La storia della Chiesa |
1. Già rè Corrado I ( 911-918 ) aveva collaborato con i vescovi contro i ducati di stirpe ( Sassoni, Bavaresi, Svevi, Turingi ).
L'unione andò perduta sotto Enrico I; sembrò ritornare il sistema sorpassato e di piccolo formato delle Chiese nazionali legate al potere territoriale.
Egli intanto, che fino allora aveva rifiutato l'usuale consacrazione a rè per mano dell'arcivescovo di Magonza, dopo la vittoria sui suoi nemici, i duchi di Baviera e di Svevia, si oriente sempre più verso la linea carolingia.
a) Il ritorno definitivo alle concezioni di Carlo Magno lo troviamo in Ottone I.
Del rinnovamento dell'Impero faceva parte anche il rinnovamento del suo carattere e del suo diritto ecclesiastico-religioso.
Esso fu manifestato in forma diversa: l'Imperatore non portava soltanto la corona, ma anche una mitra di stoffa,210 che nell'Antico Testamento era stata il segno dell'ufficio spirituale dei leviti.
Nelle preghiere d'incoronazione il rè veniva designato come tipo di Cristo avente quindi parte al Sacerdozio ( Percy E. Schramm ).
Ottone I riassunse quella formula contro la quale Niccolo I si era volto nei confronti di Michele III: « Rè e Sacerdote ».211
Egli nomina i vescovi.
Conferisce loro anche l'ufficio religioso, consegnando loro il pastorale.
Egli amplia i loro diritti politici ( giudizio, tasse, mercato, moneta ); li rende prìncipi sovrani.
I beni della Chiesa e dei monasteri devono servire allo Stato.
b) Il rapporto col Papato, dopo aver subito gravi contraccolpi, si sviluppò in maniera tale che Ottone disponeva del Papato come se si trattasse dell'episcopato tedesco.
Risultato fu che l'elezione del Papa, per sé libera, di fatto era in fondo completamente subordinata all'approvazione dell'Imperatore che pretese, ottenendoli, anche la suprema giurisdizione e il diritto di controllare lo svolgimento degli uffici ecclesiastici.
Fondamento giuridico divenne il cosiddetto Privilegium Ottonianum del 962 ( conferma e ampliamento delle donazioni di Pipino e di Carlo ): salvezza e minaccia!
Inevitabile oggetto di conflitti!
Ciò che in primo tempo e immediatamente rappresentò la salvezza del Papato, a lungo andare e specialmente dopo il miglioramento delle condizioni della Chiesa, doveva impedire l'evoluzione propria del ministero pontificio e minacciare così dall'interno l'alleanza delle due potenze universali.
c) Dopo l'allontanamento definitivo di Giovanni XII ( deposizione per falso giuramento, assassinio, sacrilegio, impudicizia; egli non cambiò tuttavia la sua vita dissoluta, § 41,III,5 ) Ottone riuscì a porre sulla cattedradi Pietro un Papa scelto da lui stesso, Leone VIII ( 963-965 ), fino a quel momento laico.
Questo fu un fatto decisivo.
Regnando ora un Papa religioso, si stabilì una stretta armonia tra i due supremi poteri; venne fondamentalmente assicurata la preponderanza dell'Impero per la salvezza della Chiesa.
d) Guardando a questo aspetto esterno degli avvenimenti, relativamente chiaro, non dobbiamo però ignorare la problematica interna, profonda e più tardi anche decisiva: le concezioni fondamentali delle due parti erano radicalmente differenti.
Il Papa vedeva nell'Imperatore il suo difensore, ma non il patrono.
L'Imperatore, dal canto suo, riteneva se stesso sovrano dello Stato della Chiesa e del suo principe, il Papa.
La sua ribellione contro Ottone, perciò, era giustificata dal punto di vista del Papa, ma per l'Imperatore era un tradimento.
Fu per questo che il Papa venne sottoposto a processo per le sue scelleratezze morali ( violazione del principio teoricamente intatto: Papa a nemine iudicatur ).
Dal punto di vista puramente giuridico, Ottone oltrepassò senza dubbio le sue competenze, ma il provvedimento da lui preso era praticamente inevitabile.
Similmente è da giudicare la elezione provvidenziale di Leone VIII, sebbene essa contraddicesse apertamente ai canoni vigenti.
La politica imperiale degli imperatori tedeschi, inaugurata da Ottone I, ha salvato infine il Papato.
Certamente questa politica italiana degli imperatori e dei rè tedeschi, con le spedizioni in Italia e a Roma che ne derivavano, non scaturiva soltanto da impulsi ecclesiastico-religiosi, ma uniti a questi in diversa misura, c'erano interessi politici di predominio, per quanto profondamente uniti all'ideale di rendere un servizio alla religione cristiana e alla sua diffusione.
L'intero processo durò, con un equilibrio spesso molto relativo, fino alla morte di Enrico III nel 1056, dunque appena e neanche un secolo.
Esso rivela anche una contaminazione della realtà temporale con quella ecclesiastica e non è privo d'importanza il fatto che già allora questa situazione incontrasse delle opposizioni,212 senza tuttavia poter cambiare molto, per il momento, nelle realtà di fatto ricordate e nelle loro tendenze.
2. Dopo la morte di Leone VIII, i Romani tennero conto della reale distribuzione delle forze, chiedendo che venisse nominato un successore.
Ottone prese parte all'elezione di Giovanni XIII, mediante la presenza dei suoi legati.
Caratterizza però i contrasti nella città di Roma il fatto che il nuovo Papa, sebbene fosse strettamente legato ai Crescenzi ( forse addirittura un figlio di Teodora la giovane ), venisse avversato dal partito romano-nazionale, come un servo della potenza imperiale straniera.
Ottone dovette intervenire per sgominare i ribelli.
a) Bisogna tener ben presente che le spedizioni di soccorso degli Ottoni e ancora di Enrico II furono continuamente frustrate dalle infedeltà, quasi impensabili, dei partiti dei nobili romani e anche dei Papi deposti.
La più indegna simbiosi di politica della forza, gretta e senza alcun riguardo, con ogni sorta di bassezze morali, fa durare per il Papato il « saeculum obscurum » fino agli anni 40 dell'XI secolo, praticamente fino a Sutri, nel 1046.
Bisogna considerare insieme i singoli atti di violenza, le infedeltà, le immoralità e le crudeltà per poter rivivere completamente queste situazioni raccapriccianti.
Su questo sfondo diviene del tutto chiaro quanto fosse indispensabile che l'Imperatore intervenisse come patrono autonomo nei diritti della Chiesa.
Altrimenti l'ordine ecclesiastico non avrebbe potuto essere ristabilito.
b) In Germania, sotto il nuovo Imperatore, crebbe la vita interna della Chiesa.
Tra i vescovi che egli chiamò a reggere importanti vescovadi come prìncipi dell'Impero, ve ne furono molti di grande valore, sia sul piano spirituale che politico ( Bruno, fratello dell'imperatore, era arcivescovo di Colonia e arciduca di Lotaringia; Ulrico di Augusta, confermato vescovo ancora da Enrico nel 923 ).
Anche la vita intellettuale riprese vigore.
La Germania ebbe la prima poetessa: Rosvita ( nata verso il 935, + dopo il 1000 ) dell'abbazia femminile di Gandersheim ( un monastero senza voti ) che poetò in latino.
Le sue poesie ( commedie, leggende, racconti storici ) sono di un contenuto così altamente spirituale, che di esse fu detto che non potevano essere state scritte ne così presto, ne da una donna; esse sono destinate a un'abbazia di donne della più alta nobiltà ( Schuite ).
Conforme a ciò è pure il fatto che anche questa poesia si pone, con grande naturalezza, al servizio dell'idea d'Impero.
Con la fondazione dell'arcivescovado di Magdeburgo, favorita da Ottone I ( § 42,4 ) sono connessi i piani per la cristianizzazione della Slavonia che, però, furono attuati prevalentemente dal vescovado a metà polacco di Poznan ( fondato nel 968 ) in armonia con la politica ecclesiastica della Curia.
c) La tensione nei confronti dell'Impero bizantino continuava ancora a gravare sul gioco delle forze politiche.
Con l'incoronazione di Ottone a Imperatore e col suo intervento nell'Italia meridionale, i contrasti si fecero nuovamente più violenti ( complicazioni belliche: 967-68 ).
Sotto il nuovo Imperatore d'Oriente Giovanni Zimisce furono finalmente attuati quei piani di matrimonio da tempo ideati: il fidanzamento della principessa Teofano con il futuro Ottone II suggellò la pace.
Il Papa stesso assistette al matrimonio ( 972 ) e incoronò Teofano.
d) Dopo la morte di Ottone I ( nel 973 all'età di circa 61 anni ), sotto Benedetto VI ( 973-74 ) a Roma cominciarono i disordini causati dalla famiglia dei Crescenzi.
Il Papa fu deposto, fu incarcerato e strangolato dal suo successore, che era il capo del partito greco a Roma, Bonifacio VII; dopo poche settimane egli dovette cedere alla pressione di un esercito del rè; egli portò con sé ( come Giovanni XII ) il tesoro di san Pietro, questa volta a Costantinopoli.
Il nuovo Papa eletto sotto la protezione di quell'esercito reale, Benedetto VII ( 974-983 ), simpatizzava per i circoli riformatori di Cluny e per il loro abate Maiolo.
Condannando la simonia e i privilegi concessi a monasteri tedeschi, favorì la riforma interna della Chiesa.
La morte precoce di Ottone II ( 973-83 ) ebbe delle conseguenze disastrose per la situazione romana.
Bonifacio VII ritornò a Roma e il nuovo Papa, Giovanni XIV ( 983-84 ), precedentemente gran cancelliere italiano di Ottone, privo dell'aiuto dell'Imperatore, cadde nelle mani dell'avversario.
Bonifacio lo relegò in Castel sant'Angelo e lo lasciò morire di fame.
Egli stesso fu ucciso, durante un tumulto popolare.
3. a) Quando, durante la minore età di Ottone III ( 983-1002 ), subentrò un temporaneo indebolimento della potenza imperiale, il disordine del « saeculum obscurum » sembrò riprendere il sopravvento con un Crescenzio ( Giovanni Crescenzio Nomenzio ) divenuto « Patricius Romanorum ».
Questo Crescenzio fece Papa un romano col nome di Giovanni XV.
( Durante il suo pontificato si ebbe la lotta per l'occupazione dell'arcivescovado di Reims e la donazione tanto importante per la missione orientale della Polonia a san Pietro fatta dal duca di Miesco [ 990 ] ).
Ma poi intervenne Ottone III, anzi egli dispose addirittura della sede pontificia.
Rinnovò la formula di Carlo Magno della « renovatio Imperii Romanorum ».
Egli però era anche in certo qual modo « servus Jesu Christi », cioè, lo stesso di Paolo, quindi un successore degli Apostoli e anche « servus Apostolorum », cioè di Pietro e di Paolo, i signori di Roma; vale a dire egli è signore di Roma come feudatario di Pietro ( Percy E. Schramm ).
Ottone III creò il primo papa tedesco ( Bruno di Carinzia, che assunse il nome di Gregorio V e governò soltanto dal 996 al 999 ).
Ebbe grande importanza per il progressivo crescere del miglioramento interno della Chiesa il fatto che questo Papa tedesco, grazie alle sue relazioni con l'Imperatore, potesse impegnarsi con tutte le sue forze per la riforma.
Egli fu allontanato dallo stesso Crescenzio, che Ottone III aveva risparmiato su richiesta del Papa, e un greco fu proclamato antipapa ( Giovanni XVI ).
Ma Ottone ricondusse il suo Papa a Roma, il Crescenzio fu decapitato, l'antipapa mutilato e messo in prigione.
A Gregorio V succede il precettore di Ottone, il primo Papa francese, l'arcivescovo Gerberto di Ravenna ( di origine aquilana ), un uomo molto dotto,213 che assunse il nome di Silvestre II ( 999-1003 ).
Un'insurrezione popolare scacciò da Roma l'Imperatore e il suo Papa francese.
b) L'idea imperiale fu interpretata in maniera molto diversa dai singoli Imperatori.
Su Ottone III influirono sia Gerberto con fantasiosi piani di dominio universale imperiale-pontificio, che i monaci eremiti dell'Italia meridionale.214
L'idea imperiale di Roma divenne per lui addirittura un'ossessione.215
Egli sembrò dimenticare in certo qual modo che il potere universale deve avere una solida base di politica reale.
La dignità dell'unico Imperatore romano sembrava allettarlo, ancora più di quanto fosse avvenuto per Ottone I quando volle che suo figlio sposasse Teofano: egli ricalca sin nei particolari il Basileus romano-orientale; e non teme di indebolire la sua potenza di rè tedesco, in favore di un immaginario impero romano universale.
La sua politica in Polonia e in Ungheria lo dimostrano chiaramente.
A Gnesen egli erige una sede metropolitana polacca e attua con ciò il distacco da Magdeburgo, cosa che, a sua volta, implica il distacco dalla monarchia tedesca.
Si manifesta qui la problematica quasi irrisolvibile dell'universalismo imperiale: la rinuncia a interessi particolari tedeschi e la rinuncia a vincolare le forze particolari nel tutto universale sulla base della loro integrazione, in effetti non ha come conseguenza il rafforzamento, bensì l'indebolimento dell'Impero.
In Ungheria, è papa Silvestre II che, d'accordo con Ottone III, fonda la sede metropolitana di Esztergom e che invia la corona reale al duca, battezzato col nome di Stefano.
Doveva passare naturalmente ancora mezzo secolo prima che l'iniziativa del Papa fosse interpretata nel senso della teoria papale.
In un primo tempo Imperatore e Papa sembravano non avvertire la latente contraddizione.
Predomina ancora l'idea imperiale che teoricamente viene strutturata in maniera decisiva proprio sotto Ottone III.
A Gnesen egli non opera solo come « Imperator Romanorum », ma al tempo stesso come « Servus Jesu Christi ».
Il doppio titolo dell'unico sovrano esprime profondamente l'identificazione di « Imperium Romanum » e « Christianum ».
In un documento memorabile dell'anno 1001 nella sua qualità di « Servus Apostolorum » e Imperatore romano, egli dona al Papa otto contee della Pentapoli, al tempo stesso però biasima i suoi predecessori nel ministero pontificale perché avrebbero dilapidato i beni della Chiesa per approfittare dei beni dell'Impero.
Egli inoltre rifiuta i fondamenti giuridici, a cui ci si era richiamati sino ad allora per pretendere il possesso dello Stato della Chiesa, specialmente la « donazione di Costantino » che viene definita un documento falsificato.
Facendo questo, Ottone esprime in maniera inequivocabile che lui, come Imperatore, è superiore al Papa: per amore di san Pietro, egli ha « scelto », « destinato » e « fatto » Papa il suo precettore d'un tempo.
L'Impero di Ottone rappresenta il primo e l'unico tentativo di esprimere concretamente l'armonia dei due supremi poteri esigila dalla concezione del mondo dell'alto Medioevo ( Holtzmann ).
Naturalmente egli rivela, come nessun altro, i pericoli di una armonizzazione artificiale: la clericalizzazione dell'Impero, vale dire, il fondamento religioso della potenza politico-universale non bastava a creare e a mantenere una reale base di potere.
L'Imperatore e il Papa, contro i loro piani grandiosi, dovettero fronteggiare un'insurrezione dei nobili romani locali.
Solo l'intransigente Enrico II ristabilirà l'ordine con la forza delle armi tedesche.
Ottone morì, appena ventiduenne, nell'anno 1002, seguito, nel 1003, dal suo Papa.
4. Poiché i nuovi imperatori tedeschi Enrico II e Corrado II, a differenza di Ottone III, si preoccuparono più della sicurezza del loro potere monarchico che di por ordine nella situazione di Roma, il Papato cadde nuovamente sotto il dominio dei Crescenzi e poi dei Tuscolo.
Questi portarono sul trono papale nientemeno che tré mèmbri laici della loro famiglia.216
Infine insediarono col nome di Benedetto IX ( 1032-1045; 1047-48 ) un giovane dei Tuscolo di 18 anni.
Una rivolta dei Crescenzi lo obbligò a lasciare il posto, per alcune settimane, a Silvestre III, fatto papa dai Crescenzi stessi.
Poi Benedetto IX ritornò.
Ma non potendo resistere a causa dei disordini e avendo voglia di sposarsi, rinunciò alla sua dignità dietro compenso di 1000 libbre d'argento.
La somma fu pagata da un ebreo battezzato della famiglia dei Pierleoni, il quale era probabilmente imparentato con l'arcivescovo romano Giovanni Graziano, uomo di costumi castigatissimi, che assunse il nome di Gregario VI ( 1045-46 )
Per la poca chiarezza del concetto di simonia, che tanto dovrà occuparci, è istruttivo il fatto che proprio questo nuovo Papa appartenesse ai circoli di riforma.
Ora vivevano tre Papi. Benedetto IX, Silvestre III e Gregorio VI.
Era già l'epoca di Enrico III.
a) A differenza di quanto succedeva a Roma, una ricca vita religiosa fioriva in monasteri e diocesi importanti della Germania sotto Enrico II ( 1002-1024; Villigio di Magonza, + 1011; Bernardo di Hildesheim, l'artista, + 1022; Purgando di Worms, + 1025; Meinwerk di Paderborn, + 1036 ).
La fondazione preferita dall'Imperatore, sposato con Cunegonda di Lussemburgo, era il vescovado e il duomo di Bamberga.
Benedetto VIII era andato personalmente oltr'Alpe per consacrare la nuova chiesa di santo Stefano e per ricevere dall'Imperatore il nuovo vescovado come feudo ( ! ), - naturalmente anche per farsi confermare esplicitamente gli antichi privilegi ottoniani e per muovere l'Imperatore a intervenire nel Sud-Italia da dove i Bizantini minacciavano lo Stato della Chiesa.
Il fatto di essere una persona pia, non impedì naturalmente neppure ad Enrico II di sentirsi signore della Chiesa tedesca e conseguentemente di nominare vescovi ( generalmente uomini eminenti, sia in senso morale che ecclesiastico ) e di disporre dei beni della Chiesa.
Il legame con Cluny esistente sin dal tempo di Ottone II divenne con lui, che particolarmente amava il monachesimo, ancora più stretto.
Esso si riflette positivamente in tutta la Germania, mediante profonde riforme di molti monasteri.
b) Ma questa nuova pietà più spiritualizzata ( comprensione nuova di antichi canoni e influenza di concezioni pseudo-isidoriane sulla purezza religiosa e la libertà ecclesiastica ) doveva volgersi, nelle sue estreme conseguenze, anche contro il potere spirituale della monarchia.
Ora si affermò in maniera più chiara, e con forza diversa che nel IX secolo, l'esigenza di una riforma universale della Chiesa.
Ma essa non si mostrò affatto ancora polemica in senso anti-imperiale.
Al contrario, fu proprio l'Imperatore che in un primo tempo, favorì, appoggiandola, la riforma della Chiesa.
Assieme a papa Benedetto Vili che egli incitò alla riforma, nel 1022 organizzò un sinodo a Pavia che si occupò soprattutto della riforma del clero secolare.
Dal discorso del Papa si può dedurre che il clero italiano a quel tempo era quasi tutto sposato.
Enrico elevò a legge imperiale le disposizioni ecclesiastiche che proibivano il matrimonio del clero ( un fatto particolarmente incisivo fu che i figli nati da matrimoni di sacerdoti vennero dichiarati non liberi ) e instaurò così l'osservanza del celibato.
I progetti di riforma di Enrico si estendono anche alla Francia, il cui rè Roberto II ( 996-1031 ) egli cercò di guadagnare a questa grande opera mediante l'abate Riccardo di san Vanne.
5. a) Un'accentuazione polemica della riforma rivolta contro il regnum, fu provocata da Corrado II ( 1024-39 ).
Forse dal punto di vista dei centri di riforma di quel tempo, non lo si può nemmeno giudicare antiecclesiastico o poco pio.
Si deve considerare il suo atteggiamento alla luce soprattutto del realismo politico.
Egli riconosce esplicitamente che l'Imperatore possiede solo tanta potenza quanta gliene procura la sua prerogativa di rè.217
Ma egli approfittò simoniacamente della Chiesa, allentò anche i legami tra l'Impero e i vescovi ( favoreggiamento delle città e della bassa nobiltà i cui feudi diventano ereditari: motivi di suprema importanza, questi, nel tessuto storico ): princìpi in direzione di uno sviluppo autonomo dello stato contro la mescolanza, che si faceva sempre più pericolosa, delle due sfere.
b) In questo tempo in un sinodo tenuto in Aquitania ( 1027 ) fu proclamata per la prima volta la tregua Dei ( la pace di Dio; proibizione di far guerra in determinati tempi e giorni ).
Per la Francia che a quel tempo, in seguito alla debole potenza del rè, era afflitta molto più della Germania da lotte interminabili, questo fu un grande beneficio.
L'idea però non si arresta ad una mitigazione dello stato di guerra: essa offre ai cavalieri un ideale religioso.
Il movimento di pace è, del resto, anche espressione della potenza crescente dei vescovi.
Essi contribuiscono al mantenimento dell'ordine, e si ha a tale scopo un compromesso tra il divieto assoluto di lotta espresso dai canoni e il diritto di stato della nobiltà di spada.
In Germania Enrico IV tentò più tardi di perfezionare il movimento di pace, originariamente autonomo, dell'alta nobiltà elevandola a pace nazionale, su base giuridica imperiale.
6. Un reale e quasi definitivo miglioramento della situazione romana, con la definitiva liberazione del Papato dalla sua triste dipendenza dai partiti politici che avevano imposto dei Papi indegni, si ebbe con Enrico III ( 1039-56 ), rè veramente devoto alla Chiesa e il più potente fra tutti i rè tedeschi fin qui ricordati.
Attraverso la sposa, una principessa francese ( aquilana ) era venuto a trovarsi sotto l'intenso influsso dello spirito cluniacense.
Nella sua discesa a Roma nel 1046, riuscì a un atto veramente decisivo.
I tre Papi furono deposti da un sinodo riunito a Sutri e a Roma.
Il vescovo Suidgero di Bamberga fu eletto Papa ( Clemente II: 1046-47 ).
Il Papa deposto ( per simonia! ), Gregorio VI è accompagnato nel suo esilio a Colonia da Ildebrando, il futuro Gregorio VII: colui che è stato giudicato dal rè, viene accompagnato da colui che sarà giudice del futuro rè Enrico IV.
La scelta di Suidgero fu un successo per Cluny il cui abate Odilo l'aveva proposto.
Neppure qui, naturalmente, va dimenticata la problematica di fondo, specificatamente medioevale e quasi insuperabile: Enrico segue il programma della riforma ecclesiastica, agendo contro di essa.
Poco unitaria fu, di conseguenza, la reazione dei protagonisti religiosi della riforma.
Il grande Pier Damiani che aveva acclamato, traboccante d'entusiasmo, l'elevazione dell'ora deposto Gregorio VI, inneggiò adesso alle misure prese da Enrico come ad una iniziativa di salvezza; ma altri erano dell'opinione che anche la deposizione di quei Papi indegni non avrebbe dovuto essere opera del potere secolare.
a) Enrico III si fece attribuire nuovamente dal popolo romano il titolo, equivoco e variamente interpretato, di Patricius Romanorum, cioè egli si arrogò nuovamente il diritto di esercitare un influsso decisivo nella elezione del Papa ( « principatus electionis » ), come prima lo avevano esercitato i Crescenzi e i Tuscolani, appellandosi al loro patriziato.
Tre altri Papi tedeschi furono successivamente da lui eletti: Damaso II, poi san Leone IX ( 1049-54 ), uomo pio e di alto ingegno ( e al tempo stesso battagliero ), e Vittore II ( 1054-57 ); questi ultimi furono eletti in diete imperiali in Germania.
In pochi anni Leone, viaggiando indefessamente, tenendo sinodi, consacrando monasteri e chiese, rafforzò il potere universale del Papato e consolidò le basi per una riforma vera e universale.
Nello stesso tempo egli radunò a Roma tutto un insieme di importanti forze riformatrici.
Ildebrando, il futuro Gregorio VII, non figura inizialmente in primo piano.
Dopo la morte di Gregorio VI egli si era ritirato nel monastero di Cluny, che egli abbandonò poi controvoglia, per seguire, quale conoscitore della situazione della città di Roma e quale rappresentante del gruppo riformista romano, il nuovo Papa eletto.
Altri collaboratori Leone se li cercò nei circoli riformisti lotaringi e borgognoni: l'arcidiacono Federico di Liegi al quale Leone affidò l'ufficio di bibliotecario; due monaci della sua diocesi di un tempo, Toul, Ugo Candido Remiremont e il potente cluniacense Umberto di Moyenmoutier, che, come cardinali, dovevano influire in modo decisivo sulla storia dei decenni successivi.
C'erano, inoltre, Alinardo di Lione, Pier Damiani e anche Ugo di Cluny col quale Leone mantenne assidue relazioni.
b) La possibilità di quest'opera grandiosa fu data dal profondo senso di fede di Enrico III che, in pratica, lasciò agire liberamente l'autorità suprema canonico-religiosa del Papato.
Fu qui raggiunto ( per un breve periodo di tempo ) l'impossibile: vera unità dei due poteri universali.
Ciò fu possibile, perché le grandi figure dei Papi di questo periodo si adattarono, in modo evidentemente privo di contraddizioni, alla concezione di Enrico, cioè, esercitarono all'incirca la funzione di una specie di vescovo imperiale universale in stretta unione con l'Imperatore, il signore dell'Impero, con Roma come centro ( ma non come residenza! ), per il meglio della riforma ecclesiastica.
Si trattava di un pacifico confluire e accostamento di compiti e di idee che già pochi decenni più tardi sarà avvertito come incompatibile con la libertà della Chiesa e, dopo la morte di Enrico III, porterà al capovolgimento.
In questo senso influirono certe idee di riforma religiosa della raccolta pseudo-isidoriana che riuscirono ad affermarsi; due abusi specialmente dovevano scomparire: la simonia e il concubinato.
Sul fondamento del lavoro religioso-intellettuale già operato, Leone IX significa il vero e proprio inizio del grande movimento di riforma ecclesiastica e politico-ecclesiastica d'importanza storica che Ildebrando-Gregorio porterà alla sua affermazione.
7. Nel periodo di governo di Leone IX cade un impressionante avvenimento tragico per il mondo intero e le cui disastrose conseguenze non hanno potuto fino ad oggi essere superate: lo scisma del 1054 tra Roma e Costantinopoli.
Esso stesso espressione di un ormai avanzato estraniamento, Io scisma creò una situazione che affrettò in modo straordinario il processo di separazione.
Un recente storico della Chiesa ( Dom Wilmart ) ha potuto esprimerlo così: un cristiano del IV e V secolo non si sarebbe sentito così perduto nelle forme di pietà del secolo XI, come il credente dell'XI in quelle dell'incipiente XII secolo.
L'estraniamento tra l'Oriente europeo e l'Occidente si attuò in tutti i campi della vita ecclesiastica, intellettuale e anche politica.
Se le scissioni minori, che nel primo millennio della storia della Chiesa avevano diviso l'Oriente e l'Occidente ( tutto sommato ) per 217 anni, avevano accumulato tanta diffidenza reciproca, ora la tensione diveniva estraneità radicale.
a) Già le conseguenze dei disordini foziani non lasciarono aperta più alcuna possibilità di un vero avvicinamento tra la Chiesa d'Oriente e d'Occidente.
Da tutte e due le parti il dissidio aveva dei motivi ecclesiastici e politici.
In Oriente però, la motivazione politica era di gran lunga la più forte; naturalmente era stata ancora maggiormente rafforzata dalla puntata degli Ottoni nel territorio già greco del Sud-Italia.
In maniera più profonda però era la diversità dell'intera cultura e delle sue basi ( popolo e lingua ) che dalle due parti fece sì che si sviluppasse una forma diversa di vita ecclesiastica ( specialmente nella liturgia e nella teologia ).
Di conseguenza è da considerarsi come il motivo più importante il contrasto della coscienza d'insieme sia ecclesiastica che politica.
Per Bisanzio l'Occidente rimase l'usurpatore del titolo imperiale.
Queste tensioni raggiunsero una particolare virulenza a causa della concezione diversa e affermantesi sempre più, di Chiesa e tradizione apostolica, che l'Oriente affermava di possedere, lui solo, in forma pura.
Già i disordini foziani avevano fatto riconoscere che l'Oriente, assumendo un atteggiamento estremamente conservatore, voleva persistere nell'indirizzo collegiale di tutta la Chiesa mediante i cinque patriarchi della Chiesa antica e i concili, mentre l'Occidente sviluppava i germi primaziali, già contenuti in questi princìpi, di un indirizzo « monarchico » nel senso di un potere pontificio universale.
In concomitanza con ciò il primato del Papa - l'irrinunciabile, fondamentale istanza dogmatica - assunse una fisionomia storica nella quale sono palesi gli elementi estranei mutuati dall'idea imperiale e dal dominio imperiale.
In questo senso - nel quale elementi ecclesiastici, culturali, politici e nazionali agiscono insieme, combinati, in molteplici forme di accordo e di fusione - una delle cause principali della scissione è da ricercarsi nel rifiuto da parte dell'Oriente dell'idea primaziale romana, ora più radicalmente sviluppata.
L'interpretazione di essa data da Umberto ( cap. 6 ) non era certo la più adatta a togliere i dubbi ai greci.
b) Proprio a cavaliere del millennio, quindi 100 anni dopo la morte di Fozio, subentrò un inasprimento dei rapporti attraverso due patriarchi che cancellarono il nome del Papa dai dittici.218
Si trattò di una reazione ( sotto il patriarca Sergio 999-1019 ) alla deposizione dell'antipapa greco Giovanni Filagato che avrebbe dovuto soppiantare il primo Papa tedesco Gregorio V.
Protagonista di questa espressione d'odio fu il focoso patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario ( 1043-58 ).
Diffidando dei Romani, non aderì al singolare progetto di sopraffare i Normanni avidi di preda nel Sud-Italia, mediante una comune difesa greco-romana.
Nel 1053 fece chiudere a Costantinopoli le chiese dei latini.
Nella controversia letteraria che si stava sviluppando, gli occidentali furono attaccati perché usavano per l'Eucaristia pane non lievitato, perché tralasciavano l'Alleluia durante la quaresima, digiunavano i giorni di sabato, consumavano animali soffocati e prescrivevano il celibato.
Il Papa respinse queste accuse mediante il suo « segretario di Stato », il cardinale Umberto di Stiva Candida e passò a sua volta all'attacco contro i presunti errori dogmatici dei Greci.
Una legazione pontificia ( con Umberto ) a Costantinopoli ( 1054 ) trova sì l'imperatore Costantino IX disposto alla pace, ma presso Cerulario non raggiunge nulla.
Umberto allora depone sull'altare della Hagia Sophia la bolla di scomunica contro il Patriarca e i suoi seguaci, e se ne parte.
Cerulario, in un sinodo, ripete le accuse di Fozio e anatematizza i latini.
Occidente e Oriente si erano scomunicati vicendevolmente.219
La rottura era ormai un fatto compiuto che è rimasto fino ai nostri giorni ( nonostante alcuni tentativi, non sufficientemente fondati, di avvicinamento: Lione, § 54,II,3; Firenze, § 66,4 ).
c) In un esame storico è certamente opportuno porsi il problema della colpa.
Per quanto concerne l'aspetto personale dell'ultima fase, va detto che Umberto era l'uomo più inadatto a realizzare l'avvicinamento per motivi politici nel campo ecclesiastico.
Il suo astio purtroppo non è minore di quello dei greci.
Da un punto di vista cristiano-religioso, in Umberto rileviamo un atteggiamento che non si confà allo spirito dell'ufficio di Pietro.
Egli sostenne il diritto primaziale romano - per motivare il quale egli si richiamava goffamente alla donazione di Costantino - in una maniera che in Oriente dovette necessariamente essere fraintesa; egli si espresse nello spirito del futuro « Dictatus Papae ».
A ciò corrisponde il suo procedere arrogante che gravò notevolmente sulle trattative sin dal loro inizio.
Poiché le speranze in un energico intervento del debole Imperatore erano state vane e Cerulario continuava a irritare Umberto negandogli i privilegi di legato, si giunse alla rottura.
Più importante, anzi unicamente importante, è il problema della colpa storica.
La troviamo da una parte e dall'altra.
Entrambe non videro con sufficiente chiarezza di che si trattava, non lo poterono neppure vedere.
Ma si deve dire che da tutte e due le parti ebbe un troppo grande peso l'idea della potenza ecclesiastica e si affermò una visuale egoisticamente limitata.
Lo scisma sorto - o manifestatesi - in quel tempo fu tanto fatale per la Chiesa e con essa per tutta l'umanità, che a questo punto la meditazione storica deve diventare particolarmente cosciente del suo senso, di servire cioè al presente e al futuro.
Poiché le differenze ecclesiastiche ( dogmatiche ) oggettive erano e sono d'importanza relativamente scarsa, rimane una reale possibilità ( e cristianamente un obbligo ) di favorire nuovamente la reciproca comprensione.
Gli incitamenti sul piano ecclesiale e scientifico dati in questa direzione sono uno dei titoli d'onore di Pio XI.
Per molti secoli nella Chiesa occidentale fu fatto valere, in maniera un po' troppo unilaterale, l'elemento giurisdizionale e razionale; nel contempo, passò troppo in seconda linea la coscienza della
Chiesa come vita comunitaria sacramentale, della Chiesa come corpus Christi mysticum, della liturgia come celebrazione comunitaria.
Proprio quelle cose del Cristianesimo che per i greci ortodossi ( che non erano più ormai degli antichi elleni! ) erano le meno accessibili, in Occidente divennero praticamente quasi il « tutto »; ma soprattutto questo: ciò che per loro è il tutto e che anche la Chiesa occidentale affermava fondamentalmente come parte essenziale, perdette smisuratamente d'importanza.
Per la preparazione di una riunificazione è quindi evidente l'importanza di considerare sia la Chiesa come corpus Christi mysticum, come comunione sacramentale dei santi, che si esprime nella liturgia, sia la teologia dei Padri greci e di sant'Agostino.
Molto importante è anche quella certa apertura di una ben intesa dottrina romana del primato per il principio orientale della collegialità, che di per sé ( come nel collegio apostolico ) non implica affatto alcuna contraddizione nei confronti dell'ufficio di Pietro.
Indice |
210 | Perlomeno a partire da Enrico II. Le usanze e le preghiere erano diverse nell'incoronazione dei rè e in quella dell'Imperatore. La consegna degli indumenti religiosi ( tunica, dalmatica, piviale e mitra ) avveniva con una accentuata distinzione da quella delle insegne sacerdotali ( stola, casula, pallio ). Le interpretazioni delle cerimonie dell'incoronazione date dal Papa e dall'Imperatore sono contraddittorie. Questa differenza è un documento molto interessante per la rivalità delle concezioni conservata nel linguaggio dei simboli. |
211 | Con ciò vengono riunificati i due elementi del sacerdozio reale: già i successori di Costantino furono chiamati « nuovo Melchisedech »; anche Clodoveo si faceva chiamare così. |
212 | Uno storico come Ditmaro di Merseburgo, che di solito ammira Ottone I incondizionatamente, esprime dei dubbi per esempio circa la deposizione di Giovanni XII da lui posta in atto. |
213 | Opera mathematica, Lettere a Ottone III ecc. Le sue cognizioni scientifiche erano a quel tempo qualcosa di così straordinario, che, per esse, lo si sarebbe ritenuto un mago. |
214 | L'epoca è piena di timori fantastici. Basandosi su accenni dell'Apocalisse, molti per l'anno 1000 aspettavano la fine del mondo, la quale doveva esser preceduta da uni nuovo regno universale. La profezia di Daniele ( Dn 7,14 ) influenzò Ottone III. |
215 | Vedi il significato più volte menzionato dell'« idea di Roma ». |
216 | Riguardo a Benedetto VIII ( 1012-24 ) e la sua opera di riforma assieme ad Enrico, vedi § 45,4. |
217 | Dopo la morte di rè Rodolfo ( 993-1032 ) anche la Borgogna passò alla Germania ( 1034 ), cosicché ora Corrado unì le tre corone ( quella di Germania, Italia e Borgogna ), che dovevano cementare politicamente l'« Impero Romano », in una unità. |
218 | Originariamente un elenco di tutti i battezzati, più tardi di coloro per i quali si doveva pregare nella Messa. |
219 | La validità della scomunica romana è discussa poiché papa Leone era già morto prima. A prescindere da questo motivo, va detto che non è stata annullata la scomunica papale. Dopo il Concilio Vaticano II e in seguito agli incontri di Paolo VI con il Patriarca ecumenico Atenagora I ( 1964-1967 ) è stata dichiarata la piena e vicendevole remissione di tutte le scomuniche passate ( N.d.E. ). |