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L'Islam conosce una tecnica di preghiera che richiama, nelle sue linee generali, l'invocazione del Nome nell'Esicasmo; è designata con il termine dhikr, memoria, ricordo, concentrazione nell'invocazione di Allah.
Essa è praticata da gruppi di credenti che si riuniscono per esercitarla insieme, oppure da solitari.
La pratica collettiva, il dhikr dell'uomo comune, vien consigliata ai principianti, a chi ancora non ha superato l'aspetto formale, il guscio esteriore, della religiosità; quella solitaria, il dhikr dei privilegiati, è praticata da chi è avanti nel cammino della preghiera.
Al-Ghazali nel suo scritto "Il ravvivamento delle scienze religiose", ne espone lo scopo e il metodo.
"Quando Dio, l'Altissimo, che si è riservato il potere di dirigere il cuore diffonde su di esso la sua Misericordia la luce vi si accende, il petto si dilata, il segreto dei Regno gli è rivelato, il velo che l'accecava si lacera davanti ai suoi occhi, per opera della misericordia divina, e le realtà divine risplendono in lui.
Il credente può soltanto predisporvisi, usando la purificazione liberatrice, risvegliando in sè il desiderio di queste cose, la volontà sincera, la sete totale, la vigilanza attenta nella costante attesa di ciò che l'Altissimo gli rivelerà della Misericordia.
I profeti e i santi, raggiunsero la rivelazione di queste realtà, non attraverso lo studio o il lavoro intellettuale, nè con lo scrivere dei libri; ma mediante la rinuncia al mondo per condurre una vita ascetica, distaccandosi dai suoi legami svuotando il cuore dalle preoccupazioni terrene, avvicinandosi all'Altissimo con un totale impegno spirituale.
Chi si offre a Dio, Dio si offre a lui".
I sufi affermano che la via che conduce a questa meta consiste avanti tutto a rompere con tutti i legami del mondo, a svuotare il cuore di ciò che appartiene al mondo, cessando di preoccuparsi della famiglia, delle ricchezze, dei figli, della patria, come della scienza, dell'autorità, dell'onore, fino a raggiungere uno stato in cui l'esistenza o la non esistenza delle cose gli sono indifferenti.
In seguito, l'uomo che intraprende questo cammino, si ritira, solo con se stesso, in una cella, limitandosi a compiere i precetti e i doveri religiosi d'obbligo; col cuore si concentra in un solo desiderio; non disperde il pensiero nelle letture del Corano, o dei commenti, o dei libri tradizionali, o di cose simili.
Il suo sforzo è teso a non accogliere altro pensiero che non sia quello di Dio.
"Dopo essersi seduto nella cella, ripete continuamente, concentrandosi sul cuore, con le labbra Allah, Allah.
E questo fino a che non raggiunga uno stato in cui, interrompendo il movimento della lingua, vede l'invocazione fluire spontanea sulle sue labbra.
In seguito vedrà dileguarsi ogni traccia di suono e sentirà il cuore ininterrottamente applicato alla ripetizione del Nome.
Perseverando arriverà a cancellare dal cuore anche l'immagine della locuzione, delle lettere e della forma del nome, nel cuore gli rimarrà solo il senso presente e inserito in lui in maniera tale che più l'abbandonerà.
È in potere dell'orante di arrivare a questo limite, di far continuare questo stato respingendo le tentazioni; non è invece in suo potere attrarre a sè la Misericordia dell'Altissimo Dio.
Con la sua azione si mette nella condizione di ricevere il soffio della Misericordia divina, fatto questo il suo compito è di attendere ciò che Dio, l'Altissimo, vorrà rivelargli della sua Misericordia, come ha fatto con i Profeti e i Santi.
Gli splendori della verità brilleranno nel cuore del Sufi la cui volontà è sincera, puro lo sforzo spirituale, perfetta la vigilanza; purchè non si lasci trascinare dalle passioni nella via opposta, nè sia preoccupato dalle inquietudini del mondo.
Agli inizi sarà un rapido lampo, passeggero, che può ritornare.
Quando ritorna, alle volte rimane a lungo, altre passa rapidamente, quando rimane qualche volta la sua presenza si prolunga, altre volte non si prolunga.
Le illuminazioni successive possono essere simili alle prime, e si succedono le une alle altre, oppure possono manifestarsi in una sola forma.
Queste manifestazioni sono svariate e multiformi, come innumerevoli sono le differenze dei temperamenti e dei caratteri del santi.
In ultima analisi questa via, per quanto ti riguarda, può esser ricondotta alla purezza perfetta, alla purificazione e chiarezza interiore: quindi a tenersi pronto e a saper aver pazienza.
Nel dhikr collettivo l'invocazione di Allah è preceduta da una liturgia diretta da un maestro, sheikh, o da un suo delegato, mugaddam.
I testi usati variano secondo le assemblee, in linea generale esse sono così organizzate: recita di preghiere coraniche, specialmente la Fatiha: "Nel nome di Allah, Colui che fa misericordia, il Misericordioso, il Re del Giorno del Giudizio.
Te adoriamo, Te soccorrevole imploriamo.
Guidaci sul retto cammino: il cammino di quelli che ricolmi dei tuoi doni, non quello di chi va incontro alla Tua collera, nè quello degli smarriti", lettura di certi brani coranici, in particolare quelli della luce e del trono; oppure di poemi mistici, salmodie con la cadenza dei Nomi di Allah, o di alcune formule come "Chiedo perdono ad Allah, l'Immenso, al di fuori di Lui non c'è altra divinità, Lui il Vivente, il Vigilante".
La formula del dhikr varia, la più consigliata specialmente ai principianti è la ilah ila Allah, non c'è divinità all'infuori di Allah, i più esperti usano il solo nome divino, Allah; chi è più avanti nel cammino orante vien consigliato il semplice pronome Huwa, Lui; oppure al Haqq, Verità, al-Haqq, il Vivente, al-Qayyum, il sussistente …
Viene consigliata la posizione seduta con le gambe incrociate, le palme poste sui ginocchi, gli occhi chiusi o semiaperti, il solitario deve rivolgere la faccia verso la Mecca.
In questa posizione l'orante comincia la recita dell'invocazione, che varia secondo i diversi insegnamenti.
La formula proposta è: la ilah ila Allah.
Si principia la recita partendo dal lato sinistro del petto, che è come la nicchia che racchiude la lampada del cuore, focolare della chiarezza spirituale.
Si continua andando dalla base del petto verso il lato destro e risalendo fino alla sua sommità.
La si continua tornando alla posizione iniziale, descrivendo un cerchio.
La posizione da tenere è quella di rannicchiarsi sul cuore, le gambe incrociate, le ginocchia rialzate, le braccia allacciate alle gambe, la testa raccolta tra le ginocchia, gli occhi chiusi.
Pronunciando la ilah durante il tempo richiesto per sollevare la testa fino all'altezza del cuore e la sua sosta sulla spalla destra.
L'attenzione sia rivolta ad allontanare ogni pensiero estraneo a Dio.
Quando la bocca raggiunge il livello del cuore, con vigore deve essere pronunciata l'invocazione illa, perchè vi s'imprima e i suoi effetti si diffondano in tutte le membra.
La parola Allah deve esser pronunciata all'altezza del cuore, in maniera più vigorosa: la formula a questo punto condensa nel cuore i principi del timore di Dio e afferma la sua esclusiva unità.
Quando la recita ha penetrato l'essere dell'orante fino a costituire con lui un tutto omogeneo come la creazione, si può passare alla seconda formula, il solo Nome divino, Allah, esso verrà ripetuto fino all'esaurimento delle forze e all'apparizione delle illuminazioni.
Giunti a questo livello si è in grado di passare alla terza formula, il grande Huwa, Lui, ripetuto instancabilmente ad ogni movimento dei polmoni e del cuore, finchè l'orante non giunga al grado di perfezione che gli è accessibile.
Due formule vengono proposte da questa scuola: la ilah illa Allah per i principianti; per i più esperti, il solo nome di Allah.
Il principiante quando inizia la recitazione "piega la testa abbassandola in direzione dell'ombelico, pronunciando la parola la solleva il capo verso l'alto.
Quindi piegando la testa verso la spalla destra eseguisce un movimento circolare il cui punto di partenza è l'ombelico e il centro è costituito dal cuore.
Mentre pronuncia la parola ilah, solleva la testa verso il lato destro fino alla metà del cerchio.
Dicendo la parola illa Allah compie con la testa un movimento verso sinistra in direzione dell'ombelico dei segreti compiendo il percorso dall'altra metà del cerchio avente per centro il cuore.
Per la seconda formula i movimenti sono questi: pronuncia il nome di Allah abbassando la testa in direzione del cuore materiale che ha forma di pigna, fino a colpire la corrispondente parte del petto in direzione dell'ombelico; il secondo movimento inizia col rialzare la testa pronunciando la prima vocale A e a sollevarla pronunciando l'ultima sillaba llah rimanendo concentrato e sul punto centrale del cervello e nell'ombelico dei segreti".
La durata dell'esperienza viene misurata sia col tempo orario, sia con numero delle formule ripetute, in questo caso viene usato il rosario, subha, di trecento grani.
La durata e il numero delle formule non sono affidati all'arbitrio dell'orante ma alla guida di un maestro.
Il ritorno della respirazione che accompagna la recita delle formule è ugualmente conosciuto nell'esperienza del dhikr.
Fin dal tempo dei Compagni del Profeta, i lettori del Corano si esercitavano a combinare i due respiri, l'espirazione, nafs, respiro della gola che viene dalle viscere ed è carnale, legato al sangue che "fa ruttare e scaracchiare e fa gustare il sapore dei cibi, e l'inspirazione, ruh, soffio che entra per le narici, viene dal cervello fa starnutire e sentire gli odori e discernere le qualità spirituali".
Il respiro deve essere emesso al di sotto del seno sinistro, per vuotare il cuore, la parola la viene espirata a partire dall'ombelico contro il demone sessuale; quindi ilaha è pronunciata sulla spalla destra, e illa all'altezza dell'ombelico; Allah infine viene fortemente articolato sul cuore vuoto.
La preghiera della espirazione e dell'espulsione del respiro significa per chi la pratica il "rigetto dei difetti che inquinano il cuore, essa sradica la radice della tiepidezza e dei pensieri profani, gettando via dietro la spalla anche i difetti".
Sappi che i maestri di questa via sublime additano in maniera tecnica alcuni centri sottili dell'essere umano, per facilitare il percorso della pratica ai principianti.
Come mezzo del dhikr per il risveglio dei centri sottili, usano il nome divino di Allah, per realizzare quello stato che viene chiamato "rapimento veramente essenziale".
1. Il primo centro sottile è il cuore, qalb.
È situato a due dita sotto il seno sinistro, inclinato verso il fianco e avente la forma di una pigna.
Il cuore, così considerato, è reputato essere sotto il piede di Adam, a lui sia pace.
La luce che gli corrisponde è gialla.
Quando la luce di questo centro sottile esce dal lato della spalla corrispondente e innalzandosi produce un tremito e una forte agitazione, l'orante compirà una trasposizione sul punto che corrisponde al centro sottile chiamato spirito, ruh.
2. Lo spirito, ruh, è simbolicamente situato a due dita sotto il seno destro, verso il petto.
Questo centro sottile è sotto il piede di Noè e di Abramo, la sua luce è rossa.
Così il dhikr sarà nello spirito, il punto di partenza nel cuore.
Se si produrrà qualche agitazione che turbi l'orante, farà una trasposizione al centro sottile chiamato segreto, sirr.
3. Il segreto, sirr, è situato due dita sopra il seno sinistro, esso è considerato sotto il piede di Mosè; la sua luce è bianca.
In questo centro verrà fatto il dhikr il cui punto di partenza è nel cuore.
Quando si produrrà qualche turbamento, l'orante farà una trasposizione sul punto corrispondente al centro sottile chiamato recondito, Khafi.
4. Il recondito, Khafi, è simbolicamente situato a due dita sopra il seno destro verso il petto, esso è sotto il piede di Gesù.
La sua luce è nera.
Quando l'orante proverà qualche turbamento, farà una trasposizione sul punto corrispondente al centro sottile chiamato il più recondito, al-akhfa.
5. Il più recondito, al-akhfa, è simbolicamente situato nel mezzo del petto.
Questo centro è considerato sotto il piede del nostro profeta Maometto.
La sua luce è verde.
L'orante vi farà il suo dhikr, il punto di partenza sarà sempre il cuore.
Per piede s'intende il cammino e la via …
Il metodo per l'uso della formula è questo: l'orante farà aderire la lingua al retro palato, dopo aver inspirato tratterrà il respiro e comincerà l'invocazione dal vocabolo la, visualizzandola sotto l'ombelico, da qui farà ascendere il suono percorrendo i centri sottili, nel centro più recondito, al-akhfa, prolungandolo fino al punto che corrisponda al centro dell'anima logica, o razionale; quest'ultimo è simbolicamente situato nel primo lobo del cervello.
A questo punto, l'orante comincerà l'articolazione della parola ilaha, immaginativamente con l'elemento fonetico chiamato hamzah, lo spirito lene, facendolo discendere dal cervello alla spalla destra, facendolo scorrere verso il centro sottile chiamato spirito, ruh.
Infine l'orante procederà alla pronuncia di 'illallah, facendo partire immaginativamente l'hamzah di 'illa dalla spalla destra al cuore che centrerà con la parola finale Allah …
La forza del respiro trattenuto colpirà il nucleo centrale del cuore facendone unire l'effetto e il calore in direzione di tutto il corpo.
Il calore brucia le particelle corrotte del corpo e il nome di Allah illumina quelle che sono pure …
Pronunciando la parte negativa della formula, l'orante negherà l'esistenza di tutte le cose effimere che si presenteranno alla sua vista e al suo pensiero, considerandole con lo sguardo di estinzione.
Pronunciando la parte affermativa stabilirà nel cuore e nei sensi, la realtà dell'Essere vero, Esso sia esaltato!, guardando l'Essere vero con lo sguardo della permanenza.
Terminata la formula, sostando per un numero dispari di tempo, pronuncerà: Muhammadun rasul-llah, Maometto è l'inviato di Dio, partendo dal cuore al di sopra del seno sinistro …
In seguito espirerà e si regolerà secondo un numero dispari di tempo: tre, cinque, sette … fino a ventuno.
Espirando l'orante dirà pronunciando in silenzio: Mio Dio, verso di Te mi dirigo, il Tuo compiacimento domando.
Emesso che sia il respiro, ricomincerà un'altra respirazione, seguendo lo stesso procedimento di prima; tra l'espirazione e l'inspirazione seguirà con l'immaginazione il computo del tempo.
Quando l'orante avrà raggiunto la ventunesima respirazione, conoscerà il risultato della preghiera del cuore.
Constaterà l'annullamento della sua umanità e dei pensieri creaturali e la perdita dell'essere nel rapimento essenziale divino.
Nel cuore apparirà l'energia operosa di questo rapimento divino, essa consiste nell'orientamento del cuore verso il mondo santissimo, origine dell'amore essenziale donato all'essere.
L'essere ne trarrà il suo vantaggio in conformità alla sua predisposizione.
Questa predisposizione è il dono divino concesso all'anima prima che si unissero al corpo, dono che proviene dalla vicinanza all'Essenza divina e che data da tutta l'eternità.
Abbiamo sperimentato, ma Dio è più sapiente, che l'estinzione, al-fana, si può raggiungere, se Dio lo vuole, in breve spazio di tempo con un particolare metodo d'invocazione del Nome della Maestà: Allah …
L'ho appreso dal mio maestro spirituale Abul Hassan Ali, Dio sia soddisfatto di lui.
Esso consiste nel visualizzare le cinque lettere del nome mentre si ripete il suo Allah, Allah, Allah.
Ogni qual volta le lettere svanivano dall'immaginazione, le ricostituivo, quando si dissolvevano mille volte al giorno e mille volle la notte, le ricomponevo mille volte al giorno e mille volte la notte.
Il metodo mi procurò delle scoperte immense, quando agli inizi del mio cammino spirituale la cominciai, e questo in poco più di un mese Mi portò delle grandi conoscenze insieme ad un intenso timore reverenziale; non ne feci gran conto tutto preso com'ero dall'invocazione del Nome e dalla visualizzazione delle lettere.
Trascorso il primo mese un pensiero mi s'impose: Dio dice che è il primo e l'ultimo, l'esteriore e l'interiore.
Da principio cercavo di schivare questa suggestione e continuai il mio esercizio; ma la voce non mi abbandonava, insisteva e ignorava il mio rifiuto d'ascolto, infine risposi "Quanto alle parole: Egli è il primo e l'ultimo, l'interiore le ho ben capite; non comprendo come possa essere l'esteriore, all'esterno non vedo che cose create".
La voce mi rispose: "Se l'espressione l'esteriore fosse riferita unicamente all'esteriorità che vediamo, bisognerebbe cercarlo nell'interiorità; ma io ti ripeto: Egli è l'esteriore".
Allora capii che non esiste altra realtà se non Dio, e che nell'universo non c'è altro che Lui, lode e grazie a Dio.
L'estinzione nell'essenza di nostro Signore si raggiunge, se Dio lo vuole, col metodo descritto, in poco tempo.
Con questo metodo la meditazione porta i suoi frutti dal mattino alla sera, purchè si pratichi la sospensione del pensiero per un certo tempo, a me ha arrecato i suoi frutti dopo un mese e qualche giorno, ma Dio è più sapiente.
Una cosa è certa: se uno praticasse la sospensione del pensiero durante un anno o due, o anche tre, il pensiero che ne scaturirebbe raggiungerebbe un gran bene e un segreto luminoso.
Compresi la parola profetica: "Un'ora di meditazione val più di settantanni di pratica religiose"; la meditazione trasporta l'uomo dal mondo creato a quello della purezza, dalla presenza del creato a quella del creatore, e Dio è garante di ciò che dico.
3. Un beduino andò dal Profeta e chiese: "Chi è il migliore fra gli uomini?
Il Profeta rispose: benedetta è la persona dalla lunga vita e dalle buone azioni.
Il beduino domandò ancora: O Profeta! qual'è l'azione migliore, la più premiata?
Egli rispose: la migliore azione è questa: che ti separi dal mondo, e che muoia mentre la tua lingua è umida nel ripetere il nome di Dio".
4. Quando uno si è reso familiare col dhikr, si separa da ogni altra cosa; al momento della morte è distaccato da tutto ciò che non è Dio.
Nella tomba non porta nè moglie, nè beni, nè figli, nè amici, solo gli rimane il dhikr.
Se il dhikr gli è familiare e vi prova piacere, gioisce nel vedere gli ostacoli che ve lo distoglievano sono stati rimossi … così che si trova solo con l'Amato.
L'uomo dopo la morte, trova la sua gioia in questa intimità.
In seguito, preso sotto la protezione di Dio s'innalza dal pensiero dell'incontro all'incontro stesso.
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