La storia della Chiesa

Indice

IV. L'ambiente romano

1. a) Il mondo romano non è tanto di natura teoretica quanto pratica, o meglio politica.

Esso è espresso esaurientemente dallo Stato romano, anzi è lo Stato romano.

È il mondo del governo, dell'amministrazione e dell'Impero.

È anche il mondo della coscienza del proprio valore e della stima del diritto positivo.

Il senso dell'organizzazione, della necessità dell'ubbidienza vi è molto vivo; e altrettanto viva la tendenza all'unità universale e all'espansione colonizzatrice.

b) La religione ufficiale di Roma non aveva pressoché nulla a che fare con la coscienza, con il valore interiore.

Essa consisteva soltanto nell'esatto adempimento di un atto di culto esteriore.

Il cuore poteva essere assente, e spesso lo era.

Gli dèi romani venivano onorati.

Accanto ad essi un po' alla volta furono accolte e riconosciute tutte le divinità delle province.10

Il paganesimo romano non avanzava alcuna pretesa di esclusività.

c) Ma poiché da tutti era richiesto l'atto esterno del sacrificio agli dèi riconosciuti dallo Stato, la tolleranza religiosa nello Stato romano era fondamentalmente connessa all'oppressione di coscienza nei confronti di coloro ai quali la convinzione personale vietava di compiere quell'atto esterno.

Questi erano specialmente i cristiani.

Per il Giudaismo infatti si faceva un'eccezione: ad esso, in quanto religione nazionale, e per di più circoscritta in limiti così stretti da non poter mai esercitare un'attrazione sulle masse, si perdonava il rifiuto di quel sacrificio.

d) Lo Stato romano, di conseguenza, non si darà pensiero della dottrina della nuova religione.

Dei cristiani si interesserà soltanto in base alla considerazione pratica del bene pubblico.

Facendo questo, volgerà tutto il suo interesse al problema: l'esistenza di questa comunità religiosa si accorda con gli interessi dello Stato?

I cristiani possono esistere?

e) D'altra parte, nella cristianità romana i problemi del comportamento concreto vengono avvertiti nel modo più acuto e si trovano al primo posto nelle sue preoccupazioni: questioni riguardanti la costituzione, l'organizzazione, il governo, l'amministrazione, la moralità e la santità.

2. Vantaggi.

È ancora molto diffusa l'opinione che l'Impero Romano pagano sia stato per il Cristianesimo soltanto un campo di battaglia.

Dobbiamo guardarci dal considerare lo Stato romano solo dal punto di vista delle persecuzioni dei cristiani.

Esso fu anche un terreno fecondo per la nuova religione: con la sua generale tolleranza religiosa ( sopra, b ) e soprattutto con la sua tolleranza particolare di fronte al Giudaismo ( sopra, e ), "all'ombra del quale il Cristianesimo crebbe" ( Terminano ); inoltre con la sicurezza della pace all'interno e con le sue possibilità di comunicazione, esso facilitò sostanzialmente la diffusione del lieto messaggio.

L'Impero poi, per la sua divisione in territori cittadini, in province e più tardi in diocesi, per la sua amministrazione, e non in ultimo per l'idea dell'unità che esso esprimeva, fu anche il modello ideale, secondo il quale la Chiesa poté organizzarsi sempre più saldamente ed esprimere la sua vita in forme ricche, espressive e facilmente accessibili alla mentalità romano-pagana.11

L'affermazione dell'autorità dello Stato del resto, nonostante le persecuzioni, era ovvia per i cristiani secondo l'insegnamento di Gesù ( « Date a Cesare quel ch'è di Cesare e a Dio quel ch'è di Dio », Mc 12,17; Gesù davanti ad Erode, Lc 23,7ss; Rm 13,1; 1 Pt 2,16 ) e nella prima letteratura cristiana si incontra spesso.

A partire dagli apologeti del II secolo la grandezza dell'Impero e il suo perdurare vengono attribuiti alla preghiera dei cristiani e alla loro vita religiosa.

3. Svantaggi.

Questa disposizione delle forze nascondeva a sua volta il pericolo che l'elemento caratteristico dell'ambiente romano venisse esagerato: che il potere politico non si fermasse di fronte all'ambito della religione.

Ciò si manifesta nelle persecuzioni dello stato pagano, il quale esigeva dai cristiani la pratica della religione romana di stato.

In epoche posteriori cristiane si ebbero delle manifestazioni pericolose nel cesaro-papismo ( § 21 ) dell'imperatore Costantino e dei suoi successori, in particolare di Giustiniano I, che, in questo, vivevano ancora completamente dello spirito romano antico.

( In una forma o nell'altra questo problema di fondo di tutta la storia ha un ruolo importante nell'ambito della storia della Chiesa anche nel Medioevo e nell'età moderna ).

Un pericolo forse ancora maggiore consisteva nel fatto che l'incontestabile qualità romana dell'arte politica del governare s'infiltrasse troppo nel governo della Chiesa e venisse così snaturato il carattere affatto diverso del ministero apostolico della Chiesa stessa.

Indice

10 Esistevano solo poche eccezioni come per esempio il culto dei Druidi che conosceva ancora sacrifici umani; altri culti erano limitati localmente o socialmente come per esempio il culto di Cibele; nella città di Roma per esempio fino al 38 d. C. era proibito il culto di Iside e Osiride.
11 Già Origene a difesa del Cristianesimo ha interpretato questo dicendo: « Dio preparò le nazioni per la sua dottrina affinché esse stessero sotto un imperatore romano, e le nazioni, sotto il pretesto dell'esistenza di molti Stati, non si trovassero reciprocamente staccate, e pertanto non risultasse troppo difficile l'esecuzione di ciò che Gesù aveva comandato agli Apostoli con le parole: "Andate e ammaestrate tutte le genti" ».