Il combattimento spirituale |
Figliuola, non mi contento che tu non schivi le occasioni che ti si fanno incontro per l'acquisto della virtù, ma voglio che come cosa di gran valore e di grande stima siano a volte da te cercate e abbracciate sempre lietamente, appena si presentano; e voglio che tu reputi più preziose e care quelle che sono più spiacevoli per la tua sensibilità: questo ti verrà concesso con l'aiuto divino, se ti imprimerai bene nella mente le seguenti considerazioni.
L'una è che le occasioni sono mezzi proporzionati, anzi necessari, per acquistare le virtù.
Per cui quando tu chiedi queste al Signore, di conseguenza chiedi anche quelle, altrimenti la tua preghiera sarebbe vana e tu verresti a contraddire te stessa e a tentare Dio, poiché egli ordinariamente non dà la pazienza senza le tribolazioni né l'umiltà senza i disprezzi.
La stessa cosa si può dire di tutte le altre virtù, che si conseguono senza dubbio per mezzo delle contrarietà.
Essi ci sono di tanto maggior aiuto per questo scopo, che ci devono essere perciò tanto più care e gradite quanto più sono faticose: infatti gli atti che noi facciamo in tali casi più sono generosi e forti, più agevolmente e più presto ci aprono la strada alla virtù.
Sono però da stimare e da non lasciare senza il loro esercizio anche le minime occasioni, come di uno sguardo o di una parola contro la nostra volontà, poiché gli atti che vi si fanno sono più frequenti benché meno intensi di quelli che sono da noi prodotti nelle difficoltà importanti.
L'altra considerazione accennata anche sopra è questa: tutte le cose che ci succedono vengono da Dio per nostro beneficio e perché noi ne ricaviamo frutto.
E quantunque di queste cose alcune che sono mancanze nostre o di altri, come dicemmo pure in altro luogo, non si può dire che siano di Dio, che non vuole il peccato, sono però da Dio in quanto egli le permette e non le impedisce, pur potendolo fare.
Tutte le afflizioni e le pene che ci capitano o per nostri difetti o per malignità altrui sono da Dio e di Dio, poiché egli in quelle interviene.
E ciò che non vorrebbe che si facesse in quanto contiene deformità grandemente odiosa ai suoi occhi purissimi, vuole che si patisca per quel bene di virtù che noi ne possiamo trarre e per altre giuste cause a noi occulte.
Perciò, essendo noi più che certi che il Signore vuole che sosteniamo volentieri qualunque molestia ci venga dalle altrui o anche dalle nostre ingiuste azioni, il dire, come per una siffatta scusa della loro impazienza dicono molti, che Dio non vuole anzi aborrisce le cose mal fatte, non è altro che coprire la propria colpa con un vano pretesto e rifiutare la croce: infatti non possiamo negare che a lui piace che noi la portiamo ( cfr. Lc 9,23 ).
Anzi dico di più: in confronto al resto, il Signore ama più in noi la sopportazione di quelle pene che derivano dall'iniquità degli uomini, specialmente se sono stati prima serviti e beneficati, anziché le molestie che procedono da altre penose circostanze.
E ciò sia perché ordinariamente più in quelle che in queste la natura superba si reprime e sia ancora perché, sostenendole noi volentieri, accontentiamo ed esaltiamo pienamente il nostro Dio, cooperando con lui in una cosa dove sommamente splendono la sua ineffabile bontà e onnipotenza: essa consiste nel cogliere dal pestifero veleno della malizia e del peccato il prezioso e saporito frutto della virtù e del bene.
Perciò sappi, figliuola, che non appena il Signore scopre in noi il vivo desiderio di riuscire davvero e di attendere come si deve a così glorioso acquisto, subito ci prepara il calice delle più forti tentazioni e delle occasioni più dure possibili perché a suo tempo lo prendiamo.
E noi, riconoscendo in ciò l'amore suo e il nostro proprio bene, lo dobbiamo ricevere volentieri a occhi chiusi e berlo tutto fino in fondo sicuramente e prontamente, poiché è medicina composta da una mano che non può errare, con ingredienti tanto più utili all'anima quanto più in se stessi sono amari.
Indice |