola si trasforma in sacramento, la mente e il cuore dell'orante entrano in un rapporto d'osmosi con Gesù Cristo; ha inizio allora la redenzione, l'ascesa al nuovo stato di coscienza che si è compiuto in Cristo.
Il rapporto vivente tra la mente e il cuore dell'orante con Gesù Cristo, immanente nella vita, anche se raggiungibile con i sensi sottili dell'anima, distrugge tutte le forme-pensiero che attorno a lui sono state condensate dalla pietà cristiana, e introduce la coscienza nel fuoco vivo e trasformatore della presenza, fino a realizzare la possibilità dell'incontro con la sua silenziosa e percepibile realtà.
L'ascesi austera, il silenzio, l'invocazione costanti riducono la molteplicità della coscienza alla esperienza dell'unicità del proprio io in dialogo con la Parola eterna incarnata in Gesù Cristo.
In questo ardente colloquio, i santi monaci esicasti hanno infranto tutte le crisalidi, hanno preso in mano la loro vita e l'hanno avvicinata al fuoco centrale dell'Essere.
Per essi realizzare il cristianesimo ha voluto dire attuare l'attenzione, la comunione totale col principio, con l'anima della religiosità evangelica.
Per questo il loro messaggio è tuttora reale e sconvolgente.
Per essi la realtà immanente di Gesù Cristo, il suo Nome, è il centro radiante di tutta la manifestazione creata, ed è raggiungibile con la tensione costante dell'uomo totale verso il punto sorgivo della vita personale e di tutta la vita.
L'invocazione continua del Nome, invocazione cosciente e consapevole, ha condotto gli esicasti all'incontro con Cristo, il Figlio del Dio vivente, l'incontro li ha resi vivi della sua via che li ha resi testimoni del Risorto e della resurrezione della carne umana nella realtà della trasfigurazione in loro compiuta.
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