La nube della non-conoscenza

Capitolo 75

Alcuni segni attraverso i quali possiamo sapere con certezza se siamo chiamati da Dio al lavoro della contemplazione

Non tutti quelli che leggono, o sentono leggere o parlare di questo libro, e che leggendolo o ascoltandone la lettura lo ritengono una cosa buona e piacevole, sono per ciò stesso chiamati da Dio a intraprendere il lavoro contemplativo, per il semplice fatto di provare dentro di sé una piacevole sensazione durante una lettura di tal genere.

Può darsi benissimo che questo stimolo interiore provenga dalla curiosità dell'intelligenza naturale, piuttosto che da una chiamata della grazia.

Ma se vogliono verificare l'origine di questo impulso, possono farlo a questo modo, se sono d'accordo.

Per prima cosa facciano un serio esame, per vedere se in precedenza hanno fatto tutto il possibile per prepararsi convenientemente alla purificazione della loro coscienza, secondo il giudizio della santa chiesa e d'accordo con il proprio direttore spirituale.

Se le cose stanno così, tanto meglio.

Ma se vogliono conoscere con più esattezza le proprie disposizioni d'animo, osservino attentamente se quest'impulso richiama sempre più la loro attenzione, tanto da diventare più abituale di ogni altra devozione spirituale.

E se giungono alla convinzione che non c'è cosa che essi facciano, materiale o spirituale, che riceva un'adeguata approvazione da parte della loro coscienza, senza che questo piccolo segreto slancio d'amore non stia a capo, in senso spirituale, di tutto il loro operato; se questa, dunque, è la loro sensazione, allora è segno che sono realmente chiamati da Dio alla contemplazione, altrimenti no.

Non intendo dire che quest'impulso deve durare per sempre e riempire in continuazione la mente di quelli che son chiamati al lavoro contemplativo.

No, non è affatto cosa.

In un giovane contemplativo ancora alle prime armi, questa reale sensazione viene spesso a mancare per una serie di motivi.

Talvolta questo si verifica perché egli non abbia ad assumere un atteggiamento di sufficienza, o a pensare che sia in gran parte in suo potere di avere questa grazia quando e come gli pare.

Un pensiero di tal genere sarebbe segno di orgoglio.

Ora, quando la sensazione della grazia viene a mancare, è sempre l'orgoglio la causa prima; non tanto l'orgoglio che effettivamente c'è, ma quello che potrebbe esserci, se non venisse meno la percezione della grazia.

Ecco perché è facile trovare dei giovani stolti che ritengono Dio loro nemico, quando invece è lui il loro miglior amico.

A volte la grazia della contemplazione viene meno a motivo della poca cura con cui gli uomini vi corrispondono: in tal caso essi sentono immediatamente una pena acutissima e straziante, che li divora come un cancro.

Altre volte nostro Signore ritarda questa sensazione di grazia secondo un piano prestabilito, perché vuole, in tal modo, che essa cresca e venga apprezzata maggiormente: è quel che capita quando una cosa, da lungo tempo smarrita, viene infine ritrovata.

Questo è uno dei segni più importanti e più sicuri che uno possa avere per conoscere se è chiamato o meno alla contemplazione: se sa che, dopo un ritardo di tal genere e una lunga inattività nel lavoro della contemplazione, improvvisamente quella sensazione ritorna, come di fatto avviene, senza far ricorso a nessun mezzo.

Allora egli possiede dentro di sé un fervore ancor più intenso e una passione ancor più viva nei riguardi della contemplazione, di quanto non abbia mai avuto prima.

A tal punto che spesso, io credo, la gioia per il ritrovamento di quello slancio d'amore è ancor più grande del dolore per la sua perdita.

Se capita così, è senz'altro segno autentico e inconfondibile che Dio chiama a diventare contemplativi, quale che sia la propria vita presente o passata.

Non è, infatti, quello che sei, né quello che sei stato, ciò che Dio vede con i suoi occhi misericordiosi, bensì ciò che tu potresti essere.

E s. Gregorio afferma che « tutti i desideri santi crescono quando vengono dilazionati; ma se svaniscono in attesa della loro realizzazione, allora non erano nemmeno desideri santi ».

Chi sente sempre di meno la gioia di ritrovare o riscoprire, sotto forme nuove e impreviste, i vecchi desideri del cuore, può star certo che, anche se questi sono desideri naturali di bene, tuttavia desideri santi non lo sono mai stati.

Di questo santo desiderio parla s. Agostino, quando dice che « tutta la vita di un buon cristiano non è altro che un santo desiderio ».

Addio, amico spirituale, ricevi la benedizione di Dio e la mia.

E prego Dio onnipotente perché la vera pace, il buon consiglio, il conforto spirituale in Dio e l'abbondanza della sua grazia, siano sempre con te e con tutti quelli che lo amano su questa terra.

Amen.

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