L'anima dell'apostolato |
San Gregorio Magno, il quale fu esperto amministratore e apostolo zelante e nel tempo stesso un gran contemplativo, con questa semplice espressione Secum vivebat,27 caratterizza lo stato d'animo di san Benedetto il quale a Subiaco gettava le fondamenta della sua Regola, divenuta poi una delle più potenti leve di apostolato, di cui Dio si sia servito sulla terra.
Della maggior parte dei nostri contemporanei bisogna invece dire il contrario; vivere con se stesso, in se stesso, voler governare se stesso e non lasciarsi governare dalle cose esteriori, obbligare la fantasia, la sensibilità, e anche l'intelligenza e la memoria a fare la parte di serve della volontà e conformare sempre la propria volontà a quella di Dio, è un programma che si accetta sempre di meno in questo secolo di agitazione, il quale vide nascere un ideale nuovo, cioè l'amore dell'azione per l'azione.
Per evitare questa disciplina delle facoltà, si prende per buono ogni pretesto; gli affari, le cure della famiglia, l'igiene, la buona fama, lo spirito di corpo, la pretesa gloria di Dio vanno a gara per non lasciarci vivere in noi stessi; questa specie di delirio della vita esteriore arriva anche ad attrarci irresistibilmente.
Allora che meraviglia se la vita interiore è mal conosciuta?
Dire che è mal conosciuta è anzi troppo poco; essa è spesso disprezzata e messa in ridicolo proprio da quelli che dovrebbero stimarne di più i vantaggi e la necessità.
Per protestare contro le funeste conseguenze di un'ammirazione esclusiva per l'azione, ci voleva la memorabile lettera di Leone XIII al Cardinale Gibbons, arcivescovo di Baltimora.
L'ecclesiastico, per schivare la fatica della vita interiore, arriva al punto di non riconoscere l'eccellenza della vita con Gesù, in Gesù, per mezzo di Gesù, di dimenticare che, nel disegno della Redenzione, tutto si fonda sulla vita eucaristica, come tutto è costruito sulla rocca di Pietro.
Mettere in second'ordine quello che è essenziale, è appunto quello a cui tendono inconsciamente i partigiani di quella spiritualità moderna detta americanismo; per costoro la chiesa non è ancora un tempio protestante, il santo tabernacolo non è ancora vuoto, ma la vita eucarìstica, a loro giudizio, non può adattarsi nè, molto meno, bastare alle esigenze della civiltà moderna, e la vita interiore la quale deriva necessariamente dalla vita eucaristica, ha fatto il suo tempo.
Per le persone, purtroppo assai numerose, le quali sono imbevute di queste teorie, la comunione non ha più il vero significato che in essa trovavano i primi cristiani; esse credono all'Eucaristia, ma non vedono in essa un elemento di vita così necessario, tanto per loro che per le loro opere.
Non fa perciò meraviglia che, non esistendo quasi più per loro l'intimità con Gesù, la vita interiore venga considerata come un ricordo del Medioevo.
Davvero che al sentire questi uomini di azione a parlare delle loro imprese, sembrerebbe che il Creatore, il quale creò i mondi scherzando e per il quale l'universo è polvere e nulla, non possa fare a meno del loro concorso!
Molti fedeli, e persino sacerdoti e religiosi, arrivano insensibilmente, con il culto dell'azione, a farsene una specie di dogma che ispira la loro condotta, le loro azioni, e li spinge ad abbandonarsi sfrenatamente alla vita esteriore.
La Chiesa, la diocesi, la parrocchia, la congregazione, l'azione cattolica hanno bisogno di me; volentieri si vorrebbe poter dire … Io sono molto utile a Dio! …
E se non si osa dire simile sciocchezza, stanno però nascoste in fondo al cuore la presunzione, che ne è la base, e la diminuzione di fede, che l'ha prodotta.
Spesso si prescrive al nevrastenico di astenersi, talvolta anche per molto tempo, da qualunque lavoro; ma è questo un rimedio per lui insopportabile, perchè appunto la sua malattia lo mette in una agitazione febbrile che diventa come una seconda natura e lo spinge a cercare continuamente nuovi sperperi di forze e nuove emozioni che aggravano il suo male.
Lo stesso avviene spesso all'uomo di azione, riguardo alla vita interiore; egli la sdegna, anzi sente di essa tanto maggiore ripugnanza appunto perchè nella sua pratica soltanto si trova il rimedio al suo stato morboso; peggio ancora, cercando di stordirsi sempre più in un cumulo di lavori nuovi e non bene diretti, perde ogni possibilità di guarire.
La nave corre a tutto vapore; ma mentre chi la guida ne ammira la velocità, Dio giudica che, per mancanza di un saggio pilota, quel bastimento va alla ventura e corre perìcolo di perdersi.
Dio vuole prima di tutto adoratori in ispirito e verità: l'americanismo invece pensa di dare grande gloria a Dio, mirando principalmente ai risultati esteriori.
Questo modo di pensare ci spiega come ai nostri giorni, se si fa un gran conto delle scuole, dei dispensari per i poveri, delle missioni, degli ospedali, sia invece sempre meno compresa l'abnegazione nella sua forma intima, cioè nella penitenza e nella preghiera.
Chi non sa più credere al valore dell'immolazione nascosta, non si accontenta di trattare da vili e da illusi coloro che la praticano nella solitudine del chiostro, senza cederla, nell'ardore per la salute delle anime, ai più infaticabili missionari, ma metterà anche in ridicolo le persone di azione le quali credono cosa indispensabile il rubare qualche momento alle occupazioni più utili, per andare a purificare e a riscaldare il loro zelo dinanzi al Tabernacolo, per ottenere dall'Ospite divino migliori risultati alle loro fatiche.
Indice |
27 | Egli viveva con se stesso |