Teologia dei Padri

Indice

Il destino

1. - Confutazione del fatalismo

Siccome qualcuno dall'esposizione da noi premessa potrebbe argomentare che noi affermiamo la fatalità ineluttabile degli eventi che si vanno compiendo, per il fatto stesso d'esser state predette cose precognite, scioglieremo anche questo errore.

A ciascuno saranno assegnate pene, tormenti, premi a seconda delle sue opere: questo l'abbiamo appreso dai profeti e ne proviamo la verità.

Infatti se così non fosse, se ogni atto si compisse per fatalità, si distruggerebbe il libero arbitrio.

Se fosse predestinato uno ad essere buono, l'altro malvagio, né quegli meriterebbe lode, né questi biasimo.

E, d'altra parte, se l'umano genere non ha facoltà di fuggire per libera scelta il male e abbracciare il bene, non può essere imputato di qualsiasi azione da esso compiuta.

Ma noi dimostriamo che esso per spontanea determinazione tende al bene o al male.

Vediamo infatti il medesimo uomo trascorrere da un eccesso all'altro; mentre se fosse predestinato ad essere o perverso o retto non sarebbe mai accessibile a inclinazioni contrarie né muterebbe frequentemente; né ci sarebbe il buono o il malvagio, giacché si dovrebbe riferire la responsabilità tanto del bene quanto del male al fato, che risulterebbe così contraddittorio, o ammettere per vera la teoria accennata secondo cui il bene e il male non sono nulla, e le definizioni di buono o cattivo del tutto convenzionali: e questa, come la sana ragione dimostra, è empietà e iniquità ripugnante.

Per noi invece il destino sta in questo, che a chi sceglie il bene è riservato un degno premio, a chi il male un debito castigo.

Dio fece l'uomo diversamente dagli altri esseri, come alberi e quadrupedi che non posseggono la capacità di operare a proprio talento.

Esso non meriterebbe né ricompensa né lode se, incapace a scegliere da se stesso il bene, vi fosse costretto da natura; né se fosse perverso sarebbe giusto il punirlo, non essendo tale per proprio arbitrio, anzi non potendo essere diverso da quel che è …

Ordunque, affermando la predizione del futuro, non diciamo che esso si attui per fatalità; anzi, siccome Dio preconosce le azioni di tutti gli uomini, e ha decretato di compensare ciascuno a seconda dei propri atti, e di punire in misura delle offese contro di lui, appunto mediante lo spirito profetico egli predice, per indurre l'umanità a comprendere e ricordare sempre, mostrando così d'interessarsi e provvedere ad essa.

Giustino martire, Prima apologia, 43-44

2. - Sorte e destino

Alla fede aggrappiamoci, seguiamo sempre la fede: così cacceremo dall'anima nostra le convinzioni funeste, il fatalismo, per esempio, la fede nel destino.

Se credi che esistono la risurrezione e il giudizio, potrai liberartene facilmente l'anima.

Credi che esiste un Dio giusto, e non crederai che esiste un destino ingiusto; credi che esiste una divina Provvidenza, e non crederai nel destino che tutto regge; credi che vi sono il castigo e il regno, e non crederai che esiste un destino che ci priva della nostra personalità e ci assoggetta alla violenza della necessità.

Non seminare, altrimenti, non piantare, non far guerra, non compiere nulla affatto: sia che tu lo voglia o non lo voglia, ciò che il fato ha prescritto certamente arriverà.

Che bisogno abbiamo dunque di pregare?

Perché vuoi essere cristiano, se esiste il destino? Nessuno te ne farà colpa.

Perché esistono le arti? Per il destino? « Certo », si dice, « era destinato che quel tale con la fatica acquistasse tanta perizia ».

Ma tu mostrami qualcuno che abbia imparato l'arte senza faticare! Certamente non ci riesci.

Non lo si deve dunque al destino, ma alla sua fatica.

« Ma perché quel tale è ricco pur essendo sciagurato, malvagio, e non avendo ricevuto nessuna eredità da suo padre? E quell'altro invece dopo tanta fatica è ancora povero? ».

É questo il continuo tormento di chi si lascia scuotere dalla ricchezza e dalla povertà, non dal male o dal bene.

Ma su ciò non dovresti parlare così; mostrami invece se è diventato cattivo qualcuno che abbia buona volontà, o se sia diventato buono qualche scioperato: infatti, se il destino avesse veramente un potere, lo mostrerebbe in ciò che è più importante: nella virtù e nella cattiveria, non nella ricchezza e nella povertà.

« E perché quello è ammalato e quello è sano? Perché quello è tanto stimato e l'altro è tanto denigrato?

E perché a quello tutto va come desidera, e l'altro trova mille e mille impedimenti? ».

Allontana l'idea del destino, e lo saprai: credi con fermezza in un Dio provvidente, e tutto ti sarà chiaro.

Ma si dice: « Non è possibile: la confusione che regna fra le cose di quaggiù non permette di ipotizzare la Provvidenza.

Se queste cose sono opera di Dio, come posso ritenere che un Dio buono abbia concesso le ricchezze all'impudico, allo scellerato, all'arrogante, al buono a nulla?

Come posso crederlo? Si deve credere alle opere ».

Bene: ma esse si devono a un destino giusto o ingiusto? « Ingiusto », mi dici.

Ma allora, chi ha creato questa confusione? Forse Dio? « No: è ingenita ».

Ma com'è possibile che essendo ingenita generi tante realtà?

É contraddittorio! Queste cose dunque non vengono da Dio: ricerchiamo perciò chi ha creato il cielo.

« Il fato », si dice. E chi la terra? Chi il mare? Chi le stagioni?

Dunque, nelle cose inanimate ha creato tanto ordine, tanta armonia, e in noi - e per noi tutte le cose esistono -, tanto disordine?

Come se uno curasse che la casa sia splendida, e non si prendesse pensiero affatto di chi vi abita.

Chi veglia sul succedersi delle stagioni? Chi ha posto leggi tanto ordinate alla natura?

Chi ha stabilito il corso del dì e della notte? Sono realtà ben superiori a un cieco fato.

« Ma no », si obietta, « sono casuali ».

Ma com'è possibile che un ordine tanto perfetto abbia avuto origine dalla casualità?

« Ma perché dunque i ricchi sono sani, sono stimati, eppure si sono arricchiti o con l'avarizia, o per eredità, o con la violenza?

Perché Dio ha permesso che i cattivi se la spassino bene? ».

Perché la ricompensa secondo il merito non è di quaggiù, ma del futuro secolo: lassù mostrami qualcosa di simile!

« Io lo voglio quaggiù, lassù non lo cerco ».

Ma proprio perché lo cerchi qui, non lo ottieni.

Se pur non godendone ricerchi tanto i beni di quaggiù da stimarli più dei beni di lassù, tanto più li cercheresti se ne godessi liberamente.

Ed è proprio questo che ti mostra che sono una nullità, che sono indifferenti.

Se non fossero indifferenti, Dio non li avrebbe concessi a quei cotali.

Dimmi: essere bruno, o alto, o basso, non è indifferente? Così è della ricchezza.

Dimmi: ciò che è necessario, non è stato elargito a tutti nello stesso modo, come per esempio l'attitudine alla virtù e la spartizione dei doni spirituali?

Se tu conoscessi i benefici di Dio avendo parte uguale ai doni spirituali non ti sdegneresti per la mancanza di beni terreni e non li cercheresti con tanta brama vedendo l'equa distribuzione degli altri.

Come uno schiavo, che riceve dal padrone cibo, veste e alloggio e fruisce di tutto il resto alla pari degli altri schiavi, ritenesse di avere più degli altri perché porta sul capo una chioma inutile e ha le unghie lunghe, allo stesso modo chi ha beni terreni vanamente si gloria di ciò che possiede per un po' di tempo.

Ma di essi Dio ci ha privati per estinguerne in noi la mania, per trasferire il nostro desiderio nel cielo.

Ma neppure così noi mettiamo giudizio.

É proprio come un fanciullo che abbia un gioco e lo stimi più delle cose necessarie: ma il padre lo priva dei giochi per attrarlo, anche contro voglia, alle realtà più importanti.

Proprio così: anche Dio fa tutto per attrarre noi al cielo.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera a Timoteo, 1,3

3. - Superstizione nell'osservazione delle stelle

Dio fece il sole, la luna e le stelle, e affidò loro la misura dei tempi: nel giorno al sole, nella notte alla luna e le stelle; e perché quello aumenti lo splendore diurno, e queste illuminino le tenebre e le ombre.

E perché siano in segno dei tempi, dei giorni e degli anni ( Gen 1,14 ).

Hanno tempi distinti ma misure uguali nello svolgersi dei mesi, il sole e la luna con le stelle.

« E sono in segno ».

Non possiamo negare che dal sole e dalla luna si ricavino alcuni segni; infatti il Signore stesso ha detto: Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle ( Lc 21,25 ).

E quando gli apostoli gli chiesero il segno del suo ritorno, rispose: Il sole si oscurerà, la luna non darà la sua luce e le stelle cadranno dal cielo ( Mt 24,29 ).

Questi disse che saranno i segni della fine futura; ma la nostra sollecitudine deve osservare la misura adeguata.

Taluni cercarono di dedurne le qualità del momento della nascita, cioè come sarà ciascuno che nasce, ciò tuttavia, non solo è vano, ma anche dannoso a chi li richiede, impossibile ad essi che lo promettono.

Cosa vi è di più dannoso, infatti, che ognuno si persuada di essere semplicemente ciò che è nato?

Nessuno dovrebbe di conseguenza mutare la propria vita, la propria situazione, le proprie abitudini, o cercar di migliorarsi, restando semplicemente in quella persuasione.

E non puoi più lodare l'onesto o condannare il disonesto, perché mostrano di rispondere alla necessità posta in loro al momento della nascita.

E perché allora il Signore avrebbe promesso premi ai buoni e pene ai cattivi, se è la necessità che crea il comportamento morale, se è il corso delle stelle che stabilisce la condotta della vita?

Ma se nulla si lascia al costume, nulla all'istruzione, nulla all'impegno, che altro è ciò, se non togliere all'uomo la propria umanità?

Quanti vediamo che si sono strappati dai loro delitti e peccati, e si sono convertiti a una vita migliore.

Gli apostoli furono redenti e colti di mezzo ai peccatori: non certo l'ora della loro nascita, ma la venuta di Cristo li santificò e l'ora della morte del Signore li redense dalla morte.

Il ladrone condannato, quello che fu crocifisso col Signore, non per il momento della sua nascita, ma per la sua professione di fede passò all'eternità del paradiso.

Giona finì in mare, non per influsso della sua nascita, ma per il peccato di non aver dato peso al comando divino; e il cetaceo lo ingoiò, e dopo tre giorni lo vomitò, quale simbolo di un mistero futuro, riservandolo alla grazia e al merito dell'ufficio di profeta.

Pietro fu liberato dal carcere, nel pericolo imminente di essere ucciso, dall'angelo di Cristo, non dalla disposizione delle stelle.

Paolo fu convertito alla grazia dalla cecità, e, morso dalla vipera, squassato dal naufragio, fu tratto in salvo non dalle sue stelle propizie, ma dai meriti della sua religiosità.

E che diremo di quelli che per le preci di costoro risorsero da morte?

Li risuscitò il momento della loro nascita, o la grazia degli apostoli?

E che bisogno ci sarebbe stato che costoro si dessero ai digiuni, si gettassero tra i pericoli, se potevano giungere ove sono giunti per l'influsso della loro nascita?

Se avessero creduto ciò, aspettando ancora la necessità del fato, non sarebbero mai giunti a tanta grazia.

Ambrogio, Esamerone, 4,12-13

4. - Le costellazioni e la nostra sorte

Alcuni dicono che la nostra vita dipende dai movimenti dei cieli, e per questo gli astrologi caldei giungono a pronosticare i nostri eventi basandosi sulle stelle.

La parola della Scrittura, tanto semplice: Siano in segno ( Gen 1,14 ), la riferiscono non agli sconvolgimenti dell'atmosfera né ai mutamenti delle stagioni, ma, come piace loro, alle sorti della vita.

E che cosa dicono? Che la disposizione dei pianeti, formanti con l'intreccio dello zodiaco una particolare figura, produce una data sorte; mentre una loro disposizione diversa dà luogo a un destino contrario …

Gli inventori degli oroscopi, resisi conto che nell'estensione del tempo molte figure stellari loro sfuggivano, ridussero la misura del tempo stesso a tratti brevissimi, ritenendo che in un intervallo minutissimo, minimo - come dice l'Apostolo: In un istante, in un batter d'occhio ( 1 Cor 15,52 ) - vi sia una differenza tra sorte e sorte.

Così chi è nato in questo istante dominerà città, governerà popoli, sarà ricchissimo e potentissimo; chi è nato in un'altra frazione di tempo, sarà mendicante e vagabondo, passerà di porta in porta per procurarsi il vitto quotidiano.

Per questo divisero il cosiddetto circolo zodiacale in dodici parti, e poiché il sole percorre in trenta giorni un dodicesimo della cosiddetta sfera immobile, suddivisero ancora ciascun dodicesimo in trenta parti; e poi divisero ciascuna di queste parti in sessanta, e ogni sessantesimo ancora in sessanta.

Ma vediamo ora se, calcolando la sorte dei neonati, si possa salvare tanta esattezza di suddivisione del tempo.

Infatti, appena il bimbo è nato, la levatrice osserva se è maschio o femmina, poi aspetta il vagito, segno che il neonato è vivo.

E quanti sessantesimi vuoi che passino in questo frattempo? Poi riferisce la nascita all'astrologo.

Quanti istanti vuoi che calcoliamo finché la levatrice parla, soprattutto se colui che studia il momento della nascita sta al di fuori del gineceo?

Ed è necessario che chi vuole rilevare l'oroscopo noti con somma fedeltà questo momento, sia che si tratti di ore diurne, sia notturne.

E di nuovo, che sciame di sessantesimi trascorrono in questo tempo?

É necessario trovare la costellazione di nascita, e non solo in che dodicesimo è posta, ma in che parte del dodicesimo, e in che sessantesimo - in cui, come abbiamo detto, viene suddiviso questo intervallo - e, per pronosticare con più precisione, in quale sessantesimo del precedente sessantesimo.

E dicono che sia necessario precisare con tanta esattezza addirittura impercettibile il tempo di tutti i pianeti, per stabilire quale figura formino con le stelle fisse, quale figura formino tra di loro nell'oroscopo del neonato in questione.

Ma se è impossibile precisare così l'ora della nascita, e tuttavia la minima alterazione fa rovinare tutto il calcolo, sono ben ridicoli coloro che si sono dedicati a quest'arte immaginaria, e coloro che li ascoltano a bocca aperta, come se essi potessero davvero conoscere il loro destino.

E come sono queste profezie? Il tale sarà crespo di capelli e bello d'occhi: infatti ha l'ora dell'ariete, animale che presenta queste caratteristiche.

E sarà anche coraggioso, perché l'ariete è dominatore; e sarà generoso, ma abile nell'acquistare, perché quest'animale abbandona senza affliggersi la lana, poi di nuovo con facilità la natura ne lo riveste.

Ma chi è nato nel toro, dicono, è tollerante e servile, perché il toro sopporta il giogo.

E chi è nato nello scorpione è violento, per analogia con quell'animale.

Chi è nato nelle bilance è giusto, per l'imparzialità delle nostre bilance.

Vi può essere qualcosa di più ridicolo?

L'ariete, da cui gli uomini derivano il loro destino, è la dodicesima parte del cielo, nella quale si trova il sole in primavera.

E così le bilance, e così il toro: sono ciascuno un dodicesimo del circolo detto zodiacale.

Perché dunque, pur dicendo che derivano da lassù le cause determinanti della vita umana, caratterizzi l'indole degli uomini che nascono alla stregua degli animali di quaggiù?

Chi è nato in ariete, infatti, lo definisci liberale, non perché quella parte del cielo produca una tale indole, ma perché tale è la natura di questo animale.

Perché ci abbagli con la sublime autorità delle stelle e cerchi di persuaderci dei tuoi belati?

E se il cielo desume dagli animali tali proprietà caratteriologiche, anch'esso è sottoposto al potere altrui, dato che le sue proprietà dipendono dalle bestie.

Se ciò è ridicolo, è ancora più ridicolo, e molto, sforzarsi di rendere credibile il proprio discorso ricorrendo a realtà che non hanno tra di loro nessuna connessione.

Ma questi loro sofismi sono simili alle ragnatele, in cui cade la zanzara o la mosca o qualche animaluccio simile e vi resta irretito; ma se gli si avvicina qualche animale più forte, passa facilmente, lacera e distrugge la fragile tessitura.

E non si fermano solo qui, ma anche ciò di cui è signore il nostro libero arbitrio - parlo cioè della pratica della virtù e del vizio - anche ciò, dunque, pongono in connessione causale con i cieli.

E confutare ciò sarebbe semplicemente ridicolo; ma poiché questo raggiro preoccupa molti, mi sembra necessario non passarlo sotto silenzio.

Anzitutto dovremmo interrogare costoro se è vero che le figure degli astri mutano ogni giorno migliaia di volte.

Infatti i pianeti si muovono continuamente e alcuni raggiungono le altre stelle più velocemente, gli altri compiono con più lentezza il loro ciclo, e così nella stessa ora, spesso, a vicenda, o si scorgono o si celano.

Ma nell'oroscopo ha grande importanza se si scorge una stella buona o una stella funesta, come essi dicono.

Ora, ignorando uno di quegli istanti brevissimi, spesso non riescono a stabilire che si tratta del tempo che gode dell'attestazione di una stella buona, e lo registrano come « tempo funesto ».

Sono costretto qui a usare le loro stesse parole; e in queste parole vi è molta stoltezza, ma più ancora molta empietà.

La malvagità delle stelle funeste, infatti, si trasferisce nel loro stesso Creatore: ammesso che il male sia in esse per natura, è il Creatore che ha fatto questo male; ammesso invece che esse eleggano spontaneamente il male, anzitutto sarebbero esseri animati, dotati di libera scelta, di indipendenza e moto volontario - ma attribuire ciò ad esseri inanimati è una pazzia -; e inoltre, cosa è più illogico che attribuire a ciascuno il bene o il male non secondo il merito, e sostenere che una stella se è in un dato luogo è benefica, e se invece si mostra in un altro luogo diventa malefica e che di nuovo, se si sposta un tantino da quella figura, dimentica subito tutta la sua malignità? Ma di questo basta così.

Se in ogni istante le stelle trapassano da una a un'altra figura e tra la miriade di questi mutamenti spesso ogni giorno risultano le figure del destino regale, perché ogni giorno non nascono molti re?

E perché tra i re vige la successione ereditaria?

Certo, ogni re non vigila con attenzione sulle figure astrali presignificanti un destino regale per prestabilirne la data al proprio figlio.

Un uomo è mai padrone di far ciò? E perché Ozia generò Ioatam, e Ioatam Acaz, e Acaz Ezechia?

E perché a nessuno di questi toccò di nascere in un'ora che comportasse un destino servile?

Inoltre, se le azioni viziose o virtuose non dipendono da princìpi presenti in noi, ma dalla necessità imposta dal destino natale, sono inutili i legislatori che ci determinano quel che dobbiamo fare e quel che dobbiamo fuggire, sono inutili anche i giudici che premiano la virtù e puniscono il vizio.

Non è un delitto quello del ladro o dell'assassino che, pur volendolo, non riesce a trattenere la propria mano per la forza ineluttabile del fato che lo spinge a tali opere inique.

E sono stolti soprattutto coloro che si affaticano nel loro mestiere: il contadino avrà raccolti abbondanti senza gettare neppure un seme né muovere la falce; il mercante diventerà straricco, sia che lo voglia, sia che non lo voglia, se il fato gli accumulerà le ricchezze.

E le grandi speranze dei cristiani svaniranno e ci lasceranno, se la giustizia non sarà ricompensata e il peccato non sarà giudicato, non attuandosi per il libero arbitrio degli uomini.

Infatti dove domina la necessità e il destino, non vi è posto per il merito, che è il presupposto del giudizio giusto.

Basilio il Grande, Esamerone, 6,5-7

5. - L'impotenza delle stelle

Rigettiamo completamente dalla nostra fede sana ogni elucubrazione sul destino indotto dalle stelle e ogni ricerca sulla situazione astrologica, che essi chiamano « influsso ».

Con tali disquisizioni essi cercano di toglierci ogni motivo di pregare, e, con empia perversità, delle azioni malvagie giustamente condannate, inducono ad accusare Dio creatore delle stelle, piuttosto che l'uomo scellerato.

Ma che le anime nostre non siano per natura soggette ai corpi neppure celesti, lo ascoltino dai loro filosofi; e che quei corpi stellari non siano superiori ai corpi terreni, in ciò che li interessa, se ne rendano conto, una buona volta, da questo fatto: molti corpi di genere diverso, o d'animali o di erbe e piante, vengono seminati nello stesso istante, e nello stesso istante ne nascono senza numero, e non solo in terreni diversi, ma addirittura negli stessi luoghi; eppure è tanta la varietà nella loro crescita, nelle loro attività e nei loro casi, che veramente costoro, se si danno a tali elucubrazioni, si perdono davvero dietro le stelle, come si dice.

Agostino, Sul Genesi, 2,17,35

6. - Non esiste il destino

Chi sentenzia che l'uomo non sia arbitro di se stesso ma sia mosso dalle ineluttabili leggi non scritte del destino, oltraggia lo stesso Iddio, presentandolo come causa e produttore del male umano.

Se lui infatti, reggendo il timone dell'universo, dirige armoniosamente, con sapienza ineffabile e incomprensibile, tutti i movimenti degli astri, e se gli astri a loro volta conferiscono alla vita le qualità del bene e del male, traendo ad esse gli uomini con i vincoli della necessità, Dio appare, secondo loro, fonte e distributore dei mali; ma tutti sono ben convinti che Dio non è affatto l'origine d'ogni strage e rovina.

Dunque non esiste il destino.

Chiunque abbia anche solo un po' di buon senso ammette che Dio è buono, giusto, sapiente, verace, benefico, e che non è causa del male, che non è ravvolto tra le passioni e tutto ciò che è simile.

E se i giusti sono migliori degli ingiusti, se l'ingiustizia fa loro nausea, anche Dio, che è giusto, gode della giustizia e abomina l'ingiustizia, che è contraria e nemica alla giustizia.

Dio dunque non è causa dell'ingiustizia …

Anche la legge esclude il destino prefissato dalla nascita, insegnandoci che la virtù deve essere appresa, che la si raggiunge con l'applicazione e che rispettivamente il vizio deve essere fuggito, e che si genera per mancanza di educazione.

Dunque non esiste il destino.

Se proprio dal destino dipendesse se noi facciamo male agli altri o gli altri lo fanno a noi, a che servirebbero le leggi?

Se poi servissero per difenderci dai malvagi, prendendosi cura Iddio di quelli che soffrono ingiustizia, sarebbe però meglio che i malvagi neppure venissero, per fatalità, all'esistenza, piuttosto che, venuti all'esistenza, siano poi corretti dalle leggi.

Ma Dio è buono e sapiente, e opera il meglio. Dunque non esiste il destino.

Veramente l'educazione e le abitudini sono causa dei peccati, o le passioni dell'anima e le brame del corpo.

Qualsiasi di queste sia la causa, e chiunque sia in causa, Dio non è causa del male.

Se è meglio essere giusto che ingiusto, perché l'uomo non diventa tale, subito, fin dalla nascita?

Se in seguito lo si indirizza con lo studio e le leggi a divenire via via migliore, ciò avviene perché è libero e padrone di sé, e non è cattivo per natura.

Se i cattivi sono cattivi perché destinati ad esser tali dalla nascita per decreto della provvidenza, non sono colpevoli né è giusto punirli secondo la legge, poiché vivono secondo la loro natura e non possono in nessun modo cambiare.

O, in altro modo: se si devono lodare i buoni che vivono secondo la loro natura - il loro destino, cioè, è causa della loro virtù -, neppure i cattivi possono essere condannati da un giudice giusto, perché vivono secondo la loro natura.

Cioè, per essere precisi: chi vive secondo la sua propria natura non pecca: non è lui che si è fatto così, è stato il fato: vive come da quello è mosso, tratto da una necessità ineluttabile.

Nessuno dunque è cattivo. Eppure esistono i cattivi, e la malvagità è vituperevole, è contraria a Dio; la virtù invece gli è cara ed è degna di ogni encomio, avendo Dio stabilito la legge a punizione dei malvagi.

Dunque non esiste il fato.

Metodio di Olimpo, Dialogo sulla verginità, 8,16

7. - Astrologia e superstizione

Non dobbiamo ritenere esenti da tal genere di superstizione rovinosa quelli che vengono detti « genetliaci », perché studiano il giorno della nascita, oggi però chiamati ordinariamente astrologi.

Essi infatti, per quanto indaghino la vera posizione delle stelle al momento della nascita di ciascuno e spesso anche la fissino, sforzandosi però di dedurne le nostre azioni o i nostri eventi e predirli, commettono un grosso errore, e vendono agli uomini da poco una miserabile schiavitù.

Infatti, ognuno che, libero, va a consultare questi astrologi, dà del denaro per uscirne schiavo di marte, o di venere, o magari di tutte le stelle.

Ad esse i primi che si diedero a tale errore, e lo tramandarono ai posteri, imposero il nome o di qualche animale, per una certa somiglianza, o di qualche uomo, per onorar quell'uomo stesso …

Ma è facile comprendere, per chi lo vuole, che prima quelle stelle se ne viaggiavano in cielo senza nome e che gli uomini, imponendo ad esse il nome di coloro che furono costretti a onorare per il loro potere regale - o che elessero di farlo per vanità -, pensavano di elevarli al cielo.

Ma in qualsiasi modo vengano pur chiamati dagli uomini, sono sempre astri, creati e ordinati e voluti da Dio; e fisso è il loro moto, che distingue e determina il tempo.

Ed è facile notare questo moto, al momento della nascita di ciascuno, e il reciproco rapporto, con le regole che gli astrologi hanno scoperto e tramandato; ma la Scrittura condanna tutto ciò dicendo: Se poterono giungere a tanta sapienza da poter determinare il tempo, perché non ne scoprirono il Signore, piuttosto? ( Sap 13,9 ).

Ma voler predire i costumi, gli atti e gli eventi basandosi su tali osservazioni, è un errore grande e una grande pazzia.

E non c'è dubbio che si possa confutare questa superstizione agli occhi stessi di coloro che l'hanno appresa per tramandarla …

Può avvenire che dei gemelli escano dal seno materno così di seguito, l'uno dopo l'altro, che non si possa percepirne nessun intervallo di tempo e fissarne perciò, con i calcoli, la diversa costellazione.

Necessariamente perciò non pochi gemelli nascono sotto la stessa e identica costellazione; ma le loro azioni e i loro eventi sono per lo più tanto disparati, che uno può vivere nella felicità, e l'altro nell'infelicità somma, come sappiamo di Esaù e Giacobbe.

Nacquero gemelli e in modo che Giacobbe, il secondo, quando nacque ci si accorse che teneva con la manina il calcagno del fratello ( Gen 25,25-28 ).

Certamente di costoro non si poté fissare giorno e ora diversi, e la loro costellazione fu identica; ma quanto siano stati differenti i loro costumi, le loro azioni, le loro fatiche e i loro successi, ce lo testimonia la Scrittura diffusa ormai in tutte le lingue.

E non giova punto la risposta che essi danno, che cioè la frazione minima, impercettibile di tempo che distingue i due parti ha un gran potere in natura, anche per la velocità altissima dei corpi stellari.

Anche se concedessi che tanto valore essa abbia, tuttavia l'astrologo non riesce a notarla nelle costellazioni, osservando le quali presume di predire il futuro.

Ciò che non trova nelle costellazioni - ne nota una sola, sia che lo si richieda di Giacobbe, sia del suo fratello -, che gli giova se vi è nel cielo, ma non vi è nella tavola astrologica che consulta con tanta cura?

Dunque anche queste opinioni, che l'umana presunzione ha dedotto da alcuni segni reali, sono da annoverarsi con quelle specie di patti e di associazioni coi demoni.

Per occulto giudizio divino, infatti, avviene che gli uomini, cupidi di esperienze cattive, vengano abbandonati allo scherno e all'inganno, come merita la loro volontà: li scherniscono e li ingannano gli angeli prevaricatori, ai quali, secondo un magnifico ordine di cose e per legge provvidenziale, è stata abbandonata questa parte più bassa dell'universo.

E per i loro scherni e i loro inganni avviene, con questo genere di divinazioni superstiziose e perniciose, che gli astrologi annuncino molti eventi passati e futuri che si compiono proprio come essi predicono.

Molti fatti si svolgono secondo le loro osservazioni, perciò essi ne restano avvinti, si danno con più passione alle loro ricerche e si legano sempre più con i lacci molteplici di un errore esiziale …

Il cristiano deve perciò ripudiare e fuggire completamente tutte le arti di questa superstizione insana e nociva, basata su un'associazione pestifera tra uomini e demoni che è quasi un patto di amicizia nell'infedeltà e nell'inganno …

Queste arti non sono pubblicamente istituite all'amore di Dio e del prossimo, ma sono fondate sul desiderio privato di beni temporali e rovinano perciò il cuore dei miseri.

In tutte queste dottrine, dunque, si deve temere ed evitare la società con i demoni che, insieme con il loro principe, il diavolo, non cercano altro che chiudere e inceppare la strada del nostro ritorno.

Agostino, La dottrina cristiana, 2,21-23

8. - Le costellazioni e il problema dei gemelli

Conosciamo gemelli che non solo si distinguono nelle azioni e viaggiano chi qua e chi là, ma possono anche essere colpiti da malattie diverse …

Se ciò dipende dalla particella di tempo che li separò alla nascita e non si ascrive alle costellazioni, perché per gli altri si predice il futuro facendone calcolo appunto sulle costellazioni?

E se si sostiene poi che ciò vale non per gli istanti impercettibili, ma per gli spazi di tempo che si possono osservare e notare, perché tirare in ballo l'esempio della ruota da vasaio?

Forse perché gli uomini, dal cuore di creta, vengano tratti in giro e non possano rinfacciare agli astrologi il loro vaneggiare! …

Ma, domando io, se tra la nascita dei due gemelli vi è tanto intervallo di tempo che le costellazioni necessariamente mutano, muta l'oroscopo e perciò sono diversi tutti i cardini, nei quali viene riposta tanta forza da averne un diverso destino, come può avvenire ciò, se la loro concezione non può essere avvenuta in tempo diverso?

E se alla nascita può essere diverso il destino di due concepiti nello stesso istante, perché non può essere diverso il destino nella vita e alla morte di due, nati allo stesso tempo?

E se lo stesso istante in cui ambedue sono stati concepiti non ha impedito che uno nascesse prima e l'altro poi, perché lo stesso istante in cui due potessero eventualmente nascere dovrebbe costituire ostacolo a che uno morisse prima e l'altro dopo?

Perché, se il concepimento simultaneo permette che i gemelli abbiano sorti diverse nel seno della madre, perché la nascita simultanea non dovrebbe permettere che l'uno e l'altro abbiano una sorte diversa sulla terra?

Ma così si fa piazza pulita di tutte le chimere di quest'arte, o piuttosto frascheria.

Cosa è questo, che due individui concepiti nello stesso tempo, nel medesimo istante, sotto l'identica posizione stellare hanno destini diversi che li fanno nascere in ore differenti, mentre due bambini nati da madri diverse nello stesso istante e sotto la stessa posizione stellare non potrebbero avere destini diversi che li conducano a diverse necessità di vita e di morte?

O forse chi è concepito non ha ancora destino, e se non nasce non potrà mai averlo?

Ma perché, dunque, sostengono che se si scoprisse l'istante del concepimento molte cose potrebbero dirci questi divinatori?

Anzi, non pochi vanno predicando che un certo sapiente scelse l'ora per unirsi con sua moglie, e generare così un figlio mirabile.

Per questo Posidonio, grande astrologo e grande filosofo, diceva, riferendosi a due gemelli colpiti dalla stessa malattia, che nello stesso istante erano nati e che nello stesso istante erano stati concepiti.

E aggiungeva questo particolare della concezione, perché non gli si obiettasse che non potevano certo esser nati nello stesso tempo, mentre era certo invece che nello stesso tempo erano stati concepiti.

E questo, per non attribuire la simultaneità della stessa malattia al temperamento corporeo quasi identico, ma per ascrivere all'influenza degli astri l'identità dei loro malanni.

Se dunque nella concezione risiedesse tanta forza da rendere identico il loro destino, con la nascita non dovrebbe questo destino mutare.

Ma se il destino dei gemelli muta perché essi nascono in tempi diversi, perché non vogliamo intendere invece che il loro destino è mutato proprio in modo che nascessero in tempi diversi?

É possibile che la volontà dei viventi non possa mutare il destino imposto dalla nascita, mentre l'ordine della nascita muta il destino imposto dalla concezione?

E tuttavia nella stessa concezione dei gemelli, che avviene certo nello stesso momento per tutt'e due, perché mai pur sotto la stessa costellazione fatale uno viene concepito maschio e l'altro femmina?

Abbiamo conosciuto due gemelli di sesso diverso: ambedue vivono ancora, ambedue sono nel fiore dell'età.

Sono simili nell'aspetto esteriore quanto lo ammette la diversità di sesso; ma nel tenore di vita e nei loro propositi sono assolutamente differenti.

Prescindendo dalla diversità necessaria tra l'agire dell'uomo e quello della donna, lui è un ufficiale superiore, ed è sempre in viaggio, lontano da casa; lei non si allontana mai dalla patria e dal suo campo; inoltre ( fatto incredibile se si crede al destino delle stelle; ma non certo strano se si pensa alla volontà umana e al dono di Dio ), lui è sposato, lei è una vergine consacrata; lui ha messo al mondo una prole numerosa, lei non si è mai sposata.

« Ma la forza dell'oroscopo è grande ».

É nulla, invece, come ho già dimostrato.

Ma sia o non sia qualcosa, dicono che ha influsso al momento della nascita; e perché no al momento della concezione?

É chiaro che c'è una sola copula: la forza della natura è tale che quando la femmina ha concepito, subito dopo non può più concepire; perciò è necessario che i gemelli siano concepiti nello stesso istante.

O forse, nascendo con oroscopo diverso, lui si tramuta in maschio al momento della nascita e lei invece in femmina?

Non sarebbe invece del tutto assurdo ammettere che l'influsso delle stelle si eserciti realmente su alcune mutazioni dei corpi, come vediamo che per l'avvicinarsi o l'allontanarsi del sole variano le stagioni dell'anno e per il crescere e il calar della luna alcune cose crescono o calano, come i ricci di mare, le conchiglie e le mirabili maree dell'oceano.

Ma lo spirito e la volontà non sono soggetti alle posizioni delle stelle.

Ora costoro, cercando di soggiogarvi anche i nostri atti, ci spingono a ricercare come le loro argomentazioni siano prive di fondamento persino nei corpi.

E che cosa è tanto proprio del corpo, come il sesso?

Eppure sotto la stessa posizione stellare poterono essere concepiti gemelli di sesso diverso.

É perciò veramente stolta l'asserzione o la convinzione che la posizione delle stelle, identica per tutt'e due al momento della concezione, non poté impedire che essa avesse sesso diverso dal fratello, pur sotto la stessa costellazione, e invece la posizione delle stelle al momento della loro nascita poté ottenere che tanto dal fratello si distanziasse nella santità verginale.

Come si può sopportare dunque che si scelgano i giorni delle proprie azioni per mutare il destino?

Quel tale certamente non era nato sotto buone stelle per poter avere un figlio esemplare, ma sotto stelle cattive che gli avrebbero fatto mettere al mondo uno sgorbio; perciò, da uomo saggio, scelse l'ora per unirsi a sua moglie.

Creò dunque un destino che non aveva, e con quell'azione ottenne che fosse a lui destinato ciò che alla sua nascita non gli era.

O stoltezza strepitosa! Si sceglie il giorno per sposarsi, perché, credo, si potrebbe incorrere in un giorno non buono, incappando nell'infelicità matrimoniale.

Ma dove finisce, allora, tutto ciò che le stelle hanno decretato alla nascita?

O forse l'uomo può mutare, scegliendo il giorno, ciò che per lui è destinato, mentre ciò che egli stabilisce con questa scelta del giorno non potrebbe venir mutato da nessun altro potere?

Agostino, La città di Dio, 5,2.4-7

9. - É superstizione attribuire particolare importanza ad alcuni giorni

É una pazzia estrema, per un solo giorno fortunato, aspettarsi che tutto l'anno sia tale; anzi, non solo è una pazzia, ma è frutto di un influsso diabolico decidere di attribuire ciò che avviene nella nostra vita non alla nostra diligenza e buona volontà, ma al corso di particolari giorni.

Tutto l'anno sarà per te fausto, non se a capodanno ti ubriacherai, ma se a capodanno e in ciascun altro giorno farai ciò che piace a Dio.

Il giorno è buono o cattivo non per natura sua - un giorno infatti non differisce da un altro giorno -, ma per la nostra negligenza o per la nostra neghittosità.

Se opererai la giustizia, i giorni ti saranno favorevoli; se opererai il peccato, saranno tristi e ti accumuleranno castighi.

Se rifletti a ciò, se prendi le tue decisioni, se ogni giorno pregherai e farai elemosine, tutto l'anno sarà fausto; ma se non ti prenderai cura di praticare la virtù affidando invece la serenità del tuo animo a giorni stabiliti e ai primi dei mesi, resterai privo di ciò che per te è veramente bene.

Anche il diavolo è consapevole di ciò e, studiandosi di bloccare i nostri sforzi nella virtù e di spegnere l'ardore del nostro animo, ci ammaestra ad attribuire a giorni stabiliti i successi e gli insuccessi.

Chi si è persuaso che i giorni possano essere buoni o cattivi, nel giorno cattivo non si curerà di compiere opere buone quasi fosse vano e di nessuna utilità tutto quello che può fare per fatalità del giorno; e nel giorno buono, si comporterà nello stesso modo, come se la sua indolenza non gli potesse recare nessun danno, trattandosi di un giorno fortunato.

In un caso e nell'altro, così, tradirà la propria salvezza, e vivrà nell'ozio e nell'abiezione, ritenendo ogni sforzo di nessun giovamento, in un caso, e assolutamente superfluo, nell'altro.

Giovanni Crisostomo, Predica di capodanno, 2

10. - L'uso di amuleti è idolatria

L'uso degli amuleti è idolatria bella e buona, anche se quelli che ne trafficano vi fanno sopra mille ragionamenti, dicendo: « Invochiamo Dio e non facciamo nulla di più », e altre trovate simili, e: « Eppure quella vecchietta è cristiana e ha tanta fede! ».

Tu hai fede? Segnati e di': « Questa è la mia sola arma, questa la mia sola medicina: non ne conosco altre ».

Dimmi: se il dottore venisse a visitarci e, trascurando le medicine, pronunciasse formule magiche, lo diremmo davvero medico?

No certo: non vediamo cure mediche.

Allo stesso modo non vediamo in ciò cristianesimo.

Altre donne usano come talismani i nomi dei fiumi e osano fare mille cose simili.

Ecco: ve lo dico e lo proclamo a tutti: se qualcuno sarà colto in flagrante, non gli perdonerò più, sia che si tratti di un amuleto o di uno scongiuro, o di qualsiasi altra azione magica.

« Che dunque! » si dirà « e se il bambino muore? ».

Ma se vive solo così, è morto, e se muore senza tutto ciò, è vivo.

Orbene: se lo vedi andare con le prostitute, desideri vederlo sepolto e dici: « Che gli giova vivere? ».

Vedendo invece che la sua salvezza è messa a repentaglio, lo vuoi veder vivo?

Non hai sentito Cristo che dice: Chi avrà perso la propria anima, la ritroverà; chi invece l'avrà trovata, la perderà ( Mt 16,25 )?

Credi a queste parole, o ti sembrano favole?

Ma dimmi, dunque: se qualcuno ti consigliasse: « Porta il bimbo nel tempio degli idoli, e vivrà! », accetteresti il consiglio? « No », è la risposta.

E perché? « Perché mi costringe a commettere idolatria; ma qui non si tratta di idolatria, ma di un semplice scongiuro ».

Ecco l'astuzia satanica, ecco l'inganno diabolico: nascondere l'errore e porgere, nel miele, il veleno!

Sapendo che da quel lato non può convincerti, imbocca la via dei talismani e delle fole da vecchiette: e si disprezza la croce, si onorano le iscrizioni magiche; si è scacciato Cristo e si è chiamata una vecchia ubriaca e vaneggiante.

Il mistero della nostra religione è calpestato e l'errore del diavolo trionfa.

« Ma perché », si chiede, « Dio non smaschera che razza di aiuto tutto ciò ci porge? ».

Spesso l'ha smascherato, ma non ti sei persuaso; quindi ti abbandona all'errore: Dio li ha abbandonati, dice la Scrittura, al loro senso perverso ( Rm 1,28 ).

Neppure un pagano intelligente ammetterebbe ciò.

Si narra che ad Atene un capoccia si mise addosso di queste cose; un filosofo, suo maestro, lo vide e lo biasimò; lo riprese, lo morse, lo mise alla berlina.

Ma noi siamo così infelici da confidare in queste cose.

« Perché al giorno d'oggi non c'è più nessuno che risuscita i morti o compie guarigioni? », ci si chiede.

« E perché invece », soggiungo io, « e perché invece non vi è più nessuno che disprezza la vita presente?

Perché serviamo Dio solo per la ricompensa?

Quando la natura umana si trovava in uno stato di maggior debolezza, quando era necessario piantare la fede, vi erano molti taumaturghi del genere; ma ora Dio non vuole che noi dipendiamo da questi segni, ma che siamo pronti anche alla morte.

Perché dunque ti attacchi a questa vita di quaggiù?

Perché non vedi quella futura?

Anzi, per questa sopporti perfino l'idolatria, e per quella non sopporti di reprimere l'ansietà.

Per questo motivo oggi non vi è chi compia tali miracoli: perché quella vita ci appare tanto vile che per essa nulla facciamo, mentre per questa, nessuna fatica ricusiamo ».

Cosa vi è più ridicolo della cenere, della fuliggine e del sale? Ed ecco ancora tra i piedi la vecchia.

É ridicolo e vergognoso!

« E il malocchio ha colpito il bambino », si dice.

Fino a quando questo atteggiamento satanico? Come non rideranno i pagani?

Come non ci canzoneranno, dato che noi andiamo dicendo: « É grande la potenza della croce »?

E come potremo convincerli, se vedono che noi abbiamo bisogno di ciò che essi deridono?

É per questo che Dio ci ha dato i medici e le medicine!

« Ma che? Se essi non riescono a guarire, e il fanciullo se ne va? ».

Ma dove se ne va, dimmi, o misero e infelice!

Se ne va dai demoni? Se ne va dal suo oppressore? O non se ne va piuttosto al cielo?

O non se ne va dal suo Signore? Perché dunque soffri? Perché piangi? Perché sei afflitto?

E perché ami più il bambino del tuo Signore? Non l'hai ricevuto da lui?

Come sei ingrato: ami più il dono del donatore!

« Ma sono debole e non riesco a sopportare ».

Abbi timore di Dio! Se già tra i mali corporei il più grande nasconde il più piccolo, quanto più nell'anima un timore scaccia l'altro timore e un dolore un altro dolore.

Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Colossesi, 8,5-6

11. - Cristo ha svelato l'inganno degli oracoli e della magia

Una volta tutto era pieno dell'errore degli oracoli.

Gli oracoli di Delfi e di Dodona, della Beozia, della Licia, della Libia e dell'Egitto, quelli dei Cabiri e i responsi della Pizia riempivano di stupore la fantasia degli uomini.

Ora, da quando Cristo è stato annunciato ovunque, è cessata questa pazzia e tra di loro non vi è più nessuno che profetizzi.

Una volta i demoni illudevano gli uomini, impossessandosi delle fonti, dei fiumi, degli alberi e delle pietre, e con i loro sortilegi stordivano gli stolti.

Ora invece, dopo la divina rivelazione del Logos, questa vana apparenza è cessata: con il semplice segno della croce l'uomo ne svela l'inganno.

Una volta gli uomini ritenevano quali dèi Giove, Crono, Apollo e gli eroi cantati dai poeti, e li adoravano nel loro triste errore.

Ma da quando il Salvatore è apparso tra gli uomini, è stata messa a nudo la loro posizione di semplici uomini mortali, e solo il Cristo è stato riconosciuto tra gli uomini quale Dio vero, Logos divino di Dio.

E che dire della loro magia, che tanto ammiravano?

Prima che giungesse tra di noi il Logos, era potente e operante tra gli egizi, caldei e gli indi, e sconcertava gli spettatori; ma la presenza della verità e la rivelazione del Logos l'hanno condannata e soppressa.

Riguardo alla sapienza pagana e ai paroloni dei filosofi, credo che non ci sia bisogno neppure di parlarne: è chiaro agli occhi di tutti il prodigio che i sapienti pagani, pur avendo scritto tanti volumi, non riuscissero a convincere nessuno, neppure nei paesi vicini, a ritenere l'anima immortale e ad abbracciare la loro vita di virtù.

Solo Cristo, con parole semplici e con l'opera di uomini non certo sapienti nel parlare, persuase in massa gli uomini nelle chiese a trascurare la morte, a pensare all'immortalità, a non badare ai beni di quaggiù, ma mirare ai beni eterni, a non stimare affatto la gloria terrena e a sforzarsi solo di raggiungere quella celeste.

Queste che diciamo, non sono semplici parole, ma è l'esperienza stessa che testimonia la verità.

Venga chi vuole e ammiri la magnifica prova di virtù nelle vergini di Cristo e nei giovani amanti della castità, e la fede nell'immortalità dello stupendo coro dei martiri.

Venga chi vuole mettere alla prova la verità delle nostre parole e tra le illusioni demoniache, tra gli inganni degli oracoli e le meraviglie della magia, faccia il segno della croce, da loro derisa, e pronunci solo il nome di Cristo: e vedrà come i demoni fuggiranno, gli oracoli cesseranno, la magia e i sortilegi svaniranno.

Chi è dunque, e come è potente questo Cristo, che col suo nome e la sua presenza oscura e annulla tutto!

Lui solo è più potente di tutto e riempie la terra con la sua dottrina.

Atanasio Sull'incarnazione del Verbo, 47-48

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