Imitazione di Cristo |
O dolcissimo Signore Gesù, quanto è grande la dolcezza dell'anima devota, partecipe del tuo convito, dove non le è posto innanzi altro cibo se non te stesso, l'unico suo diletto, desiderabile sopra tutti i desideri del suo cuore.
Anche a me sarebbe dolce, alla tua presenza, per l'intima tenerezza del cuore, versare lacrime e con la pia Maddalena bagnare col mio pianto i tuoi piedi.
Ma dov'è questa devozione? Dove l'abbondante effusione di lacrime sante?
Certamente al cospetto tuo e dei tuoi santi Angeli il mio cuore dovrebbe tutto bruciare e piangere di gioia.
Ho te nel Sacramento davvero presente, benché nascosto sotto le sacre specie.
I miei occhi non potrebbero sostenere di vederti nella tua propria e divina chiarità; ma neanche tutto il mondo potrebbe sussistere al fulgore di gloria della tua maestà.
Per questo dunque tu vieni in soccorso della mia infermità, nascondendoti nel Sacramento.
Io possiedo veramente e adoro colui che gli Angeli adorano in cielo: però finora soltanto nella fede, mentre essi lo vedono qual'è e senza velami.
Bisogna che io mi accontenti del lume della vera fede e in essa cammini, finché non arrivi il giorno dell'eterno splendore e tramontino le ombre delle figure.
« Ma quando verrà ciò che è perfetto » ( 1 Cor 13,10 ) cesserà l'uso dei Sacramenti, perché i Beati in cielo non hanno bisogno di medicina sacramentale; godono senza fine alla presenza di Dio, vedendo faccia a faccia la sua gloria e, trasformati di chiarezza in chiarezza nell'abisso della divinità, gustano il Verbo di Dio fatto carne come fu dal principio e permane in eterno.
Quando ricordo queste meraviglie più non desidero nessuna consolazione spirituale, perché fino a quando non vedrò svelatamente il mio Signore nella sua gloria, stimo un nulla tutto quanto vedo o ascolto nel mondo.
Tu mi sei testimone, Signore, che nessuna cosa mi può consolare, che nessuna creatura mi può dare appagamento se non tu, Dio mio, che desidero contemplare per l'eternità.
Ma questo non è possibile durante la vita mortale.
Bisogna quindi che io mi disponga a grande pazienza e sottometta a te me stesso in ogni mio desiderio.
Anche i tuoi santi, Signore, che ormai esultano con te nel regno dei cieli, mentre vissero aspettavano con grande fede e incrollabile pazienza l'avvento della tua gloria.
Quello che essi hanno creduto io lo credo; quello che essi hanno sperato io lo spero; là dove essi sono giunti, con la tua grazia ho fiducia di giungere anch'io.
Camminerò intanto nella fede, confortato dagli esempi dei santi.
Terrò pure i libri sacri per conforto e per specchio di vita e, al di sopra di tutto questo, il tuo santissimo Corpo per singolare rimedio e rifugio.
Due cose sento che mi sono massimamente necessarie in questa miserabile vita, e non sopporterei di vivere senza di esse.
Detenuto nel carcere del corpo, confesso di aver bisogno di cibo e di lume.
Perciò a me, tanto debole, hai dato il tuo sacro Corpo quale ristoro dell'anima e del corpo e hai posto « la tua parola come lampada ai miei passi » ( Sal 119,105 ).
Senza questi due doni non potrei vivere bene, poiché la parola di Dio è la luce dell'anima mia e il tuo Sacramento è il pane di vita.
Si possono anche chiamare due mense, poste di qua e di là nel tesoro della santa Chiesa: l'una è la mensa del sacro altare, sulla quale è il pane santo, cioè il prezioso Corpo di Cristo; l'altra è la mensa della divina legge, che contiene la santa dottrina, insegna la retta fede e mi guida con sicurezza fino al più interno velame dove sta il Santo dei santi.
Grazie a te, Signore, luce della luce eterna, per la mensa della sacra dottrina che a noi hai imbandito per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori.
Grazie a te, Creatore e Redentore degli uomini, che per manifestare a tutto il mondo il tuo amore, hai preparato una gran cena, nella quale hai offerto in cibo non l'agnello simbolico, ma il tuo santissimo Corpo e Sangue, allietando tutti i fedeli col tuo sacro convito e inebriandoli col calice della salute, nel quale vi è tutta la delizia del Paradiso; e partecipano con noi al convito, sebbene con più felice soavità, gli Angeli santi.
Oh, quanto grande e da onorare è il ministero dei sacerdoti, ai quali è stato dato di consacrare il Corpo di Cristo con le sante parole, di benedirlo con le labbra, di tenerlo tra le mani, di cibarsene essi stessi e di dispensarlo agli altri.
Oh, quanto monde devono essere le mani, quanto pure le labbra, quanto santo il corpo, quanto immacolato il cuore del sacerdote, nel quale tante volte entra l'Autore della purezza.
Dalla bocca del sacerdote nessuna parola deve uscire che non sia santa, nessuna che non sia onesta e fruttuosa, poiché tanto spesso riceve il Sacramento di Cristo.
Semplici e modesti devono essere i suoi occhi che sogliono mirare il Corpo del Signore.
Candide e levate al cielo devono essere le mani che usano toccare il Creatore del cielo e della terra.
In special modo ai sacerdoti è stato detto nella legge: « Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo » ( Lv 19,2 ).
Ci soccorra la tua grazia, onnipotente Dio, affinché, avendo ricevuto l'ufficio sacerdotale, degnamente e devotamente, con ogni purezza e buona coscienza, abbiamo a servirti.
E se non possiamo conservarci in tanta innocenza di vita come dovremmo, concedici almeno che abbiamo convenientemente a piangere le colpe commesse e a servirti per l'avvenire con maggior fervore, in spirito di umiltà, nel fermo proponimento di una volontà sincera.
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