Discorsi di San Leone Magno nel giorno della sua Consacrazione |
Ogni qualvolta la misericordia di Dio si degna rinnovarci il giorno della sua grazia, vi è giusto e ragionevole motivo di essere lieti, purché si riferisca a gloria di Dio l'origine dell'ufficio ricevuto.
Io so che questo atteggiamento dell'animo, conveniente a tutti i sacerdoti, è necessario soprattutto a me, perché, guardando la mia pochezza e la grandezza dell'ufficio ricevuto, pure io debbo esclamare con la frase del profeta: « Signore, io ho udito il tuo annuncio e ho temuto; sono preso dal timore per l'opera tua ».
Che c'è di più insolito e più terribile della fatica per chi è debole, della grandezza per chi è umile, della dignità per chi non la merita?
Tuttavia non disperiamo, né veniamo meno, perché non presumiamo di noi stessi ma di colui che opera in noi.
Per questo abbiamo cantato all'unisono il salmo di David, non per nostra esaltazione, ma per gloria di Cristo Signore.
Infatti è lui del quale con spirito profetico è stato scritto: « Tu sei sacerdote in eterno al modo di Melchisedec »: cioè non al modo di Aronne, il cui sacerdozio, propagandosi attraverso la generazione, appartiene a un ministero temporaneo, e di fatto è cessato insieme alla legge del Vecchio Testamento; ma al modo di Melchisedec in cui si significò prima la figura del pontefice eterno.
E siccome non viene riferito da quali genitori sia nato, si comprende che in lui è mostrato quegli la cui generazione non può narrarsi.
Così, pervenendo all'umana natura il mistero di questo divin sacerdozio, non si propaga per via della generazione, né viene eletto quel che la carne e il sangue ha formato.
É cessato il privilegio dei padri; è abolita la gerarchia delle famiglie: la Chiesa riceve come pastori quelli che lo Spirito santo ha preparato.
In tal modo, nel popolo, adottato alla figliolanza divina, totalmente sacerdotale e regale, non ottengono l'unzione i privilegiati dall'origine terrena, ma fa nascere il sacerdozio il favore della grazia celeste.
Dilettissimi, nel ministero che il nostro ufficio ci impone ci ritroviamo deboli e pigri, giacché, se abbiamo desiderio di fare qualcosa con devozione e prontezza, siamo ritardati dalla fragilità della nostra stessa condizione.
Tuttavia, avendo a nostro favore l'ininterrotta propiziazione dell'onnipotente ed eterno sacerdote, il quale, simile a noi e uguale al Padre, ha abbassato la divinità fino alle cose umane, e ha innalzato l'umanità fino alle cose divine, degnamente e con pietà ci rallegriamo della sua glorificazione.
Infatti, benché abbia delegato a molti pastori la cura delle sue pecore, egli non ha abbandonato la custodia del suo amato gregge.
Da questo singolare ed eterno sostegno deriva anche la protezione della fortezza della Sede Apostolica, che certamente non resta inattiva rispetto alla sua missione.
La stabilità della base, su cui s'innalza l'edificio della chiesa, non viene meno, comunque sia grande la mole del tempio che la sovrasta.
Infatti la fortezza di quella fede, lodata nel principe degli apostoli, è perpetua: e come resta quel che Pietro ha creduto in Cristo, così persiste quello che Cristo ha istituito in Pietro.
In realtà, avendo il Signore, come la pericope evangelica ha narrato, domandato ai discepoli chi essi lo credessero, tra tante diverse opinioni degli altri, e avendo san Pietro risposto: « Tu sei Cristo, Figlio di Dio vivente », il Signore disse: « Beato te, o Simone, figlio di Giona, perché non la carne né il sangue ti ha rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli.
E io dico a te, che tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno mai prevarranno contro di lei.
E a te darò le chiavi del regno dei cieli: e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli ».
Resta dunque, la deliberazione della verità; e Pietro, perseverando in quella fermezza di pietra che ha ricevuto, non abbandona il governo della Chiesa, che una volta ha assunto.
Egli è stato messo al sommo della gerarchia, sicché quando viene detto Pietra, quando lo si afferma fondamento, quando lo si costituisce portinaio del regno dei cieli e quando lo si istituisce arbitro che lega e scioglie con decisione valida anche nei cieli, noi possiamo comprendere quale unione egli abbia con Cristo attraverso i misteri contenuti nei suoi titoli.
Egli adesso compie con più perfezione e potenza quanto gli è stato commesso, ed esegue ogni parte del suo ufficio e della sua cura insieme a quegli e in quegli dal quale è stato glorificato.
Se, dunque, qualcosa è da noi compiuta bene e rettamente giudicata, se si ottiene qualcosa dalla misericordia di Dio con le quotidiane suppliche, è opera e merito di colui del quale la potestà vive e l'autorità eccelle nella propria sede.
Dilettissimi, quella confessione che, ispirata da Dio Padre al cuore dell'apostolo, trascese tutte le incertezze delle opinioni umane e ricevette la stabilità della pietra, al fine di non essere scossa da nessun attacco, ha ottenuto questo felice risultato.
Infatti, in tutta la Chiesa Pietro ogni giorno esclama: « Tu sei Cristo, Figlio di Dio vivente »; e ogni lingua, che confessa il Signore, viene ammaestrata dal magistero di questa voce.
Questa fede vince il diavolo e spezza le catene che tengono stretti gli schiavi.
Questa fede fa entrare nel cielo quelli che sono stati liberati: contro di essa le porte dell'inferno non possono vincere: è stata premunita divinamente con tanta fortezza che mai potrà corromperla l'eretica iniquità, né superarla la pagana perfidia.
Soltanto così, dilettissimi, viene celebrata con intelligente venerazione la festività di oggi, sicché si veda e si onori nella mia umile persona colui nel quale persevera la sollecitudine di tutti i pastori e la cura delle pecore che gli sono state affidate, e la cui dignità non viene meno neppure nell'indegno successore.
Per questo la presenza desiderata e degna di ogni onore, dei miei venerabili fratelli nell'episcopato, è più sacra e più devota se trasferiscono la venerazione verso questa sede, nella quale si sono degnati di venire, principalmente a colui che non solo conoscono essere il presule di questa sede, ma anche il primate di tutti i vescovi.
Quando, dunque, rivolgiamo le nostre esortazioni all'attenzione della vostra santità, pensate che vi parla colui del quale noi facciamo le veci: noi vi ammoniamo con l'affetto di lui e non altro vi predichiamo che la dottrina da lui insegnata.
Vi scongiuro, che cinti i fianchi della vostra mente, conduciate una vita casta e sobria nel timore di Dio: la mente non acconsenta, dimentica del proprio dominio, alle concupiscenze della carne.
Le gioie dei piaceri terreni sono brevi e caduche, e tentano di allontanare dal sentiero della vita quelli che sono chiamati all'eternità.
L'uomo, religioso e fedele, brami le cose celesti, e, avido delle divine promesse, si innalzi all'amore del bene incorruttibile e alla speranza della vera luce.
Siate certi, dilettissimi, che la vostra fatica con cui resistete ai vizi e combattete i carnali desideri, è gradita e preziosa al cospetto di Dio e gioverà non solo a voi, ma anche a me presso la misericordia di Dio, perché il sollecito pastore si gloria del progresso che fa il gregge del Signore.
Infatti come dice l'apostolo, « la nostra gioia, la nostra corona siete voi », se la vostra fede, predicata in tutto il mondo fin dai primordi del Vangelo, rimarrà nella carità e nella santità.
É vero, tutta la Chiesa, diffusa nel mondo intero, deve fiorire di tutte le virtù; ma tra gli altri popoli voi dovete eccellere per merito di devozione, perché siete fondati sul baluardo della pietra apostolica.
Infatti, Gesù Cristo, nostro Signore, pur avendo redenti tutti, ammaestrò meglio di tutti san Pietro apostolo.
Per lo stesso Cristo, nostro Signore. Amen.
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