Maria Marta Chambon la vita |
« Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze: questo è il primo e il maggiore dei comandamenti ».
( Mt 22,37 ).
Suor M. Marta non « teneva a nulla ».
Il suo cuore « era libero ».
L'amor di Dio l'assorbiva interamente.
Sciolta dalle cose terrene, nessun legame ne paralizzava lo slancio.
Le chiamate di Gesù Crocifisso, le intimità della Santa Comunione, le ardenti comunicazioni dello Spirito Santo, avevano acceso e mantovano nell'anima sua, come un incendio d'amore.
Perciò, sebbene tutto gratuito, il meraviglioso tessuto di grazie di cui si compone la sua vita, trovava in lei un'ammirabile corrispondenza alle divine prevenienze.
Corrispondenza che attirava nuove grazie.
Cosicché ogni giorno, aumentava, sotto tutte le forme, nella nostra Sorella, la Divina Carità: amor tenero e confidente del fanciullo, amor puro e casto della vergine, amore esclusivo della Sposa, amore ardente e forte dell'amante del Calvario …
Nel periodo più ricco della sua esistenza, noi troviamo la traccia di queste vampe divine, che bruciano, in certo modo il corpo e l'anima: « lo voglio che il mio Cuore bruci il tuo.
Io ne ho bisogno e tu pure, perché Io voglio comunicarmi, per mezzo tuo, alle mie creature ».
Pare che in seguito e fino all'ultimo giorno, questo fuoco interno si concentrasse di preferenza in una preghiera d'intercessione salente al Cielo, come incenso d'amore - preghiera che rivela tutta l'anima di Suor M. Marta, sollievo al suo bisogno d'amore e di riparazione, nel tempo stesso mezzo efficace, per conquistare numerose anime a Dio.
L'umile Religiosa intanto, ignora se stessa, poiché l'amore la divora in modo da non permetterle uno sguardo interiore sulle ineffabili operazioni del Salvatore in lei, e sopra una trasformazione che va fino a una specie di identificazione con lo Sposo.
La sua aiutante spirituale, l'interrogava un giorno: « Mia Sorella M. Marta, non vi stancate a restare in ginocchio, digiuna, tutta la mattina?
A queste cose non ci si bada, non ci se ne accorge.
Ma certo dopo sarete molto stanca. - Oh! no, ma non si sa più neppure dove siamo.
Voi dovete dire tante belle cose al piccolo Gesù, durante questo tempo! - Oh! no … ci si ama ».
« Ci si ama! » ecco dunque la suprema parola dello Sposo e della Sposa! …
Ecco ingenuamente espresso da una semplice figlia dei campi, l'unica attesa, l'unica brama, l'unico trionfo di Gesù! …
« Ci si ama! » Tutto ciò che N. Signore richiede da Suor M. Marta: lavoro, preghiera, sofferenza, apostolato, tutto ciò che Egli le dona: croci o grazie … tutto questo non è che un'efflorescenza dell'amore e ha un solo scopo: alimentare, manifestare, provare uno scambievole amore … « Ci si ama! ».
Questo amore reciproco del Salvatore e della sua Sposa scelta, traspare, si può dire, ad ogni pagina di questo volume, negli insegnamenti del Maestro, nelle azioni della sua discepola.
E, se fra le lezioni di Gesù, ve ne sono di particolarmente commoventi, sono proprio quelle dell'amore divino: non n'è Egli forse il Maestro per eccellenza?
« Amare, è la vita del Cielo, che vi è destinata - diceva Egli alla sua Privilegiata - Questa vita voi dovete viverla fin da ora per quanto è possibile ».
« Voi dovete viverla ». Era questo un far capire, che le sue Spose hanno meno bisogno di cognizioni speculative che non le persone destinate, per dovere di ministero, a dirigere e insegnare.
Per le anime Religiose l'essenziale è la scienza pratica dell'amore, mediante l'unione e le buone opere.
« L'unica cosa necessaria è di possedere Iddio ».
« Se tu vuoi imparare a conoscermi. Io te lo insegnerò, le disse Gesù, seguimi ovunque. Io solo posso istruirti ».
E scoprendosi la ferita del Sacro Cuore, il Divin Maestro soggiungeva: « Vieni Figliuola, vieni a gettarti qua dentro.
Abbandonando il suo cuore a Dio l'anima riceve lumi e grazie per amarMi, che non potrebbe trovare in nessun libro ».
« Io t'insegnerò ad amarmi, poiché tu non lo sai fare: la scienza dell'amore è data all'anima, che guarda il Divin Crocifisso e gli parla cuore a cuore ».
E qual'è questo segreto? Lo Sposo non lo scopre che all'anima alla quale è riservato: « Figlia mia, ho delle migliaia di anime favorite; ma Io sono unico per ciascuna.
Vi è un segreto d'amore che resterà unicamente tra lo Sposo e la Sposa per tutta l'eternità ».
Sento l'impulso dei desideri stessi del suo Diletta, Suor M. Marta Gli domandava un giorno che tutte le Sorelle della Comunità, sapessero trattenersi bene con Lui cuore a cuore: « Ah! rispose Gesù, con espressione di ardente tenerezza, quanto mi fa piacere questa domanda! poiché è per Me …
Quelle che mi corrispondono nel loro cuore, formano le mie delizie.
In questo cuore a cuore, Io mi compenso dell'ingratitudine degli uomini ».
Ma l'amor puro, per quanto fervido e confidente, resta però sottomesso quaggiù, alle leggi di un casto timore: le polveri della terra possono tanto facilmente appannare il cristallo più terso?
Il Divin Maestro rassicura la sua Sposa.
Gesù fece vedere un giorno a Suor M. Marta il posto che le riserbava in Paradiso: ed essa, subito a umiliarsi interiormente e a chiedere con una certa ansietà: « Mio buon Maestro, e non vi è nulla in me che m'impedisca di andarvi?
Si, qualche impedimento c'è - rispose soavemente N. Signore - ma l'amore cancella tutto ».
Oh! quante volte Gesù le ripeté questa consolante parola che esprime così bene l'opera della contrizione perfetta nelle anime: « L'amore cancella tutto ».
Un giorno, provando un vivo desiderio di riunirsi a Lui, la nostra Sorella supplicava il Salvatore di ritirarla nel suo Paradiso.
Gesù pareva non darle ascolto … allora essa esclamò: «Ah!, mio Gesù, qui siamo sempre esposte ad offendervi!
Figlia mia, l'amore cancella tutto ».
E siccome, con insistenza, essa domandava ancora al suo buon Maestro di concederle almeno la grazia di non più offenderlo.
Egli rispose: « Quando venite a Me con amore, Io non considero più le vostre mancanze » ma guardo solo il vostro amore … L'amore cancella tutto ».
Un altro giorno, Suor M. Marta non osava avvicinarsi alla Santa Mensa, al ricordo di qualche infedeltà alla grazia.
N. Signore la tranquillizzò con delle parole identiche: « L'amore purifica, tutto ».
Buon Maestro, è forse oggi soltanto che sarò purificata?
No, Figlia mia, l'anima è purificata tutte le volte che ama con amore forte.
Ma dev'essere un amore vero, puro e distaccato da tutto.
« La Sposa che ama, può agire liberamente.
Io prendo cura di purificarle l'anima a misura che essa lavora immersa nel mio amore.
« La mia unione con te è il tuo unico bene: qui consiste il tuo progresso che nessuno potrà impedire.
« Devi essere come la spina per il ramo a cui è unita ».
Noi sappiamo quanto la cara Conversa progredì in questa felice unione.
Suor M. Marta faceva la Via Crucis, giunta alla quinta e alla sesta stazione, essa vide due braccia livide e sanguinanti che si stendevano parallele alle sue, che essa teneva stese.
E Gesù le disse: « Vedi Figliuola, le mie braccia sono le tue ».
Era un esprimerle in modo sensibile, l'unificazione alla quale sotto tante forme Egli la invitava: « Io ho bisogno soltanto del tuo cuore », amava ripeterle.
E le mostrava il proprio Cuore aperto: « Tu hai bisogno soltanto del Mio ».
« Riposati sul mio Cuore: il posto della Sposa è sul cuore del suo Sposo!
Tu sei qui per il tempo e per l'eternità ».
Quando l'amore unificante ricolma così un'anima, ne dissipa ogni pusillanimità.
Ed è questo - lo si comprende sempre meglio - il segreto dell'eroica generosità di Suor M. Marta.
Malgrado tutto ciò che il Divin Maestro metteva di bontà, di tenerezza, di condiscendenza ineffabile nella condotta verso di lei, a Lui piacque farla passare per degli stati estremamente dolorosi.
Le esigenze giunsero talvolta a un grado per noi sconcertante.
E queste esigenze, indirizzate dapprima ad una giovane Religiosa di venticinque anni, contrassegnarono in seguito con maggior o minore intensità le varie fasi della sua esistenza.
Nel 1871 la On. Nostra Madre Teresa Eugenia Revel, noterà ancora: « Nostro Signore dice costantemente alla sua fedele Sposa: « Figlia mia, sali il Calvario con Me ».
Egli vuole che, malgrado le sofferenze consuete, essa vada sempre avanti senza chiedere riposo.
Un giorno le dichiarò in modo energico: « Io ti voglio vittima in piedi! ».
… In piedi, grazie alle forze che dona la Divina Carità.
… Ed ecco il secondo comandamento il quale è simile al primo: « Tu amerai il prossimo tuo come te stesso ».
( Mt 22,39 ).
« La Carità Divina, entrando in un cuore, trae con sé tutto il seguito delle Virtù », scrive il Santo Vescovo di Ginevra.
Fra tutte, l'amore del prossimo è il segno infallibile dell'amore che la creatura nutre per Iddio: « Si conoscerà che siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri, come Io vi ho amato ».
Suor M. Marta amava Dio sopra tutto.
Questo amore si riversava sulle creature sotto forma di carità fraterna e di abnegazione completa.
Si può dire che, sotto la direzione di Gesù e in unione con Lui, essa diede al prossimo il suo tempo, il suo cuore, la sua vita.
Però, bisogna notarlo, anche qui la sua virtù restò qualche volta velata a profitto dell'umiltà.
La nostra Sorella non possedeva certo vantaggi esteriori che attirano per loro stessi la simpatia e, per le nostre umane sensibilità, raddoppiano il valore dei minimi servigi, delle attenzioni o gentilezze.
Iddio non le aveva dato l'avvenenza del volto, dello sguardo, della voce, e nemmeno la grazia e l'eleganza del portamento e del gesto.
La sua conversazione ne perdeva in amabilità e la sua carità, non ben manifestata dalle apparenze, non era sempre apprezzata al suo giusto valore.
D'altra parte, le sue molteplici occupazioni la inducevano, ogni tanto, a chiedere aiuto a l'una o a l'altra delle sue compagne già abbastanza occupate.
E si trovava che in ciò mancava talora di discrezione o di opportunità. Le si facevano rimproveri.
Essa aveva, d'altronde, la sua risposta a tutto: « Ma perché dunque, mia Sorella Maria-Marta, interrogava una Sorella, perché venite continuamente a chiedere aiuto alle une e alle altre?
Non capite che questo annoia, quando si ha già troppo daffare?
Mia Sorella, bisogna bene insegnare alle giovani a sacrificarsi per il prossimo …
La Carità! non vi è nulla di più grande, vedete! ».
L'interlocutrice non disse altro; essa credeva vedervi un'altra ragione: pensava che Suor M. Marta, innamorata dell'umiltà e della mortificazione, agisse così per guadagnarsi qualche piccolo rabbuffo.
Noi amiamo credere che non s'ingannasse.
Sembra che Nostro Signore per umiliare la sua Sposa, si compiacesse talvolta di farle richiedere dei soccorsi inutili.
La confessione sfuggì un giorno alla nostra Sorella.
Era andata nell'orto a chiedere l'aiuto di una compagna per portare un « braciere » al refettorio: « Eh! povera Sorella, invece di venire fin qui, non avreste fatto più presto a portarlo voi stessa? » - non: poté trattenersi dal risponderle la Sorella, nella fretta del proprio lavoro.
« È vero, mia Sorella, ma Egli vuole così ».
« Ma insomma, come fate a sapere sempre dove ci troviamo? le fu domandato non senza qualche impazienza dalle lavoranti.
È il mio buon Angelo che mi ha condotta », rispose essa con semplicità.
Quanto ai servigi che richiedeva erano sempre molto brevi, essa non ne abusava …
Dopo due o tre minuti lasciava in libertà la Sorella, assicurandola di poter finire da sola.
Aggiungiamo subito del resto, che essa medesima rendeva volentieri servigio al prossimo.
Nostro Signore le aveva particolarmente richiesta questa pratica di carità: « Mai occuparsi di se stessa … e mai rifiutare un servigio ».
Era cosa tanto conosciuta, che una delle nostre Sorelle cuciniere, nella sua innocente furberia, aveva trovato un mezzo infallibile per conservare gli aiuti che Suor M. Marta veniva a rapirle.
La vedeva accorrere dicendo a una postulante o novizia: « Sorellina, venite presto ad aiutarmi che sono molto in ritardo, -Oh! mia Sorella, le obbiettava la cuciniera - se sapeste come abbiamo fretta anche noi, Vostra Carità ci darebbe una mano ».
Subito, senza proferir parola, la nostra Sorella si sedeva e puliva i legumi, sbucciava i fagioli senza più far cenno del proprio lavoro.
L'astuzia aveva sempre pieno successo.
Sempre pieno successo, perché il buon cuore di Suor M. Marta e il suo amore per Iddio, non le permettevano di rifiutare un servigio al prossimo.
E quando il suo lavoro consueto concedeva un po' di tregua, noi già sappiamo, con quale premura essa si metteva a disposizione altrui.
Durante le vacante delle educande, una Sorella un po' deboluccia, incaricata della cantina, vedeva ogni giorno, con tenerezza, la caritatevole Conversa aspettarla nel quarto d'ora avanti ai pasti, per portare in sua vece le bottiglie al refettorio della Comunità.
Questa compiacenza non era che una forma della sua carità attinta dal Cuore di Gesù e perciò veramente soprannaturale.
« Io sono tutto Carità e sono Io che opero in colui che pratica la carità.
Coloro che mi appartengono devono avere una grande carità verso il prossimo … un amor senza limite, ma amore soprannaturale e disinteressato ».
Soprannaturale, Suor M. Marta non aveva preferenze.
Essa amava tutte le sue Sorelle egualmente e, seguendo la raccomandazione del suo buon Maestro, le portava tutte nel suo cuore.
Abbiamo già fatto osservare quanto essa s'interessava di ognuna di noi e quanto pregava per ciascuna.
Essa vi si sentiva continuamente incitata: « Bisogna amare tanto il prossimo - le dicevano le voci celesti - e fare per lui ciò che non avreste il coraggio di fare per voi stessa.
Bisogna che il prossimo senta in voi un cuore buono, il Cuore di Dio ».
Quale sopporto del prossimo! quanta bontà vera, quale compassione per ogni debolezza, pena o dolore …
E quale facilità a dimenticare le offese!
« Io non ricordo, attesta una delle sue compagne, che Suor Marta mi abbia mai detta una parola offensiva, ne d'averla intesa rivolgerne alle nostre Sorelle.
Le ho spesso rifiutato qualche piccolo servizio.
Essa ritornava a domandarmene un'altra volta con la stessa semplicità ».
È questo un lato caratteristico della sua umile carità.
Mai che la nostra Sorella prendesse in mala parte le mancanze del prossimo a suo riguardo.
Si percorrano pure i manoscritti, non vi si troverà nemmeno un'allusione a tante piccole vessazioni di cui essa fu l'oggetto.
Si poteva impunemente avere dei torti a suo riguardo, era sempre lei che si accusava per la prima.
Gesù mostrava un giorno a Suor M. Marta il Suo Capo coronato di spine: « Tra i miei Santi - le disse - ve ne sono che hanno contribuito a farmi queste ferite, ciò nonostante Io li amo e li tratto da amici …
« Figliuola, col prossimo occorre usare, a mio esempio, una grande bontà, dimenticare tutte le offese non pensare che a perdonare e far dei nuovi benefici.
Questa è la pratica delle anime fanciulle nelle quali mi compiaccio ».
« Quando, dopo aver mancato di umiltà e di pazienza verso questa santa Sorella, io le chiedevo perdono, racconta ancora una delle sue compagne, sentivo che mi perdonava dall'intimo del cuore ».
Quanto ai suoi propri torti abbiamo visto1 con quale franchezza sapeva ripararli e come, con tal mezzo, manteneva sempre il suo cuore in dolce armonia con le sue compagne.
Tutto ciò denota - con lo spirito d'abnegazione e d'umiltà - un profondo amore del prossimo.
Amore tutto soprannaturale; abbiamo detto.
Ma in pari tempo, impulso di un cuore naturalmente buono.
Perciò noi crediamo che sotto un'apparenza un po' greggia, Suor M. Marta abbia sofferto della propria rozzezza.
Essa, così profondamente affettuosa avrebbe gustato una vera gioia nell'essere più amabile e più amata.
Ma la santa gelosia dello Sposo non glielo permise.
Egli le diceva un giorno nella Santa Comunione: « Vieni, Figliuola, voglio donarti le due virtù del mio Cuore: la dolcezza e l'umiltà.
Con queste tu compenserai il mio Cuore adorabile.
Ciò nonostante, ti lascerò cadere ogni tanto, in qualche mancanza visibile, a riguardo del prossimo, per tenerti nascosta ».
Un'altra volta, Gesù le faceva la medesima promessa, accompagnata dalla stessa riserva: « Io ti accorderò le virtù del mio Cuore dolce e umile; ma le vedrò Io solo …
Quanto a te, Figliuola, resterai coi tuoi difetti apparenti, per rimanere nascosta e umiliata ».
Parole incoraggianti per tutte le anime.
Per ciò che riguarda la Privilegiata della quale noi ci occupiamo, noi conosciamo già lo scopo di N. Signore.
Preservarla da ogni assalto dell'orgoglio e rassicurare così le guide dell'anima sua: « Tutto questo deve ben provare ai tuoi Superiori che ciò che accade in te, proviene da Dio, poiché da te sola, sei ben misera ed imperfetta ».
Si comprende come Gesù abbia rifugiato la sua « violetta », all'ombra dell'umiltà e dell'abiezione, e abbia circondato il suo « giglio » di spine affinché la creatura non potesse troppo avvicinarlo.
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