La storia della Chiesa |
1. Dopo la definizione del Concilio di Calcedonia rimaneva aperta una sola questione: come è spiegabile l'assenza del peccato in Cristo dal momento che egli è vero uomo?
Sergio, patriarca di Costantinopoli ( 610-658 ), volle risolvere la difficoltà dicendo che Cristo ha avuto un'unica volontà, quella divino-umana: monotelismo.
Questa teoria contraddiceva alla dottrina dell'integrità delle due nature; essa fu condannata nel VI Concilio ecumenico di Costantinopoli, 680-81, che riconobbe l'esistenza di due volontà e la definì con le medesime espressioni che il Calcedonese aveva adoperato per le due nature.
La volontà umana di Cristo si uniforma sempre a quella divina.
2. In questo ultimo stadio delle controversie Papa Onorio ( 625-38 ) ebbe un ruolo piuttosto infelice.
Egli prese una decisione - forse non sufficientemente informato dal patriarca e senza sentire i suoi avversari - che nel VI Concilio ecumenico fu esplicitamente anatomizzata: « Onorio, l'ex vescovo della vecchia-Roma », fu ritenuto colpevole di eresia.
La condanna fu ripetuta dal Papa Leone II ( 682-83 ) e da ulteriori concili, da Gregorio II ( 715-31 ) fu inclusa nel giuramento d'incoronazione dei Papi.
Il VI Concilio ecumenico però alla sua condanna aveva annesso una motivazione, l'aveva fatta dipendere quindi da essa, cioè: Onorio ha seguito in tutto le eresie dei monoteliti.
E appunto questo non corrisponde a verità, come dimostrano i suoi due scritti al Patriarca Sergio.
Onorio ha bensì usato l'espressione eretica monotelita e rifiutato quella ortodossa, ma ciò che egli realmente respinge è, abbastanza chiaramente, una volontà umana in Gesù che possa contraddire a quella divina.
A ragione quindi Papa Leone II ha dichiarata giustificata la condanna nel senso più preciso che Onorio avrebbe contravvenuto ai suoi doveri, non avendo avversato con sufficiente chiarezza l'eresia.
Questo problema « Onorio » ci suggerisce un'importante riflessione: insegna a badare alla differenza tra la formula teologica usata e il contenuto che in essa si è voluto esprimere.
( Per la necessaria integrazione complementare cfr, § 28.
Per il problema « Linguaggio e dottrina » cfr. sopra § 25,7 ).
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