La storia della Chiesa |
1. Alla fine dell'età barocca dobbiamo costatare in Europa un grave esaurimento delle forze ecclesiastiche e cristiane e un pericoloso irrigidimento dei fronti.
Le guerre di religione avevano annientato molte energie.
Le dispute fra i teologi avevano finito col paralizzare quell'interesse per la teologia che, fino a poco prima, era generale; e ciò è comprensibile, poiché la maggior parte delle controversie avevano accentuato eccessivamente cose secondarie o avevano condotto ad esasperanti forme polemiche.
Il risultato: uno stanco declinare verso un piatto razionalismo e un atteggiamento d'indifferenza.
Le controversie religiose si risolsero in un allontanamento dalla religione.
Certo, la Controriforma aveva avuto dei grandi successi in talune regioni.
D'altra parte però, proprio laddove, per la sua realizzazione, ci si era serviti troppo di mezzi politici, non esisteva forse il pericolo di una « conversione » troppo superficiale?
I gesuiti da qualche parte non hanno impiegato forse, con troppa risolutezza, i mezzi del potere statale per imprimere, con una certa costrizione, un carattere « cattolico » alla vita pubblica?
Nella loro politica pedagogica non hanno forse troppo poco badato al risveglio intellettuale che si affermava in ambito europeo?
Non hanno forse avuto troppo poca fiducia nella libertà dello spirito dei fedeli?
Non hanno forse educato troppo poco all'autonomia quanti erano loro affidati?
2. Nell'ambito di questi problemi assume un'importanza centrale la descrizione e la valutazione delle università cattoliche e in particolare della teologia in esse insegnata.
Non tutte le iniziative culturali di ampio respiro si erano infatti estinte.
Abbiamo visto per es. le importantissime opere dei Maurini e di alcuni altri sacerdoti regolari nel campo della teologia storica, che sarà tanto importante per il futuro; qua e là ci si occupò anche intensamente della Sacra Scrittura.
Ma questi fenomeni non sono veramente caratterizzanti.
Purtroppo non si può fare altro che costatare che lo studio della Scolastica, un tempo così elevato, si era trasformato in sterile scolasticismo.
Le università cattoliche non erano assolutamente all'altezza del nuovo spirito che si stava diffondendo, cercavano troppo di renderlo inefficace incapsulando i propri studenti.
Il monopolio dei gesuiti ebbe qui effetti svantaggiosi.
Mancò la concorrenza capace di dare frutti; quando nel corso del secolo XVIII, essa fu Imposta alla Compagnia di Gesù, in parte era già troppo tardi e in parte i gesuiti non accettarono positivamente la sfida, non ponendosi sufficientemente a servizio della causa comune.
I seminari formavano sì, in generale, un clero ecclesiasticamente valido.
Ma la formazione scientifica, proprio qui, era non di rado insufficiente.
Di conseguenza, la cura d'anime e le scuole inferiori nelle campagne erano a un livello deplorevole.
Ci furono, è vero, vari progetti di riforma, ma in realtà tutto restò come prima.
Talune pratiche e idee superstiziose ( per es. in relazione alla credenza nelle streghe ) ostacolavano l'adesione dei più colti alla Chiesa, mentre il culto dei santi assumeva forme di cattivo gusto che scadevano talora in un esteriorismo semipagano.
Anche le confraternite e i pellegrinaggi lasciavano molto a desiderare nella loro pratica.
Dai pulpiti scendeva una polemica religiosa con poco contenuto religioso e poco spirito.
Le controversie scolastiche furono troppo accentuate e portate sul pulpito.
Le lagnanze di buoni cattolici ci informano quanto fosse limitato il successo di questo tipo di « annuncio ».
Si può ben dire che si andava accumulando un profondo senso d'insoddisfazione.
Proprio nei circoli colti o politicamente avanzati dei laici si aveva l'impressione, non senza ragione, di esser tenuti esageratamente al guinzaglio dalla Chiesa.
Parimenti dobbiamo convenire che la cattiva fama di taluni monasteri era purtroppo fondata.
La vita di preghiera e la pratica dei sacramenti non corrispondevano in molti luoghi all'ideale della regola.
3. Tutto ciò acquista la sua importanza se si tiene conto del contemporaneo risvegliarsi di un nuovo spirito nei popoli europei.
Esso è bensì una reazione ai fenomeni suddetti, ma è anche inizio nuovo, positivo di una potente forza d'urto.
All'orizzonte si profila una nuova weltanschauung, sintetizzata nel termine « illuminismo ».
La sua tendenza fondamentale è antiecclesiastica: « libertà » è una delle sue grandi parole d'ordine.
Ma per conoscere a fondo la sua natura e la sua funzione storica è forse decisivo che sin dall'inizio diciamo che questo impulso verso una realtà nuova esisteva anche in una forma legittimamente cattolica.
Dove l'illuminismo vuole sottrarsi al magistero ecclesiastico costituito si ha un punto di partenza sospetto che ha in sé i germi della dissoluzione.
Nella misura invece in cui ci si volge contro irrigidimenti e insufficienze, la critica può avere una funzione positiva.
Ci furono delle misure di ispirazione illuministica prese dallo Stato che potevano ben servire alla Chiesa, quali, ad es., certe riforme negli studi che assicuravano maggior libertà di pensiero e snellivano i corsi, oppure certi interventi volti ad eliminare insufficienze e abusi nei seminari e nei conventi.
In generale si può ben affermare che, anche in questo secolo, sono numerosi i veri credenti e molte le persone colte, i vescovi e i sacerdoti fedeli alla Chiesa; così che sarebbe erroneo ritenere che la negazione del soprannaturale costituisca l'essenza di tutto l'illuminismo.
Vescovi lungimiranti poterono risolversi a prendere delle misure « illuministiche » perché, a ragione, si aspettavano da esse dei benèfici effetti, sia dal punto di vista umano che da quello ecclesiastico; alcuni di essi si preoccuparono del miglioramento metodologico e contenutistico dell'insegnamento religioso e liturgico perché, a ragione, era lecito attenderne un miglioramento morale.
4. Resta il fatto, comunque, che non fu la fede nella Rivelazione a caratterizzare il nuovo secolo.
Fu piuttosto un superficiale raziocinare; una sopravvalutazione della natura che andò acquistando un'importanza sempre maggiore; a lungo andare conflitti di fondo e sovvertitori della Rivelazione si resero inevitabili.
Ne la serrata opposizione dei cristiani, fermi nel loro credo sia cattolico sia evangelico, ne la critica più o meno indulgente ( Matthias Claudius: la ragione è quest'anno mercé di moda ) riuscì ad arrestarne lo sviluppo.
Come è stato detto, l'ideale dell'illuminismo, il suo vero e proprio « Dio » è la natura, ciò che è confacente alla natura.
Il vero viene riconosciuto soltanto mediante la ragione, considerata come unico valore autonomo: si paria di religione naturale, di diritto naturale, di stato naturale.
Ci si trova in intima opposizione al soprannaturale, alla Rivelazione, al Dio dei profeti.
Anche se esiste un Dio, va da sé che egli non interviene nel corso degli eventi naturali, non se ne cura ( deismo ).
Tutto si svolge secondo le leggi una volta stabilite, tutto si può misurare e numerare, non rimane posto alcuno per le eccezioni del miracolo.
Una esagerazione così inaudita e carente ( e, in verità, incredibilmente ingenua ) della ragione e della scienza, sfocia nella « religione » della ragione che si avrà nella rivoluzione francese ( § 106 ).
Essa trasforma progressivamente in strati sempre più larghi, la speranza cristiana in una escatologia storico-salvifica, in una fede anticristiana nel progresso, secolarizzata e quindi terrestre; crede che le forze umane mediante la conoscenza delle leggi naturali e il dominio su di esse bastino a bandire dal mondo l'ingiustizia e il dolore.
Gonfiata ad absurdum dalle due guerre mondiali 1914-18 e 1939-45, questa fede nel progresso vive oggi la sua risurrezione pseudo-religiosa nell'esplosione del comunismo, sorto già nel secolo XIX, con la sua attesa messianica di una società senza classi e perfetta, e con la « fede » nell'illimitata possibilità di progresso del genere di vita ( § 125 II, 11 b ).
5. Il quadro non è ancora completo.
Nonostante quanto è stato detto - che pur rimane fondamentale, - occorre rilevare che gran parte dei sistemi filosofici e delle conquiste culturali del XVIII secolo, poggia ancora su elementi cristiani o almeno ne subisce l'influsso.
In J. Jacques Rousseau, in Lessing e in Voltaire la fede in un Dio personale è ancora cosa ovvia e, in parte almeno, estremamente intensa; in parte però, assumendo un atteggiamento contraddittorio, questa fede si allontana decisamente dalla concezione cristiana ( Lessing ), si dissolve, almeno in taluni settori, in una confusione pantelstica ( J. J. Rousseau ).
Questo illuminismo è una naturale conseguenza dell'individualismo ( sia filosofico sia religioso protestante ) e del relativo distacco della storia.
Lo si è designato, con un termine riassuntivo, anti-sopra-natura-listico ( Troeltsch ).
In tal senso le sue radici risalgono molto a monte nel passato e si può ritrovarne un precedente nel nominalismo ( rottura dell'armonia tra fede e sapere, grado preliminare di un autoaffrancamento della ragione ).
Tra le radici materiali vanno ricordate:
I. il protestantesimo, in quanto soggiacque al rilassamento dogmatico;
II. posizioni di fondo umanistiche;
III. lo sviluppo autonomo della filosofia individualistica ( critica nei confronti della Tradizione; poggiante sul nuovo pensiero matematico-scientifico e le sue scoperte ).
È appena necessario accennare quanto poco sia esauriente questo elenco di cause formulate in così pochi termini.
Il quadro generale dovrebbe venir completato da tutta una serie di forme intermedie multivalenti.
I.
1) In Occidente, la grande garanzia della religione cristiana costituì, fino alla Riforma, la sua unità: esisteva un'unica fede.
( Lo scisma del 1054 non aveva intaccato nemmeno lontanamente la sostanza della fede; d'altra parte, la coscienza dell'unità perduta era relativamente tenue ).
La distruzione di quest'unità, nel cuore dell'Europa, ad opera di grandi chiese e denominazioni, che intendevano vivere soltanto del patrimonio centrale del cristianesimo, si trasformò - certamente contro le loro stesse più intime intenzioni - in una delle cause maggiori, forse la più profonda, della futura incredulità.
Rinvio al giudizio espresso dal Loewnich e citato al § 84, II, 3.
Mi permetto due osservazioni in proposito:
1) Ci troviamo ad un punto in cui la tragedia immanente nella Riforma esplode nel modo più doloroso.
Non c'è nulla di più estraneo alla fede nell'unico Salvatore, predicata dalla Riforma, quanto il deismo illuministico.
2) Dopo tutto quello che è stato detto in precedenza sul protestantesimo, quanto segue non può essere frainteso come sottovalutazione o addebito di una colpa personale.
In parte è già nota la genesi delle cause, la cui multiforme effettuazione potrebbe delinearsi nel modo seguente: a) Il moltiplicarsi delle confessioni condusse a porsi il problema quale fosse la giusta.
All'incalzare sempre maggiore di questo interrogativo e al suo effetto deleterio, la coscienza della Tradizione cristiana oppose bensì una tenace resistenza, non poté tuttavia ostacolare, a lungo andare, lo slittamento sempre più rapido e generale nel dubbio.
Già nel 1624 il deista Erberto di Cherbury poneva alle diverse confessioni la sua domanda programmatica: « Che cos'è la verità? ».
b) L'indicibile sciagura e la tremenda calamità delle guerre di religione ( Germania, Paesi Bassi, Inghilterra, Francia ), a cui parteciparono anche alte sfere della Chiesa; si trattava di guerre ingiuste e contrarie allo spirito cristiano che scandalizzarono non pochi, esasperandoli e facendo apparire più coerente un atteggiamento di indifferenza.
c) Nel protestantesimo stesso l'individualismo condusse a forti scissioni interne e a reciproche accuse di eresia ( luteranesimo ortodosso, luteranesimo melantoniano di impronta calvinista o umanistica, calvinismo dalle più diverse sfumature, altre denominazioni ), cosicché molti credettero di poter salvare il cristianesimo soltanto rinunciando del tutto a più precise differenziazioni dottrinali ( cosa abbozzata già nella distinzione ortodossa fra articuli fidei fundamentales e non fundamentales, § 101 ).
Di fronte alle reciproche accuse di eresia in seno al protestantesimo ed alla persecuzione degli eretici in ambedue gli schieramenti cristiani, già nel 1565 lacopo Aconzio credette di trovare una via d'uscita nella sua distinzione tra dottrine di fede importanti o meno importanti.
Assai presto, già nel secolo XVI, attraverso alcuni riformatori di Strasburgo, si erano infiltrati motivi relativistici nella dottrina protestante.
2) In questo stesso senso operò anche il pietismo, quando reagì contro l'elemento dottrinale della teologia scolastica protestante che si era affermata verso la fine del XVI secolo con tutte le sue sottigliezze e contro la costrizione istituzionale del calvinismo ( accanto a tendenze unitarie dogmatico-filosofiche ).
Si pose così in evidenza il « pio » sentimento religioso e la pratica morale.
Le singole definizioni dottrinali perdettero d'importanza.
Il vincolo col dogma, che fino a quel tempo, aveva conferito alle chiese evangeliche una unità e una compattezza non indifferenti, ne restò minacciato.
L'accentuazione del sentimento e del buon operare portò a un marcato soggettivismo che venne a costituire un preliminare immediato dell'illuminismo individualistico e d'impronta moralistica.
Il pietismo abbandonò in parte la chiesa protestante istituzionale; qua e là, intensificandosi la tendenza al fanatismo, assunse sempre più la fisionomia di una setta ( cfr. i sociniani, § 83, II, 7, che provenivano dalla critica al dogma della tarda Scolastica, ma che si fusero poi con piccole comunità unitarie, soprattutto in Polonia ).
Tutte queste tendenze rappresentano uno sviluppo del tutto logico e sono in parte contraddistinte da vera e profonda intensità nella pratica religiosa; tuttavia esse sono responsabili se nel protestantesimo venne a mancare la coscienza ecclesiale capace di opporre una vittoriosa resistenza all'illuminismo.
Rappresentazioni significative e profondamente efficaci di un simile pietismo traboccante di sentimento unito ad un incipiente illuminismo sono riscontrabili in alcune raccolte di corali, nelle quali « l'intelletto può pensare qualcosa e il cuore può elevarsi a sentimenti cristiani ».
D'altra parte un siffatto soggettivismo, traboccante di sentimento, sortì anche effetti opposti.
Fu proprio esso a rifiutare l'illuminismo razionale e razionalistico.
Ne è un esempio il circolo di pietisti dello Holstein nel castello di Emkenhof, influenzato da Matthias Claudius.
Il fatto più importante è pur sempre che questi diversi elementi riuniti portarono, per strade diverse, all'indifferenza di fronte alle singole definizioni dottrinali e pertanto alla loro relativizzazione.
II.
Assai prima dell'apparizione del pietismo nella sua rigida fisionomia di corrente devozionale, si erano già affermati gli elementi relativistici dell''umanesimo.
Nel così variegato e ricco umanesimo dei secoli XV e XVI si trovavano anche quei germi che, coerentemente sviluppati, dovevano portare a un concetto di religione, che in sostanza si esauriva in due punti:
a) ogni vera religione ha per soggetto Dio, la virtù, l'aldilà;
b) tutte le religioni, in fondo, sono eguali ( cfr. gli inizi § 76 ).
Ma proprio questa è la sostanza della dottrina illuministica in fatto di religione.
Concretamente tale preparazione all'illuminismo operata da movimenti d'impronta umanistica è riscontrabile:
a) in alcune tendenze a ricercare un patrimonio comune a tutte le religioni, in Pico della Mirandola, Niccolo Cusano, Erasmo e Tommaso Moro;
b) nel luteranesimo melantoniano, con le sue tendenze per un verso moralizzanti ( dottrina della grazia ) e per altro verso razionalizzanti ( Cena; spiritualismo zwingliano );
c) negli arminiani anticalvinisti.
La tendenza a svincolare il pensiero dall'autorità di una vincolante tradizione cristiana si era già affermata nel « Principe » del Machiavelli, nel 1513.
Una forte accentuazione di ciò che era comune a tutte le religioni con la conseguente affermazione di una religione naturale, la cui verità sarebbe stata travisata dalle religioni positive, la si trova nell'umanista francese Jean Bodin ( + 1598 ).
Queste idee furono ostacolate, sia dalla Riforma con la sua stretta dipendenza dell'uomo dalla Rivelazione, che dalla Riforma cattolica.
Solo con l'esaurirsi di queste forze, le idee menzionate, dopo essersi affermate in Inghilterra ( deismo ), giunsero sul continente alla loro piena fioritura.
III.
La filosofia « moderna » inizia, in un certo senso, già col nominalismo ( § 68 ).
In effetti la sua evoluzione nei confronti della religione è caratterizzata dallo stesso atteggiamento di fondo di quello: il venir meno dell'armonia tra fede e sapere.
Questo venir meno aveva avuto cause diverse: ad es., il legame talora troppo stretto tra filosofia e teologia nel Medioevo; esso assunse delle forme assai diverse, ma di fatto costituisce un elemento costantemente presente.
1. Il sistema del primo grande filosofo dell'età moderna, matematico-scientifica, Renato Cortesia ( + 1650 ), è una « grandiosa proclamazione di sovranità dell'individuo » ( Scheler ) e di dubbio metodico.180
Per questo pensatore ancora profondamente credente, Dio è una certezza assoluta, immediata, ma non la prima.
Infatti una minaccia alla sicurezza della fede si annida già nella sua tesi, per cui non sarebbe possibile addurre una prova valida della fede.
In ogni caso, in seguito, ad affermarsi non fu la fede di Cartesio, ma, contro quanto egli stessei avrebbe voluto, il suo sistema di pensiero razionalistico-individualistico.
2. a) In Inghilterra la moderna filosofia, considerata nel suo insieme, fu la prima critica alla Rivelazione: si riconducono tutte le religioni a un contenuto naturale e a uno sviluppo naturale: la Rivelazione viene rigettata, e, in modo particolare, il significato salvifico e l'opera di redenzione di Cristo: deismo; il contenuto fondamentale è comune a tutte le religioni.
Filosofi di questa corrente: Erberto di Cherbury ( + 1648 ) con le sue cinque verità fondamentali181 dalle quali risulta evidente quanto l'illuminismo razionalista, ai suoi inizi, conservasse ancora i valori cristiani.
Tommaso Hobbes ( + 1679 ): la religione è una creazione dello Stato il quale ha anche il diritto di esaminare l'attendibilità di « convinzioni religiose » private; questo è il punto che spiana la strada alla critica della Rivelazione e dei dogmi.
John Locke ( + 1704 ) cerca ancora di unire il razionalismo ad un moderato soprannaturalismo.
John Toland ( + 1722 ) elimina radicalmente dalla religione il mistero e tutto ciò che è soprarazionale.
Il deista John Anthony Collins ( + 1729 ) caratterizza questo modo di pensare come « libero pensiero ».
Tutti questi princìpi e queste idee, pur tanto diversi, hanno come comune fondamento gli elementi già puntualizzati: la caratterizzazione filosofica del deismo è la separazione tra fede e ragione sulla base della proposizione nominalistica della doppia verità ( § 68, § 82 ) e l'accentuazione del concetto stoico di « naturale » e di « comune » ( che del resto fu valorizzato anche dall'umanesimo ).
Come risultato si ha una superficiale religiosità moralizzante di ispirazione stoica con tendenza allo scetticismo e con i contenuti già ricordati: Dio - virtù - aldilà.
Il concetto di « Dio » rimane, ma gradualmente esso viene elaborato, per astrazione, dalla ragione e non dalla Rivelazione.
Tale concetto di Dio rappresenta un enorme svuotamento, anzi una falsificazione, o perlomeno una estraneazione rispetto al concetto cristiano di Dio.
Infatti, il Dio della Rivelazione è persona che ha parlato e parla all'uomo e significa essenzialmente mistero a cui ci si deve accostare nella fede.
Una religione senza misteri non è una religione.
La riduzione della religione a comprensione razionale si trasforma da sé in razionalismo, cioè distruzione della religione.
Il cristianesimo inoltre predica essenzialmente il Dio-Padre dell'amore, che si occupa sempre del destino dei suoi figli, e che per amore invia agli uomini il Figlio suo, Gesù Cristo, per redimerli.
Anche questo concetto di Padre nell'illuminismo viene isolato dalla fede e, sacrificando il dogma della Trinità e dell'Incarnazione, resta razionalisticamente svuotato.
b) Le vaste relazioni commerciali degli inglesi a contatto con altre religioni e confessioni resero la coesistenza di queste una cosa naturale e di ordinaria amministrazione, indebolendo così il concetto di verità che include certo essenzialmente l'unità comprensiva, ma anche quella esclusiva.
La libertà di coscienza proclamata in Inghilterra nel 1689, quale conseguenza della gloriosa rivoluzione ( riguardava però soltanto le denominazioni protestanti ), e la libertà di stampa accordata nel 1694, in se stessa così degna di plauso in quanto effettivo progresso dell'umanità sul suo cammino, agirono purtroppo in senso relativistico ( come del resto esse, a loro volta, erano state condeterminate dalla mentalità relativista ) che, in maniera più o meno disinteressata, considera tutte le opinioni equivalenti.
Questa conseguenza concreta non era stata tuttavia sempre prevista: in John Locke, per es., la tolleranza è ancora religiosamente fondata sul piano della pietà individuale.
c) Anche i progressi della scienza agirono in questa direzione; essi sembrano rendere superfluo il mistero; molti incominciarono a credere che si potesse spiegare tutto con la matematica e con la tecnica.
Ora, partendo da questa base, i deisti impiegarono spesso i risultati delle scienze esatte contro il dogma e soprattutto contro quei racconti biblici di avvenimenti miracolosi.
Lo scientismo divenne così ben presto predominante.
Fu una singolare espressione di incongruenza, poiché proprio i grandi geni, come Pascal, Leibniz e Newton, erano sinceramente credenti.
Ma la nuova mentalità e la scoperta di molti segreti della natura, fino allora rispettati come misteriosi avvenimenti soprannaturali, riempirono l'uomo di ebbrezza.
In non poche prove filosofico-teologiche si riscontrò un'effettiva inconsistenza fino a quel tempo ignorata.
Proprio perché tutto questo venne preso di mira in modo unilaterale e presentato insistentemente da spiriti audaci e da maestri della parola, non poteva mancare al pensiero razionalista un influsso davvero enorme.
L'uomo osservò in maniera più intensa e più esatta le cause seconde, che soltanto allora poteva veramente comprendere; imparò sempre meglio a riconoscerne e a rappresentarne l'immancabile, come si pensava, continuo concatenamento meccanico-causale.
E anche se alcuni pensatori cercarono di fondere l'interpretazione meccanicistica della natura con la metafisica scolastica e col dogma cattolico, come fece ben presto il sacerdote Pietro Gassendi ( 1592-1655 ), o in Germania Leibniz ( 1646-1716 ) che tentò di dimostrare l'armonia esistente tra la fede cristiana in Dio e le scienze naturali meccaniche, venne meno in moltissimi l'interesse per la causa prima.
Ne risultò l'equazione fredda e deleteria di scienza e scienze ( naturali ) esatte.
E questa, a sua volta, divenne sinonimo di incredulità.
Questo sofisma dominò sempre più il pensiero di una gran parte dei dotti.
Siccome poi le personalità religiose che si assunsero il compito di confutare quelle idee si dimostrarono superficiali e carenti e, in genere, gli ambienti ecclesiastici, con troppa frequenza, assumevano un atteggiamento di arrogante rifiuto verso le scienze naturali in quanto tali, è comprensibile che, nelle controversie con i razionalisti, non si ottenessero i risultati sperati.
Soltanto la coscienza del proprio ambito e con ciò dei limiti della dimostrazione filosofica e dell'asserzione teologica da una parte, e dei limiti delle scienze naturali dall'altra, rende possibile al giorno d'oggi, in certo qual modo, un accordo tra fede e sapere ( § 116, II ).
3. Il deismo raggiunse una notevole efficacia grazie alla massoneria e al suo inserimento nella cultura francese ( Voltaire in Inghilterra ).
La massoneria sorse a Londra nel 1717, con la fondazione della prima « Grande Loggia d'Inghilterra »; essa mirava a una religione naturale sovraconfessionale nella quale potessero incontrarsi tutti gli « uomini superiori ».
La massoneria è una società segreta che si basa sui princìpi deistici, con particolare accentuazione del concetto di umanità.
Il suo deismo assunse ben presto un atteggiamento aggressivo nei confronti di ogni forma ecclesiastica istituzionale ( contro il « dominio dei preti » ).
Col tempo, l'ideale umanitario passò in seconda linea e la sua mira principale divenne la lotta contro la Chiesa cattolica e, specie nei paesi neolatini, nel XIX secolo fu l'esercito più attivo militante contro il cattolicesimo.
La rapida diffusione della massoneria è dovuta all'atteggiamento illuministico dell'epoca, alle sue tendenze umanitarie e a un'organizzazione la cui forza di attrazione e di efficacia veniva potenziata dal velo misterioso dell'occulto, del « mistico ».
Proprio questo « elemento mistico », che può soddisfare i più profondi bisogni della vita affettiva, esercitò una grande attrazione di fronte ed in seno ad un razionalismo che invece lo trascurava.
Condanne da parte della Chiesa si succedono da Clemente XII nel 1738 fino a Leone XIII nel 1884.
4. a) Il deismo esercitò in pieno la sua forza disgregatrice non già nel suo paese d'origine, dove restò senza influssi sconvolgenti, ma in Francia, a partire all'incirca dal 1730.
Il fatto poi che la civiltà, ivi fiorita sotto Luigi XIV, diventasse ben presto comune patrimonio europeo nella cultura, nella lingua e nel costume, conferì al processo di sviluppo tutto il suo influsso pernicioso.
Tale cultura era ormai laicizzata.
Il suo centro non era più la Chiesa o la fede, bensì lo Stato e la monarchia assoluta.
L'atteggiamento dei sovrani già da tempo era diventato indifferente sul piano religioso.
Regnava un profondo dissidio tra la professione ufficiale religiosa ( cattolica ) e la politica più spregiudicata e la vita più scostumata.
Tutto ciò scatenò come reazione, comprensibile anche se non giustificata, lo scetticismo e la critica contro la Chiesa e la religione; essa fu resa più facile dalla stretta unione tra la Chiesa, lo Stato e la classe aristocratica che la sosteneva e che conduceva una vita sfrenata e gaudente a spese del popolo.
Inoltre, in questa atmosfera, il conflitto giansenista aveva tolto alla Chiesa moltissimo della sua forza e del suo prestigio; in più, con le sue interminabili e clamorose discussioni sul mistero della grazia, aveva aperto la strada al dubbio, facendo della teologia e del dogma oggetti di derisione.
b) Su questo terreno, così predisposto, le idee del deismo inglese assunsero un carattere radicale e al tempo stesso aggressivo.
L'esponente più influente fu Volfaire ( il cui vero nome è Francois Marie Arouet ), di mente assai acuta e di vivace ingegno ma, come uomo, dominato da una gretta ambizione, tipicamente umanistica.
Come deista, egli non nega assolutamente Dio, ma il suo scetticismo e il suo scherno producono effetti assai peggiori.
Egli non soltanto avversa la Chiesa, ma la odia ( il suo motto: Ecrasez l'infame! ).
Avendo ripudiato ( temporaneamente ) la fede nell'immortalità individuale, favorì il materialismo.
Nella sua ghignante ironia egli si sente dispensato dal credere alla necessità di una rivelazione.
Gesù è per lui un esaltato; la Bibbia non è da prendere sul serio come documento di rivelazione.
Nel suo trattato sulla tolleranza ( 1763; cfr. anche John Locke sullo stesso tema ) egli ha divulgato una delle idee fondamentali dell'illuminismo, che divenne poi uno dei pilastri di tutta l'età moderna; ma avendo avuto tale origine, questa grande idea rimase purtroppo gravata dall'ombra dell'indifferentismo e dell'ostilità verso i dogmi182 ( cfr. § 103 ).
Denis Diderot ( + 1784 ) e Jean-Lerond d'Alembert ( + 1783 ), i fondatori dell'Enciclopedia, che doveva formare tutta una serie di generazioni di dotti e semidotti della pleiade ostile verso la Chiesa e verso i dogmi, giunsero all'ateismo.
Anche l'autorità dei rè doveva sparire.
A questa corrente appartiene anche ]ulien Offray Lamettrie ( 1700-51; opera principale: L'uomo macchina ) nel quale l'ateismo degenera in aperto materialismo.
In particolare con Voltaire può vedersi il sorgere della presuntuosa cultura liberale saccente che, con arroganza senza pari, con cecità astiosa, taccia di ottusità, di oscurantismo e superstizione tutto quanto è positivamente ecclesiastico.
Malgrado l'ingegno brillante e la superiorità di spirito, malgrado l'ammirevole senso di giustizia, Voltaire ebbe una visione del mondo assai limitata.
È difficile trovare una generazione di uomini dalla cultura così raffinata che sia stata inficiata da tanta miopia circa il ruolo evidente e decisivo della religione positiva nella storia e nella vita di grandi personalità, come hanno fatto Voltaire e il liberalismo del XIX secolo, a lui molto affine, fino ai teologi miscredenti neo-protestanti quali Davide Federico Strauss ( + 1874 ), suo biografo, e Bruno Èauer ( + 1882 ).
Le notizie circa una conversione di Voltaire sul finire dei suoi giorni sembrano attendibili, però il comportamento senile del vecchio ancora assetato di gloria, che restò il capo idolatrato della società dei senza Dio, le rende un enigma quasi insolubile.
IV.
1. Anche in Germania, anzi proprio in Germania, il fenomeno dell'« illuminismo » assunse forme differenti e diversi significati.
Il distacco completo dalla Rivelazione si verificò lentamente e in tutta una serie di sviluppi.
In questa evoluzione rimane coinvolta una quantità notevole di forme di pietà, naturalmente scadute da religione obiettiva in religiosità.
L'illuminismo si diffuse dappertutto in Germania, grazie alla tolleranza praticata dallo scettico Federico II ( 1740-86 ).
L'esempio di questo rè, certamente grande, nonostante il rispetto per la fede dei suoi sudditi nella Rivelazione e nella Chiesa, fece scuola.
La defezione di quasi tutta la teologia protestante dalla Rivelazione e dalla Chiesa, accettate come vincolanti, sta a dimostrare tutta la forza disgregatrice delle conseguenze della rottura con la Tradizione della Chiesa antica e medievale.
2. In armonia con l'indole della trattazione qui occorre caratterizzare soltanto l'influsso dell'evoluzione filosofico-letteraria.
Una figura di primaria importanza fu Emanitele Kant ( 1724-1804 ).
La sua importanza, per la storia della religione rivelata e pertanto per la storia della Chiesa, è duplice:
a) una negativa e distruttiva ( per la storia della Chiesa è la preponderante ) e
b) una positiva.
a) Negativa e distruttiva: nel pensiero di Kant ci sono invero degli elementi che lo avvicinano al realismo filosofico più di quanto i kantiani vogliano ammettere.
Ma fu soprattutto la sua acuta critica gnoseologica ad agire in favore dell'agnosticismo; e ciò in modo tale da conferire un'impronta decisiva al secolo XIX, non solo, ma a tutta l'epoca successiva, fino ai nostri giorni.
Kant è inoltre razionalista, in quanto la religione cristiana rivelata non trova posto alcuno nel suo sistema.
Le chiese visibili possiedono e insegnano la realtà morale mescolata con quella puramente storica, e pertanto debbono venir sostituite un po' alla volta da una « pura fede religiosa »; ciò significa che Kant non va oltre il moralismo.
Il fatto che un sistema di tale ricchezza di pensiero, che per la durata di oltre un secolo ha dominato la vita intellettuale d'Europa ( e che anche oggi continua ad essere una base indispensabile per il pensare critico in genere ), sia rimasto estraneo al cristianesimo rivelato, arrecò a questo un danno enorme.
L'apice della filosofia moderna senza cristianesimo, equivale a età moderna senza cristianesimo.
Kant aveva posto la sua opera all'insegna del motto: Sapere nude: abbi il coraggio di pensare!
È fuori dubbio che i cattolici non hanno reagito a questo invito alla maturità spirituale, che non si potrà mai lodare abbastanza, con quel coraggio che sarebbe stato necessario.
Alla grande opera di Kant non corrispose un'opera altrettanto grande che provenisse dallo spirito della Rivelazione.
D'altra parte resta l'interrogativo assillante se Kant non abbia impoverito il pensiero umano, privandolo di quei sostegni fondamentali che gli avrebbero consentito di raggiungere il suo scopo, senza conseguenze così catastrofiche.
La decisa riduzione del pensiero a critica della conoscenza per singolare reazione non lascia spazio sufficiente per la comprensione della piena dimensione della vita.
Ne risulta una visione ottimistica, decisamente terrestre e immanente della vita, che non lascia più posto alcuno per la profondità metafisica dell'esistenza.
La critica delle prove tradizionali dell'esistenza di Dio, cioè la dimostrazione che non sono probanti, occupa un posto particolare nel sistema di Kant e addirittura il primo posto per l'impressione da lui esercitata sull'umanità.
La semplice logica della normale ragione umana poteva giungere naturalmente alla conclusione che, se non esistono prove per la realtà tanto fondamentale dell'esistenza di Dio, e quelle tradizionali non sono valide.
Dio è un'asserzione indimostrata e quindi vuota.
In questo senso Kant, il quale personalmente era credente, ha sostanzialmente favorito l'incredulità moderna.
Per la contro-critica alla critica kantiana delle prove di Dio va tenuto presente che egli non le conosceva nella forma originaria, così come le aveva enunciate san Tommaso ( § 59,3 ) ( idea fondamentale: i gradi dell'essere ), bensì in una forma contestabile che gli era pervenuta da Suarez, attraverso Leibniz e Wolff ( + 1754 ).
b) Significato positivo: il razionalismo di Kant mostra la insostenibilità scientifica della superficiale religiosità dell'illuminismo.
Egli presenta l'idea di Dio come un'esigenza morale dello spirito umano; in altri termini: mette in evidenza l'irriducibilità e l'autenticità assoluta del mondo religioso.
Quale rappresentante dell'idealismo che crede nell'esistenza del mondo spirituale, per il quale s'impegna con tutte le sue forze, Kant ha vittoriosamente difeso l'idea di una realtà che trascende la materia.
Un'opera che ogni credente dovrebbe riconoscere con tanta gratitudine; nel XIX secolo, nell'epoca cioè del crescente e dilagante materialismo, essa fu alleata di ogni weltanschauung idealista e in tale senso ( anche se molto indirettamente ) anche della Chiesa.
Certo tutto questo non cancella quanto è stato detto nel cap. 1. Kant condivise col XVIII secolo l'incapacità di capire, nel loro valore, il Medioevo e la Chiesa e il cristianesimo in genere.
E proprio in uno spirito della sua levatura si manifesta il senso grottesco dell'errata valutazione.
3. Che i classici tedeschi, i quali con la grande figura di Goethe appartengono a quanto di più significativo ha espresso la storia dello spirito di tutti i tempi, nel loro complesso siano estranei al cristianesimo; che tra di essi non se ne trovi neppure uno la cui opera sia caratterizzata da princìpi, convinzioni, atteggiamenti e problemi cattolici ( soltanto Grillparzer è cattolico ), e neppure uno sia protestante praticante: tutto questo fa parte, sia come dato di fatto sia come effetto, dei fenomeni sconcertanti della storia della Chiesa dell'età moderna in Germania.
Non attenua quasi per nulla il problema, il fatto che in questo campo si esprimano formalmente delle intuizioni profondamente cristiane, o addirittura delle professioni di fede, e, a tratti, una certa comprensione per il cattolicesimo; la fioritura della cultura classica tedesca è a-cristiana, a-cattolica, basata completamente sulla fede umanitaria nel soggetto libero anche moralmente ( e proprio nel suo nucleo essenziale contraria alla Riforma ), e questa fioritura, in virtù della sua enorme ricchezza intellettuale è, a ragione, uno dei fondamenti della nazione: una situazione tanto più difficile per il cristianesimo cattolico in quanto esso è già gravato da tutta la problematica della scissione religiosa.
Indice |
180 | La prima certezza; cogito, ergo sum ( pensare = dubitare ). |
181 | 1. C'è un solo Dio; 2, Dio va adorato; 3. Questa adorazione consiste nella virtù e nella pietà; 4. È dovere pentirsi dei peccati; 5. Sia nel mondo terreno sia nell'aldilà c'è una rimunerazione divina. |
182 | « Il dogma genera fanatismo e guerra, la morale porta dappertutto alla concordia » ( Voltaire nell'Essai sur les moeurs, 1754-58 ). |