Filocalia

S. Giovanni Climaco

2. Di tutti coloro che sottopongono la loro volontà a Dio, il Signore è vita e salvezza; siano fedeli o infedeli, giusti o empi, santi o peccatori, liberi da passioni o soggetti ad esse, monaci o laici, saggi o indotti, sani o malati, giovani o anziani.

Come a tutti indistintamente appartengono la diffusione della luce, la presenza del sole, il succedersi delle stagioni.

Davanti a Dio non esiste preferenza di persone ( Rm 2,11 ) …

Monaco è lo stato e la condizione di quelle creature che, nella carne materiale ed effimera, sono libere dalle forze fisiche del corpo.

Monaco è chi ha il fisico purificato, la bocca monda, la mente illuminata … ( Grad. 1 ).

3. … Chi desidera allontanarsi dall'Egitto e fuggire dal dominio del Faraone, deve avere un qualche Mosè che sia mediatore tra lui e Dio, il quale inserendosi nelle sue azioni e contemplazioni, innalzi le mani a Dio e l'aiuti a traghettare il mare dei peccati … ( Grad 1 ).

9. Nessuno avrà parte al convito celeste se non ha compiuto la prima, la seconda e la terza rinuncia; cioè a tutte le cose terrene, alle persone, ai genitori, quindi alla propria volontà e infine, mediante l'obbedienza, la rinuncia alle gioie effimere … ( Grad. 2 ).

10. … Il sentirsi pellegrini sulla terra significa avere costumanze schive;

saggezza non clamorosa;

intelligenza libera dagli influssi della massa;

vita appartata;

meta verso l'invisibile;

pensiero interiore;

ricerca di vita semplice;

studio di povertà;

desiderio dell'amore divino;

pienezza di carità;

rinunzia all'amor proprio;

profondità di silenzio ( Grad. 3 ).

46. La conversione alla vita monastica è il rinnovamento del battesimo;

il patto con Dio di una vita nuova;

l'acquisizione dell'umiltà;

il bandire da sè, per sempre, ogni conforto terreno;

l'accusa di se stessi;

il non angustiarsi di preoccupazioni effimere.

Essa è figlia della speranza, la liberazione dalla sfiducia.

Il monaco accusando se stesso, diventa libero da ogni confusione.

La vita monastica è la riconciliazione con Dio mediante le opere buone, contrarie al peccato;

la purificazione della coscienza;

la volonterosa sopportazione delle sofferenze;

la ferma opposizione alle sollecitazioni del ventre;

l'affinamento della coscienza con una sensibilità più acuta ( Grad. 5 ).

58. Il costante ricordo della morte è un quotidiano morire il non dimenticare che dobbiamo passare all'altra sponda è mantenersi nello stato di trepida vigilanza.

Il paventare la morte è proprio della natura, l'averne orrore è segno di peccati non espiati.

Il Signore ebbe spavento della morte, non ne ebbe timore …

Il pane è il più necessario dei cibi, il ricordo della morte è la più utile di tutte le operazioni religiose …

Segno verace della presenza del ricordo della morte, nell'intimo senso del cuore, è il volontario distacco da ogni creatura e l'abbandono della propria volontà …

62. Il pianto secondo Dio, è l'orientamento dell'anima che fa cordoglio e del cuore distaccato dalle cose terrene e che, con impeto, cerca la bevanda che estingue la sua sete …

Il pianto è un pungiglione d'oro dell'anima spoglia di ogni legame ed affetto, in lei è piantato dalla santa mestizia per tenere vigilante il cuore …

Le operazioni di quelli che avanzano nella santa mestizia sono il dominio di sè e il silenzio delle labbra.

Chi ha compiuto passi avanti è libero dall'ira e dal risentimento i segni di chi è giunto alla perfezione della santa mestizia sono:

l'umiltà profonda;

la sete di non essere onorato;

la fame del patire;

il non giudicare i peccatori;

il partecipare, oltre le proprie forze, alla loro dolorosa vicenda …

70. … Le profondità del pianto vedono la consolazione; la mondezza del cuore riceve la illuminazione divina.

L'illuminazione è una forza ineffabile compresa da sensi non razionali, veduta da invisibile capacità percettiva.

La consolazione è un sollievo dell'anima distaccata dalle cose terrene, quando l'anima ha contemporaneamente gioia e pianto.

Il conforto è il rinnovamento delle forze interiori dell'anima, caduta in tristezza, e trasformazione del doloroso pianto in prodigiose lacrime di gaudio.

Il pianto che nasce dal pensiero della peregrinazione all'altra sponda partorisce il timore; dal timore nasce la sicurezza, e da essa la gioia.

Quando la gioia diviene duratura spunta il fiore dell'amore santo ( Grad. 7 ).

73. L'invulnerabilità all'ira è superamento della natura senza alcun sentimento di dolore per le ingiurie ricevute.

Essa è il frutto di lotte e sudori.

La non violenza, è un immobile stato dell'anima che rimane se stessa in mezzo agli onori e al disprezzo.

L'invulnerabilità all'ira, comincia col silenzio delle labbra quando il cuore è in tumulto; progredisce quando il pensiero rimane calmo nell'agitazione dell'anima; giunge alla perfezione quando la mente si conserva serenamente tranquilla sotto l'impeto dei venti nefasti.

Ira è il conservare la memoria di un'avversione occulta, come di un'offesa ricevuta.

Ira è il desiderio di nuocere a chi ci ha provocato.

L'iracondia è il subito infiammarsi del cuore;

l'amarezza è un movimento non piacevole che prende dimora nell'anima;

il furore è un mutamento non permanente che trasforma le buone costumanze in moti d'animo riprovevoli.

Come le tenebre si dileguano all'apparir del sole, così il buon odore dell'umiltà mette in fuga ogni amarezza e agitazione … ( Grad. 8 ).

75. … Il canto della salmodia, quando il suo ritmo è armonioso, discioglie l'ira; se la sua esecuzione segue il capriccio di chi canta diventa stimolo alla sensualità.

Facciamone uso seguendo con cura la disciplina del ritmo …

Ho sentito, trovandomi fuori della mia cella per certi lavori, dei solitari che dentro il loro abituro strepitavano come ghiandaie, presi da ira e furore, quasi stessero di fronte a chi li aveva offesi.

Ad essi con umiltà consigliai di abbandonare la solitudine, altrimenti si sarebbero trasformati in diavoli ( Grad. 8 ).

76. Se vuoi levare il bruscolo dagli occhi altrui, o immagini di poterlo fare, guarda di non far uso di una trave invece della leggera sonda.

La trave sarebbe la parola aspra; i modi bruschi; la sonda invece è l'ammonimento calmo, la riprensione benevola.

È scritto: "Riprendi, rimprovera, esorta" ( 2 Tm 4,2 ), ma non: "percuoti" … ( Grad. 8 ).

80. Il non dimenticare le offese ricevute è la continuazione dell'ira;

conservatrice dei peccati;

nemica della giustizia;

rovina di ogni virtù;

veleno dell'anima;

tarlo della mente;

confusione della preghiera;

distrazione dello stato di preghiera;

alterazione dell'amore;

chiodo piantato nell'anima;

sentimento sterile di voluttuosa ricerca dell'amarezza;

peccato difficile ad esser rimosso;

insonne iniquità;

malvagità perenne.

Il vizio più tenebroso e la passione più triste tra le cattive tendenze che sono prodotte dai vizi, o che generano vizi o che non producono vizi …

Colui che fa cessare in sè l'ira, ha sradicato il ricordo delle offese patite; ma finchè perdura la causa non cessano le conseguenze.

Chi possiede l'amore estingue il desiderio di vendetta; chi nutre le inimicizie accresce inutili travagli … ( Grad. 9 ).

83. Il parlar male degli altri nasce dall'odio; malattia sottile questa, sanguisuga grossa, nascosta e introvabile, consuma l'amore succhiandone il sangue; ipocrisia dell'amore, accresce le piaghe e i pesi del cuore e ne scaccia la mondezza …

Sentii parlare dei detrattori e li corressi; per difendersi, questi marioli, mi dissero che lo facevano per amore, volendo correggere colui del quale parlavano male.

Finitela, dissi, con questo amore, altrimenti rendete bugiardo Colui che ha detto: "Perseguirò chi parla del suo prossimo di nascosto" ( Sal 101,5 ).

Se affermi di amare uno, prega per lui segretamente, e non lo vituperare; questo è il modo di amare secondo Dio … ( Grad. 10 ).

84. … Fra le vie che conducono al perdono dei peccati la più breve è il non giudicare: "Se non giudicate non sarete giudicati" ( Mt 7,1 ).

L'acqua è contraria al fuoco, il giudicare è contrario a chi vuol far penitenza.

Anche se tu vedessi uno commettere peccati in punto di morte, non devi condannarlo il giudizio di Dio è ignoto agli uomini … ( Grad. 10 ).

86. … La loquacità è la cattedra della vanagloria, da dove si mette in mostra e pomposamente recita.

La loquacità è segno sicuro di ignoranza; porta alla detrazione; conduttrice del vacuo parlare mondano; ancella della menzogna.

Essa disperde il raccoglimento pensoso chiama la dissipazione;

prepara l'assopimento spirituale;

dissipa la concentrazione;

distrae la vigilanza su se stessi;

raggela l'intimo fervore;

rende opaca la preghiera.

Il silenzio praticato coscientemente, è padre di preghiera; liberazione della schiavitù mentale; custode del fervore.

Esso vigila sui pensieri; è occhio aperto sulle mosse dei nemici; dimora custodita della compunzione.

Ama le lacrime; custodisce la memoria della morte, dipinge le punizioni del peccato, indaga la verità del giudizio estremo.

È amico della santa mestizia; nemico della presunzione; compagno della vita solitaria; contrario alle pose da maestro; dono fecondo di conoscenza spirituale.

Maestro dei pensieri contemplativi; guida in maniera impercettibile all'arcana ascesa in Dio ( Grad. 11 ).

87. … Chi ha gustato il profumo dell'eccelso fuoco, fugge la conversazione umana come ape il fumo … ( Grad. 11 ).

88. Figlio della selce e dell'acciaio è il fuoco; figlia della loquacità mondana è la menzogna.

Oscuramento dell'amore, la menzogna; rinnegamento di Dio, il giuramento falso …

Conosco alcuni che si fanno vanto del mentire, e provocano le risa col loro leggero parlare; ed estinguono negli ascoltatori i motivi del pianto di penitenza.

Ogni volta che gli spiriti del male ci vedono pronti a fuggire, come da peste, l'audizione del parlar faceto, interrompendo il molesto parlare, tentano d'ingannarci con questi due sottili suggerimenti: "Non far villania a chi sta parlando", "non mostrarti più amante delle cose divine degli altri!".

Tu, invece, vattene senza indugio, se no nel tempo della preghiera torneranno alla tua memoria le buffonate ascoltate … ( Grad. 12 ).

89. … Il bambino non sa cosa sia la menzogna; l'anima purificata dal male è aliena dal mentire … ( Grad. 12 ).

90. … L'accidia è l'insensibilità dell'anima;

indebolimento mentale;

negligenza nell'impegno ascetico;

odio della vita religiosa;

esaltazione della vita mondana;

accusa mossa a Dio di durezza e di odio verso la natura umana;

l'accidia rende il monaco stonato nel canto dei salmi;

fiacco nella preghiera;

gagliardo nell'azione;

nelle attività concrete instancabile;

ma poco docile nell'obbedire a Dio.

Il vero obbediente a Dio ignora l'accidia, e attraverso le cose sensibili si muove sicuro verso le realtà interiori … ( Grad. 13 ).

91. I moti delle altre passioni son distrutti dalla virtù a loro contraria; l'accidia è per il monaco una morte che intero l'avvolge.

L'anima virile riporta a vita la mente morta per l'accidia; essa e l'ozio sperperano i talenti che uno può avere.

… Chi ha coscienza del proprio peccato, non sa cosa sia l'accidia ( Grad. 13 ).

93. … La gola è la simulazione del ventre, il quale quando è satollo, grida di aver ancora fame, e, quando è stato riempito fino a scoppiare, continua a gridare di aver bisogno di mangiare.

La gola è acuta inventrice di cibi raffinati, scaturigine di piacevole diletto.

Se vieni a domare la vena della sensualità, essa cerca di scoppiare di nuovo per mezzo della gola; se vinci, la gola tuttavia rinasce.

La gola è un inganno teso alla vista; anche quando mangia con misura, divora con gli occhi quanto ha davanti a sè.

La sazietà del cibo genera la sensualità; il controllo del ventre è seguito dalla castità.

La mano accarezzando il leone può renderlo mansueto, ma se liscia il corpo lo rende più selvatico … ( Grad. 14 ).

97. … Il figlio primogenito della gola è il demone impuro.

Il secondo dopo di lui è l'indurimento del cuore, terzogenito il sonno, seguito da un'inondazione di pensieri disordinati e da ondate di laide fantasie …

Dalla gola nascono l'ozio;

il vano parlare;

l'insolenza;

il riso insulso;

la litigiosità;

lo spirito di contraddizione;

l'ostinatezza;

l'intrattabilità;

l'insensibilità;

la schiavitù dell'anima;

la spacconeria;

la sfrontatezza;

l'amore per i cosmetici.

Ad essi fanno seguito la preghiera agitata; il turbinio del fantasticare; le cadute impreviste; in fondo la disperazione, la più grave di tutti.

Il ricordo dei peccati commessi, pur non riuscendo a vincerla, fa buona guerra alla gola; il pensiero della morte le si oppone molto bene.

Chi ha ricevuto il dono dello Spirito Santo, può muover guerra alla gola e sperare di riuscire a frenarla con la preghiera.

Chi non ha gustato la soavità dello spirito cerca di essere inondato dalla sua dolcezza ( Grad. 14 ).

98. La castità è somiglianza con le creature incorporee; superamento della natura in un modo soprannaturale; emulazione paradossale delle creature incorporee fatta dalla carne mortale e corruttibile.

Puro è colui che allontana l'amore con l'Amore, e spegne il fuoco con il fuoco non terrestre … ( Grad. 15 ).

99. … Nessuno, di quanti sono impegnati nel conseguire la castità, pensi di poterla raggiungere con le sue proprie forze; vincere la stessa natura non è tra le cose possibili.

Ovunque c'è una vittoria sulla natura, lì appare la presenza di Colui che è sopra la natura, il migliore supera l'infimo …

Chi conduce la battaglia con laboriose fatiche, è simile ad uno che lega il nemico con un giunco; chi combatte con il dominio di sè e con la veglia, è simile ad uno che incatena l'avversario; chi, infine, si oppone con umiltà, la dolcezza e il non bere è simile a chi sopprime il nemico e lo nasconde nella sabbia.

La sabbia è l'umiltà che non nutre erbe di passioni e non è altro che terra e polvere … ( Grad. 15 ).

103. Quando ci stendiamo nel nostro giaciglio dobbiamo essere vigilanti, perchè la mente, da sola, senza il corpo, combatte contro i demoni; se è fragile di fronte alla sensualità, facilmente diverrà traditrice.

Con te si stenda sul giaciglio il pensiero costante della morte e insieme a te sorga, unito all'invocazione di Gesù.

Non troverai, durante il sonno, aiuti più validi di questi ( Grad. 15 ).

112. … L'avarizia è il culto portato agli idoli; figlia della mancanza di fede; scusa di chi è debole d'anima; indizio di invecchiamento; prevedendo carestie e preannunciando siccità, stimola ad accumulare.

L'avaro è dispregiatore dell'Evangelo.

Chi possiede l'amore, distribuisce le ricchezze, chi cerca di tenere l'uno e le altre inganna se stesso …

Non dire che metti da parte le ricchezze per aiutare i poveri; il Regno dei Cieli può essere comprato con due spiccioli ( Lc 21,4 ).

S'incontrarono un avaro ed un generoso nel dare, l'avaro chiamò incosciente l'altro!

Chi ha vinto questa passione, è libero da preoccupazioni; chi è vincolato ad essa non raggiungerà mai l'orazione pura.

L'avarizia comincia col pretesto di accumulare per fare elemosine; finisce con l'odiare i poveri.

Finchè uno ammassa denaro si sente misericordioso; quando ha fatto un buon gruzzolo tien chiuse le mani … ( Grad. 16 ).

113. La povertà è deposizione d'ogni sollecitudine; serenità di vita; cammino senza ostacoli; fedele adempimento dei comandi evangelici; liberazione da ogni amarezza.

Il monaco povero è signore dell'universo; affida al Signore ogni sua preoccupazione; mediante la fede ha a suo servizio tutte le creature.

A nessuno dice la sua penuria; ogni cosa che gli e offerta la riceve come venisse dalla mano del Signore.

Chi intraprende il cammino della povertà diviene figlio del distacco; stima le cose che ha come non fossero; quando inizia la vita solitaria le reputa sterco.

Chi rimpiange alcunchè non è libero dal demone del possesso … ( Grad. 17 ).

115. L'apatia esteriore ed interiore avviene quando le capacità sensitive muoiono per diuturno malore e per trascuratezza che ottunde.

L'apatia è trascuratezza abituale; torpore mentale; nasce dalla presunzione; ostacola il coraggio; trascura il pentimento dei peccati ed apre la porta alla disperazione.

È madre della dimenticanza, la quale a sua volta accresce la apatia; infine essa fuga il timor di Dio.

L'apatico è un filosofo stolto, espositore di testi sacri che lo condannano.

È un avvocato che sostiene la parte avversa; un cieco che insegna agli altri a guardare; parla del modo di guarire le piaghe, e non smette di irritarle.

Parla dei cibi che nuocciono all'infermità e non cessa di mangiarli.

Depreca i suoi peccati e continua a commetterli … ( Grad. 18 ).

116. … Persevera nella meditazione del giudizio ultimo, vegliando a lungo, forse l'apatia si allontanerà alquanto da te … ( Grad. 18 ).

118. … L'occhio vigilante rende pura la mente, il troppo sonno accieca l'anima.

Il monaco vigilante è nemico della lussuria, mentre il sonnolento ne è l'amico.

La veglia notturna rompe l'incendio carnale, libera dai sogni inquinanti.

L'occhio umido di pianto, il cuore non violento sono la vigile custodia ai pensieri, il fuoco che brucia l'avidità dei cibi, i domatori degli spiriti del male, il freno alla lingua, i vincitori dell'inutile fantasticare … ( Grad. 20 ).

119. … Il sonno protratto causa l'ignoranza di se stessi, la vigilanza purifica la memoria.

La ricchezza dell'agricoltore nasce nell'aia e nella cantina; l'abbondanza della conoscenza dei monaci viene dalle meditazioni e preghiere vespertine e notturne … ( Grad. 20 ).

120. Il molto sonno è una mala compagnia, deruba i negligenti di metà del tempo della loro vita.

Il monaco inetto è ben sveglio durante le inutili conversazioni, quando giunge il tempo della preghiera sente le palpebre pesanti.

Il monaco mondano è ben dotto nel vano ciarlare, quando arriva l'ora della lettura, dal sonno, non riesce a vedere le lettere scritte.

Al suono della tromba finale i morti risorgeranno; basta incominciare un discorso vacuo per vedere i monaci sonnacchiosi farsi attenti e svegli … ( Grad. 20 ).

121. … La paura è mancanza di plenitudine di fede; l'anima orgogliosa è schiava della pusillanimità; avendo solo in se stessa fiducia, teme perfino del rumore e dell'ombra delle altre creature …

Chi è soggetto alla paura è sempre un superbo, quantunque non si possa affermare che sempre sia un umile chi non ha paura, infatti i ladri che vanno a depredare i sepolcri di notte sono impavidi.

Non t'incresca di andare di notte in quei luoghi che t'ispirano terrore, altrimenti invecchierà in te questa ridicola e puerile agitazione.

Andando in tali luoghi, armati di preghiera, sollevando le mani verso l'alto combatti percuotendo il nemico col nome di Gesù.

Non esiste nè in cielo, nè in terra un'arma più potente di questa … ( Grad. 21 ).

122. … La vanagloria, in se stessa, e rovesciamento dell'ordine naturale, corruzione dei costumi conformi a natura e sostentamento dei propri difetti.

Secondo i suoi effetti essa è dispersione di energie, perdita di faticosi travagli, attentato al prezioso tesoro dell'anima.

Nasce dalla mancanza di fede, precede la superbia, è naufragio nel porto.

La vanagloria è come la formica nell'aia, è animaletto minimo che insidia tutto il frutto della fatica laboriosa ( Grad. 22 ).

123. Il ricercatore di gloria umana è un fedele idolatra, sembra un uomo devoto invece si studia di piacere agli uomini, non a Dio.

Chiunque cerchi la propria gloria è un vanaglorioso.

Il digiuno del vanaglorioso è senza ricompensa e la sua preghiera è fuor di posto, ognuna di queste cose ci fa per raccattar lode dagli uomini.

L'asceta che ricerca il plauso è doppiamente sbagliato: consuma il suo corpo e non riceve il premio che accompagna la macerazione … ( Grad. 22 ).

124. … Quando giunge al monastero qualche potente del mondo la vanagloria si risveglia e stimola i frati vanitosi a andargli incontro, li persuade a prostrarsi ai suoi piedi, cosicchè pieni di superbia son rivestiti di apparente umiltà.

Li ammaestra ad avere comportamento e voce appropriata, dirige il loro sguardo verso le mani degli ospiti nell'attesa di qualche donativo, insegna loro di appellare i visitatori con i titoli di signori e di benefattori che, insieme a Dio, sostentano la loro vita di monaci.

Alla mensa, la vanagloria esorta i frati a mangiar poco, ad esser severi con gli inferiori.

In coro rende zelanti i pigri; dà voce agli stonati; sveglia i sonnacchiosi.

Consiglia di adulare il maestro cantore chiamandolo col nome di padre e di maestro, per avere le parti più rilevanti del coro; e tutto questo finchè ci sono dei visitatori presenti … ( Grad. 22 ).

125. … Un monaco, di quelli che vedono acutamente la realtà, narrò una cosa che egli stesso aveva veduta: "Stando io una volta in un raduno di frati, vennero i demoni della superbia e della vanagloria mi si misero vicini, uno a destra l'altro a sinistra.

Uno mi toccò nel fianco col dito della vanagloria, esortandomi a raccontare agli altri frati qualche visione o qualche opera strepitosa da me compiuta nella solitudine.

Lo cacciai dicendo: 'Siano respinti quelli che vogliono il mio male' ( Sal 40,15 ).

L'altro demone che stava alla mia sinistra fu subito a sussurrarmi: 'Bravo! hai fatto bene, e sei stato grande nel vincere la mia madre sfrontata!'

Pronto, gli lanciai contro la freccia della parola divina dicendo: 'Siano respinti e umiliati quelli che mi dicono: bravo! bene!' ), ( Sal 40 ), ( Grad. 22 ).

127. … La superbia comincia dove finisce la vanagloria; la regione intermedia è il disprezzo del prossimo, l'ostentazione invereconda delle proprie opere, l'amore cordiale per le lodi, l'avversione delle riprensioni … ( Grad. 23 ).

128. … Non aver fiducia in te stesso, fintanto che Dio non abbia pronunciato la tua sentenza.

Ci fu uno che già era assiso alla mensa nella sala del banchetto e venne, legato mani e piedi, gettato nella tenebra esteriore ( Mt 22,13 ).

Non andare in giro con la testa alta essendo tu fatto di polvere della terra; molti precipitarono dal cielo, ed erano santi ed incorporei ( Grad. 23 ).

129. Veramente monaco è chi ha l'occhio della mente lontano da ogni iattanza ed è invulnerabile ai movimenti della sensibilità fisica.

Monaco è colui che provoca i demoni, come fossero belve, quando si allontanano da lui.

Esser monaco vuol dire aver la mente in continuo rapimento per le realtà del cielo, ed incessante tristezza per il presente mondo delle apparenze.

Monaco è operare virtuosamente ed essere alieno dai piaceri.

Monaco è luce senza tramonto che illumina il cuore.

Abisso di umiltà è il monaco, in lui precipita e soffoca ogni spirito del male …

Il frate superbo non ha bisogno di demoni, ha sè medesimo avversario e nemico.

Come le tenebre sono aliene dalla luce, così il superbo è contrario ad ogni virtù.

Nel cuore superbo nascono parole blasfeme, visioni celesti nel cuore dell'umile.

Il ladro ha in odio il sole, il superbo disprezza i miti ( Grad. 23 ).

134. Il lume dell'aurora precede il sole, la non violenza appare prima di ogni umiltà.

Ascoltiamo la luce che ordinatamente dispone queste virtù: "Imparate da me che sono non violento e di cuore umile" ( Mt 11,29 ).

È necessario che prima siamo rischiarati dalla luce dell'aurora poi illuminati dal Sole …

La non violenza è uno stato di immutabile pace della mente, sia negli onori come nelle avversità.

Il non violento prega per il suo prossimo con cuore calmo e sincero, anche quando viene contrariato.

La non violenza è un alto scoglio che si erge nel mare dell'ira, le onde contrarie, in lui s'infrangono e mai il suo vertice cede all'impeto.

La non violenza è il sostentamento della pazienza, la porta dell'amore, la base del discernimento degli spiriti: "Ai non violenti - dice il Signore - insegnerà la sapienza le sue vie" ( Sal 25,9 ).

È ancella del perdono, fiducia nell'ora della preghiera, terra di riposo per lo Spirito Santo, come disse il profeta: "Sopra di chi riposerà il mio sguardo" se non nell'uomo non violento e pacificato? ( Is 66,2 ), ( Grad. 24 ).

135. L'anima non violenta è il riposo della semplicità; l'anima iraconda è operatrice di male.

L'anima semplice, viene nutrita con le parole della sapienza: "Il Signore conduce i non violenti verso la giustizia" ( Sal 25,9 ), o meglio verso il discernimento degli spiriti.

L'anima che possiede la rettitudine è consanguinea dell'umiltà; l'anima malvagia è serva della superbia.

Le anime dei non violenti saranno saziate in conoscenza; la mente del violento è abitazione di tenebre e d'ignoranza ( Grad. 24 ).

141. L'anima tua non sia come torrente d'acqua viva che ora scorre e ora si prosciuga per l'ardore della superbia.

Sia l'anima tua una fonte perenne di non passionalità e un fiume inesausto di povertà …

La penitenza innalza l'uomo, il salutare pianto lo fa bussare all'ingresso del cielo, la santa umiltà ne apre la porta …

Una cosa è salire in superbia, altra cosa è non salire in superbia, ed altra cosa è possedere l'umiltà.

Il primo è sempre pronto a giudicare; il secondo non giudica, e neppure se stesso condanna; il terzo, pur non cadendo sotto alcuna condanna, si reputa sempre responsabile del male che avviene.

Una cosa è l'avere l'umiltà, altra il cercare di essere umili, altra cosa ancora fare il panegirico di chi è umile.

La prima è propria dell'uomo religiosamente maturo; la seconda è lo stato di chi s'incammina verso la perfezione la terza è propria a tutti i fedeli.

L'uomo interiormente umile, non viene depredato dalle labbra, la sua bocca non mette mai in pubblico le merci che non ha.

Il cavallo che galoppa solitario, spesso pensa di andar molto veloce, quando è in corsa con altri cavalli, appare la sua lentezza.

Indizio di salute è quando il pensiero non si compiace dei doni naturali; finchè si fa sentire il cattivo odore della superbia, non è possibile gustare l'aroma dell'umiltà.

Quest'ultima dice: "Chi mi ama non compie violenze, non giudica, non desidera comandare; non si perde in sofismi, finchè rimane a me unito.

Per chi è unito a me non esiste legge ( Grad. 25 ).

144. … La contrizione è cosa diversa dalla conoscenza di se stessi ed ambedue differiscono dall'umiltà.

La contrizione nasce dalla caduta nel peccato, colui che peccando cade diventa contrito pentendosi e, quando prega, se ne sta con lodevole rossore, privo di fiducia in se stesso, appoggiato al bordone della speranza, col quale mette in fuga il cane della disperazione.

La conoscenza di se stessi è la chiara consapevolezza delle proprie possibilità, la sua memoria e la valutazione delle proprie colpe, anche delle più insignificanti.

L'umiltà è l'insegnamento proprio di Cristo, comprensibile da chi è mentalmente degno; stabilisce la sua dimora nuziale nella parte più riposta del cuore e non può esser definita con parole sensibili …

I veri umili non si curano dello stupore che le loro opere possono produrre negli uomini, avendo ricevuto, in maniera invisibile, mediante la preghiera la capacità di comunicare a tutti la loro pienezza interiore.

Chi teme lo stupore altrui, mostra di esser privo della capacità di aiutare gli altri.

Quando Dio è pronto ad esaudirci, tutto ci è possibile.

Ama rattristare gli uomini piuttosto che Dio; Egli gioisce quando ci vede affrontare il disonore, per distruggere la nostra vana presunzione …

La vera peregrinazione dal mondo è accompagnata da forti battaglie; ed operazione di magnanimi è sopportare ingiurie da chi ci è vicino.

Non ti stupire di ciò che ho detto, nessuno può raggiungere il fastigio della scala della perfezione con un sol passo.

Perchè il nostro nome è scritto nel cielo dell'umiltà, e non perchè abbiamo il dominio degli spiriti del male, gli uomini vedranno in noi dei figli di Dio … ( Grad. 25 ).

146. … Le forze dalle quali l'umiltà trae alimento e i suoi sentieri ( non i segni di riconoscimento ) sono:

la povertà;

l'isolamento dal mondo;

il non rilevare le segrete conoscenze;

il parlare con semplicità;

il mendicare elemosina;

il tener nascosta la propria origine;

l'abbandono di ogni sfrontatezza;

la fuga del molto parlare.

Niuna cosa rende umile l'anima quanto la povertà e la vita mendica.

Allora apparirà la nostra sapienza e il nostro amor di Dio, quando potendo avere i primi posti nel mondo ci allontaniamo decisamente da essi …

Chi possiede l'umiltà può camminare immune sul peccato e la disperazione, sul demone e il dragone del proprio corpo … ( Grad. 25 ).

147. Il discernimento nei principianti, è la vera conoscenza di se stessi.

In quelli che progrediscono, è la sensibilità mentale di separare senza errore il bene spirituale dal bene della sfera fisica.

In coloro che hanno raggiunto la perfezione, il discernimento è una forma di conoscenza che proviene dalla divina illuminazione che rende chiare anche le altrui tenebre.

Parlando in modo più energico, il discernimento è l'apprensione in ogni tempo, luogo e operazione della volontà di Dio, e questo è possibile a chi ha puro il cuore, il fisico e la parola. ( Grad. 26 ).

159. … Non cerchiamo, per eccesso di desiderio, di volere i frutti prima del loro tempo, nell'inverno il frutto estivo o la messe all'epoca della semente.

C'è l'ora della laboriosa seminazione e quella del raccolto grazioso …

Alcuni ricevono la ricompensa della loro laboriosa ricerca di purificazione all'inizio del loro cammino, altri durante il percorso, altri infine all'ora della morte, tutto questo per una disposizione ineffabile di Dio.

Possiamo soltanto domandarci quale di queste vie rende l'uomo più umile ( Grad. 26 ).

177. … Il raccoglimento silenzioso del corpo si ha nella conoscenza e moderazione delle abitudini e della sensibilità; quello dell'anima è nel discernimento dei pensieri e nella mente incontaminata.

Amico del raccoglimento silenzioso, è il pensare virilmente e con distacco; tale modo di pensare vigila alla porta della nostra interiorità allontanando e disperdendo tutto ciò che porta alla dissipazione.

Chi silenziosamente è raccolto nella sensibilità interiore, comprende ciò che dico; chi è ai primi passi ne rimane indifferente.

Il conoscitore della quiete non ha bisogno di parole, è illuminato dalla realtà che le parole vogliono descrivere. ( Grad. 27 ).

178. Il raccoglimento silenzioso, comincia col rimuovere il tumulto che sconvolge il profondo dell'anima; giunge alla perfezione quando non paventa più l'agitazione e non si cura di essa, come non fosse.

L'amante del silenzio, uscendo con il corpo fuori della cella, non esce dal suo silenzio interiore, è del tutto mite ed abitacolo di amore, tardo a prender la parola, invulnerabile all'ira … ( Grad. 27 ).

179. Grande è la profondità delle parole sacre, la mente dell'uomo consacrato alla solitudine non può affrontarle senza pericolo.

Come non è sicuro nuotare vestito in mare, così chi ha delle passioni in cuore non può avventurarsi nelle parole divine.

La cella dell'uomo solitario, è il corpo che lo circoscrive; ma dentro possiede il sacrario della conoscenza.

Chi soffre di infermità dello spirito e tenta la vita del raccoglimento, è simile ad uno che dalla nave si getta in mare per raggiungere il porto su una tavola.

Quelli che lottano contro la propria carne a suo tempo incontreranno la pace; purchè abbiano avuto in sorte un buon pastore.

L'uomo che affronta da solo il cammino religioso, deve possedere il vigore degli Angeli.

Il monaco pacificato nel silenzio è la terrena immagine degli Angeli …

La sua orazione è libera da pusillanimità e negligenza.

Il vero solitario può gridare con efficacia al Signore: "Pronto è il mio cuore, o Dio!" ( Sal 57,8 ).

Solitario è colui che può dire: "Io dormo ed il mio cuore vigila!" ( Ct 5,2 ).

Al corpo tieni ben chiusa la porta della tua cella; conserva sigillate le labbra al vano parlare; chiudi il segreto introito del cuore agli spiriti del male.

La bonaccia del mare e il calore meridiano del sole rivelano la capacità di sopportazione del marinaio; la penuria delle cose necessarie manifesta la resistenza del solitario.

Il primo, per impazienza, si getta a nuoto nel mare; il secondo, preso dallo scoramento, torna all'inutile parlare con la mente.

Non paventare lo strepito degli spiriti del male, il solitario che conosce il pianto non è turbato da paura alcuna … ( Grad. 27 ).

189. Una sola è la realtà della preghiera, grandi sono le varietà e le manifestazioni sue.

Alcuni si rivolgono a Dio, come ad amico e Signore, e Gli offrono il canto e la supplica non per se stessi, ma per altrui; altri domandano l'abbondanza di doni spirituali, la grazia e una più ferma fiducia; altri chiedono la perfetta liberazione dalle insidie del maligno; c'è chi chiede una qualche grazia, chi il perdono dei propri debiti, chi la liberazione dal carcere, chi la liberazione da ogni imputazione a condanna eterna …

Non preoccuparti, nella preghiera, delle parole; spesso il semplice e disadorno balbettio dei fanciulli ha placato il Padre che è nei cieli, nè cercare i lunghi discorsi nell'orazione, correresti il rischio di dissipare la tua mente.

Una sola parola del pubblicano piegò Dio a misericordia. ( Lc 18,13 ); il ladrone trovò la salvezza con una sola parola di fede ( Lc 23,42 ).

Il molto parlare, spesse volte distrae la mente, riempiendola di fantasticherie; le poche parole aiutano il raccoglimento.

Quando una parola ti riempie di soavità e di pace, fermati su di essa: l'Angelo è presente e sta pregando con te … ( Grad. 28 ).

194. … Libero dalle passioni è chi, purificata la sua carne da ogni macchia, distacca la mente da ogni legame con le creature e sottomettendo ad essa la sua sensibilità, tiene la sua anima, vincendo ogni limite naturale davanti a Dio sempre …

195. … È libero dalle passioni chi sente verso la bontà quel fascino che i non liberi sentono per il vizio … ( Grad. 30 ).

197. Scopo tutte le cose che abbiamo detto, rimane da parlare delle tre virtù che sono il vincolo e il fastigio di tutte le altre: la fede, la speranza, l'amore …

Esse mi appaiono così: la prima come un raggio che illumina, la seconda come una fiamma luminosa, la terza come un lucente cerchio.

Unico è lo splendore e la chiarità di tutte.

Alla prima tutto è possibile ( Mc 9,22 ); la seconda avvolge la misericordia divina e non lascia nella confusione chi la possiede ( Rm 5,5 ); la terza non vien mai meno, nè mai cessa di avanzare, nè lascia posar mai chi da questa beata follia è stato vulnerato … ( Grad. 30 ).

199. Quando l'uomo sarà del tutto unito all'amore divino, allora esteriormente nella sua carne, come per uno specchio, apparirà l'interiore chiarità dell'anima …

L'accrescersi del timor di Dio segue l'inizio dell'amore; il culmine della purificazione raggiunta è il dono di parlare di Dio.

Chi tiene le sue capacità percettive intimamente unite a Dio, sarà ammaestrato dalle parole che vengono da Lui; difficile è parlare di Dio a chi non ha raggiunto la comunione con Lui.

Quando il Verbo divino scende nell'anima vi porta la perfetta innocenza, uccidendo ogni energia di morte con la sua presenza.

Annientato ogni germe di morte il discepolo della parola divina, raggiunge l'illuminazione …

Chi non conosce Dio parla di lui per congetture; l'innocenza sola rende l'uomo capace di parlare di Dio e atto a penetrare nelle verità della SS. Trinità.

Chi ama Dio ama il suo prossimo; anzi questo secondo amore è dimostrazione del primo … ( Grad. 30 ).

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